Bambini e linguaggio woke: una riflessione sugli aspetti critici

Negli ultimi anni, il dibattito pubblico sull’identità di genere ha conosciuto un’accelerazione senza precedenti. In particolare, il linguaggio cosiddetto woke, che si propone di essere inclusivo e rispettoso delle identità non binarie e transgender, ha conquistato una presenza crescente nei media, nelle scuole e nelle istituzioni. Sebbene l’intento dichiarato sia quello di combattere discriminazioni e favorire l’accettazione di ogni individuo, sorgono preoccupazioni legittime circa l’impatto che questa ideologia può avere sui bambini, specialmente in una fase così delicata del loro sviluppo psicologico ed emotivo.

Confusione identitaria

Uno dei rischi principali riguarda la confusione identitaria. Durante l’infanzia, l’identità personale è ancora in formazione ed è naturale che i bambini esplorino ruoli, gusti e comportamenti senza necessariamente attribuirvi significati rigidi o definitivi. L’introduzione precoce di concetti complessi come “identità di genere fluida” o “non binarismo” può generare disorientamento, soprattutto quando viene proposto in modo normativo e non come semplice informazione.

Un linguaggio che suggerisce ai bambini che il loro genere è “una scelta” fin dalla scuola primaria può indurli a interrogarsi in modo prematuro e forzato su aspetti della loro identità che, in condizioni naturali, maturerebbero con il tempo.

Meno biologia, più ideologia

Inoltre, il linguaggio woke tende spesso a sostituire categorie biologiche con costrutti ideologici. Si arriva così a negare la rilevanza del sesso biologico, parlando esclusivamente di “persone con utero” o “persone assegnate maschio alla nascita”. Questa de-biologizzazione del discorso ha il potenziale di compromettere l’educazione scientifica e la comprensione del corpo, specialmente in una fase in cui i bambini stanno acquisendo le basi della biologia e della salute.

Le implicazioni non sono solo teoriche: l’ambiguità terminologica può influenzare negativamente l’educazione sessuale, la prevenzione medica e il rapporto con il proprio corpo.

Pressione sociale

Un altro punto critico riguarda la pressione sociale e istituzionale. All’estero, in alcuni Paesi, i bambini vengono incoraggiati a dichiarare i propri pronomi fin dalla tenera età e le istituzioni scolastiche rischiano sanzioni se non aderiscono a tali prassi. Questo crea un clima in cui l’adesione al linguaggio woke non è una libera scelta, ma una forma di conformismo ideologico.

I bambini, pur non comprendendo pienamente questi concetti, possono sentirsi obbligati a etichettarsi, rischiando di sviluppare un’identità costruita sulla base di aspettative esterne piuttosto che su un’autentica auto-comprensione di sè.

Medicalizzazione precoce dell’identità

Infine, è importante sottolineare il rischio di medicalizzazione precoce. In alcuni contesti, il passaggio dal linguaggio all’azione è breve.

I bambini che esprimono dubbi o comportamenti non conformi al loro genere biologico vengono talvolta indirizzati verso percorsi di transizione sociale o farmacologica (bloccanti della pubertà, ormoni e in seguito interventi chirurgici).

Sebbene tali interventi siano spesso giustificati dall’intento di prevenire disagi psicologici, esistono crescenti preoccupazioni nella comunità medica e scientifica sugli effetti a lungo termine e sull’effettiva capacità di un minore di prendere decisioni così complesse e irreversibili, oltre che sui reali benefici di tali trattamenti, già ripudiati dai Paesi che per primi li hanno sperimentati (es. Finlandia).

Conclusioni

Pur riconoscendo l’importanza di promuovere il rispetto verso tutte le persone, è necessario interrogarsi criticamente sul linguaggio woke in ambito educativo e infantile.

Proteggere l’infanzia significa anche salvaguardare uno spazio di crescita libero da pressioni ideologiche e lasciare che l’identità personale maturi naturalmente, in un contesto equilibrato e fondato sulla realtà biologica e psicologica del bambino.

Un linguaggio che impone definizioni rigide, invece di accompagnare con prudenza e saggezza, rischia di diventare una forma di colonizzazione culturale dell’immaginario infantile, con conseguenze potenzialmente dannose sul lungo termine per le generazioni in crescita.

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