ROGD: quello che sappiamo e quello che stiamo imparando

La prima conferenza in assoluto sulla ROGD: una bomba clinica ed emozionale

Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione di un articolo del 22 novembre 2021 scritto da Derek Duval per Genspect. Genspect ha autorizzato la presente traduzione e pubblicazione. L’articolo originale è disponibile al link https://genspect.org/first-ever-conference-on-rogd-packs-clinical-and-emotional-punch/

Nel novembre 2021 Genspect ha organizzato la prima conferenza in assoluto per esplorare la Disforia di Genere a Rapido Sviluppo, “ROGD (Rapid Onset Gender Dysphoria): Quel che sappiamo e quel che stiamo imparando”.

L’evento ha riunito l’avanguardia dei professionisti al centro del dibattito sul genere: la dott.ssa Lisa Littman, autrice della fondamentale ricerca sulla ROGD del 2018; il dott. David Bell, ex direttore della Clinica inglese Tavistock & Portman NHS Trust; e Stella O’Malley, psicoterapeuta autrice di best sellers e fondatrice di Genspect.

Il seminario online ha anche incluso il forte contributo personale di un genitore attivista che sta lavorando per aumentare la consapevolezza sulla ROGD.

Il pubblico virtuale di oltre 350 spettatori da tutto il mondo includeva medici, ricercatori, giornalisti, documentaristi e genitori.

Riconoscendo che il dibattito sociale sulla ROGD è spesso difficile, il moderatore Angus Fox ha aperto la conferenza dicendo: “Portiamo questo contributo in buona fede… stiamo cercando di aiutare persone vulnerabili… nessuno ha tutte le risposte e noi stiamo cercando di formulare domande ponderate e rilevanti”. Dato che ROGD è la descrizione di un fenomeno e non una diagnosi, Fox ha ribadito che l’intento dei relatori era di “fornire una più profonda comprensione di questo nuovo gruppo oggetto di ricerca, e sottolineare che l’esperienza di una persona non annulla l’esperienza di un’altra”.

Seguono estratti dal discorso di ciascun relatore, con lo scopo tanto di riassumere quanto di ispirare altre persone a seguire il seminario online registrato qui.

La visione dell’intera conferenza ha tutt’altro impatto rispetto alla lettura, e non può essere che consigliata.

Stella O’Malley, una luminare nel campo della terapia di genere, ha parlato per prima sull’argomento “Come i medici lavorano con la ROGD”. O’Malley ha dichiarato che la domanda più frequente che riceve è “Da dove è venuto tutto questo?” e ha continuato puntualizzando che non c’è nulla di più accattivante nella vita, specie per un adolescente che attraversa un periodo di stress psicologico, del sentirsi dire: “Tu puoi essere qualcuno completamente differente…. puoi essere una persona completamente nuova.”

In un momento davvero saliente, O’Malley ha sottolineato che non c’è alcuna prova valutata paritariamente e fondata sulla ricerca a lungo termine a supporto dell’approccio terapeutico affermante, ed ha enfatizzato che affermazione (ndt intesa come dichiarazione di empatia emozionale) non equivale a conferma (ndt intesa come conferma di verità di un fatto).

Si possono affermare i sentimenti dei pazienti ma questo non significa che in tal modo si confermino anche tutti i pensieri o le idee che essi hanno”, ha detto O’Malley, argomentando poi che se i medici passano direttamente dall’affermazione alla conferma dei giovani che stanno esplorando l’identità di genere, “essi possono inavvertitamente rimuovere la decisione autonoma, impedire il processo terapeutico ed anche far venire meno le opportunità di progresso terapeutico”.

L’adolescenza è soprattutto ricerca di identità, e non la si può fermare o bloccarla ad un momento preciso.

O’Malley non ci è andata leggera nel biasimare la sconcertante inclinazione di psicologi e psichiatri a prendere per buone e portare avanti diagnosi e terapie decise da bambini.

Quando un bambino dice che non gli interessa la sua futura vita sessuale e fertilità…. dobbiamo ascoltare… ma dobbiamo assicurarci di essere gli adulti in quella stanza, e renderci conto che un bambino non è in grado di concettualizzare l’impatto della perdita della fertilità a dodici anni”. Comportarsi così equivale a cancellare tutto ciò che sappiamo della psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza.

PENSO CHE LA LIBERTA’ DI MUOVERCI DENTRO E FUORI DALLE IDENTITA’ SIA PIUTTOSTO IMPORTANTE

Stella O’Malley

Mentre una fortissima corrente culturale celebra chiunque rivendichi una identità trans, allo stesso tempo imprigiona i ragazzi.

Stella ha osservato “Quando tutti fanno il tifo per loro, come possono permettersi di rinunciare a questa identità?

Così come attualmente, e anche storicamente, l’anoressia, il tagliarsi, e i falsi ricordi di abusi satanici rituali sono maniere disadattate di gestire l’angoscia estrema durante l’adolescenza e la giovane età adulta, si sta progressivamente riconoscendo una eziologia identica all’improvviso e tardo sviluppo di identità trans – una nuova maniera di gestire un insieme di sintomi antichissimi.

Genere, disforia, ROGD, sessualità, trauma, comorbilità sono tutti argomenti complessi che affliggono una varietà di persone in una varietà di maniere…. Ognuno di questi fenomeni richiede una indagine delicato: l’esperienza di una persona non annulla quella di un’altra

E, ciò nonostante, ci sono molte voci influenti che pretendono esista una sola semplicistica alternativa: legittimare rapidamente l’auto-diagnosi di disforia di genere del giovane come prova di una identità trans immutabile, il che richiede come soluzione l’intervento medico immediato ed irreversibile.

Come siamo arrivati a un momento nella storia in cui si considera sbagliato esaminare e mettere in discussione la presentazione e l’evoluzione dello stato di angoscia di un individuo per meglio comprenderlo, curarlo e proteggerne il futuro?

Jude, la madre di una figlia trans identificata in Australia, ha fatto il secondo intervento, e ha condiviso la sua storia “Dalla teoria alla realtà: quando la ROGD colpisce la propria famiglia

Mentre Jude condivideva coraggiosamente ed eloquentemente le difficoltà di salute mentale di sua figlia, i commenti nella chat parevano saltare fuori dallo schermo, offrendole supporto, ammirazione, e troppo spesso dolorosa solidarietà, dato che la sua storia è una eco di quelle di molti altri genitori che ascoltavano da tutto il globo.

Jude ha descritto l’esperienza della sua famiglia con l’improvvisa identificazione trans di sua figlia a circa 18 anni, dopo molti anni di grave sofferenza emotiva fin dall’adolescenza. La sua storia è un comune resoconto di disforia di genere di origine iatrogenica, risultato sia dell’influenza dei simili e in rete, sia di medici affermanti del genere che hanno coltivato l’idea che “essere nel corpo sbagliato” poteva “spiegare tutto”.

Uno degli argomenti principali di Jude, che risuona potentemente per molti genitori con figli ROGD riguarda come le scuole, i medici, e i professionisti di salute mentale hanno ignorato e spesso deriso l’apporto di Jude e di suo marito, non soltanto le notizie portate dalla loro esperienza di vita con la figlia per tutta la vita di quest’ultima, ma anche con riferimento alle ovvie comorbilità relative alla salute mentale della figlia. Invece di vedere l’improvvisa identificazione trans della loro figlia come parte della presentazione di un complesso disordine emotivo, essa venne immediatamente affermata, e la figlia di Jude fu spinta sul cammino della medicalizzazione. Jude ha raccontato di anni di stretti e coinvolgenti rapporti madre figlia, e di estrema vicinanza con lei, che hanno reso ancora più devastante l’essere stata chiamata bigotta, transfobica e pericolosa per la propria figlia da parte di professionisti che non ne conoscevano minimamente la complessa storia psicologica.

Jude ha descritto come rivendicare una identità trans negli anni tumultuosi dell’adolescenza è “intensamente promosso dai mainstream e dai social media come entusiasmante, stiloso, coraggioso, stupendo e fico”.

Identificarsi come trans dà improvvisamente ai ragazzi prestigio e credibilità, ed essi diventano il centro dell’attenzione.

Per coloro che sono neuro-atipici, depressi, ansiosi, o che mettono in dubbio il proprio valore (autostima), il proprio orientamento sessuale, o addirittura la loro stessa esistenza (come gli adolescenti sono inclini a fare, cfr Erik Erikson), l’idea di una improvvisa nuova identità che può far cessare tutta la sofferenza è più che affascinante. E ci sono sempre le “famiglie arcobaleno” in fondo alla strada o in rete ad offrire il miraggio di un appoggio e una litania di insulti per i genitori “violenti”.

Le parole di Jude bastano clamorosamente a sé stesse:

“È difficile immaginare qualsiasi altra patologia, caratterizzata da una terapia che cambia profondamente la vita, per la quale la diagnosi dipende soltanto dall’affidabilità e accuratezza dell’autovalutazione di un bambino o di un giovane. Noi dovevamo accettare senza discussione la pazza idea che la nostra figlia femmina di 17 anni fosse diventata un ragazzo nel giro di una notte, e pertanto avesse bisogno di cambiare il suo corpo per adeguarlo a una invisibile identità interiore”

“La professione medica ha perso di vista il giuramento di Ippocrate, ed ha accettato l’autodiagnosi di questi giovani”

“Essere un membro di un gruppo di supporto per genitori è stato fondamentale per riuscire a superare il dolore, lo choc e l’orrore degli ultimi tre anni…. Tristemente, mi ha anche aperto gli occhi su quanto è diffuso il danno provocato dalla ideologia di genere, e su quante famiglie ne sono state completamente devastate e distrutte.”

“Siamo al centro di un enorme scandalo medico. Siamo in guerra per salvare i nostri figli dal danno della ideologia di genere. Dobbiamo fermarla adesso.”

Jude, una madre australiana

Nel suo precedente ruolo come rispettato medico anziano nella clinica Tavistock, del Servizio Sanitario Nazionale britannico, il terzo relatore, dott. David Bell, ha ascoltato le preoccupazioni dei colleghi che erano progressivamente sempre più allarmati dal fatto che bambini e ragazzi con situazioni psicologiche preesistenti del tutto differenti erano tutti uniformemente diagnosticati come transgender, e avviati al cammino della medicalizzazione senza nessuna valutazione appropriata.

Questa esperienza in prima linea, così come il suo impegno professionale profuso verso la comprensione della profondità delle esperienze e sofferenze umane, lo rendono eccezionalmente qualificato per dare voce alle preoccupazioni cliniche ed etiche che genera il fenomeno della ROGD.

Il dott. Bell ha spiegato che la stessa parola “transgender” è un termine che non aiuta, perché, per come viene usato oggi, a livelli “esplosivi”, copre una moltitudine di storie, sofferenze e persino sintomi individuali del tutto differenti tra loro.

Il dott. Bell ha implorato tutti coloro che lavorano con questi giovani e giovani adulti di differenziare l’esperienza della disforia di genere dalla identità di transgenderismo.

Mentre è chiaro che tutti stiamo trattando con un problema complesso, con multipli percorsi causali e nessun singolo fattore causale, i servizi sanitari di genere tendono verso una peculiarmente superficiale semplificazione, estremamente dannosa.” 

Bell ha continuato, dicendo: “il coinvolgimento del paziente nel processo decisionale è naturalmente una cosa positiva, ma va distinto dalla totale assenza di messa in discussione del punto di vista del paziente…. quando manca la messa in dubbio, siamo di fronte ad una perversione delle cure mediche…. perversione che è promossa come coinvolgimento del paziente

Il dott. Bell ha fornito una approfondita descrizione della psicoanalisi e del processo terapeutico in generale: “Avere qualcuno dalla tua parte, ma non qualcuno che si schiera con te…. Quella è tutta un’altra faccenda… schierarsi con qualcuno non è un atto di gentilezza, un atto di gentilezza è essere capaci di mantenere una posizione solidale e neutrale”. 

Il dott. Bell si è lamentato che nell’attuale popolare paradigma di affermazione, “Il coinvolgimento ponderato è trattato come un nemico…. Il desiderio di pensare avanti nel tempo e capire perché questo particolare bambino si è sviluppato in questa particolare maniera finisce per essere visto come una espressione di transfobia. Questo crea un mondo ed un universo paranoidi, dove tu o sei con me o sei contro di me”.

Il dott. Bell ha parlato delle analogie tra pazienti che presentano la disforia di genere a sviluppo rapido e pazienti con l’anoressia o la dismorfofobia (dismorfismo corporeo) – con il caso esemplare ed avvincente di un uomo la cui insistenza di aver bisogno di una rinoplastica, in disaccordo con il chirurgo plastico di riferimento, si è risolta una volta che ha elaborato la dolorosa relazione con il padre, dal quale aveva ereditato la forma del naso.

Come molti altri medici che hanno visto lo sviluppo del fenomeno ROGD, il dott. Bell è disturbato da come, nel momento in cui si lavora con pazienti trans-identificati, venga dimenticata o sminuita l’importanza della comprensione, fondamentale nella psicoterapia, del fatto che le dolorose e spesso distorte convinzioni su di sé delle persone possono condurre a manifestazioni di auto lesionismo.

La maggior parte del danno provocato dalla ideologia di genere ai giovani oggi ha luogo nelle scuole

Dott. David Bell

Il relatore protagonista della conferenza, dott.ssa Lisa Littman, è l’autrice dell’epocale studio del 2018, “Relazione di genitori su adolescenti e giovani adulti che appaiono mostrare segni di disforia di genere a sviluppo rapido”. 

La sua presentazione ha descritto questo studio fondamentale (che ha creato il termine ROGD) così come l’altro suo studio del 2021, “Individui trattati per disforia di genere con transizione medica e/o chirurgica che successivamente hanno detransizionato: una indagine su 100 detransitioners”. 

La dott.ssa Littman ha descritto anche un terzo studio (in preparazione) nel quale esplorerà ulteriormente l’esperienza di chi ha desistito e dei detransitioners che non vogliono più identificarsi come transgender.

Forse a causa dei numerosi tentativi di “cancellarla”, risultato della violenta reazione sociale originata dal disagio o dalla politicizzazione del suo lavoro, la dott.ssa Littman si è autenticamente identificata come “a favore degli LGBT, a favore della prioritizzazione della salute e del benessere di tutti coloro che sperimentano la disforia di genere, e a favore del porre alla ricerca maggiori interrogativi per comprendere meglio una condizione”.

Con diapositive sintetiche ed accattivanti la dott.ssa Littman ha chiaramente illustrato le due correnti di pensiero che sono in conflitto nel mentre i medici ed i clinici di tutto il mondo stanno lavorando per capire e curare coloro che presentano disforia di genere. 

Ha enfatizzato che il desiderio di tutti è di aiutare questi individui a risolvere il loro disagio, ma che la concettualizzazione della identità di genere e i trattamenti conseguenti sono ampiamente differenti.

Un gruppo crede in una identità di genere innata ed immutabile, importante come qualsiasi altro aspetto dell’IO, e pertanto, “quando il sesso biologico non combacia con l’innata identità di genere di una persona, si ritiene che la risposta sia la transizione, ed ogni ritardo viene visto come dannoso”.

In questo modello, le condizioni mentali preesistenti sono considerate irrilevanti, ogni persona viene ritenuta del genere che rivendica di essere, e viene ritenuto dannoso non affermarla/confermarla e fornirle gli interventi medici necessari per far combaciare il corpo all’identità.

Al contrario, un gruppo sempre più numeroso crede in un modello “evolutivo”, per spiegare lo statisticamente sconvolgente aumento dei giovani che si identificano come trans, ed è preoccupato che il rapido accesso alla transizione “erra nel non diagnosticare importanti condizioni e fornisce ad alcuni individui un trattamento sbagliato”.

Coloro che appoggiano il modello evolutivo per capire e curare giovani trans-identificati ritengono che diversi fattori, come le comorbilità relative alla salute mentale, l’influenza sociale e politica sia nella realtà sia online, l’omofobia interiorizzata e la misoginia, così come l’antica difficoltà della pubertà, contribuiscano al fascino dell’idea che una persona possa cambiare sé stessa e sfuggire alla sofferenza.

Il contegno della dott.ssa Littman durante tutta la sua presentazione è stato quello di una persona curiosa, attenta ed allo stesso tempo umile e sicura di sé.

Per chiunque al corrente della controversia che circonda il suo lavoro, la dottoressa si è rivolta “all’elefante nella stanza” (ndt: al problema molto noto ma di cui nessuno vuole discutere) dicendo: “In poche parole, perché penso che il mio lavoro sia così controverso… penso lo sia perché le mie ricerche sfidano il modello e l’approccio alla transizione rapida”.

La dottoressa ha poi descritto la sua metodologia, situandola entro i modelli pratici riconosciuti per le ricerche psicosociali, e ha evidenziato con tatto l’inconsistenza e l’ipocrisia degli argomenti dei critici, che affermano che le sue ricerche hanno limitazioni: “Un gruppo ha definito il mio studio ‘metodologicamente atroce’ mentre un altro dei miei studi per il quale avevo utilizzato esattamente gli stessi metodi è stato definito ‘fenomenale’. Io penso davvero che le opposizioni abbiano fonti fortemente ideologiche”.

“Perché il metodo dei miei studi è stato così denigrato? Io credo che tutto derivi dalla indisponibilità ad ascoltare informazioni che mettono in discussione il modello affermativo dell’identità di genere… io credo che venga prima il desiderio di respingere ogni dubbio tout court, e poi venga il tentativo di capire come opporsi.”

Dott. Lisa Littman

La dott. Littman ha concluso ribadendo che ciò che continua ad alimentare la sua volontà di ricerca è l’impressionante cambiamento nella popolazione che richiede cure per la disforia di genere. 

Poichè i fattori psicologici (inclusi l’influenza sociale, contagio sociale, meccanismi di difesa disadattivi, trauma, problemi psicologici, ed omofobia interiorizzata) “possono essere una delle parecchie spiegazioni” per il fenomeno della ROGD, occorre molta più ricerca, ma è chiaro che “si stanno sempre più rafforzando” le prove che supportano le ipotesi da lei formulate per l’origine della ROGD.

La conferenza è terminata con l’intervento di O’Malley, che ha sottolineato l’importanza determinante di mantenere il legame genitore-figlio. 

Ha incoraggiato i genitori interessati ad unirsi a Genspect, dove possono trovare opportunità per aiutare spargere la voce.

Genspect spera che questa conferenza abbia chiarito che, anche se chi si occupa della popolazione ROGD lo fa per essere d’aiuto, questa stessa popolazione di giovani sarà gravemente danneggiata se non saranno ascoltati i genitori, se non saranno comprese ed applicate le informazioni ottenute attraverso le ricerche di Littman, se non saranno ricordate ed applicate le approfondite conoscenze già raggiunte sullo sviluppo psicologico degli adolescenti.

Potete seguire l’intera conferenza al link https://youtu.be/tInYPMCHOzo 

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