No, TRANS non è il nuovo GAY

Spesso si pensa che essere trans sia in qualche modo molto simile all’essere gay. Ma la verità è un po’ più complessa e noi vogliamo spiegarvi il perché.

20 minuti di lettura

Pubblichiamo una nostra traduzione di un articolo di Angus Fox, pubblicato su Genspect il 14 maggio 2022

Come uomo gay, sono cresciuto con una certa idea della comunità gay. A volte, quest’idea era un po’ distorta: le “teste parlanti” in TV tendevano a essere uomini gay, molto più che lesbiche; inoltre tendevano a essere giovani e provenienti da città. I rappresentanti della comunità gay spesso non erano eterogenei come avrebbero potuto: la lesbica in pensione che viveva nel Devon o nell’Ontario settentrionale o nel Kansas aveva meno probabilità di arrivare sullo schermo rispetto, ad esempio, al giovane gay che viveva a Londra, a Toronto o a San Francisco.

Che si usasse o meno l’espressione “LGBT”, di solito (anche se non sempre) c’era l’idea che avessimo una causa comune con le persone trans, almeno in una certa misura. Anche se non veniva dichiarato apertamente, eravamo tutti minoranze sessuali; e fino a un certo momento, questo non è stato un problema per la maggior parte di noi. Ma ora la questione è diventata molto controversa. Con la crescita del numero di persone che si identificano come trans, molte persone LGB vedono la necessità di un movimento distinto per le persone attratte dallo stesso sesso.

Il risultato? Stiamo tutti pensando di più a cosa significhi essere gay e a cosa significhi essere trans. E questo è un aspetto che merita un’analisi a sé stante.

In generale, prendiamo per buone le esperienze interne degli altri. Se dici di avere fame, probabilmente verrai creduto; allo stesso modo, se dici di essere gay o di essere trans. Ci prendiamo alla lettera a vicenda, perché, senza una buona ragione, non ci accusiamo l’un l’altro di dissimulare, e certamente non di mentire.

Quindi, è probabile aspettarsi che molte persone credano che ci sia una somiglianza fondamentale tra sessualità e identità di genere. Entrambe sembrano essere qualità osservate internamente, qualità che possiamo conoscere solo noi stessi. Dopotutto”, si potrebbe pensare, “è possibile che tutte quelle organizzazioni LGBT si stiano sbagliando, quando includono la T (di trans) accanto a LGB? Ci deve essere qualcosa di vero”. E nessuno vuole ripetere gli errori del passato, quando i parlamenti, le scuole, le congregazioni religiose e le strutture mediche non sono riuscite a riconoscere agli omosessuali i diritti umani fondamentali.

Ma partire dal presupposto che “essere trans è come essere gay” è un punto di vista semplicistico. Ci sono molte distinzioni da fare tra l’identità di genere e la sessualità – e queste distinzioni sono essenziali per chi di noi lavora con i genitori di bambini che si interrogano sul genere, con i detransitioner e con coloro che hanno fatto la transizione ma hanno vissuti ambivalenti, o addirittura negativi, riguardo all’assistenza sanitaria che hanno ricevuto. Mettere insieme questi due concetti così diversi può essere fuorviante e portare a conseguenze inaspettate.

Per creare una conversazione più approfondita sulle questioni trans, Genspect vi offre una guida passo passo per capire perché è importante trattare il genere e la sessualità come nozioni separate. Leggete con calma o cliccate per passare agli argomenti che vi interessano:

  1. Sono sempre esistite persone gay. Le persone trans invece no.
  2. I gay esistono in tutto il mondo. Le persone trans no.
  3. L’omosessualità è presente in tutto il regno animale. Il transgenderismo no.
  4. L’essere gay è empiricamente verificabile. Essere trans non lo è.
  5. L’essere gay non richiede mai una medicalizzazione. Essere trans di solito sì.
  6. L’essere gay tipicamente non comporta comorbidità. Essere trans di solito sì.
  7. L’essere gay non è legato a un condizionamento sociale. Essere trans sì.
  8. L’essere gay non richiede che gli altri cambino il loro comportamento. Essere trans invece sì.
  9. L’essere gay non si basa su stereotipi sociali. Essere trans, spesso, sì.

1. Sono sempre esistite persone gay. Le persone trans invece no.

La teoria dell’identità di genere consiste nell’idea che ciò che vi rende una donna, un uomo o qualcos’altro sia un’identità interna, da prendere sulla fiducia. Ma questa nozione è del tutto moderna. I frammenti di storia offerti come prova dell’esistenza di persone trans nel corso del tempo si sfilacciano: le affermazioni secondo cui le donne forti e coraggiose della storia erano in realtà non-binary, si rivelano essere nient’altro che ipotesi misogine secondo cui le donne non sono, o forse non dovrebbero essere, forti e coraggiose. Non esattamente un pensiero progressista.

Molti giovani di oggi sembrano provare una profonda angoscia nell’essere “mal interpretati” (dall’inglese “misgendered“) da coloro che non accettano la loro identità di genere. Anche questo è un fenomeno assolutamente moderno: non ci sono evidenze che in passato altre culture abbiano accolto la nozione odierna di auto-identificazione di genere. E infatti, le personalità del passato che hanno sfidato le norme contemporanee di mascolinità e femminilità erano significative proprio perché il loro status di uomini e donne non era in discussione. Non era qualcosa che cercavano di mettere in discussione con i loro contemporanei.

La questione della sessualità, invece, è vecchia come il mondo. L’omosessualità è menzionata nella Bibbia – anche se in modo poco lusinghiero – e in altri testi religiosi antichi. L’identità di genere no. Si ritiene, a buon ragione, che figure storiche come Alessandro Magno abbiano avuto relazioni omosessuali; l’argomentazione che tali personaggi abbiano avuto equivalenti “trans” si basa su congetture, ignorando piuttosto che attingendo alla documentazione storica.

2. I gay esistono in tutto il mondo. Le persone trans no.

Le diverse culture hanno reazioni diverse rispetto all’attrazione per lo stesso sesso – a volte, come in paesi come l’Arabia Saudita, con conseguenze devastanti per le persone gay e bisessuali. Naturalmente questo si traduce nelle diverse espressioni che si hanno nei diversi paesi. Mahmoud Ahmadinejad ha dichiarato con orgoglio che in Iran non ci sono gay: non c’è da stupirsi che i gay iraniani tengano la loro sessualità sotto silenzio, viste le punizioni che altrimenti li aspetterebbero. Possiamo quindi aspettarci che le stime sull’incidenza dell’omosessualità siano molto differenti da un paese all’altro.

Eppure tutti i paesi e le culture fanno riferimento all’orientamento sessuale in un modo o nell’altro. Che sia con orgoglio, con accettazione diffusa, con tiepida tolleranza o repressione assoluta, tutte le giurisdizioni legiferano in materia di sessualità. Il sesso gay o è legale o non lo è, così come il matrimonio gay e l’adozione di bambini da parte di coppie gay. Queste questioni possono essere trattate in modi molto diversi – ma vengono affrontate, dall’Uruguay e dal Belgio alla Cina e al Mozambico.

L’inclusione dell’identità di genere nella legislazione e nei materiali educativi, invece, è del tutto un fenomeno del mondo “WEIRD” (strano), dove “WEIRD” sta per Western (occidentale), Educated (istruito), Industrialised (industrializzato), Rich (ricco), Developed (sviluppato). Mentre i Paesi dell’Africa e dell’Asia possono avere molto da dire sulla sessualità, sia in positivo che in negativo, i trans vengono raramente presi in considerazione. È soprattutto nell’Europa occidentale e (ancor di più) nell’America del Nord di lingua inglese che l’identità di genere riceve la stessa attenzione della sessualità nelle leggi e nei regolamenti. Ed ecco spiegato perché le lingue hanno un proprio vocabolario nativo per descrivere l’omosessualità, ma importano termini dall’inglese per descrivere le identità transgender.

Le poche eccezioni a questa regola non confermano esattamente l’idea occidentale dell’identità di genere innata. Mentre i Fa’afafine di Samoa sono stati considerati la prova di un “terzo genere”, i Fa’afafine (maschi) non hanno dubbi sul fatto di essere maschi. E mentre gli Hijra dell’India sono solitamente descritti come coloro che non si ritengono né maschi né femmine, in ultima analisi sono un gruppo socialmente emarginato di eunuchi travestiti – tutt’altro che una storia edificante di diversità di genere dalla quale imparare. La natura binaria del sesso non è un costrutto occidentale, ma una realtà biologica innata nella nostra specie; ciò che può sembrare a un primo sguardo la prova della natura transculturale dell’identità di genere è in realtà un fenomeno completamente diverso e, in alcuni casi, ancora più sinistro.

3. L’omosessualità è presente in tutto il regno animale. Il transgenderismo no.

Un articolo del National Geographic, la mette giù con la musica:

“Gli uccelli lo fanno, le api lo fanno, persino le pulci educate lo fanno”. Dal testo del cantautore statunitense Cole Porter.

Porter, che ha raggiunto il successo negli anni ’20 del secolo scorso, non avrebbe rischiato di mostrare la sua omosessualità in pubblico. Ai suoi tempi “gli uccelli e le api” significavano generalmente una sola cosa: il sesso tra un maschio e una femmina.

Ma, in realtà, lo fanno anche alcuni uccelli dello stesso sesso. Lo fanno i coleotteri, le pecore, i pipistrelli della frutta, i delfini e gli oranghi. Gli zoologi stanno scoprendo che l’attività omosessuale e bisessuale non è sconosciuta nel regno animale.

Ad alcuni gay questo potrebbe sembrare fuori luogo. Possiamo perdonarli se pensano “e allora?”. Se non ci fossero i delfini gay? Cosa c’entra con le relazioni omosessuali adulte e affettuose”. Eppure, se non esistesse l’omosessualità nel regno animale, si potrebbe sostenere che l’omosessualità umana sia un fenomeno puramente psicologico. Sebbene non sia ancora chiaro l’esatto equilibrio tra natura e cultura, è evidente che l’omosessualità ha almeno una componente naturale e biologica.

Lo stesso non vale per il transgenderismo. Non può, per definizione, verificarsi nei non umani, in quanto si basa proprio su ciò che ci rende umani. Sull’abbigliamento e sullo stile, che non riguardano nessun’altra specie. Sul linguaggio – che si tratti di nomi e pronomi o dei termini con cui le persone descrivono la propria identità di genere – ancora una volta, non un tema per speci diverse dall’Homo Sapiens. E sulla nostra ossessione profondamente umana di riflettere su chi siamo, come ci relazioniamo al mondo, come siamo visti o non visti. Sebbene possa sembrare strano doversi addentrare nel regno del pipistrello della frutta e dell’orango per indagare sulla sessualità umana, c’è un fatto oggettivo da considerare. Il transgenderismo, concetto ampiamente filosofico, poggia la sua esistenza su costrutti mentali umani che non sono di norma necessari per la comprensione delle relazioni omosessuali.

Il primo movimento per i diritti dei gay aveva il celebre slogan “Born this way” (nato così, NdT). L’argomentazione era semplice: i gay stavano manifestando al mondo intero i loro istinti ineluttabili istinti biologici, opponendosi agli avversari ideologici che ritenevano che stessero facendo una scelta per sfidare la natura. Lo slogan funzionò. Poi, qualche decennio dopo, “Nato nel corpo sbagliato” è diventato l’appello del movimento per i diritti dei trans. Tuttavia, nessuno può nascere nel corpo sbagliato: proprio come gli oranghi, abbiamo la biologia che ci è stata data nell’utero, che ci piaccia o no.

4. Essere gay è empiricamente verificabile. Essere trans non lo è.

L’attrazione per lo stesso sesso, come tutte le attrazioni sessuali, ha conseguenze fisiche. Se vedete l’immagine di una persona che trovate sessualmente attraente, il vostro corpo risponde: il battito cardiaco, ad esempio accelera. (E, naturalmente, il corpo maschile ha un modo più immediato di dimostrare l’eccitazione sessuale). Ciò significa che l’attrazione per lo stesso sesso è verificabile, in senso empirico. Se uno dichiara di essere gay e sta mentendo, è possibile, almeno in teoria, smascherarlo.

L’essere trans, invece, non ha processi biochimici collegati, se non le modifiche biochimiche apportate al corpo dalla medicalizzazione. In altre parole, non è qualcosa che possiamo verificare. Sebbene questo punto possa sembrare teorico, è di grande rilevanza da un punto di vista filosofico: fare coming out come gay significa rivendicare una realtà interna che va al di là dell’aspetto cognitivo o intellettuale. Quando i giovani si dichiarano trans, stanno esponendo come si sentono all’interno della società e come potrebbero voler cambiare questa percezione presentandosi in modo diverso. Non stanno descrivendo impulsi del corpo che possono essere studiati in modo analitico.

Come dice Arty Morty: “Trans non è qualcosa che sei, è una cosa che fai”. Alcuni potrebbero trovare crudele quest’affermazione rivolta a un giovane che mette in dubbio il suo genere, perché potrebbe essere vista come la negazione di una realtà interna. Tuttavia, non si tratta di negare una realtà interna, ma di qualificarla e differenziarla da un tipo di esperienza completamente diverso. Mentre gli adolescenti che si rendono conto di essere attratti dallo stesso sesso possono avere la sensazione di dover prendere delle decisioni, soprattutto per quanto riguarda il coming out, non c’è alcuna ambiguità riguardo all’attrazione per lo stesso sesso in sé: è proprio lì, nel sangue, che piaccia o no. L’angoscia di sapere “se sono trans o no”, invece, è un fenomeno preoccupantemente comune, che non fa che dimostrare l’importanza della natura non verificabile dell’identità di genere.

5. L’essere gay non richiede mai una medicalizzazione. Essere trans di solito sì.

Questo può essere un punto ovvio, ma vale la pena ricordarlo: la chirurgia di riassegnazione del sesso, recentemente ribattezzata con il nome di “cure per l’affermazione del genere”, è a uno stadio talmente recente che semplicemente non disponiamo di dati a lungo termine sugli esiti fisici, psicologici e sociali nel corso di un’intera vita. Le persone trans devono affidarsi ai medici che le guidano attraverso un processo molto complicato che può richiedere un grande sacrificio mentale e fisico; e molti detransitioner non credono, col senno di poi, che la guida ricevuta fosse adeguata.

È vero che ci sono giovani che si considerano trans e non vogliono sottoporsi alla medicalizzazione. Ma si tratta di una minoranza. Il più delle volte, i ragazzi che mettono in discussione il proprio genere hanno “obiettivi di transizione” specifici, che sono di natura corporea. Spesso i giovani che si identificano come trans o come non-binari dedicano una quantità enorme del loro tempo al loro aspetto e a come vorrebbero che cambiasse. Questi cambiamenti possono essere molto importanti e implicare cure ormonali e interventi chirurgici. Non vanno intrapresi con leggerezza.

Al contrario, l’omosessualità, di per sé, non richiede neanche una visita dal medico. Per vivere come omosessuale nella società, non è necessaria alcuna prescrizione medica; non è necessario alcun controllo medico. Sebbene i giovani LGB siano certamente più inclini a lottare con problemi di salute mentale, per i quali possono cercare un aiuto medico, questo non è, di per sé, una forma di medicalizzazione. Per vivere autenticamente come omosessuale, è sufficiente accettare il proprio corpo e le sue risposte biochimiche agli stimoli. Per vivere autenticamente come persona trans, spesso si fa l’opposto: si cerca di cambiare il proprio corpo in un modo che lascerà dipendenti da medici, endocrinologi e aziende farmaceutiche per il resto della vita, con tutti gli oneri economici e di altro tipo che ciò comporta.

6. L’essere gay tipicamente non comporta comorbidità. Essere trans di solito sì.

Fare coming out come gay può essere difficile. Il bullismo è molto diffuso e i sentimenti negativi che ne derivano possono talvolta essere riversati su se stessi, attraverso la depressione, l’ansia e persino l’autolesionismo. Tuttavia, queste difficoltà di salute mentale, spesso definite “comorbidità”, sono molto frequentemente riflessi dell’assenza di accettazione sociale, che sia di amici, coetanei, membri della famiglia, o di se stessi. In altre parole, sono risposte a un contesto sociale.

Le comorbidità funzionano in modo del tutto diverso per le persone trans, e sembrano suggerire che c’è qualcosa di molto diverso in atto. Sappiamo, per esempio, che esistono profonde connessioni tra il transgenderismo e l’autismo, connessioni che abbiamo appena iniziato a comprendere; esistono anche forti correlazioni statistiche con altre condizioni di salute mentale, come il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività e il disturbo alimentare. (Per saperne di più su queste comorbidità, consultate la pagina dedicata sul sito gemello di Genspect, Stats For Gender). Spesso, i genitori di adolescenti gender questioning riferiscono che queste comorbidità precedono di molto l’identità transgender dei loro figli.

I molti detransitioner con cui Genspect lavora spesso attribuiscono la loro pregressa fissazione sul genere a queste comorbidità. Con il senno di poi, alcuni si rendono conto che i modelli di pensiero iper-ruminativi hanno contribuito al loro desiderio di transizione, convincendoli che la medicalizzazione fosse l’unica risposta al loro disagio. Ci sono scarsissime prove di un fenomeno equivalente tra le persone che un tempo erano omosessuali, ma non lo sono più. Sebbene tali individui esistano, sono rari; ancora più rara è l’attribuzione dell’attrazione per lo stesso sesso a una condizione di salute mentale preesistente. In altre parole, quando si parla di comorbidità e salute mentale, sembrano esserci legami inesplorati con l’ideazione transgender che sono semplicemente inesistenti quando si parla di omosessualità.

7. L’essere gay non è legato a un condizionamento sociale. Essere trans sì.

Gli omosessuali sono presenti in tutti i ceti sociali, in tutte le classi socioeconomiche e in tutte le fasce demografiche. Tuttavia, la distribuzione delle identità transgender è sorprendentemente diversa. Negli ultimi dieci anni c’è stata un’impennata di giovani adolescenti, prevalentemente femmine, che si identificano come trans. Non c’è un aumento equivalente, per dire, nelle donne di mezza età o anziane.

Un’argomentazione è che questo fenomeno sia dovuto alla crescita dell’accettazione delle persone trans. Per certi versi, si tratta di una posizione estremamente arrogante: noi, solo noi, nell’Occidente sviluppato del XXI secolo, siamo gli unici esseri umani che abbiano mai ottenuto questo risultato, mentre tutti gli altri, nel corso della geografia e della storia, sono stati così velenosamente transfobici da rinchiudere in cantina millenni di persone trans. Ma anche trascurando l’arroganza intrinseca di questa posizione, la spiegazione non regge. C’è stato sicuramente un aumento dell’accettazione dell’omosessualità e, se da un lato può aver fatto sì che qualche gay e bisessuale in più si sentisse abbastanza sicuro di sé da fare coming out, dall’altro non ha certo causato la stratosferica impennata demografica che osserviamo tra i giovani con identità trans. Se così fosse, sul pianeta resterebbero a malapena degli eterosessuali.

È noto che l’influenza sociale, o addirittura il contagio, è massima tra le ragazze adolescenti. È tra le adolescenti che i disturbi alimentari si diffondono con la massima virulenza, tanto che spesso vengono separate l’una dall’altra durante le cure ospedaliere. Le poche ricerche condotte lo confermano: le femmine transidentificate fanno più spesso parte di gruppi di amicizia in cui la quasi totalità dei loro coetanei ha un’identità di genere in contrasto con il proprio sesso biologico. È chiaro che il transgenderismo è un fenomeno mediato socialmente, e ciò fa sì che fiorisca in alcuni ambienti sociali e sia praticamente assente da altri.

8. L’essere gay non richiede che gli altri cambino il loro comportamento. Essere trans invece sì.

Quando un adolescente si dichiara trans, spesso lo fa con grande clamore. Può essere dovuto al fatto che la rivelazione di un’identità transgender è accompagnata da una raffica di cambiamenti: il giovane potrebbe desiderare di farsi conoscere con un nome diverso, o anche di essere apostrofato con pronomi diversi. Questi cambiamenti richiedono la partecipazione attiva di coloro che li circondano, siano essi familiari, insegnanti, amici o compagni di scuola. A sua volta, questo può dare la sensazione di un aver ottenuto un miglioramento nelle relazioni con gli altri e alleviare i normali sentimenti adolescenziali di dubbio, stagnazione e disprezzo di sé. In extremis, questi cambiamenti possono essere così radicali da richiedere una revisione del normale paradigma grammaticale dell’inglese, per prevedere l’uso di “they” per riferirsi a un individuo specifico e conosciuto, anche se la lingua inglese non ha precedenti in tal senso.

Il coming out gay, invece, non richiede una simile modifica del comportamento delle altre persone. È vero, potreste avere una vita sentimentale piuttosto noiosa se nessuno riconosce la validità della vostra omosessualità: ma non ci sono richieste concomitanti imposte a tutti gli altri, semplicemente come risultato dell’essere gay. Nomi e pronomi non cambiano. Non si usa un bagno diverso e non servono nuovi documenti ufficiali, come il passaporto o la patente di guida. A pensarci bene, il transgenderismo dipende interamente da questi cambiamenti comportamentali per esistere: in fondo, è un fenomeno sociale, che ha senso a livello concettuale solo se gode del riconoscimento di altre persone.

E questi cambiamenti comportamentali non sono neutri, in termini di impatto sugli altri. Molti dei genitori che seguiamo ci descrivono quanto possa essere difficile e traumatico quando i loro figli chiedono loro di stravolgere un intero vocabolario, reimparando di fatto a parlare con la propria prole – e magari anche a pensarla diversamente. Dopo i quindici o vent’anni in cui hai chiamato qualcuno “tua figlia”, non è cosa da poco iniziare a dire “mio figlio”. La riscrittura della storia è una caratteristica unica dell’identità transgender, basata sull’idea che sia stato scoperto qualcosa che è sempre stato lì, ma che non era mai stato riconosciuto. Nessun equivalente cambiamento di comportamento si rende necessario quando un adolescente si dichiara gay.

9. L’essere gay non si basa su stereotipi sociali. Essere trans, spesso, sì.

Indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, si può essere persone conformi agli stereotipi sociali o persone che li contrastano. Ci sono lesbiche “butch”, che preferiscono attività classicamente considerate “più maschili” e che magari si vestono in un modo più convenzionalmente maschile. Ma ci sono anche lesbiche che si presentano in un modo per nulla diverso dalla donna media. Questi stereotipi, espressi attraverso il comportamento, l’acconciatura, l’abbigliamento, lo stile o altre caratteristiche e manierismi, possono intersecarsi con l’omosessualità; ma l’omosessualità in sé non si basa su di essi.

Quando i giovani si dichiarano trans, molto spesso fanno riferimento a queste norme sociali per spiegare il perché si sentono così. Queste norme, che non sono esclusive di coloro che si identificano come trans, diventano giustificativi dell’identità transgender stessa. Ho capito di essere una ragazza quando ho capito che non mi piaceva lo sport. Ho capito di essere un ragazzo quando ho capito che non mi piaceva il trucco. In pratica, gli adolescenti che si considerano trans stanno elaborando una nuova identità in base a questi canoni sociali, anche se tali modelli variano da una cultura all’altra e nel corso della storia.

Molti gay meno giovani trovano tutto ciò preoccupante, e lo stesso pensano, ad esempio, i sostenitori dei diritti delle donne. Gran parte della seconda metà del XX secolo è stata consacrata a sfatare idee considerate regressive, come quella che le donne debbano essere dolci e premurose e gli uomini audaci e decisi. Per molti è inquietante vedere le nuove generazioni ristabilire il concetto di maschio e femmina sulla base di stereotipi sessuali obsoleti. L’alternativa è una visione più ampia del sesso biologico, in cui non esiste un modo giusto di essere donna o uomo. La sessualità semplicemente non coinvolge gli stereotipi sociali nello stesso modo: possono essere rilevanti, ma non sono il mezzo attraverso il quale la sessualità stessa viene definita.


Questo elenco non sarà esaustivo, ma certamente dimostra quante cose vengono trascurate quando l’identità di genere e la sessualità vengono mescolate, come accade comunemente nella cultura odierna. Per i detransitioner, questo non è un aspetto di poco conto: uno studio ha rilevato che quasi un quarto di loro ritiene che l’omofobia o la difficoltà ad accettarsi come lesbiche, gay o bisessuali li abbia portati di fatto alla transizione. Un altro studio condotto su detransitioner e desister ha rilevato che più della metà ha espresso il bisogno psicologico di imparare a gestire l’omofobia interiorizzata. La confusione tra identità di genere e sessualità può essere estremamente pericolosa, e indurre giovani vulnerabili a prendere decisioni di cui potrebbero poi pentirsi.

Quindi no, trans non è il nuovo gay. Le persone LGB meritano rispetto, le persone trans anche. Per quanto possa sembrare l’opzione più semplice, offuscare i confini tra questi concetti diversi non è affatto il modo giusto per dimostrare tale rispetto. Anzi, probabilmente è proprio il contrario.

Credits immagine @Genspect

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