Detransizione: i risultati del sondaggio PITT

Pubblichiamo una nostra traduzione di un articolo di PITT (Parents with Inconvenient Truths about Trans) pubblicato Il 21 luglio 2023


Il rapporto tra genitori gendercritical e detransitioners è complicato.

I genitori sanno, o temono, che i loro figli che si identificano come trans siano seriamente instabili dal punto di vista mentale, hanno paura che possano medicalizzarsi sulla base di una losca influenza di Internet e dei coetanei, e sono terrorizzati dal fatto che questi figli che amano così tanto possano procurare danni permanenti alla loro salute fisica nel lungo periodo. Lo stato mentale dei genitori stessi si deteriora man mano che la paura prende piede: molti restano svegli notte dopo notte, in preda ai sensi di colpa, alla depressione e all’angoscia.

Nella loro disperazione, i genitori a volte si rivolgono ai detransitioners, perché sicuramente queste persone hanno le risposte. Loro si sono svegliati e sono venuti a patti con la realtà, e i genitori si chiedono cosa abbia portato a questo, e se sia un qualcosa verso cui possono indirizzare i loro figli trans identificati. Molti detransitioner sono davvero gentili con i genitori, riconoscendo che il dolore è dolore, indipendentemente dall’età della persona che ne soffre. Alcuni condividono le loro storie, offrono parole di speranza, realizzano video, parlano ai bambini e ai genitori.

Ma i detransitioners sanno anche che non è stata una formula magica a innescare l’inizio del loro processo di detransizione. Per tutte le somiglianze che ci sono tra loro, ci sono altrettante differenze. Alcuni si stancano delle infinite domande online dei genitori, perché spesso si trovano in una fase in cui possono a malapena aiutare se stessi, figuriamoci gli estranei. Possono provare sentimenti di inadeguatezza e ansia perché non possono fare a meno di rivivere ripetutamente i propri processi decisionali sbagliati, mentre osservano i ragazzi più giovani che vengono travolti dalla macchina trans. Possono provare sentimenti di depressione o rabbia perché i loro stessi genitori hanno affermato la loro transizione o, al contrario, li hanno maltrattati o ripudiati per essersi identificati come trans. Le loro compromesse relazioni familiari possono impedirgli di provare empatia per i genitori che li contattano.

Detto questo, non è stata una sorpresa che PITT non abbia avuto un tasso di risposta elevato al sondaggio sui detransitioners/desisters di marzo 2023, ma ringraziamo di cuore i 45 desisters che hanno partecipato.

Per proteggere la privacy individuale e per evitare ricavare troppo da un insieme di dati così piccolo, non allegheremo il file dei dati a questo post. Come sempre, siamo lieti di confrontarci sull’indagine con ricercatori professionisti; potete inviarci un’e-mail all’indirizzo pitt@genspect.org.

Il sondaggio in questione si è concentrato sul rapporto genitori-figli. Nonostante il numero esiguo di partecipanti, abbiamo riscontrato alcuni schemi importanti e raccolto alcune pillole di saggezza dai risultati. Di seguito riportiamo le nostre riflessioni principali, ma prima di iniziare condividiamo i dati demografici di base dei partecipanti: il 70% degli intervistati era di sesso femminile, il 30% di sesso maschile. Il più giovane ad aver effettuato ufficialmente la transizione sociale aveva 6 anni, il più anziano 26. La percentuale più alta di desistenze/detransizioni si è verificata nell’arco di 1-3 anni (40%), ma un terzo dei rispondenti è stato trans-identificato per più di cinque anni prima della detransizione. Il 58% aveva assunto ormoni cross-sessuali, ma solo il 34% si era sottoposto a un qualsiasi tipo di intervento chirurgico di genere. Quasi tutti avevano una co-morbilità multipla di neurodivergenza e/o condizioni di salute mentale che andavano dall’autismo alla depressione, e molte altre.

Detto questo, cominciamo.

Principio chiave 1: “Il medico, curi prima sé stesso”.

“L’errore più grande dei miei genitori è stato quello di essere disconnessi dai loro figli, e tra loro, ben prima che il genere entrasse in gioco. I loro problemi relazionali si sono tradotti in modelli genitoriali trascuranti e tossici”.

E’ bene notare che la maggior parte aveva buoni rapporti con entrambi i genitori prima della transizione (il 55%). Ma per coloro che non li avevano, un fattore comune è stato l’avere genitori che non portavano il meglio di sé nella relazione genitore-figlio: gli intervistati hanno segnalato di aver percepito da parte dei genitori rabbia, disinteresse, traumi personali irrisolti, matrimoni tossici, tendenza a biasimare e a vergognarsi, personale ossessione di apparire del “giusto” genere, omofobia, misoginia e forti credenze religiose che hanno interferito con il legame genitore-figlio. A volte è molto difficile riconoscere i difetti che ci caratterizzano come esseri umani, ma chiunque respiri li ha. Vogliamo però essere cauti su questo punto, per due motivi: in primo luogo, incolpare i genitori per i nostri problemi è comune nella giovane età adulta, e andare oltre il biasimo è un importante lavoro di crescita. Inoltre siamo cauti perché, mentre alcuni genitori non riconoscono di avere questioni personali da risolvere, molti di noi passano le giornate a crogiolarsi nei sensi di colpa e in autoflagellazioni improduttive. Ad ogni modo, se vostro figlio ha annunciato un’identità trans, è importante che cerchiate una terapia per voi stessi, per rafforzare la vostra autostima e le vostre capacità genitoriali, come punto di partenza e non come ultima spiaggia. Sappiamo quanto sia difficile trovare un buon terapeuta se si è scettici sul gender e consigliamo di iniziare con il GETA.

Principio chiave 2: Concentrarsi innanzitutto sulla relazione

“I miei genitori avrebbero potuto dirmi di aspettare o mostrarmi delle alternative invece di essere completamente affermativi”.

“I miei genitori avrebbero potuto usare il mio nome e i miei pronomi (in modo da non “combattermi”), al contempo ribadendo che non avrei dovuto sottostare a pensieri intrusivi o a fissazioni legate al genere”.

In questo particolare insieme di dati, il numero di genitori che hanno affermato e di quelli che non hanno affermato è talmente equilibrato che è difficile trarre conclusioni sull’esistenza di una best practice universale. Di certo, non nascondere le proprie preoccupazioni è importante: come ha detto un detrans , “…in pratica tutte le cose che (i miei genitori) hanno represso nei tre anni in cui ero trans sono venute fuori una ad una solo durante la mia detransizione. Vorrei che me ne avessero parlato prima che venissi sterilizzata”. Diversi intervistati hanno compreso l’impatto di ciò che alcuni psicologi chiamano controvolontà sul loro comportamento – qualsiasi preoccupazione i genitori avessero sollevato, erano decisi a ignorarla, e questi tentativi potrebbero aver irrobustito la loro determinazione alla transizione, anziché indebolirla: “…Realisticamente, credo che non avrebbero potuto fare molto per convincermi a non farlo. Personalmente non ero disposta ad avere una mente aperta, e sono stata addestrata dalla comunità trans a mantenere la mia posizione e ad essere ferma”.

Attendiamo con ansia l’uscita di nuovi libri di professionisti della salute mentale come Miriam Grossman e Sasha Ayad, Lisa Marchiano e Stella O’Malley e i risultati di nuovi studi in corso che faranno ulteriore luce sulle migliori pratiche di comunicazione genitori-figli. Nel frattempo, sia che affermiate, sia che non affermiate, sia che vi troviate in una posizione intermedia, sappiate che potete creare con i vostri figli che lo desiderano delle connessioni che non hanno nulla a che fare con il genere, ma che sono positivi per l’intero sistema familiare, a prescindere dai risvolti sulla transizione. Come ha detto un intervistato, i suoi genitori avrebbero potuto “mostrarmi un sostegno incondizionato, aiutarmi a conoscere nuove persone, coinvolgermi di più nelle attività di famiglia…”. Sono cose che molti di noi potrebbero fare come genitori in questo momento.

Una nota speciale per i genitori di detrans o desisters: probabilmente ve ne sarete resi conto, ma gli intervistati hanno chiarito che spesso la detransizione è associata a profonda vergogna e imbarazzo per una serie di motivi (può anche esserci rabbia se si incolpano i genitori per la transizione). Un intervistato si era talmente distaccato dai genitori da non averli informati della detransizione, ma per gli altri era molto importante che i genitori non esprimessero forti emozioni pro o contro, non dicessero “te l’avevo detto” e non facessero troppe domande. Sono i detransitioners a dover prendere l’iniziativa. Come ha detto un intervistato, “… onestamente chiedere una sola volta e soprassedere è stato l’atteggiament migliore, credo. Non sono ancora pronto per essere interrogato da loro”.

Punto chiave 3: il porno e Internet sono un problema

“La maggior parte dei genitori di quella generazione non sembrava accorgersi del porno o del suo impatto sulle generazioni più giovani, che avevano un accesso illimitato a Internet…”.

Con il diffondersi del facile accesso a Internet tramite computer portatili e smartphone negli ultimi 10-15 anni, si è scoperto che i nostri figli venivano guidati online da estranei in conversazioni sessualizzate, guardavano pornografia a volte violenta e immagini fetish assurde o raccapriccianti, e leggevano affermazioni stravaganti sul sesso e la sessualità ad un’età estremamente suggestionabile. In molti genitori Boomer e GenX siamo stati stupidamente, stupidamente all’oscuro da quello che i nostri figli stavano facendo. Le future generazioni di genitori impareranno dai nostri errori, ma le abitudini online fuori controllo dei nostri figli hanno avuto un impatto sulla vita reale, dalla depressione profonda ai disturbi alimentari, dai tic funzionali alla transizione e altro ancora. Un tema ricorrente tra i detransitioners è che avrebbero voluto che i loro genitori li avessero protetti dal porno e da altri tipi di contenuti nocivi online. Se avete intenzione di stabilire dei limiti o di reclamare la vostra autorità genitoriale sull’accesso digitale, vi consigliamo di dare un’occhiata a So You Don’t Want to Be a PITT Parent per avere consigli specifici sulla gestione di Internet.

Principio chiave 4: Pensatevi alleati, non persecutori

“Abbiamo bisogno di persone che ci aiutino a fare ciò che è veramente meglio per noi, mentalmente e fisicamente, senza giudizi o aspettative”.

L’ultima domanda del sondaggio chiedeva se i genitori del PITT potessero fare qualcosa per aiutare detransitioners e desisters . Alcuni intervistati non avevano mai sentito parlare di PITT, altri hanno apprezzato il fatto che abbiamo fatto conoscere le sfide della transizione e ci hanno incoraggiato a continuare a diffondere il messaggio. Ma è importante riconoscere che i genitori scettici sul genere possono avere aspettative consapevoli o inconsapevoli che non sono di aiuto. Far ricadere le nostre storie dolorose sulle spalle di giovani che lottano con le loro storie dolorose non aiuta nessuno. Quindi, per favore, resistete alla tentazione di fare molte domande o di condividere le vostre lotte con loro.

Ciò che gli intervistati hanno chiesto ripetutamente è di essere aiutati a ottenere una terapia e a sviluppare gruppi di sostegno per i detrans. Un’organizzazione che fornisce terapia sovvenzionata è Genspect con il suo progetto Beyond Trans. Considerate di fare una donazione a Genspect e di dire che siete interessati a sostenere Beyond Trans. Se sei un detransitioner o un desister che sta leggendo questo articolo e hai altri progetti che pensi dovremmo conoscere, per favore condividi queste informazioni nei commenti qui sotto.

È una strada angosciante quella su cui incespichiamo. Cerchiamo di essere alleati quando possiamo.

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