Un nuovo studio lancia l’allarme sui rischi dell’estrogeno per i nati maschi

Pubblichiamo la traduzione di un articolo di Genspect.org, del 13 giugno 2025


Un nuovo studio peer-reviewed rivela i gravi rischi per la salute dei nati maschi che assumono ormoni femminilizzanti (estrogeni e/o antiandrogeni). 

Analizzando oltre 50 studi, questa revisione, disponibile per la consultazione, sposta il dibattito dalla mancanza di benefici comprovati alle evidenze dei potenziali danni diretti, richiedendo un’attenzione urgente.

La revisione documenta i rischi per i diversi apparati, che possono portare a una riduzione significativa dell’aspettativa di vita dei maschi alla nascita che assumono ormoni del sesso opposto. Alcuni dei rischi più rilevanti includono:

  • Rischi cardiovascolari: aumento di 5,1 volte del rischio di coaguli di sangue (VTE) dopo due anni e aumento di quasi 10 volte del rischio di ictus dopo sei anni, con probabilità che aumentano nel tempo.
  • Perdita della fertilità: probabile atrofia testicolare permanente e cessazione della produzione di sperma.
  • Rischi di cancro: tassi elevati di cancro ai testicoli (potenzialmente 26,5 volte superiori), al seno (potenzialmente >40 volte superiori rispetto agli uomini non TGNB) e alla tiroide.
  • Malattie autoimmuni: aumento dell’incidenza di lupus, artrite reumatoide e sclerosi sistemica.
  • Salute cognitiva e mentale: alterazioni cerebrali, associazioni con il declino cognitivo e la depressione.
  • Mortalità: un ampio studio olandese ha riscontrato un rischio di mortalità complessivo superiore dell’80% (rapporto di mortalità standardizzato 1,8) rispetto agli uomini della popolazione generale.

Non si tratta di preoccupazioni di poco conto: la revisione suggerisce che questi rischi potrebbero contribuire a ridurre significativamente l’aspettativa di vita. Si confronti la situazione con il ritiro dal mercato di farmaci come il Vioxx (quando Merck ha pagato una multa di quasi 5 miliardi di dollari), che è stato ritirato dal mercato per i rischi cardiovascolari elevati, nonostante offrisse alcuni benefici comprovati.

In netto contrasto, le prove concrete sui benefici rimangono deboli. Anche gli studi affermativi non mostrano alcun miglioramento psicosociale negli adolescenti maschi; infatti, una nuova analisi di Turban et al. ha indicato che i nati maschi trattati con estrogeni erano più propensi a pianificare o tentare il suicidio. E’ quanto risuona nelle parole della scrittrice Andrea Long Chu, che ha scritto sul New York Times: “Mi sento decisamente peggio da quando ho iniziato la terapia ormonale… Come molti dei miei amici trans, ho visto la mia disforia aumentare vertiginosamente da quando ho iniziato la transizione… Prima della terapia ormonale non avevo tendenze suicide. Ora le ho spesso”.

Mentre alcuni sostenitori ora sottolineano l’autonomia del paziente (argomento esplorato anche da Chu), la giustificazione basata sull’autonomia è profondamente messa in discussione dai numerosi segnali di sicurezza relativi a gravi danni sistemici permanenti descritti in questa revisione. Sebbene l’autonomia del paziente sia un principio etico fondamentale, essa non sostituisce il dovere primario del medico di non nuocere (“prima di tutto, non fare del male”). Dati i rischi gravi e permanenti e i benefici non dimostrati – un profilo nettamente diverso da quello di procedure collaudate e sicure come l’aborto o la contraccezione – i professionisti del settore medico non possono abdicare alla loro responsabilità semplicemente prescrivendo ciò che il paziente desidera, proprio come non assecondano il desiderio di un paziente di mangiare meno in caso di anoressia nervosa grave.

Questo invito alla cautela sta guadagnando terreno a livello internazionale. Recenti rapporti, come l’articolo di Hannah Barnes (maggio 2025), riportano che il segretario alla salute del Regno Unito Wes Streeting ha espresso crescente preoccupazione per gli ormoni cross-sex somministrati ai minori dopo aver esaminato le prove dei danni documentati.

Data la limitata evidenza dei benefici rispetto a una serie di segnali di rischio potenzialmente letali, questa nuova revisione impone una rivalutazione critica delle pratiche attuali.

Esamina direttamente le prove: leggi lo studio completo qui.
La ricerca include contributi di M. Lal del The Killarney Group Think Tank presso Genspect.

Leggi l’articolo originale su Genspect.org

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