Il New York Times: “Da ragazzi pensavano di essere trans, ora non più”

Un articolo pubblicato il 2 febbraio 2024 sul New York Times a firma di Pamela Paul ripercorre le storie di alcuni giovani che nell’infanzia e/o adolescenza si erano convinti di essere nati nel corpo sbagliato, ma che una volta adulti, si sono riconciliati con il loro sesso di nascita.

Le tante voci riportate dal New York Times (detransitioner, professionisti, medici, psicologi, genitori) fanno emergere l’esigenza di allontanarsi dall’attuale clima polarizzato e politicizzato – che non fa certo il bene dei giovani coinvolti – e “tornare alla ragione”: questi bambini hanno diritto al miglior trattamento possibile.


L’articolo racconta la storia di Grace Powell, cresciuta in una comunità relativamente conservatrice, e che durante l’adolescenza iniziò a sentirsi a disagio con il proprio corpo, condizione che la portò a credere di essere nel corpo sbagliato. Informandosi online, si convinse che la transizione fosse la soluzione ai suoi problemi.

“La narrativa che aveva appreso e assorbito era che se non avesse fatto la transizione si sarebbe suicidata”.

Iniziò una terapia ormonale 17 anni e si sottopose alla doppia mastectomia per presentarsi al college da uomo transgender, Grayson. Nessuno si indagò sulle vere cause della disforia di genere e della depressione, né sui traumi passati, tra i quali abusi sessuali subiti da bambina.

“Vorrei che ci fossero stati confronti più aperti… ma mi veniva detto che c’è un’unica cura e un’unica cosa da fare se hai questo problema, e ti farà certamente stare meglio”

Powell, 23 anni, ora detransitioner

Mentre “i progressisti dipingono il dibattito sull’approccio all’infanzia transgender come uno scontro tra chi aiuta i bambini a esprimere il loro genere percepito e i politici conservatori che vogliono impedire ai bambini di essere sé stessi”, l’autrice ricorda le responsabilità degli attivisti transgender nell’aver “spinto il proprio estremismo ideologico, facendo pressione per un’ortodossia terapeutica, che negli ultimi anni è stata sottoposta a maggiori controlli. Secondo questo modello di cura, ci si aspetta che i medici affermino l’identità di genere di un giovane e forniscano persino un trattamento medico senza esplorare, o prima di esplorare, altre possibili fonti di disagio”.

“La storia di Powell mostra quanto sia facile per i giovani farsi prendere dall’attrazione dell’ideologia in questa atmosfera”

L’articolo menziona anche il fenomeno della disforia di genere ad insorgenza rapida (ROGD) e la necessità di più cauto e ponderato al trattamento dei giovani con disforia di genere.

Tra i professionisti citati da Paul, Laura Edwards-Leeper, ex responsabile del Comitato per l’infanzia e l’adolescenza della WPATH, osserva un cambiamento drastico della popolazione rispetto all’inizio della sua carriera, e dichiara che per questi giovani

“bisogna prendersi del tempo per valutare cosa sta succedendo davvero, ascoltare la loro storia e raccogliere il punto di vista dei genitori per creare un piano di trattamento personalizzato. Molti specialisti stanno saltando a pie’ pari questo passaggio”

Laura Edwards-Leeper

Ma i professionisti del settore sanitario hanno paura di parlare apertamente delle loro preoccupazioni per paura di essere etichettati come transfobici, come testimoniato da Edwards-Leeper riguardo alle scelte dei suoi studenti: “alcuni mi hanno detto che non se la sentivano di continuare per via degli attacchi e delle accuse di essere transfobici, derivanti dal voler fare una valutazione e di essere favorevoli a un processo più approfondito”.

Leggi l’articolo sul New York Times

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