Le società scientifiche contro il DDL sui trattamenti per minori con disforia di genere?
Milano, 14 dicembre 2025
La posizione di GenerAzioneD sul comunicato delle associazioni e società scientifiche italiane contrario al DDL sui trattamenti per minori con disforia di genere
Il recente comunicato sottoscritto da otto soggetti – nello specifico sei società scientifiche medico-sanitarie, una federazione e un’associazione culturale – con cui si richiede una revisione e integrazione del disegno di legge governativo volto all’istituzione di un registro dei farmaci utilizzati nelle terapie ormonali per minori con disforia di genere, nonché all’introduzione di prescrizioni improntate alla prudenza clinica e alla tutela dei minori, merita un’analisi critica approfondita, tanto più alla luce del ruolo che tali società rivendicano nel dibattito pubblico.
1. Un documento minoritario presentato come rappresentativo
In primo luogo, appare doveroso ricondurre il documento alla sua reale portata rappresentativa. In Italia operano centinaia di associazioni e società scientifiche delle professioni sanitarie: secondo gli elenchi pubblicati dal Ministero della Salute, il numero supera ampiamente le quattrocento, coprendo l’intero spettro delle discipline cliniche, chirurgiche e psicosociali. A fronte di tale pluralità, il comunicato in oggetto è firmato da sole sei società scientifiche, di cui appena due di area pediatrica, affiancate da una federazione e da una associazione culturale che, per definizione, non hanno funzione di produzione di linee guida cliniche.
La presentazione pubblica del documento come espressione della “comunità scientifica” risulta pertanto fuorviante, poiché attribuisce a una posizione estremamente minoritaria un peso che non trova riscontro nella composizione reale del panorama scientifico nazionale.
2. Il precedente del documento delle dodici società e il caso Turban
L’attuale presa di posizione non può essere letta isolatamente, ma va collocata in continuità con quanto avvenuto lo scorso anno, quando dodici associazioni e società scientifiche avevano definito la triptorelina un “farmaco salvavita” per i minori con disforia di genere, citando lo studio di Jack Turban come dimostrazione di una drastica riduzione dei tentativi di suicidio. GenerAzioneD aveva evidenziato criticità sostanziali in merito a tale affermazione (fra tutte il fatto che lo studio riguarda l’ideazione suicidaria e non i tentativi), richiedendo chiarimenti che nessuna delle dodici società ha mai fornito.
Oggi, di quel gruppo iniziale di firmatari, ne rimangono solo sei, che ripropongono un’impostazione sostanzialmente analoga, senza aver mai affrontato nel merito le critiche sollevate sulle loro precedenti prese di posizione.
3. Conflitti di ruolo e circuiti autoreferenziali
Un ulteriore elemento che suscita perplessità riguarda la ricorrenza di figure professionali riconducibili all’endocrinologa Dr.ssa Fisher in almeno 4 di 6 società firmatarie, in ruoli attuali o pregressi di rilievo scientifico, direttivo o collaborativo (Past President e socia fondatrice di SIGIS, co‑coordinatrice della Commissione Disforia di Genere della SIE, membro del Consiglio Direttivo di SIAMS, firmataria di documenti che includono ONIG in rappresentanza delle società scientifiche italiane sul tema dei bloccanti della pubertà).
Pur senza entrare nel merito delle singole posizioni personali, questo dato contribuisce a delineare un circuito ristretto e autoreferenziale, nel quale gli stessi orientamenti teorici e clinici vengono reiterati attraverso organismi differenti, producendo un’apparente convergenza che non corrisponde a un reale pluralismo scientifico.
4. Linee guida selettive e rimozione delle esperienze consolidate
Colpisce la selettività delle fonti citate: le società richiamano le linee guida tedesche, pubblicate pochi mesi fa e quindi prive di dati di follow-up, e ignorano invece le più consolidate indicazioni finlandesi (2020), che pongono la psicoterapia come prima linea e considerano la terapia ormonale sperimentale, o le svedesi, paese pioniere nell’approccio medico alla transizione, nonché le britanniche, dove la triptorelina è stata sospesa dopo oltre un decennio di risultati insoddisfacenti. In Finlandia tali linee guida prudenti ad oggi non hanno causato violazioni dei diritti dei minori né aumento dei suicidi, rappresentando un modello basato su evidenze consolidate. La loro omissione solleva dubbi su completezza e imparzialità dell’analisi proposta.
5. Una selezione a senso unico delle fonti europee
Analoga parzialità emerge nel richiamo alle fonti europee. Vengono citate solamente società endocrinologiche, come Expert Opinion di ESPE ed ENDO-ERN, e vengono ignorate tutte le altre raccomandazioni, come quelle dell’Accademia Europea di Pediatria (EAP) e della Società Europea di Psichiatria del Bambino e dell’adolescente (ESCAP), che invitano esplicitamente alla massima prudenza nei trattamenti medicalizzati dei minori e sottolineano la fragilità delle evidenze disponibili. Questa selezione contribuisce a costruire un quadro informativo incompleto e orientato. La trasparenza e il pluralismo delle fonti non rappresentano un orpello formale, ma una condizione imprescindibile per decisioni cliniche ed etiche responsabili.
6. Prudenza scientifica vs. retorica dell’autodeterminazione
In presenza di un contrasto scientifico di tale ampiezza a livello internazionale, ci si attenderebbe da società scientifiche autorevoli un atteggiamento improntato alla prudenza, alla cautela epistemologica e alla rendicontazione degli esiti clinici. Al contrario, il comunicato fa leva prevalentemente su un generico richiamo al diritto all’autodeterminazione, categoria di natura etico-giuridica che, pur rilevante, non può sostituire l’analisi clinica, soprattutto quando si tratta di minori e di trattamenti potenzialmente irreversibili.
Questa impostazione appare tanto più problematica in un contesto – quello italiano – caratterizzato dall’assenza di registri, dalla mancanza di follow-up sistematici e dalla frammentarietà delle informazioni disponibili, deficienze che proprio il DDL in discussione si propone di sanare.
7. Assenza di dati e opposizione al DDL che introduce il registro
Il punto più critico del comunicato risiede tuttavia in una contraddizione di fondo: le società firmatarie rivendicano l’esistenza di “evidenze scientifiche”, ma non producono dati italiani, né su accessi, né su trattamenti, né su esiti clinici. Eppure criticano un decreto che istituisce un registro nazionale dei farmaci, che rappresenterebbe lo strumento minimo indispensabile per iniziare a raccogliere tali informazioni.
8. La scomparsa del riferimento alle linee guida WPATH: un silenzio significativo
Un elemento che salta all’occhio nel comunicato è il mutamento dei riferimenti scientifici adottati. Nel comunicato del 2024 le società firmatarie richiamavano esplicitamente le linee guida WPATH; nel documento attuale tale riferimento è completamente scomparso, senza alcuna spiegazione. Questo silenzio solleva interrogativi legittimi: si tratta di una implicita sconfessione delle posizioni precedenti o della difficoltà di continuare a sostenere linee guida sempre più contestate sul piano scientifico, istituzionale e giudiziario?
9. Ambiguità sul ruolo della psicoterapia
Particolarmente ambigua appare anche l’invocazione della determina AIFA del 2019, che, come il parere del CNB del 2024, stabilisce che i bloccanti della pubertà siano prescrivibili solo dopo che interventi psicologici, psicoterapeutici e psichiatrici si siano rivelati non risolutivi.
Le società firmatarie condividono dunque che la psicoterapia rappresenti la prima linea di intervento? In tal caso, sarebbe auspicabile che lo dichiarassero esplicitamente, allineandosi anche alle linee guida finlandesi, che riservano l’uso dei trattamenti ormonali a casi eccezionali.
10. L’assenza delle società di area psicologica e psichiatrica
Un ulteriore elemento di criticità del comunicato delle società firmatarie riguarda le assenze particolarmente significative nel novero dei soggetti che hanno sottoscritto il documento. Colpisce, infatti, la totale mancanza di società scientifiche rappresentative dell’area della psicologia, della psicoterapia e della psichiatria, ambiti che, secondo le stesse disposizioni AIFA e i pareri del Comitato Nazionale di Bioetica, dovrebbero costituire l’asse portante e la prima linea di intervento nei percorsi di presa in carico dei minori con disforia di genere, tenuto conto anche dell’elevata presenza di comorbidità psichiatriche nella platea di giovani interessati da tale condizione.
Tale assenza non può essere considerata marginale né casuale: essa contribuisce a rafforzare l’impressione che il comunicato esprima una posizione parziale e incompleta, focalizzata prevalentemente sull’aspetto endocrinologico e medicalizzante, a discapito di una visione realmente multidisciplinare e prudenziale, come invece richiesto dal quadro normativo e bioetico italiano.
11. Conclusione
Alla luce di quanto esposto, il comunicato delle sei società scientifiche non rappresenta il panorama medico-scientifico italiano nel suo complesso, ma piuttosto una posizione estremamente minoritaria e selettiva. La limitata rappresentatività, l’assenza di società di psicologia, psicoterapia e psichiatria e la parzialità nella selezione delle linee guida europee evidenziano una visione prevalentemente endocrinologica e medicalizzante, non pienamente coerente con le indicazioni normative e bioetiche italiane.
La rimozione del riferimento alle linee guida WPATH e l’attenzione esclusiva a fonti recenti, prive di follow-up consolidati, confermano un approccio opportunistico e frammentario, mentre vengono ignorate esperienze consolidate in Finlandia, Svezia e Regno Unito, basate sulla psicoterapia come prima linea e sull’uso prudente dei trattamenti ormonali.
Infine, la pretesa del comunicato di parlare di evidenze scientifiche senza dati italiani a supporto, unita all’opacità informativa, solleva una domanda fondamentale: a chi giova questa posizione?
Certamente non ai genitori né ai ragazzi in sofferenza, che hanno diritto a informazioni complete, coerenti e scientificamente fondate.
I genitori di GenerAzioneD