Cambio di genere per i minori: cosa succede all’ospedale Careggi di Firenze?

Un’interrogazione alla Presidenza del Consiglio e al Ministro della Salute Schillaci, riportata in data odierna dal Corriere della Sera in un articolo a firma della giornalista Alessandra Arachi, chiede di fare luce sui trattamenti che nel reparto dell’ospedale fiorentino dedicato alla disforia di genere vengono somministrati ai bambini che si rivolgono al centro (età media 11 anni).

“L’Aifa (nel 2019) ha stabilito che per usare la triptorelina deve essere fatta la psicoterapia e deve essere un’equipe multidisciplinare che conferma la diagnosi di disforia. Al Careggi queste regole le rispettano?” si interroga la giornalista del Corriere, ma le risposte delle dottoresse responsabili del reparto, Jiska Ristori e Alessandra Fisher, chiariscono che le routine applicate da loro sono ben diverse.

“La presa in carico per i percorsi di affermazione di genere non prevede una psicoterapia. Esattamente come succede nelle persone cisgender alle quali non viene richiesta una psicoterapia per definire la propria identità di genere, questo vale anche per le persone trans» dice Ristori.

Nessun accertamento, nessuna considerazione della storia del bambino e dei traumi o delle sofferenze psicologiche che possano averlo indotto a non sentirsi a proprio agio nel suo corpo. D’altra parte “nell’ospedale Careggi non esiste la neuropsichiatria infantile, c’è la psichiatria che però va bene per chi ha compiuto sedici anni” spiega Fisher. Nonostante i rischi per la salute nell’uso della triptorelina siano stati messi in evidenza dal Comitato Bioetico nel 2018 – e nonostante la comunità scientifica internazionale sia sempre più allarmata dalle conseguenze negative del loro utilizzo per bloccare la pubertà in individui sani – ai piccoli pazienti del Careggi il farmaco usato per la castrazione chimica viene dato “sulla base di ciò che essi stessi riferiscono” (a 11 anni).

E negli altri centri italiani cosa succede?

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