glossario gender parte 4 -- disforia di genere

Glossario Gender Parte 4: “disforia di genere”

Su richiesta di alcuni lettori, inauguriamo una rubrica nella quale esploreremo le definizioni del linguaggio LGBT+, per capire come vengono usate e a chi vengono attribuite queste etichette in chiave gender, ma anche per approfondire se siano effettivamente un punto di partenza scientifico e condiviso per poter parlare delle identità sessuali.


Definizione di “disforia di genere” fornita dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia

DISFORIA DI GENERE – Condizione di disagio e/o di sofferenza legata all’incongruenza tra l’identità di genere di una persona e il sesso assegnato alla nascita, nonché a tutte le conseguenti esperienze relative al ruolo di genere, all’espressione di genere nonché alle caratteristiche sessuali primarie e secondarie. Ne deriva, generalmente, un desiderio da parte della persona transessuale di agire sull’incongruenza tra identità di genere, ruolo di genere e sesso fisico (tramite interventi chirurgici sui caratteri sessuali secondari, di riassegnazione del sesso e/o terapie ormonali) che possa portare all’attenuazione o alla scomparsa di tale disagio e, conseguentemente, al venir meno della diagnosi. Da notare come non tutte le persone transgender sperimentino la disforia di genere o ne facciano esperienza continuativa nel tempo. In passato denominata Disturbo dell’identità di genere (DIG) e accorpata, all’interno della precedente versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV), alla più ampia classe diagnostica dei Disturbi sessuali, la Disforia di genere costituisce una categoria diagnostica a sé stante all’interno del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5). Il motivo di questo grande cambiamento all’interno della classificazione internazionale, conseguente ad un massiccio aumento di letteratura scientifica sulla transessualità e sul transgenderismo, è dovuto all’intento di ridurre il forte stigma nei confronti delle persone transessuali e al fatto che rappresenta una condizione esistenziale risolvibile con interventi non psicologici (e, per tale motivo, non può essere considerata una malattia mentale). 

Fonte: Rainbow Map dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia

Punti di attenzione sulla definizione di “disforia di genere

Nella definizione data riscontriamo diversi problemi. In primo luogo, si dà per scontato il concetto ascientifico di identità di genere (che presuppone l’esistenza in ognuno di noi di una identità di genere innata e sessuata) e si parla di “sesso assegnato alla nascita” e non di sesso biologico, quando sappiamo che il sesso è binario e definito geneticamente a partire dal concepimento, e solo in rari casi può non essere immediato il riconoscimento di esso. 

Troviamo più scientificamente corretto definire la disforia di genere come “una condizione di grande sofferenza psichica caratterizzata da una marcata e persistente sensazione di incongruenza tra il genere percepito e il proprio sesso biologico”. 

La definizione che descrive il “desiderio da parte della persona transessuale di agire sull’incongruenza tra identità di genere, ruolo di genere e sesso fisico (tramite interventi chirurgici sui caratteri sessuali secondari, di riassegnazione del sesso e/o terapie ormonali) che possa portare all’attenuazione o alla scomparsa di tale disagio”, fa riferimento alla presentazione transessuale tipica fino a qualche decennio fa, costituita da (rarissimi) maschi alla nascita che fin da piccoli presentavano la convinzione di essere femmine e una profonda disforia nei confronti del proprio corpo sessuato.

Non è possibile accomunare quel tipo di presentazione con l’ondata di ragazze (in netta prevalenza) e ragazzi che spesso soffrono di disturbi psicologici o psichiatrici e che negli ultimi anni affollano i centri per la disforia di genere esibendo un’identità “riconosciuta” online e richiedendo un adeguamento del corpo, nella convinzione irrealistica di trasformarsi in veri maschi, vere femmine o ibridare i propri corpi in base alle loro preferenze.

Pensare di risolvere con la modifica del corpo la sofferenza di giovani fragili e in via di definizione identitaria, che si percepiscono fluidi e si ribellano alle regole sociali legate al genere, rischia solo di cristallizzare un disagio che, con buona probabilità, si risolverebbe da solo.

Ancora, la considerazione sulla necessità di togliere la disforia di genere dai disturbi mentali per ridurre lo stigma verso le persone transessuali nei fatti legittima una visione stigmatizzante della malattia mentale.

Infine, l’idea che la transessualità sia una condizione esistenziale risolvibile con interventi non psicologici (bensì medici e chirurgici) è una visione non confermata dai nuovi studi longitudinali sulle persone trans, che vedono un aumento del malessere psicologico nelle persone che effettuano gli interventi per il cambio di sesso, e per questo raccomandano un’assistenza psicologica e psichiatrica ad hoc.

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