Sfida cognitiva

Pubblichiamo nostra traduzione di un articolo di Bernard Lane pubblicato su Gender Clinic News il giorno 12 gennaio 2024


Nella ricerca sui bloccanti della pubertà e gli effetti sul cervello degli adolescenti sembra esserci un ripensamento.

Secondo un nuovo studio della neuropsicologa inglese Sallie Baxendale, l’incapacità dei ricercatori delle cliniche di genere di indagare adeguatamente su questioni ovvie riguardanti l’effetto potenzialmente dannoso dei bloccanti della pubertà sul cervello significa che non è possibile fornire ai minori le risposte di cui avrebbero bisogno per poter dare un consenso informato a questo trattamento.

“Vaghi richiami a studi di scarsa qualità non sono sufficienti a consentire alle persone che prendono in considerazione questi trattamenti [di soppressione ormonale] di prendere una decisione informata riguardo al possibile impatto sulla loro funzione neuropsicologica”, afferma nel suo articolo di revisione pubblicato la settimana scorsa sul sito di preprint Authorea.

“Restano aperte domande cruciali sulla natura, l’entità e la permanenza di un eventuale arresto dello sviluppo delle funzioni cognitive che potrebbe essere associato al blocco farmacologico della pubertà”.

“Nel caso lo sviluppo cognitivo ‘recuperasse’ il ritardo dopo l’interruzione della soppressione della pubertà, quanto tempo ci vorrà? E il recupero sarà completo?”

I farmaci bloccanti della pubertà – analoghi dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) che sopprimono gli ormoni sessuali naturali – vengono utilizzati “off label” in bambini di età compresa tra 9 e 12 anni che non si identificano con il proprio sesso di nascita e desiderano impedire lo sviluppo sessuale di una pubertà indesiderata.

I bloccanti della pubertà sono stati promossi per questi bambini come un’opzione a basso rischio e senza rimpianti (anche se i dati suggeriscono che la stragrande maggioranza di loro passerà poi agli ormoni sessuali incrociati, che dovranno essere assunti per tutta la vita).


Marketing: L’organizzazione americana per il controllo delle nascite Planned Parenthood si è trasformata in uno dei principali promotori di “cure che affermano il genere”.

Cosa sono i bloccanti della pubertà?
Se sei transgender, intersex o non binario, la pubertà potrebbe essere particolarmente difficile. Durante la pubertà i cambiamenti che avvengono nel tuo copro potrebbero non essere in linea con la tua identità di genere. Se ti riconosci in queste parole, sappi che non sei solo.
La tua identità di genere è reale, e ci sono trattamenti medici che puoi usare per aiutare il tuo corpo a riflettere meglio chi sei. Alcuni giovani trans, intersex, e persone di genere non binario possono decidere di prendere i bloccanti della pubertà dopo averne parlato con i propri genitori o tutori e un infermiere o un medico. I bloccanti della pubertà sono medicine che impediscono alla pubertà di accadere. Lavorano bloccando gli ormoni, testosterone e estrogeni, che portano ai cambiamenti dovuti alla pubertà nel tuo corpo. Questo ferma cose come il ciclo mestruale e la crescita del seno, o l’abbassarsi della voce e la crescita di barba e baffi.
Ci sono 2 tipi di bloccanti della pubertà:
· histrelin acetate, un tubicino flessibile che viene impiantato sotto la pelle del braccio e dura un anno.
· leuprolide acetate, un’iniezione che funziona per 1, 3 o 4 mesi per volta
Gli anti-androgeni sono un altro tipo di medicina che ragazze transgender e persone non binarie nate maschi possono prendere per abbassare i livelli di testosterone nel corpo.


“Sebbene il sistema legale assegni arbitrariamente l’età di 18 anni all’inizio dell’età adulta, sofisticati studi di neuroimaging dimostrano che il cervello umano in realtà non smette di svilupparsi finché non si raggiungono i venticinque anni… Le ultime capacità a svilupparsi completamente all’interno del cervello umano sono le nostre “funzioni esecutive”; queste sono complesse e includono l’autocontrollo, il controllo emotivo, la capacità di apprezzare le sfumature, la capacità di pianificare, stabilire priorità e strategie per raggiungere obiettivi a lungo termine e la capacità di valutare le informazioni per prendere decisioni. “

Prof.ssa Sallie Baxendale, articolo, Transgender Trend

Finestre critiche

La Prof.ssa Baxendale, titolare di una cattedra di neuropsicologia clinica presso l’University College di Londra, sostiene che gli ormoni sessuali estrogeni e testosterone potrebbero essere necessari come input tempestivi per le “finestre critiche” dello sviluppo neuropsicologico. Studi condotti su mammiferi non umani suggeriscono che l’impatto della soppressione ormonale sulla struttura cerebrale e sulle funzioni cognitive potrebbe essere diverso per maschi e femmine. (Gli attivisti per i diritti dei trans stanno spingendo affinché il genere autoidentificato sovrascriva il sesso biologico nei dati medici).

Nel suo articolo, la Prof.ssa Baxendale sostiene che è “urgentemente necessaria” una ricerca sugli effetti dei bloccanti della pubertà sullo sviluppo cognitivo in ambiti quali le funzioni esecutive che hanno a che fare con il processo decisionale, l’intelligenza, l’apprendimento, la memoria e l’elaborazione emotiva.

“Sebbene ci siano alcune prove che indicano che la soppressione puberale può avere un impatto sulla funzione cognitiva [come l’intelligenza misurata dal QI], ad oggi non ci sono prove a sostegno dell’affermazione spesso citata secondo cui gli effetti dei bloccanti della pubertà sono completamente reversibili. In effetti, l’unico studio che finora ha affrontato questo problema nelle pecore, suggerisce che non è così”.

La Prof.ssa Baxendale sottolinea l’importanza che le cliniche di genere effettuino misurazioni di base della funzione cognitiva prima di somministrare i bloccanti della pubertà.

Le condizioni che compromettono le funzioni cognitive – come l’autismo, l’AD/HD e i disturbi psichiatrici – sono sovra-rappresentate nei pazienti giovani che sperimentano il disagio della disforia di genere, per cui la soppressione ormonale può aggravare i problemi esistenti.

L’impatto del blocco della pubertà in un cervello che potrebbe già svilupparsi secondo una traiettoria atipica è sconosciuto”, afferma la Prof.ssa Baxendale.

La Prof.ssa esorta le cliniche di genere ad integrare i loro team multidisciplinari con un neuropsicologo clinico per monitorare eventuali battute d’arresto cognitive e aiutare il team a reagire di conseguenza.

Suggerisce che la mancata considerazione del tema dei bloccanti della pubertà nella ricerca neuropsicologica potrebbe essere legata al fatto che la soppressione ormonale sia un trattamento off-label per la disforia di genere – questi farmaci hanno l’approvazione normativa per il cancro ormono-dipendente e la pubertà precoce (prematura) – e alla riluttanza degli accademici ad entrare in questo campo a causa della sua “atmosfera socio-politica altamente polarizzata”.


“I ricercatori hanno iniziato ad esplorare l’impatto del contesto sul processo decisionale negli adolescenti, in particolare quando si trovano in uno stato di forte eccitazione e in situazioni che coinvolgono i loro coetanei. Gli studi hanno dimostrato che in situazioni eccitanti, in cui le conseguenze sono immediate e dirette, gli adolescenti sono meno influenzati dalla loro conoscenza esplicita delle probabilità di potenziali esiti negativi e sono più disposti a correre rischi per ottenere potenziali ricompense. “

Prof.ssa Sallie Baxendale, articolo, Transgender Trend

Politici, siete avvisati

La Prof.ssa Baxendale ha presentato una sintesi del suo articolo alla conferenza della Society for Evidence-based Gender Medicine (SEGM), tenutasi a New York in ottobre 2023.

Era presente anche lo psichiatra tedesco dell’infanzia e dell’adolescenza Dr Alexander Korte, dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco, che da vent’anni si occupa di adolescenti affetti da disforia di genere.”Sono d’accordo al 100% con le critiche che ha formulato e con le raccomandazioni che ne derivano”, ha detto il dott. Korte a GCN questa settimana.

“Da anni sostengo che l’uso [di farmaci bloccanti la pubertà] in pazienti minorenni con disforia di genere non è eticamente giustificabile, a causa della mancanza di prove scientifiche dei benefici di tale trattamento e della crescente evidenza di gravi effetti collaterali negativi a lungo termine”, ha dichiarato.

Ha affermato di ritenere che il documento di revisione Baxendale sia “di grande rilevanza” per le autorità sanitarie e le società mediche, come la Società tedesca di psichiatria e psicoterapia infantile e dell’adolescenza (DGKJPP) che ha presieduto alla creazione di nuove linee guida mediche per i minori disforici in Germania.

Il dottor Korte è egli stesso membro del gruppo di sviluppo delle linee guida, ma ha affermato che il consiglio del DGKJPP purtroppo non ha tenuto conto del suo avvertimento contro l’orientamento “trans-affermativo” del documento. “C’è, tuttavia, un gruppo sempre più numeroso di specialisti – in particolare professori universitari e direttori di cliniche – che condividono pienamente il mio punto di vista e le mie critiche all’approccio trans-affermativo e alla transizione ormonale precoce”, ha dichiarato a GCN.


Video: la Professoressa Sallie Baxendale sull’effetto dei bloccanti della pubertà sul cervello degli adolescenti

Reversibile, per davvero?

Lo studio di Baxendale afferma che “non ci sono prove che gli effetti cognitivi siano completamente reversibili dopo l’interruzione del trattamento”.

“Nessuno studio sull’uomo ha esplorato sistematicamente l’impatto di questi trattamenti sulla funzione neuropsicologica con una base di partenza e un follow-up adeguati. Tuttavia, ci sono prove di un impatto dannoso della soppressione puberale sul quoziente intellettivo”.

Il documento di Baxendale afferma che “non ci sono prove che gli effetti cognitivi siano completamente reversibili dopo l’interruzione del trattamento”. “Nonostante un’ampia e multidisciplinare base di conoscenze indichi che [la soppressione degli ormoni sessuali] può avere un impatto sulla funzione cognitiva, e gli espliciti appelli in letteratura a studiare questo aspetto che risalgono [allo studio di Galatzer et al del 1984 sulla pubertà precoce], fino ad oggi non sono stati condotti studi sull’uomo che abbiano esplorato sistematicamente l’impatto di questi trattamenti [bloccanti della pubertà] sulla funzione neuropsicologica con una base di partenza e un follow-up adeguati”.

In un documento chiave del 2006 della famosa clinica di genere di Amsterdam, il cui “protocollo olandese” per il trattamento dei “transessuali giovani” ha portato ad un’impennata internazionale nell’uso di bloccanti della pubertà nei bambini con disforia di genere, gli autori hanno affermato:

“Non è ancora chiaro in che modo la soppressione della pubertà influisca sullo sviluppo del cervello. Dalla nostra esperienza con gli adolescenti che hanno assunto [bloccanti della pubertà] e che ora sono adulti, non sono rilevabili effetti evidenti sul loro funzionamento. Tuttavia, sarà condotto uno studio sullo sviluppo cerebrale degli adolescenti transessuali che hanno utilizzato [bloccanti della pubertà] per individuare eventuali sottili effetti funzionali e strutturali”. (Apparentemente questo studio non è mai stato intrapreso.)

Eppure gli autori di quel documento del 2006, l’endocrinologa Dott.ssa Henriette Delemarre-van de Waal e la psicologa clinica Dott.ssa Peggy Cohen-Kettenis, fecero un’affermazione forte, reiterata da medici e attivisti di genere in tutto il mondo: che “è possibile ottenere un trattamento completamente reversibile utilizzando [bloccanti della pubertà]”, a differenza degli ormoni sessuali incrociati che hanno effetti irreversibili.

Il loro documento dichiara un “sostegno finanziario” da parte della Ferring Pharmaceuticals, che produce farmaci bloccanti la pubertà, ma la dott.ssa Cohen-Kettenis sostiene che il finanziamento non abbia influenzato la ricerca. “In caso di qualsiasi segnale di effetti negativi [dai bloccanti] avremmo interrotto il protocollo”, ha detto a GCN.

Un documento fondamentale del 2014 (de Vries e colleghi, 2014) della clinica di Amsterdam che monitorava un piccolo gruppo di pazienti attentamente selezionati, ha riportato il successo del “protocollo olandese” che prevede l’uso di bloccanti della pubertà seguiti da ormoni sessuali incrociati e intervento chirurgico. Il protocollo “ha fornito a questi giovani precedentemente disforici di genere l’opportunità di trasformarsi in giovani adulti ben funzionanti”, si legge nel documento.

Alla domanda se la clinica di Amsterdam avesse l’obbligo di studiare gli effetti dei bloccanti della pubertà sul cervello, la Prof.ssa Baxendale ha risposto:

“L’importanza della pubertà come fase critica dello sviluppo neurologico è ben consolidata ed è supportata dai risultati della letteratura animale, clinica e di imaging. Si prevede che qualsiasi lesione o trattamento che interrompa questo processo abbia un impatto sullo sviluppo neurologico. Presumibilmente il gruppo olandese ne era consapevole ed è per questo che ha valutato formalmente il QI di tutti prima di iniziare il trattamento. Bisognerebbe chiedere a loro come mai non hanno valutato l’esito (post trattamento) utilizzando la stessa misura, ma hanno scelto invece di utilizzare una proxy debole e dicotomizzata della capacità cognitiva”.

Un documento di follow-up del 2022 (Arnoldussen e colleghi) sul gruppo di pazienti olandesi trattati con bloccanti della pubertà ha riportato il risultato “rassicurante” secondo cui “il trattamento medico che afferma il genere, inclusa [la soppressione della pubertà], non sembra influenzare negativamente l’associazione tra quoziente intellettivo e rendimento scolastico.”

Tuttavia, gli autori hanno riconosciuto la necessità di ulteriori studi con un follow-up più lungo “che includano misurazioni più frequenti del QI e che esaminino gli effetti sul funzionamento esecutivo e neurocognitivo”.

Hanno suddiviso la misura dei risultati scolastici in due rami (professionale e superiore) in linea con il sistema scolastico olandese. Questa era la debole e dicotomizzata alternativa (proxy) di misura della capacità cognitiva a cui fa riferimento la Prof.ssa Baxendale. Il QI post-trattamento non è stato riportato.

Dei 119 adolescenti ammessi allo studio, ha partecipato solo il 60% (72).

“Data [la così debole misurazione dei risultati e] la perdita al follow-up di circa il 40% – più il fatto che questi bambini non avevano ricevuto solo bloccanti della pubertà, molti avevano seguito l’intero programma di riassegnazione di genere – questo articolo non ci dice nulla sull’impatto dei bloccanti della pubertà sullo sviluppo cognitivo”, ha affermato la Prof.ssa.

La dottoressa Annelou de Vries, leader olandese nel campo della medicina di genere, autrice dell’articolo 2022 e di altre importanti pubblicazioni della clinica di Amsterdam, ha dichiarato a GCN di essere d’accordo sul fatto che la misura dei risultati scolastici non sia un indicatore ideale della capacità cognitiva, e che sarebbe stata una buona idea testare il quoziente intellettivo dei pazienti dopo il trattamento, consentendo così un confronto con i risultati di base.

Tuttavia, ha dichiarato che sarebbe stato difficile da gestire, in quanto i pazienti non sono stati invitati a una valutazione psicologica formale dopo il trattamento.

“Sarebbe stato costoso, avrebbe richiesto molto tempo e sarebbe stato difficile convincere le persone a partecipare”.

Il team di ricerca olandese ha quindi utilizzato la misura dei risultati scolastici che era già stata raccolta.

La dott.ssa de Vries ha affermato che uno studio adeguato dell’effetto dei bloccanti della pubertà sullo sviluppo neuropsicologico richiederebbe un gran numero di pazienti con gruppi di controllo e un follow-up a lungo termine.

Inoltre, richiederebbe misurazioni specifiche nelle aree previste del funzionamento neuropsicologico che potrebbero essere influenzate dal trattamento con bloccanti della pubertà – e il quoziente intellettivo, come i risultati scolastici, potrebbe non essere la scelta ideale per la valutazione degli esiti, ha detto.

Ha dichiarato inoltre che era arduo ottenere finanziamenti per gli studi di risonanza magnetica (MRI) del cervello. “Avevamo in programma di fare gli studi di risonanza magnetica, ma non ci sono state concesse le sovvenzioni”, ha detto la dott.ssa de Vries.

(Questo articolo è stato aggiornato il 15 gennaio con i commenti della dott.ssa de Vries).


Video: Lo studio sul cervello mai avvenuto – servizio del programma olandese di giornalismo investigativo Zembla

Prove scarse

La revisione della letteratura scientifica condotta dalla Prof.ssa Baxendale ha identificato studi rilevanti sulla soppressione della pubertà in 17 specie di animali, la maggior parte dei quali hanno coinvolto lo stesso gregge di pecore utilizzando controlli gemelli.

“I risultati di questi studi indicano che il trattamento con [farmaci bloccanti la pubertà] ha un impatto negativo sull’apprendimento, sullo sviluppo dei comportamenti sociali e sulle risposte allo stress nei mammiferi”, afferma nel suo studio la ricercatrice.

“I risultati di questi studi sono ampiamente coerenti e indicano che la soppressione della pubertà influisce sulla struttura cerebrale e sullo sviluppo delle funzioni sociali e cognitive nei mammiferi, ma gli impatti sono complessi e spesso specifici per sesso, in linea con le prove [della risonanza magnetica] di differenze sesso-specifiche nello sviluppo neurologico nell’adolescenza umana”.

“Non vi è alcuna prova nella letteratura animale che questi effetti siano reversibili dopo l’interruzione del trattamento.”

La ricerca bibliografica della Prof.ssa Baxendale ha trovato “solo cinque studi” sulla funzione neuropsicologica in seguito alla soppressione ormonale nei giovani; due riguardavano la condizione di pubertà precoce o prematura e tre riguardavano pazienti con disforia di genere.

Un unico studio sull’uomo (Mul e colleghi, 2001), che ha coinvolto un gruppo di 25 ragazze trattate per la pubertà precoce, aveva misurazioni di partenza che consentissero di fare deduzioni sull’effetto di questo trattamento. Dopo tre anni, il gruppo ha mostrato un calo del QI, che i ricercatori hanno liquidato come non grande abbastanza da essere “clinicamente rilevante”.

Tuttavia, la Prof.ssa Baxendale afferma: “Se la perdita media di punti QI era di 7, è interessante notare che almeno un paziente in questo studio ha sperimentato una perdita significativa di 15 punti o più, dal momento che il punteggio QI più alto nel gruppo era 138 in partenza e questo numero è sceso a 123 dopo il trattamento”.

In un unico caso di studio (Schneider e colleghi, 2017), un paziente maschio con un QI di 80 a poco meno di 12 anni ha mostrato una perdita di nove punti QI quando è stato testato di nuovo a 13 anni e tre mesi. “L’indice di comprensione verbale – una misura che dipende dall’espansione del vocabolario e del pensiero concettuale nell’adolescenza, affinché il punteggio standardizzato rimanga stabile – è peggiorato progressivamente nel corso del follow-up, scendendo dal valore di base iniziale di 101 a 91 (13 anni) e 86 (14 anni), una perdita di 15 punti in tre anni”, afferma la Prof.ssa Baxendale.

Grafico: QI in calo riportato in un singolo caso di studio

Londra chiama

Un altro studio nella ricerca della Prof.ssa Baxendale ha confrontato le prestazioni di adolescenti trattati e non trattati nel London Tower Test, utilizzato per misurare la capacità di pianificazione delle funzioni esecutive.

“Sebbene i gruppi non differissero per quanto riguarda il tempo di reazione nel London Tower Test, i male-to-female [ormone] soppressi avevano punteggi di precisione significativamente inferiori rispetto ai gruppi di controllo”, afferma lo studio della Prof.ssa Baxendale.

“Questo dato è rimasto significativo dopo un controllo del QI. Ciononostante, i risultati sui tempi di reazione sono stati successivamente riportati come prova dell’assenza di effetti dannosi sulle prestazioni nella letteratura successiva e nei documenti politici”.

Altri due studi esaminati dalla Prof.ssa Baxendale hanno riferito che, prima di qualsiasi trattamento con bloccanti della pubertà, i pazienti con disagio di genere avevano risultati più scarsi nelle misurazioni cognitive rispetto ai gruppi di controllo “non gender”. Questi risultati, dice, rafforzano la necessità di effettuare test cognitivi di base prima della soppressione della pubertà.

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