I genitori di GenerAzioneD a La Stampa: “Vogliamo solo assicurarci di aver fatto tutto ciò che è possibile per il benessere dei nostri figli”.

Riproduciamo un estratto dell’intervista di Gianluca Nicoletti ad alcuni genitori di “GenerAzioneD”, pubblicata lunedì 30 gennaio 2023 su La Stampa. Qui nella versione integrale.


Ho incontrato le madri di “GenerAzioneD”, un’associazione “quasi segreta” appena fondata da genitori di figli minori, adolescenti o giovani adulti con disforia di genere.  Mi sarei immaginato le solite tristi vestali consacrate alla lotta contro la “congiura gender”, mi sono trovato invece davanti persone che, alle certezze dogmatiche di ogni segno sul tema, contrappongono il bisogno di approfondire, tanto consapevoli di essere strumentalizzabili da sentirsi più libere operando in clandestinità (….). 

“È vero ci sentiamo delle carbonare, non è però possibile fare altrimenti – mi risponde una di loro- Il rapporto con i nostri figli è molto delicato, alcuni di loro hanno anche disturbi psicologici importanti e la loro privacy è fondamentale. In questo ognuno di noi ogni giorno è preso dal dilemma di quanto assecondare e di quanto coltivare il dubbio, vorremmo si capisse che avere un figlio o una figlia che desidera farsi amputare delle parti sane del proprio corpo, essere medicalizzati a vita non è certo una festa, come spesso viene fatto credere. Ci siamo costituiti in un’associazione per chiedere maggiore riflessione e attenzione su un tema così divisivo come quello della disforia di genere, sappiamo che saremo subito attaccate come transfobiche, retrograde, bigotte e quanto altroVogliamo solo assicurarci di aver fatto tutto ciò che è possibile per il benessere dei nostri figli.” (…)

Il loro movimento è assolutamente apolitico, aconfessionale e non vuole essere strumentalizzato, intanto le loro storie cominciano a intrecciarsi, si sovrappongono e lo schema è quasi sempre lo stesso. (…) 

Tutte le madri ci tengono a farmi capire che non esiste in loro nemmeno la minima volontà di reprimere la natura dei figli, né tantomeno di “normalizzarli”. Obietto ancora che le stesse loro argomentazioni sono il cavallo di battaglia del pensiero più reazionario, sui temi che riguardano il genere. (…) “Nessuna di noi ha considerato “anormale” che un proprio figlio o figlia si esprimesse in modalità differenti da quelle tipiche del suo genere di nascita (…)  Nel periodo della pandemia [mia figlia] si era molto chiusa in sé stessa, passava le giornate in rete e ha cominciato a informarmi della sua disforia. Dopo un colloquio con la psicologa ha iniziato la transizione sociale, a voler essere chiamata con un nome maschile, ad appiattirsi il seno con il “binder”. (…) A me va bene se questo le dà felicità ma ora si pone il tema dei trattamenti ormonali, degli interventi chirurgici. Vorrei che le decisioni irreversibili le prendesse in una fase di maggiore maturità e consapevolezza, ora la vedo comunque confusa”. (…)

Mi dicono che come loro cominciano a essercene davvero tanti, il Covid pare abbia rappresentato per molti ragazzi uno spartiacque, mi citano solo come dato indicativo il fatto che in Italia, tra il 2018 e il 2021, il “Servizio per l’adeguamento tra Identità Fisica e Identità Psichica” (SAIFIP) di Roma, ha registrato un aumento del 315% di accessi tra gli adolescenti.

“Tutto è avvenuto all’improvviso-dice un’altra madre ancora-mia figlia non ha mai avuto sintomi di disforia nell’infanzia. Ora che è all’inizio del liceo è normale che mi ponga dei dubbi quando mi chiede se sarei disposta a firmare per iniziare il percorso di transizione farmacologica, quando già immagina di farsi prescrivere ormoni mascolinizzanti, quando mi parla della mastectomia come il massimo della gioia. (…) Ho scoperto che esistono i “detransitioners”, quelli che vorrebbero tornare indietro. (…) Credo che scelte tanto radicali dovrebbero essere rimandate alla maggiore età, però non sembra possibile, tutto sembra debba essere fatto ora e in fretta.”

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