La genitorialità nel campo minato di sesso e genere

Traduciamo un articolo di Stella O’Malley, pubblicato sul suo blog il 1 gennaio 2024

In questo articolo esploro le controverse questioni che riguardano i genitori di bambini con disagi di genere – Stella O’Malley

Di questi tempi i genitori di bambini con disagi di genere dovrebbero indossare una cotta di maglia e un elmetto prima di affacciarsi sui social media. Condannati qualsiasi cosa facciano, i genitori sono spesso nel mezzo del conflitto tra voci gender critical e attivisti trans. Non c’è da meravigliarsi che alcuni genitori finiscano per essere il ritratto dei loro figli, diffidenti nei confronti del mondo che li circonda e al limite del paranoico riguardo a ogni offerta di aiuto. 

Da un lato, gli attivisti per i diritti dei trans tentano di soffocare ogni forma di confronto, convinti che il #NoDebate (nessun dibattito) sia l’unico modo per tenere a bada quelli che loro ritengono fascisti e bigotti. In questo contesto, i genitori subiscono un bullismo spietato anche solo per aver fatto domande – ragionevoli e pertinenti – sulla prognosi sanitaria a lungo termine della transizione medica.

Dall’altro lato, le voci gender critical cercano disperatamente di far valere i loro punti di vista in un contesto culturale che interpreta ogni obiezione come un pericoloso tentativo di instaurare un regime fascista, perpetuato da fanatici cristiani di estrema destra. Gli attivisti ignorano e negano categoricamente il fatto che la stragrande maggioranza degli individui gender critical sia trasversale all’intero spettro politico, e che una buona parte di loro sia in effetti atea.

Ma entrambe le parti sono accomunate da un atteggiamento sprezzante per la difficile situazione dei genitori. Gli attivisti per i diritti trans invitano pietosamente i genitori ad “amare i propri figli”. Con questo intendono che i genitori devono consentire ai figli di indicare loro la strada, senza tener conto della loro giovane età o vulnerabilità. I leoni da tastiera gender critical invece preferiscono intimare ai genitori di “spegnergli il computer” e “semplicemente dire di no”, come se nessuno ci avesse mai provato prima.

All’interno delle famiglie tendono ad esserci due modi di vedere la cosa: quello affermativo e quello critico. A volte i fratelli affermano e i genitori mettono in discussione, altre volte succede il contrario. Nel caso in cui siano i genitori ad essere in disaccordo, anche il più amorevole dei matrimoni è facile che vada in pezzi. Il ragazzo fragile che si trova nel mezzo finisce per sentirsi ancora più angosciato, non sapendo di chi o di cosa fidarsi. Questi ragazzi sono stati tristemente gonfiati di un senso di giustizia, dal momento che le loro controparti in rete li hanno informati di essere vittime oppresse dai cis-normali che li circondano. Poiché spesso si tratta di giovani molto ingenui, immaturi e vulnerabili, tendono a far propria questa narrazione e si convincono che sia loro dovere erudire la propria famiglia sul loro modo di pensare sbagliato. Molti dei giovani che oggi presentano disagi di genere sono neuro-divergenti e tendono a non gestire bene il disaccordo, per questo si sentono oltremodo frustrati e vanno in crisi se il loro accorato programma di rieducazione delle persone gender critical non funziona. Nel mentre, i loro genitori sono impietriti davanti al tentativo degli stessi professionisti, insegnanti, medici, operatori sanitari ai quali si erano affidati nel momento del bisogno, di creare un baratro di diffidenza tra loro e il loro figlio in difficoltà.

A questo si aggiungono i luoghi comuni che non fanno che incrementare il disagio, poiché semplificano una condizione complessa, limitando la possibilità per le persone di comprendere ciò che accade. Una delle narrazioni che non aiuta è la generalizzazione delle preoccupazioni dei genitori. La spinta verso la transizione può avere radici molto diverse. E le paure e le preoccupazioni dei genitori delle femmine possono essere molto diverse da quelle dei genitori dei maschi. Ironia della sorte, sembra esserci una manifestazione tipicamente maschile della disforia di genere e una tipicamente femminile.

Nel GDSN (rete di supporto per la disforia di genere) ce ne siamo accorti per la prima volta nel 2020, e abbiamo subito organizzato incontri separati per i genitori dei maschi e per i genitori delle femmine. Questi incontri hanno preso una piega totalmente diversa. I genitori delle femmine si soffermavano su complicati intrecci relazionali, su litigi furiosi, sul clima glaciale che imponeva ai genitori di camminare sulle uova, e sul terrore del testosterone e delle mastectomie. Dall’altra parte, i genitori dei maschi si concentravano sul silenzio pesante, sulla mancanza di connessione, sulla porta chiusa della camera da letto, sul carattere improvvisamente guardingo del loro -fino ad allora- dolce ragazzo, sul timore di devianza sessuale e sulle conseguenze devastanti della chirurgia genitale.

Col passare degli anni, sembra assodato che i genitori dei maschi siano ancora più incompresi dal resto del mondo rispetto ai genitori delle femmine. In sostanza, la comunità gender critical tende, in modo poco funzionale, a inquadrare le femmine trans-identificate come vittime e i maschi trans-identificati come carnefici. Questa cattiveria su cattiveria ha generato un terribile senso di vergogna tra i genitori dei maschi, che si sentono quindi in dovere di dichiarare che tutti i loro ragazzi sono ROGD (Rapid Onset Gender Dysphoria, ovvero soffrono di disforia ad insorgenza rapida) e nessuno di loro ha una tendenza all’autoginefilia (AGP – AutoGynePhilia). Le voci gender critical riescono a relegare la questione insistendo sul fatto che gli autoginefili si manifestano solo nella mezza età, senza mostrare alcuna tendenza prima di allora, e essendo del tutto ossessionati da quel momento in poi. Molti genitori di maschi vengono etichettati come protettori di abusatore, qualora ammettono un qualsiasi segnale di comportamento sessuale inappropriato. A complicare ulteriormente le cose, alcuni genitori di ragazzi che desiderano la transizione per un impulso erotico fanno gruppo con genitori di ragazzi ROGD. Questo è problematico per tutti i soggetti coinvolti, in quanto questi genitori credono di poter seguire lo stesso percorso per comprendere meglio il proprio figlio, ma in realtà dovrebbero seguire strade diverse.

Fortunatamente, una recente ricerca in materia fa un po’ di luce su questo tema controverso. Lo studio di Lisa Littman del 2021 suggerisce che i maschi hanno tre volte più probabilità delle femmine di avere un impulso erotico alla base del loro bisogno di transizione. Sebbene questo sia un elemento importante, va tenuto conto del fatto che l’impulso sessuale femminile è molto diverso da quello maschile, e che l’impulso erotico nella donna non è sempre evidente. Tipicamente l’impulso sessuale maschile è guidato da un obiettivo. L’impulso sessuale femminile è un’esperienza molto più estesa a livello corporale, e quindi le femmine potrebbero essere altrettanto determinate alla transizione, senza che l’impulso erotico sottostante sia evidente.

Un altro livello di complessità è rappresentato da quel 23% degli intervistati nello studio di Littman che riteneva che “l’omofobia o la difficoltà ad accettarsi come lesbiche, gay o bisessuali” fosse un motivo per la transizione e la successiva detransizione. Ciò combacia col mio lavoro clinico in quest’area, visto che molti giovani sembrano reprimere i propri impulsi sessuali mediante un’identità di genere sovrapposta, e per questo la loro spinta alla transizione è radicata in una soppressione piuttosto che in un’espressione della loro pulsione sessuale.

Se vogliamo comprendere adeguatamente le complessità della disforia di genere, non possiamo evitare di confrontarci col fatto che, secondo lo studio di Littman del 2021 su 100 detransitioner, il 38,7% dei maschi e il 13% delle femmine riferivano un impulso erotico alla transizione. Questi dati richiamano all’oscuro e controverso spettro dell’autoginefilia e dell’autoandrofilia, ma, a dispetto della censura, l’unica via d’uscita è una discussione civile. È interessante notare quanto siano diametralmente opposte le motivazioni dei diversi gruppi che cercano di eliminare qualsiasi confronto sull’impulso erotico alla transizione medica. Eppure il grado di occultamento di queste condizioni è incredibile e molti di questi gruppi sono pronti a bullizzare e a giurare il falso pur di mettere a tacere chi decide di affrontare questi temi. Di conseguenza, per un verso, l’affidabilità delle informazioni rischia di peggiorare anziché migliorare.

Tra questi gruppi, i più accaniti sono gli attivisti per i diritti trans, fortemente motivati a distinguere ogni impulso sessuale dall’identità di genere. Le stesse donne trans autoginefile sono spesso eccessivamente inclini al voler eliminare l’informazione sull’autoginefilia, perché vanifica la loro illusione. Ma anche molti gruppi di donne e voci gender critical sembrano impegnati a mettere a tacere qualsiasi confronto sull’autoginefilia o sull’autoandrofilia, poiché temono che la discussione finirà per normalizzare la devianza sessuale. I genitori stessi cercano di eliminare la discussione sul collegamento tra impulso sessuale e disagio di genere, probabilmente spaventati e preoccupati da qualsiasi segnale di comportamento sessualmente inappropriato proveniente dai propri figli. 

Alcuni genitori rispondono sostenendo che tutti i giovani trans-identificati sono ROGD e rifiutano la ricerca secondo la quale, da un punto di vista statistico, inevitabilmente alcuni di loro hanno una componente erotica alla base del loro senso di identità di genere. I medici che lavorano in questo campo concordano sul fatto che l’impulso sessuale possa svolgere un ruolo, che la pornografia possa essere profondamente distruttiva e che sia arduo stabilire collegamenti precisi nell’ambito dell’enigma dell’uovo e della gallina dello sviluppo sessuale dell’essere umano. A mio avviso, la disforia di genere a insorgenza rapida (ROGD) rimane il problema più comune che i genitori si trovano ad affrontare e abbiamo bisogno di molte più riflessioni per comprendere i collegamenti con il sesso.

Alcuni maschi sembrano presentarsi sia come ROGD che come AGP. Altri riferiscono di aver assunto comportamenti di sopravvivenza disadattivi dopo una rottura difficile, imitando l’aspetto dell’ex ragazza. Altri sembrano rivolgersi alla transizione medica poiché sono disgustati dal sesso e inorriditi dal loro desiderio sessuale. Alcuni si alienano dal proprio sesso quando realizzano che la società li vede come maschi oppressori, e rispondono cercando di rifuggirlo. Questi ragazzi tendono ad avere un’indole molto dolce e sono riluttanti nei confronti dell’aggressione che gli sembra implicita nell’incontro sessuale. Un altro problema, come sottolineato da Blanchard e Bailey (sul geniale sito web 4thWaveNow) è che il disturbo autoginefilo dell’identità cross-sessuale si presenta anche ‘a esordio rapido’: “Dal punto di vista di un genitore, la disforia di genere autoginefila (che si verifica solo nei nati maschi) spesso sembra venire dal nulla. Questo può essere vero sia che l’esordio avvenga durante l’adolescenza, sia che avvenga in età adulta. Un adolescente può improvvisamente annunciare di essere in realtà una donna intrappolata nel corpo di un uomo, o di essere transgender, o di volere una transizione di genere”.

L’esperienza clinica suggerisce che alcuni maschi transidentificati sono una combinazione di ROGD e AGP, alcuni sono AGP e altri sono ROGD. In ogni caso, la stragrande maggioranza dei loro genitori è devastata e hanno bisogno di sostegno.

C’è anche una tendenza errata a presumere che i maschi AGP non possano pentirsi della transizione e che quindi debbano essere medicalizzati. Questo è opinabile per molti motivi: in questi studi i tassi di “perdita al follow-up” sono talmente alti, così come sono alti i livelli di suicidio post-transizione (lo studio di Dhejne et al. ad esempio mostra un tasso di suicidio superiore al 19% tra le persone che hanno effettuato una transizione medica rispetto alla popolazione generale), che nessuno può seriamente fornire statistiche che provino che la transizione medica è una panacea. Inoltre, le difficoltà che la famiglia, gli amici e la società possono avere nei confronti di una persona che “mente con il proprio corpo”, di recente portate all’attenzione dal comico Dave Chappelle, evidenziano la necessità di considerare molti altri fattori nella valutazione dei meriti della transizione medica.

​È facile dimenticarsi che, nel mezzo dei battibecchi politici e delle competizioni per chi vince, ci sono genitori straziati e ragazzini in difficoltà che lottano disperatamente per salvarsi. Sia i ragazzini che le ragazzine che hanno un disagio legato al genere spesso trattano molto male i propri cari, ed è molto difficile gestire la cosa perché questi ragazzini sono estremamente fragili. Una cosa è certa: poiché la consapevolezza continua a crescere, è indispensabile che le persone si sentano libere di porsi domande ed esplorare tutte le variabili collegate. La soppressione del dibattito non aiuta chi soffre, consente solo a tutti gli altri di sfuggire la complessità dell’argomento.

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