Disforia di genere, il Governo vara il DDL: tutela e monitoraggio al centro del nuovo percorso per i minori

Disforia di genere, il Governo vara il DDL: tutela e monitoraggio al centro del nuovo percorso per i minori

Il Consiglio dei Ministri ha approvato nei giorni scorsi il disegno di legge “Disposizioni per l’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere nei minori”, una normativa attesa e discussa che interviene per la prima volta in modo sistematico sul delicato tema delle terapie ormonali per adolescenti con disforia di genere.
Dietro alle polemiche, alimentate in parte da interpretazioni ideologiche e slogan riduttivi, il testo porta con sé un impianto normativo solido, ispirato alla tutela della salute psico-fisica del minore, alla prudenza scientifica e al principio di appropriatezza terapeutica.


Un approccio clinico rigoroso e multidisciplinare

Uno degli elementi chiave del DDL è l’obbligo di diagnosi da parte di un’équipe multidisciplinare composta da psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ed endocrinologi. Il percorso non prevede scorciatoie, né semplificazioni: ogni intervento sarà autorizzato solo previa valutazione approfondita, documentata da relazioni cliniche che attestino la presa in carico psicologica o psichiatrica del minore.

È una risposta chiara all’esigenza – spesso espressa anche in ambito medico-scientifico – di non medicalizzare precocemente l’identità di genere, ma di accompagnarla con attenzione e gradualità.

In proposito si osservi che l’approccio multidisciplinare non solo è già prescritto da tutte le determine AIFA per la somministrazione di farmaci ormonali per il trattamento della disforia di genere a carico dell’SSN, ma è coerente anche con quanto previsto dal cosiddetto “protocollo olandese”, adottato dal WPATH come modello di riferimento. Tale protocollo, pur prevedendo l’uso dei bloccanti della pubertà, richiede anch’esso una valutazione clinica complessa da parte di un’équipe specialistica, con un’attenzione particolare allo sviluppo psicologico del minore e alla stabilità della diagnosi.


Registro AIFA e trasparenza: un modello di monitoraggio avanzato

Altro elemento innovativo è l’istituzione di un registro nazionale gestito da AIFA, che rappresenta una svolta sul piano della trasparenza e del monitoraggio clinico. Ogni prescrizione sarà tracciata, inserita in un sistema informativo che raccoglie diagnosi, follow-up clinici, eventuali comorbilità, durata dei trattamenti e risultati a lungo termine.

L’obiettivo non è solo quello di garantire appropriatezza e vigilanza, ma anche di produrre dati scientificamente solidi su una materia ancora scarsamente esplorata.

E questo è un punto centrale: in Italia, fino ad oggi, non sono mai stati pubblicati dati ufficiali sull’utilizzo della triptorelina nei minori con disforia di genere, nonostante il farmaco sia utilizzato in questo ambito dal 2019.

L’assenza di dati pubblici ha contribuito a un dibattito polarizzato e privo di basi empiriche, spesso fondato su opinioni o singoli casi. Il nuovo registro AIFA punta invece a colmare questa lacuna, offrendo strumenti concreti per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti. I dati raccolti saranno oggetto di report semestrali al Ministero della Salute e di una relazione triennale al Parlamento: un sistema che rafforza il controllo pubblico e consente politiche sanitarie fondate su evidenze scientifiche verificabili.


Terapia psicologica al centro del percorso

Un altro punto di forza del DDL è l’attenzione alla componente psicologica. La legge stabilisce che il ricorso ai farmaci, in particolare i bloccanti della pubertà o gli ormoni, debba avvenire solo a valle di un percorso terapeutico di assistenza psicologica già intrapresa. Una misura che tiene conto delle evidenze cliniche secondo le quali molti casi di disforia adolescenziale si risolvono spontaneamente o evolvono in modi differenti una volta superata la pubertà.

È importante sottolineare che tale richiamo all’assistenza psicologica non costituisce un’imposizione nuova o ideologica, poiché già la Determina AIFA del 25 febbraio 2019, che ha autorizzato l’uso della triptorelina in ambito di disforia di genere, stabilisce chiaramente che la sua somministrazione è consentita solo nei casi in cui “l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia stata risolutiva”. Il DDL, dunque, non fa che recepire formalmente un principio clinico già in vigore: prima si tenta ogni strada psicologica e relazionale, poi – se necessario – si considera il supporto farmacologico.


Il modello Nord-Europeo

Questa ribadita attenzione agli aspetti psicologici della condizione disforica si inserisce in un cambio di paradigma ormai evidente in diversi Paesi europei, in particolare nel Nord Europa, dove si sta affermando una linea più cauta e centrata sulla salute psicologica del minore. In Finlandia, ad esempio, l’assistenza psicologica è riconosciuta come la prima linea di intervento nei casi di disforia di genere in età evolutiva: l’obiettivo è quello di sostenere lo sviluppo identitario del giovane in un contesto protetto, non invasivo e privo di pressioni farmacologiche premature. Solo in una fase successiva — e con criteri clinici molto selettivi — si valuta l’eventuale ricorso ai trattamenti ormonali.

Un orientamento simile è stato adottato anche in Svezia, Norvegia e UK, dove le autorità sanitarie, dopo anni di esperienze cliniche e analisi retrospettive, hanno rivisto le proprie linee guida ridimensionando in modo sostanziale l’uso dei bloccanti della pubertà e degli ormoni nei minori. Si tratta di un vero e proprio ripensamento del modello “affirmative only”, che in passato aveva portato a un’eccessiva medicalizzazione e che oggi viene sostituito da una visione più prudente, basata su dati scientifici aggiornati e sul principio di precauzione.

Anche nel mondo anglosassone si registrano cambiamenti radicali: basti pensare alla chiusura della Tavistock Clinic nel Regno Unito, un centro di riferimento per i trattamenti di affermazione di genere, dopo un’indagine che ha evidenziato gravi criticità nella gestione dei percorsi terapeutici e una mancanza di evidenze solide sugli effetti a lungo termine.

In questo contesto internazionale, l’Italia con questo DDL sceglie una via di equilibrio e responsabilità, che si distingue sia dal negazionismo ideologico sia dall’iper-medicalizzazione non controllata. Si delinea così un modello che tutela il minore con strumenti clinici adeguati, gradualità nelle scelte e centralità della dimensione psicologica, nel solco di quanto già avviato dai Paesi più avanzati e riflessivi sul piano bioetico e sanitario.


Un comitato etico a garanzia del minore

A ulteriore tutela dei minori, il testo prevede che – fino all’adozione di protocolli unificati – ogni trattamento debba ottenere l’autorizzazione del Comitato Etico Pediatrico Nazionale. Un passaggio che introduce un filtro di garanzia per evitare abusi, pressioni familiari o scelte avventate. È un modello già presente in altri contesti clinici delicati, come le terapie sperimentali o gli interventi chirurgici irreversibili in età evolutiva.

Non si tratta di negare l’accesso alle cure, ma di assicurarsi che questo avvenga solo quando esistano tutte le condizioni cliniche, etiche e relazionali appropriate.


Le critiche e la realtà dei fatti

Non sono mancate le proteste da parte di alcune associazioni che parlano di “schedatura”, “medicalizzazione differita” o “ostacoli burocratici all’accesso alle cure”. Tuttavia, un’analisi attenta del testo evidenzia che queste contestazioni poggiano più su presupposti ideologici che su elementi concreti del provvedimento.

Anzitutto, va chiarito che molte delle misure previste dal DDL non sono affatto una novità, ma formalizzano prassi cliniche già esistenti o rendono vincolanti raccomandazioni già espresse da autorità bioetiche e sanitarie.

È il caso, ad esempio, del ruolo centrale attribuito all’equipe multidisciplinare e alla terapia psicologica e psichiatrica, che non viene introdotta ex novo dalla legge, ma che è la prassi (o dovrebbe esserlo) fin dal 2019 per la somministrazione dei bloccanti della pubertà.

Il DDL, quindi, non innova, ma rafforza e sistematizza un criterio clinico già vigente, rendendolo trasparente, strutturato e monitorabile a livello nazionale.

Inoltre, la legge risponde pienamente alle raccomandazioni del Comitato Nazionale per la Bioetica, espresse nel parere del 22 novembre 2024, che invitavano a “procedere anche con la analisi sistematica di tutti i dati relativi ai trattamenti passati e in corso nel contesto italiano”.

Anche la previsione di un Comitato Etico nazionale per autorizzare i trattamenti farmacologici in attesa di protocolli uniformi non è un ostacolo, ma una tutela in più per i minori, che garantisce un vaglio collegiale, indipendente e specializzato in età evolutiva.

Infine, l’idea che il DDL limiti l’autonomia del minore va riletta alla luce dell’ordinamento giuridico italiano, che già prevede forme di consenso informato “rafforzato” per i trattamenti sanitari in età evolutiva. Il coinvolgimento dei genitori, degli specialisti e di comitati etici è una garanzia di maggior protezione del minore.


Un’occasione da non perdere

Con questo DDL l’Italia sceglie di non ideologizzare la salute, ma di costruire un percorso strutturato, vigilato e basato sull’evidenza.

Si tratta di adottare una politica sanitaria che mette al centro la persona, e in particolare il minore, garantendo:

  • un accesso consapevole e sicuro ai farmaci;
  • il coinvolgimento delle famiglie e dei clinici;
  • il rispetto del principio di precauzione scientifica;
  • la trasparenza nei dati e nei risultati.

È il primo step di un percorso che dovrà essere vagliato dal Parlamento, ma che rappresenta un passo necessario per superare l’attuale frammentazione territoriale e porre fine a prassi non uniformi.

Nel dibattito pubblico emerso attorno al disegno di legge, ciò che è mancato finora è la disponibilità a riconoscere i punti condivisi, quelli su cui anche i critici più accesi potrebbero – o dovrebbero – convergere. Sarebbe importante, infatti, che chi si oppone al provvedimento dichiarasse apertamente su quali aspetti è d’accordo: si ritiene necessaria l’assistenza psicologica per i minori che si autodichiarano transgender? È importante che la medicalizzazione di bambini e adolescenti sia vagliata da un’équipe multidisciplinare? È utile raccogliere dati clinici per evitare terapie affrettate o inappropriate? Si ritiene che l’esperienza dei paesi Nord-Europei, da sempre all’avanguardia nella tutela dei diritti delle persone, possa rappresentare un modello da cui trarre ispirazione per coniugare rispetto della persona, rigore scientifico e protezione dei minori?

Partire da questi punti di contatto potrebbe rappresentare il primo passo per superare l’attuale clima di contrapposizione ideologica, che rischia di trasformare una questione delicatissima in uno scontro di bandiere. In questo perenne clima di contrasto a farne le spese, ancora una volta, sono i minori più fragili e vulnerabili e le loro famiglie, che avrebbero invece bisogno di certezze, di ascolto e di percorsi costruiti con rigore, empatia e responsabilità.


Schema DDL 04/08/2025

Schema di disegno di legge recante “ Disposizioni per l’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere”

ART. 1 (Somministrazione dei farmaci aventi l’effetto di bloccare la pubertà e degli ormoni mascolinizzanti e femminilizzanti)

La somministrazione dei farmaci aventi l’effetto di bloccare la pubertà e degli ormoni mascolinizzanti e femminilizzanti alle persone minori di età con diagnosi di disforia di genere, è effettuata a seguito di diagnosi di una équipe multidisciplinare e degli esiti documentati dei precedenti percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici, nel rispetto dei protocolli adottati dal Ministero della salute, acquisito il consenso informato secondo le modalità di cui all’articolo 3 della legge 22 dicembre 2017, n. 219. 2. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 1, nelle more dell’adozione da parte del Ministero della salute dei protocolli di cui allo stesso comma, la somministrazione è effettuata previo assenso del comitato etico a valenza nazionale pediatrico di cui all’articolo 2, comma 9, della legge 11 gennaio 2018, n. 3. 3. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, attiva un registro per la prescrizione e la dispensazione dei farmaci e degli ormoni di cui al comma 1, che avviene mediante farmacia ospedaliera, per monitorare il corretto utilizzo del farmaco, tenendo conto delle specifiche indicazioni che il Ministero della Salute predispone entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 4. In ogni caso il registro di cui al comma 3, deve contenere almeno elementi e informazioni in ordine al processo decisionale di prescrizione dei farmaci aventi l’effetto di bloccare la pubertà e degli ormoni mascolinizzanti e femminilizzanti, inclusi gli esiti documentati dei precedenti percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici, le eventuali comorbilità diagnosticate, il monitoraggio clinico e il follow up. 5. L’AIFA, ogni sei mesi, trasmette al Ministero della salute un rapporto relativo ai dati del registro di cui al comma 3.

ART. 2 (Tavolo tecnico e relazione al Parlamento)

Con decreto del Ministro della salute, di concerto con l’autorità politica delegata per la famiglia, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito presso il Ministero della salute, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Tavolo tecnico a cui è affidata la valutazione del rapporto di cui all’articolo 1, comma 5. Il Tavolo è presieduto da un rappresentante del Ministro della salute e da un rappresentante dell’autorità politica delegata per la famiglia, ed è composto da tre esperti in materia nominati dal Ministro della Salute e due esperti in nominati dall’autorità politica delegata per la famiglia. 2. Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza triennale, il Ministro della salute, sentita l’autorità politica delegata per la famiglia, trasmette al Parlamento una relazione sui dati raccolti nel registro di cui all’art. 1, comma 4.

ART. 3 (Clausola di invarianza finanziaria)

Dall’attuazione delle disposizioni della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica. 2. Le attività previste dalla presente legge sono realizzate con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

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