Scritto da Stella O’Malley, psicoterapeuta e direttrice esecutiva di Genspect
QUALITÀ E SICUREZZA NELLA PRATICA CLINICA
Questa guida rapida è stata sviluppata in seguito a consultazione di numerosi specialisti in psicologia clinica direttamente coinvolti nella cura delle persone con interrogativi circa il proprio genere (gender – questioning ). Essa è rivolta a psicoterapeuti, consulenti in psicologia e medici che lavorano con adolescenti e giovani, dalla pubertà ai 25 anni.
L’obiettivo è duplice: da una parte intende contrastare la superficialità delle prove attualmente alla base di molti documenti di orientamento per tutti i professionisti in psicologia clinica e psicoterapia chiamati a sostenere la salute mentale di pazienti con disforia di genere, dall’altra intende aiutare in particolare i professionisti di clinica medica ad alleviare il disagio legato al genere.
Riteniamo che ci sia un nuovo fenomeno: nell’arco di pochi anni è aumentato esponenzialmente il numero di giovani che mettono in discussione il proprio genere. Per brevità potremmo chiamarlo ‘fenomeno di genere’, ma sarebbe accurato riferirsi a questa tematica denominandola ‘Disforia di Genere ad Insorgenza Rapida’ (‘Rapid Onset Gender Dysphoria’ , con acronimo ROGD). Questa denominazione, coniata nel 2018 dalla ricercatrice americana di sanità pubblica Lisa Littman, descrive il nuovo fenomeno con precisione perché fornisce quello che crediamo sia il miglior resoconto della nuova coorte di adolescenti che si interrogano sul genere: pur non essendo una diagnosi, questa descrizione tiene conto del forte ruolo dell’influenza sociale tra questi bambini e ragazzi, così come dei livelli significativi di comorbilità (condizioni e diagnosi co-occorrenti). Sebbene il termine non sia universalmente accettato, la ricerca su cui si basa ha superato la prova di un sostanziale scrutinio accademico.
DIVERSI APPROCCI AL DISAGIO DI GENERE
Dal punto di vista teorico, esistono tre modi per affrontare le difficoltà legate al genere:
– Aiutare la persona ad allineare il genere percepito al proprio corpo biologico;
– Modificare il corpo della persona per allinearlo al genere in cui si identifica;
– Alleviare il disagio della persona con una serie di approcci diversi.
Dato il pesante carico medico-chirurgico associato alla transizione fisica, riteniamo che l’approccio meno invasivo sia il più vantaggioso per la persona. La presente guida sostiene la necessità di un approccio psicologico che fornisca supporto emotivo all’individuo che sta affrontando il processo terapeutico, compresa l’accettazione della realtà del proprio sesso biologico. Riteniamo che questo sia il trattamento prioritario, il trattamento più appropriato per i giovani con disagio legato al genere.
WPATH (World Professional Association for Transgender Health) riconosce le difficoltà nell’identificare l’approccio più appropriato alle sfide legate al genere riconoscendo che “l’attuale base di prove è insufficiente” (p. 17). Sebbene l’approccio affermativo sia oggi ampiamente utilizzato, l’evidenza a sostegno di questo approccio è inconsistente.
La presunzione che solo super-specialisti siano in grado di lavorare con la disforia di genere non è basata su alcuna prova e sta creando un ostacolo all’offerta di un supporto terapeutico ampio per il trattamento dei pazienti disforici.
L’approccio esplorativo dei traumi, radicato nelle abilità generali di coinvolgimento già ordinariamente utilizzate dai professionisti in psicologia clinica, è appropriato per questa condizione.
Apprezziamo gli approcci ben consolidati nel contesto del counseling psicologico, come ad esempio le terapie parlate a ritmo lento ed esplorativo che si concentrano sulla comprensione della mente e delle esperienze di vita.
GENERE ED ESPLORAZIONE
Lo stress legato al genere si manifesta in un contesto. Non è una condizione incapsulata che si presenta singolarmente e non deve essere pensata come avulsa dal contesto di vita. Riscontriamo infatti che i giovani con interrogativi sul proprio genere possono spesso essere influenzati da complesse condizioni familiari, sociali, psicologiche e/o psichiatriche preesistenti. L’esplorazione di questi fattori è un passo essenziale per un sostegno efficace al disagio legato al genere.
La ricerca relativa alla terapia di conversione per l’orientamento sessuale dimostra che si tratta di un processo dannoso e inappropriato: non dovrebbe essere praticato su nessuno. Temiamo che una concezione ristretta della terapia di conversione semplifichi un processo di formazione dell’identità della persona e di accettazione del corpo che dura tutta la vita. I professionisti devono essere consapevoli del pericolo di attuare inavvertitamente una terapia di conversione su individui che, angosciati dal proprio orientamento sessuale, cercano di reprimere la loro sessualità concentrandosi sulla loro identificazione di genere.
Raccomandiamo un approccio che eviti posizioni politiche o ideologiche e si concentri invece sulle varie metodologie ed abilità che gli specialisti in psicologia clinica possono praticare con beneficio quando lavorano con individui con disagio legato al genere.
È importante che gli specialisti non adottino una visione atomizzata della persona bensì un approccio olistico bio-psico-sociale, teso a comprendere la totalità dello sviluppo della persona.
Questo può incorporare i benefici di diverse modalità di terapia, come la DBT (Dialectical Behavior Therapy), la CBT (Cognitive Behavior Therapy) e l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy).
È importante distinguere chiaramente tra disforia di genere di origine infantile e disforia di genere di origine adolescenziale quando si lavora con persone giovani con interrogativi sul genere. La disforia di genere dell’adolescenza è una nuova coorte poco studiata; tuttavia i dati preliminari suggeriscono che le co-morbidità sono un fattore di rischio per questa popolazione.
LAVORARE CON I GIOVANI CON INTERROGATIVI SUL GENERE
I giovani con interrogativi sul genere potrebbero essere aiutati meglio se fossero considerati alla stregua di chiunque presentasse sintomi di disagio o difficoltà psicologiche e richiedesse l’attenzione di specialisti. Non è utile trattare i problemi dell’identità di genere ritenendoli avulsi da tutti gli altri aspetti della vita del paziente.
Di frequente le comorbilità coesistono con la disforia di genere, in particolare l’ASD, l’ADHD, l’ansia sociale, la depressione, la suicidalità ed i disturbi alimentari. È molto impegnativo ma altrettanto importante adottare un approccio olistico che includa un’esplorazione completa dell’impatto di queste condizioni sul giovane.
La formulazione clinica del giovane con interrogativi sul genere dovrebbe riconoscere che la formazione dell’identità è una fase difficile dello sviluppo psicosociale per i giovani tra i 12 e i 25 anni e può comportare una crisi identitaria personale.
Un cambiamento di identità di genere può talvolta manifestarsi come una soluzione fisica concreta a un trauma psicologico, portando alla convinzione che alcune parti di sé possano essere eliminate o lasciate indietro.
Il ruolo dello specialista è quello di incoraggiare il paziente a comprendere le proprie difese e motivazioni interiori, meno consapevoli proprio perché più profonde.
Questo lavoro di approfondimento può essere doloroso e deve essere fatto in modo empatico e lento, rispettando le difese del paziente.
L’APPROCCIO MENO INVASIVO POSSIBILE
Un approccio cauto e meno invasivo possibile si riflette nelle migliori pratiche cliniche generali e la psicoterapia dovrebbe essere un trattamento di prima linea per i giovani con dubbi sul genere prima di interventi medici radicali come i bloccanti della pubertà, gli ormoni cross-sex e/o il rimodellamento chirurgico di caratteri sessuali.
Sebbene l’approccio affermativo alla identificazione di genere sia stato recentemente suggerito come il modo migliore per trattare la disforia di genere, in realtà non esistono prove consistenti a lungo termine a sostegno di questo approccio. È certamente importante affermare e sostenere i pazienti nell’esprimere completamente se stessi ascoltando con mente aperta, ma raramente è utile concretizzare ogni idea e convinzione che un paziente potrebbe avere.
Per i professionisti è importante pensare in termini simbolici in una prospettiva di profondità.
Abbiamo serie preoccupazioni riguardo alla terapia di sola affermazione, che crediamo precluda altre opzioni per il giovane paziente. Anche se è importante affermare la profondità dei sentimenti del giovane, essa può facilmente sconfinare nella conferma se il terapeuta non conserva l’intenzione e la capacità di esplorare l’intero quadro.
I terapeuti solo affermativi utilizzano un modello che impedisce loro di assumere una prospettiva di profondità nei riguardi dei sentimenti del giovane. Questo rischia di far passare inosservati i potenziali fattori che possono indurre il giovane ad interrogarsi sul proprio genere. Crediamo fermamente che i terapeuti non debbano avere le mani legate in questo modo.
SESSO E SESSUALITÀ
Alcuni giovani e persone vulnerabili credono di poter cambiare completamente sesso. Questa convinzione ci serve a sottolineare quanto sia importante discutere della oggettiva realtà della biologia e del sesso in modo adeguato all’età. Potrebbe essere utile affrontare le questioni relative agli stereotipi circa il ruolo dei generi per liberare l’individuo dalle aspettative della società circa il genere.
Spesso gli adolescenti seguono l’istinto di mettere a tacere discussioni su tematiche sessuali. La tendenza a censurare una conversazione approfondita sul sesso potrebbe indicare che c’è un certo livello di repressione sessuale che li spinge a concentrarsi sul genere.
L’orientamento sessuale e lo sviluppo dell’identità non sono la stessa cosa e devono essere entrambi affrontati ed esplorati . Una omofobia interiorizzata può portare i giovani a mettere in discussione la loro identità e la disforia di genere adolescenziale può a volte essere un modo per evitare ansie sulla propria sessualità.
LINGUAGGIO E SENSIBILITÀ
Gli specialisti in psicologia clinica devono tenere una documentazione professionale conforme ai requisiti di legge: ciò contribuisce a evitare confusione nella corrispondenza e nelle comunicazioni cliniche. Allo stesso tempo, potrebbe essere necessario mantenere un approccio compassionevole, curioso e flessibile verso l’uso dei nomi e/o dei pronomi desiderati dai pazienti quando sono in contatto con loro.
Le difese dei pazienti possono manifestarsi attraverso una fissazione sul linguaggio. Questo può richiedere un approccio robusto ma comprensivo e flessibile da parte del professionista.
Il linguaggio e la terminologia relativi alle tematiche sul genere cambiano continuamente e questo può portare i professionisti all’errata convinzione di non comprenderle. È quindi importante dedicare un po’ di tempo all’apprendimento del linguaggio, della terminologia e degli acronimi, in modo che essi non diventino ostacoli superficiali alla valutazione e al sostegno della salute mentale.
SUICIDIO E SUICIDALITÀ
Quando si valuta il rischio di suicidio, i bambini con interrogativi sul genere sono spesso percepiti come più a rischio. In realtà, il rischio di suicidio in questa coorte è simile al tasso generale di suicidi in chi ha problemi di salute mentale.
Gli specialisti devono anche essere consapevoli che il suicidio rimane un rischio anche dopo una eventuale avvenuta affermazione e/o la transizione medico-chirurgica. I medici devono tenere presente che a volte la suicidalità è legata al desiderio di liberarsi di certi aspetti di sé stessi.
MEDICALIZZAZIONE
Sebbene vi siano auto-dichiarazioni di miglioramento in seguito ad assunzione di ormoni e ad interventi medico-chirurgici, non c’è ancora un consenso sul fatto che i trattamenti medici portino a un migliore adattamento psicosociale futuro.
Le problematiche psicologiche rimangono in genere anche dopo la transizione.
Il numero di persone che effettuano la detransizione è in aumento. Tuttavia, non esiste ancora una ricerca che fornisca una stima del tasso e dei tempi di abbandono dell’identità trans tra gli adolescenti e gli adulti più grandi.
Uno studio recente dimostra che le cause del disagio circa il genere possono diventare chiare solo da un esame a posteriori: fattori come il trauma e il lutto non metabolizzato possono avere effetti profondi sulle giovani menti.
Il caso di Maya illustra la misura in cui il suo problema era la metafora di un dolore non metabolizzato e di una genitorialità carente, con aggravamento a causa del pregiudizio dei coetanei e, a mio avviso, anche da ferite professionali. Lo scopo del trattamento psicologico è quello di portare
problemi inconsci alla coscienza, recuperando e ricollegando gli affetti, la cognizione e la realtà. La psicologia del profondo presuppone la presenza attiva di processi inconsci di compensazione e simbolizzazione. È nostro dovere nei confronti dei giovani esplorare le molteplici sfaccettature del desiderio di transizione espresso da ogni individuo. Per alcune persone, vivere la vita nel ruolo del sesso opposto, fino al punto di sottoporsi ad una transizione fisica, può essere ciò che la psiche richiede loro. Il modo migliore per aiutare i nostri pazienti è quello di affermare il significato della loro esperienza, ma senza avallare esplicitamente una linea d’azione specifica.
Man mano che ragazzini e ragazzi con disforia di genere maturano e progrediscono nell’adolescenza, la maggior parte di loro potrebbe un giorno accettare e vivere felicemente con il proprio sesso biologico, il proprio corpo adulto e il proprio orientamento sessuale. Per questo motivo per i bambini sosteniamo un approccio ben cauto e non incline alla transizione fisica.
ULTERIORI LETTURE
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Written by Stella O’Malley, Psychotherapist and Executive Director of Genspect
Versione in lingua originale su https://genspect.org/guidance-for-psychotherapists-and-counselors/