Gli effetti della transizione sociale, alla luce di nuovi studi scientifici

Con riferimento alla varianza di genere, una delle questioni più complesse da approcciare, particolarmente per i genitori con figli in età preadolescenziale, è rappresentata dalla cosiddetta ‘transizione sociale‘. Con tale termine viene descritto il processo con cui un individuo decide di cambiare la propria identità sociale, mutando il nome, i pronomi, l’abbigliamento, l’aspetto e le movenze, al fine di esprimere un’identità di sé diversa dal genere natale, ma più corrispondente al proprio senso interiore.

Sul tema della varianza di genere esistono modelli concorrenti di approccio. Uno di questi è il modello affermativo, che assume una posizione non patologizzante nei confronti della disforia di genere e individua come priorità quella di assecondare il bambino, valutando la transizione sociale come una delle modalità con cui agevolare l’espressione interiore del “vero sé di genere” ovvero l’unica espressione di genere riconosciuta come autentica1. La preoccupazione principale alla base di questo approccio è la necessità di proteggere il bambino dai danni associati alla soppressione di quello che è ritenuto il proprio sé autentico, i quali vengono acuiti dall’affrancamento ad uno dei ruoli di genere binario socialmente previsti (il cosiddetto “falso sé di genere”). L’adeguamento al “falso sé” sarebbe un fattore chiave della morbilità psichiatrica, inclusa la suicidalità, osservata nelle popolazioni con varianti di genere.

Un modello alternativo che sta riscuotendo crescenti consensi prevede invece che medici e genitori dovrebbero, ove possibile, ritardare la transizione sociale di genere2, in base all’evidenza che la disforia e le identità di genere incrociate nei bambini in età prepuberale spesso scompaiono durante l’adolescenza3. Tale approccio riconosce che la percezione dell’identità di genere è mutevole, per cui la transizione sociale rischia di condizionare il naturale sviluppo dell’identità di genere nel bambino, aumentando la probabilità che la disforia persista nell’adolescenza e si consolidi a tal punto da sfociare irrimediabilmente in una frettolosa transizione medica. Questo approccio cauto viene definito “vigile attesa” ed è promosso da voci estremamente autorevoli del panorama scientifico mondiale.

Il monito del Servizio Sanitario Inglese

Sulla transizione sociale il Servizio Sanitario Inglese (NHSE) ha una posizione chiarissima, in linea con il modello emergente. Nel fornire le proprie caute raccomandazioni agli operatori medici, la massima autorità sanitaria inglese parte dal comprovato presupposto che

la transizione sociale non è un atto neutro e ad oggi mancano informazioni sugli esiti a lungo termine4.”

Servizio Sanitario Inglese (NHSE)

L’NHSE riconosce che “la transizione sociale potrebbe non essere pensata come un trattamento, perché non avviene all’interno dei servizi sanitari. Invece è importante considerarla come un intervento attivo perché può avere effetti significativi sul bambino o sul giovane in termini di funzionamento psicologico5. Il rischio che effetti negativi possano incidere irreparabilmente sul naturale sviluppo del bambino è talmente evidente che l’NSHE consiglia di valutare il ricorso alla transizione sociale in accordo con il team multidisciplinare che segue il minore e sotto vigile controllo del sistema sanitario. A tale fine l’NHSE dispone che “il Servizio Sanitario deve effettuare un approccio multidisciplinare sul bambino o sul giovane6 e discutere con la famiglia e con il minore dei rischi e benefici della transizione sociale7”.

In tale quadro estremamente prudente l’NHSE dispone che “nei bambini in età pre-puberale l’approccio clinico deve riflettere l’evidenza che nella maggior parte dei casi l’incongruenza di genere non persiste nell’adolescenza8, per cui si raccomanda in via generale un approccio vigile9”.

La linearità della posizione è incontestabile: se la disforia di genere è transitoria occorre evitare di adottare comportamenti che possano consolidarne le variazioni temporanee.
Per gli adolescenti l’indirizzo dell’NHSE è ancora più stringente, in quanto la transizione sociale viene contemplata esclusivamente in presenza di disagi clinicamente significativi.

Per gli adolescenti la transizione sociale dovrebbe essere presa in considerazione solo laddove l’approccio fosse necessario per alleviare o prevenire un disagio clinicamente significativo o una compromissione significativa del funzionamento sociale10

Servizio Sanitario Inglese (NHSE)

Tale rigidità trova giustificazione nella presa d’atto che la transizione sociale racchiude in sé un pregnante elemento condizionante, il quale rende difficoltoso il ripensamento e ostacola la percezione del giovane in ordine alla transitorietà che caratterizza l’incongruenza di genere. Per tale motivo l’NHSE raccomanda che la transizione sociale sia consentita esclusivamente nei casi di estrema necessità e che sia supportata da un energico supporto psicologico volto a sostenere terapeuticamente non solo il giovane, ma l’intera famiglia.

Nei casi in cui la transizione sociale è ritenuta necessaria, verrà fornito ampio supporto psicologico, coinvolgendo la famiglia nella terapia11”.

Servizio Sanitario Inglese (NHSE)

La posizione della Dr.ssa de Vries, ideatrice del “protocollo olandese”

Quando l’NHSE invita ad attuare un approccio improntato alla cosiddetta “vigile attesa”, non fa altro che richiamare quanto già sostenuto dalla Dr.ssa Cohen-Kettenis e dalla Dr.ssa Annelou de Vries in uno studio pubblicato nel 201212. Lo studio risulta essere particolarmente significativo in quanto condotto da Annelou de Vries, non proprio una studiosa qualunque. La Dr.ssa de Vries dirige il Dipartimento di Psichiatria Infantile del Centro di Competenza sulla Disforia di Genere dell’UMC di Amsterdam, è presidente per il biennio 2023-2025 dell’Associazione Professionale Europea per la Salute Transgender (EPATH) e ha co-presieduto l’ottava revisione degli standard di cura della World Professional Association of Transgender Health (WPATH). Inoltre, è colei che ha elaborato il cosiddetto “protocollo olandese”, che per lungo tempo è stato utilizzato a livello mondiale come modello affermativo per il trattamento della disforia di genere. Se il protocollo olandese aveva raccomandato l’utilizzo di trattamenti medici altamente invasivi da adottare nei confronti dei minori disforici fin dalla tenera età (bloccanti della pubertà, ormoni cross-gender, terapia chirurgica), lo studio del 2012 attenua in modo significativo il precedente schema, raccomandando un ampio utilizzo della psicoterapia e invocando per i bambini in età prepuberale il ricorso al modello della “vigile attesa”. In questo studio le due scienziate ribadiscono in prima battuta il carattere transitorio della disforia di genere, spesso sintomo di altri malesseri concomitanti e non causa a sé stante.

L’obiettivo principale è che il bambino e, se necessario, la famiglia funzionino meglio. Se questi problemi hanno contribuito a provocare o a consolidare una qualche disforia di genere, la disforia probabilmente scomparirà affrontando questi altri problemi13”.

A. de Vries, P. Cohen-Kettenis

L’affermazione ha quasi dello stupefacente, in quanto attesta la transitorietà della disforia di genere e la sua varianza nel tempo, minando in modo strutturale i presupposti incardinati nell’approccio interventista, esplicitati sanitariamente dal “protocollo olandese”, sulla necessità di affermare il “vero sé” in modo irreversibile. In seconda battuta, le due studiose sottolineano l’inopportunità di adottare qualsivoglia intervento nei confronti dei bambini almeno fino alla prima adolescenza:

Si consiglia ai genitori di adottare un atteggiamento di vigile attesa. Il bambino sarà rivisto nella nostra clinica dell’identità di genere non prima dell’ingresso nella pubertà e solo se sarà ancora disforico con riguardo al genere14”.

A. de Vries, P. Cohen-Kettenis

E ancora:

Un altro motivo per cui sconsigliamo le transizioni precoci è che alcuni bambini che l’hanno fatto (a volte in età prescolare) si rendono conto a malapena di appartenere all’altro sesso natale. Sviluppano un senso della realtà così diverso dalla loro realtà fisica che l’accettazione dei molteplici e prolungati trattamenti di cui avranno bisogno in futuro si fa estremamente difficile. Anche i genitori che accettano ciò, spesso non si rendono conto che contribuiscono a far sì che i loro figli non siano consapevoli di queste conseguenze15

A. de Vries, P. Cohen-Kettenis

La contraddizione rinvenibile nelle posizioni della Dr.ssa de Vries è la stessa che condiziona pesantemente il modello affermativo: da un lato si raccomanda di non intervenire con la transizione sociale prima dell’ingresso nella pubertà e di esplorare eventuali comorbilità del minore, come possibili cause della disforia, mentre dall’altro, tramite il “protocollo olandese”, si appronta un modello marcatamente interventista che tende, fin dalla primissima pubertà, a sopprimere medicalmente il genere biologico del minore, ritenuto “un falso sé”, per adattarlo ormonalmente e chirurgicamente ad una percezione riconosciuta come instabile e transitoria.  

Le linee guida della Endocrine Society

Nel 2018 la Endocrine Society ha emanato delle linee guida condivise anche dall’American Association of Clinical Endocrinologists, dall’American Society of Andrology, dalla European Society for Pediatric Endocrinology, dalla European Society of Endocrinology, dalla Pediatric Endocrine Society e dalla World Professional Association for Transgender Health.

In tale documento, nella sezione “Evidenze”, si legge chiaramente quanto segue: “Nella maggior parte dei bambini con diagnosi di incongruenza di genere, questa non persisteva fino all’adolescenza. Le percentuali differivano tra gli studi, probabilmente in base alla versione del DSM utilizzata dai medici, all’età del paziente, ai criteri di reclutamento e forse a fattori culturali. Tuttavia, la grande maggioranza (circa l’85%) dei bambini in età prepuberale con una diagnosi infantile non è rimasta incongrua/disforica nell’adolescenza. Se i bambini hanno completato la transizione sociale, potrebbero avere grandi difficoltà a ritornare al ruolo di genere originale una volta entrati nella pubertà. La transizione sociale è associata alla persistenza dell’incongruenza di genere man mano che il bambino avanza verso l’adolescenza. Può darsi che la presenza di incongruenza di genere nei bambini in età prepuberale sia il primo segno che un bambino è destinato a essere transgender da adolescente/adulto. Tuttavia, è stato riscontrato che la transizione sociale contribuisce alla probabilità di persistenza16”.

Se quanto sopra rappresenta una evidenza, per stessa ammissione degli estensori, possiamo legittimamente dare per accertato, con il parere concorde della WPATH, che la transizione sociale consolida la disforia di genere, rendendola persistente, e contrasta il desiderio del minore di riallineare la propria percezione di genere al genere natale, rendendo estremamente difficoltoso il ripensamento.

I recenti studi scientifici sulla transizione sociale

A supportare la validità del nuovo approccio improntato alla cautela in materia di trattamento della disforia di genere interviene una molteplicità di studi, i quali sottolineano come finora non sia stata dimostrata alcuna correlazione diretta fra la transizione sociale ed eventuali benefici alla salute fisica e mentale dei bambini e dei giovani disforici.

In proposito lo studio “Childhood Social Gender Transition and Psychosocial Well-Being: A Comparison to Cisgender Gender-Variant Children”, pubblicato nel 2019, afferma che

nessuno studio fino ad oggi ha utilizzato un disegno longitudinale per valutare il benessere psicologico della SGT (transizione sociale di genere) pre e post-infanzia. Anche le implicazioni a lungo termine della SGT infantile per il benessere psicologico non sono chiare17”.

In uno studio del 2021 denominato “Not social transition status, but peer relations and family functioning predict psychological functioning in a German clinical sample of children with Gender Dysphoria”, si sottolinea come attualmente

la ricerca fornisce risultati inconcludenti sul fatto che una transizione sociale di genere (ad esempio, cambio di nome, pronome e abbigliamento) sia vantaggiosa per i bambini transgender o con una diagnosi di disforia di genere (GD)… Pertanto, le asserzioni secondo cui l’affermazione del genere attraverso la transizione sociale sia benefica per i bambini con GD non sono supportate dai risultati attuali18”.

Sono invece sempre più numerosi gli studi che non si limitano a contestare l’assenza di benefici, ma mettono in guardia dagli effetti negativi della transizione sociale, la quale consoliderebbe una disforia altrimenti transitoria.

Lo studio del 2019, denominato “Debate: Different strokes for different folks”, conclude le proprie valutazioni nel modo seguente:

La transizione sociale di genere nei bambini in età prepuberale è una forma di trattamento psicosociale che mira a ridurre la disforia di genere, ma avrà la probabile conseguenza di successivi trattamenti biomedici per tutta la vita (trattamento ormonale e chirurgia di conferma del genere). La transizione sociale di genere dei bambini in età prepuberale aumenterà drammaticamente il tasso di persistenza della disforia di genere se confrontato con gli studi di follow-up di bambini con disforia di genere che non hanno ricevuto questo tipo di intervento psicosociale, il quale può essere definito come iatrogeno19”.

Già nel 2013, lo studio “Factors Associated With Desistence and Persistence of Childhood Gender Dysphoria: A Quantitative Follow-Up Study” individuava nella transizione sociale il principale predittore della persistenza della disforia di genere

“La transizione sociale dell’infanzia è un importante predittore di persistenza20”.

Anche lo studio del 2022, denominato “Gender Identity 5 Years After Social Transition”, ha ribadito l’effetto “consolidamento” della transizione sociale, affermando quanto segue:

Prevediamo di continuare a seguire questa coorte fino all’adolescenza e all’età adulta. Questo follow-up continuo è necessario perché è possibile che, man mano che altri giovani passano all’adolescenza e all’età adulta, le loro identità cambino. Come abbiamo già visto, alcuni giovani passeranno più di una volta alla transizione, quindi le identità attuali non devono essere interpretate come definitive… Questi dati suggeriscono che molti giovani che si identificano presto come transgender e sono supportati attraverso una transizione sociale continueranno ad identificarsi come transgender anche anni dopo la transizione sociale iniziale21”.

Lo studio ha evidenziato che dopo 5 anni di affermazione e transizione sociale, il 94% di questi bambini viveva come transgender e quasi due terzi di loro utilizzavano farmaci che bloccano la pubertà o ormoni sessuali per effettuare la transizione medica, supportando la tesi secondo cui la precoce transizione sociale di genere può portare alla persistenza della disforia di genere pediatrica.

Un passaggio particolarmente allarmante viene sottolineato nello studio “Rapid Onset Gender Dysphoria: Parent Reports on 1655 Possible Cases” elaborato nel 2022, secondo il quale

un risultato statisticamente robusto si è rivelato al tempo stesso inquietante e apparentemente importante. I giovani con una storia di problemi di salute mentale avevano una particolare probabilità di aver intrapreso passi verso la transizione sociale e medica… Il risultato è preoccupante perché i giovani con problemi di salute mentale possono essere particolarmente inclini a non avere la capacità di giudizio necessaria per prendere queste decisioni importanti e, nel caso della transizione medica, permanenti. La scoperta supporta le preoccupazioni dei genitori le cui preferenze differiscono da quelle dei loro figli con disforia di genere22.

Se esiste una correlazione fra disturbo mentale e scelta di intraprendere dapprima la transizione sociale e poi quella medica è chiaro che la discussione non deve riguardare la legittimità delle libere scelte di espressione individuale, bensì deve essere affrontata da un punto di vista di correlazione diagnostica.

Nel recente studio del 2023, denominato “Is Social Gender Transition Associated with Mental Health Status in Children and Adolescents with Gender Dysphoria?” vengono evidenziate innanzitutto le carenze conoscitive sugli effetti della transizione sociale:

Ad oggi, c’è poca letteratura che confronti la salute mentale di bambini e adolescenti con diagnosi di disforia di genere che hanno compiuto una transizione sociale rispetto a quelli che vivono ancora nel loro genere assegnato alla nascita23”.

Dall’esame dei dati attuali lo studio deduce che “questi risultati identificano la necessità di ulteriori ricerche per capire come la transizione sociale influenzi la salute mentale, compresi studi longitudinali che consentano di fare inferenze più sicure sulla relazione tra transizione sociale e salute mentale nei giovani con disforia di genere24”. Nelle conclusioni lo studio argomenta nel modo seguente:

Alcuni autori hanno messo in guardia sui possibili effetti “iatrogeni” della transizione sociale precoce nell’adolescenza e nell’età adulta. Dato che un corpus di dati suggerisce che la maggior parte dei casi di disforia di genere ad esordio infantile cessa prima dell’età adulta, la transizione sociale precoce può aumentare la probabilità che la disforia di genere persista e che sia necessaria una transizione ormonale e/o chirurgica per alleviare il disagio legato al genere25”.

Sulla stessa linea si pronuncia un altro studio del 2023 denominato “Current Concerns About Gender-Affirming Therapy in Adolescents”, secondo cui

i giovani che subiscono una transizione sociale completa da bambini hanno un’alta probabilità di persistere nelle loro identità transgender e la maggior parte di loro cercherà la transizione medica dopo la pubertà. Ciò suggerisce che la transizione sociale di genere potrebbe non essere un atto neutrale, bensì un intervento psicosociale che promuove il consolidamento di un’identità transgender altrimenti transitoria26”.

Come si può notare i recenti studi confermano quanto predetto già nel 2013 dallo studio “Gender Transitioning before Puberty?”, secondo cui

è ipotizzabile che gli svantaggi di dover aspettare fino alla prima adolescenza (ma con un sostegno nel gestire la varianza di genere fino a quella fase) possano essere meno gravi che dover fare una transizione sociale due volte. Poiché sono elevate le probabilità che la disforia di genere scompaia entro la prima adolescenza, sembra consigliabile essere molto cauti quando si compiono passi difficilmente reversibili27”.

Quando si discute di transizione sociale, un ulteriore elemento da tenere in considerazione riguarda le pratiche comuni a cui ricorrono i giovani per attuare la propria trasformazione fisica esteriore, come la compressione di seno e capezzoli (binding) o degli organi genitali maschili (tucking).

In uno studio del 2017, denominato “Health impact of chest binding among transgender adults: a community-engaged, cross-sectional study”, viene valutato l’impatto sulla salute di alcuni comportamenti caratterizzanti la transizione sociale (ad es. la fasciatura del torace, l’utilizzo di binder a compressione del seno o di nastro adesivo sui capezzoli), i quali hanno ripercussioni sulla salute del 97% dei giovani e degli adolescenti che attuano queste pratiche28. Secondo lo studio il 97,5% di coloro che si fasciano il petto ha riportato almeno uno dei 28 sintomi negativi attribuiti al legame. I malesseri hanno diversa incidenza a seconda che il giovane utilizzi binder in commercio (20 sintomi su 28), bende elastiche (14/28), nastro adesivo o pellicola trasparente (13/28), mentre i problemi dermatologici sono principalmente correlati alle dimensioni maggiori del seno o del torace.

Conclusioni

Un numero sempre più rilevante di studi conferma come la transizione sociale sia ben lungi dall’essere considerata un atto puramente neutrale, rappresentando invece un vero e proprio trattamento invasivo che interferisce con il processo naturale di desistenza della disforia e che incrementa le probabilità di una futura medicalizzazione a vita del bambino e del giovane.

La conferma arriva anche dalla Endocrine Society che nelle proprie linee guida, condivise dalla WPATH, evidenzia come la transizione sociale rafforzi il tasso di persistenza della disforia di genere in bambini che, altrimenti, riallineerebbero spontaneamente per l’85% il genere percepito al proprio genere natale nel corso dell’adolescenza.

Nell’attesa che studi longitudinali più accurati forniscano informazioni affidabili circa gli effetti a lungo termine della transizione sociale, la stessa curatrice del “protocollo olandese” ritiene che la migliore prassi per le famiglie consista nell’astenersi dall’intraprendere iniziative, limitandosi ad una “vigile attesa”.

In linea con le raccomandazioni emanate dall’NHS inglese, l’eventuale ricorso alla transizione sociale dovrebbe essere valutato solo in presenza di un disagio clinicamente significativo e concordato con il team sanitario multidisciplinare che segue il giovane.
E’ comunque sconsigliato incentivare pratiche invasive attinenti alla transizione sociale, come l’utilizzo del binder, che possano danneggiare la salute fisica e psicologica dei minori.

Visto l’aumento “epidemico” dei casi di disforia di genere prepuberale e adolescenziale, risulta quanto mai impellente che il mondo scientifico si attivi al più presto per esaminare la portata del disaccordo sulla transizione sociale e medica, nella consapevolezza che tutte le parti interessate in questa controversia hanno in definitiva lo stesso obiettivo: la felicità a lungo termine dei giovani con disforia di genere.


1 Vedasi in proposito: Ehrensaft, D. (2016). The gender creative child. The Experiment Publishing; Ehrensaft, D., Giammattei, S. V., Storck, K., Tishelman, A. C., & St. Amand, C. (2018). Prepubertal social gender transitions: What we know; what we can learn—A view from a gender affirmative lens. International Journal of Transgenderism, 19(2), 251– 268.

2 Steensma T. D., McGuire J. K., Kreukels B. P., Beekman A. J. & Cohen-Kettenis P. T. (2013). Factors associated with desistence and persistence of childhood gender dysphoria: A quantitative follow-up study. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 52, 582–590.

3 Drummond, K. D., Bradley, S. J., Peterson-Badali, M., & Zucker, K. J. (2008). A follow-up study of girls with gender identity disorder. Developmental Psychology, 44(1), 34–45; Zucker, K. J. (2018). The myth of persistence: Response to “A critical commentary on follow-up studies and ‘desistance’ theories about transgender and gender non-conforming children” by Temple Newhook et al. International Journal of Transgenderism, 19(2), 231–245; Singh, D., Bradley, S. J., & Zucker, K. J. (2021). A follow-up study of boys with gender identity disorder. Frontiers in Psychiatry, 12.

4 “Sebbene esistano opinioni diverse sui benefici e sui danni di una transizione sociale precoce, è importante riconoscere che non si tratta di un atto neutro e che sono necessarie informazioni sugli esiti a lungo termine per sostenere il processo decisionale” (Documento del febbraio 2022: CASS REVIEW – RAPPORTO INTERMEDIO).

5 “La transizione sociale potrebbe essere pensato come un intervento o un trattamento, perché non è qualcosa che accade all’interno dei servizi sanitari. Tuttavia, è importante considerarlo come un intervento attivo perché può avere effetti significativi sul bambino o sul giovane in termini di funzionamento psicologico” (Documento del febbraio 2022: CASS REVIEW – RAPPORTO INTERMEDIO).

6 “L’MDT (approccio multidisciplinare integrato) del Servizio coinvolgerà i bambini e i giovani e le loro famiglie in un processo approfondito di discussione e riflessione sulla decisione di una transizione sociale” (Documento NSHE del 9 giugno 2023)

7 “Il Servizio sosterrà un processo decisionale condiviso: è importante che i rischi e i benefici della transizione sociale siano discussi con il bambino o il giovane e la famiglia, facendo riferimento alle migliori evidenze disponibili. Le decisioni saranno individuali e la competenza a prendere la decisione spetta al giovane, insieme alla sua famiglia” (Documento NSHE del 9 giugno 2023)

8 “…l’approccio clinico nei confronti dei bambini in età prepuberale rifletterà l’evidenza che nella maggior parte dei casi l’incongruenza di genere non persiste nell’adolescenza” (Documento NHSE del 12 ottobre 2022).
9 “…per i bambini in età pre-puberale l’approccio clinico e i consigli del Servizio saranno di supporto e non giudicanti, bilanciando caso per caso un approccio vigile in generale con un approccio più individualizzato…” (Documento NHSE del 12 ottobre 2022).

10 “…per gli adolescenti la fornitura di approcci per la transizione sociale dovrebbe essere presa in considerazione solo laddove l’approccio sia necessario per alleviare o prevenire un disagio clinicamente significativo o una compromissione significativa del funzionamento sociale e il giovane sia in grado di comprendere appieno le implicazioni dell’affermazione di una transizione sociale” (Documenti NHSE del 12 ottobre 2022 e del 20 ottobre 2022).

11 “In questi casi, l’approccio clinico si concentrerà sull’esplorazione o sul sostegno (a seconda dell’individuo) della transizione sociale attraverso il supporto e gli interventi psicologici, il lavoro/la terapia familiare e la guida della rete professionale locale” (Documento NSHE del 9 giugno 2023).

12 A. de Vries, P. Cohen-Kettenis, “Clinical management of gender dysphoria in children and adolescents: the Dutch approach”, 2012

13 “The primary aim is for the child and, if necessary, the family to function better. If these problems have contributed to causing or keeping up some gender dysphoria, the dysphoria will likely disappear by tackling these other problems” in A. de Vries, P. Cohen-Kettenis, “Clinical management of gender dysphoria in children and adolescents: the Dutch approach”, 2012.

14 “Parents are advised to adopt an attitude of watchful waiting. Not until the child arrives at puberty and is still gender dysphoric will he or she be seen again in our gender identity clinic” in A. de Vries, P. Cohen-Kettenis, “Clinical management of gender dysphoria in children and adolescents: the Dutch approach”, 2012.

15 “Another reason we recommend against early transitions is that some children who have done so (some times as preschoolers) barely realize that they are of the other natal sex. They develop a sense of reality so different from their physical reality that acceptance of the multiple and protracted treatments they will later need is made unnecessarily difficult. Parents, too, who go along with this, often do not realize that they contribute to their child’s lack of awareness of these consequences” in A. de Vries, P. Cohen-Kettenis, “Clinical management of gender dysphoria in children and adolescents: the Dutch approach”, cit.

16 “However, the large majority (about 85%) of prepubertal children with a childhood diagnosis did not remain GD/gender incongruent in adolescence. If children have completely socially transitioned, they may have great difficulty in returning to the original gender role upon entering puberty. Social transition is associated with the persistence of GD/gender incongruence as a child progresses into adolescence. It may be that the presence of GD/gender incongruence in prepubertal children is the earliest sign that a child is destined to be transgender as an adolescent/adult. However, social transition (in addition to GD/gender incongruence) has been found to contribute to the likelihood of persistence” in Hembree WC, Cohen-Kettenis PT, Gooren L, Hannema SE, Meyer WJ, Murad MH, Rosenthal SM, Safer JD, Tangpricha V, T’Sjoen GG. (2018). Endocrine Treatment of Gender-Dysphoric/Gender-Incongruent Persons: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab., 102, 3869-3903.

17 “However, no studies to date have employed a longitudinal design assessing psychological well-being pre- and post- childhood SGT. The long-term implications of childhood SGT for psychological well-being are also unclear” in Wong W. I., van der Miesen A. I., Li T. G., MacMullin L. N., & Vander-Laan D. P. (2019): Childhood social gender transition and psychosocial well-being: A comparison to cisgender gender-variant children. Clinical Practice in Pediatric Psychology, 7, 241–253.

18 “Research provides inconclusive results on whether a social gender transition (e.g. name, pronoun, and clothing changes) benefits transgender children or children with a Gender Dysphoria (GD) diagnosis… Therefore, claims that gender affirmation through transitioning socially is beneficial for children with GD could not be supported from the present results” in Sievert E. D., Schweizer K., Barkmann C., Fahrenkrug S. & Becker-Hebly, I. (2021). Not social transition status, but peer relations and family functioning predict psychological functioning in a German clinical sample of children with gender dysphoria. Clinical Child Psychology and Psychiatry, 26, 79–95.

19 “A gender social transition in prepubertal children is a form of psychosocial treatment that aims to reduce gender dysphoria, but with the likely consequence of subsequent (lifelong) biomedical treatments as well (gender-affirming hormonal treatment and surgery). Gender social transition of prepubertal children will increase dramatically the rate of gender dysphoria persistence when compared to follow-up studies of children with gender dysphoria who did not receive this type of psychosocial intervention and, oddly enough, might be characterized as iatrogenic. Parents who bring their children for clinical care hold different philosophical views on what is the best way to help reduce the gender dysphoria, which require both respect and understanding” in Zucker, K. J. (2020). Debate: Different strokes for different folks. Child and Adolescent Mental Health, 25, 36–37.

20 “Childhood social transitions were important predictors of persistence” in Steensma T. D., McGuire J. K., Kreukels B. P., Beekman A. J. & Cohen-Kettenis P. T. (2013), cit.

21 “We anticipate continuing to follow this cohort into adolescence and adulthood. This continued follow-up is necessary because it is possible that as more youth move into adolescence and adulthood, their identities could change. As we already saw, some youth will retransition more than once so the present identities should not be interpreted as final…. these data suggest that many youth who identify as transgender early, and are supported through a social transition, will continue to identify as transgender five years after initial social transition” in Olson K.R., Durwood L., Horton R., Gallagher N.M., Devor A. (2022). Gender Identity 5 Years After Social Transition, in Pediatrics, 150.

22 “One statistically robust finding was both disturbing and seemingly important. Youths with a history of mental health issues were especially likely to have taken steps to socially and medically transition… The finding is concerning because youth with mental health issues may be especially likely to lack judgment necessary to make these important, and in the case of medical transition permanent, decisions. The finding supports the worries of parents whose preferences differ from their gender dysphoric children” in Diaz, S., Michael Bailey, J. (2023). Rapid Onset Gender Dysphoria: Parent Reports on 1655 Possible Cases. Archives of Sexual Behavior, 52.

23 “To date, there is scant literature comparing the mental health of children and adolescents diagnosed with gender dysphoria who have socially transitioned versus those who are still living in their birth-assigned gender” in Morandini J.S., Kelly A., de Graaf N.M., Malouf P., Guerin E., Dar-Nimrod I. & Carmichael P. (2023). Is Social Gender Transition Associated with Mental Health Status in Children and Adolescents with Gender Dysphoria? Archives of sexual behavior, 52, 1045-1060.

24 “These findings identify the need for more research to understand how social transition influences mental health, including longitudinal studies that allow for more confident inferences to be made regarding the relationship between social transition and mental health in young people with gender dysphoria” in Morandini J.S., Kelly A., de Graaf N.M., Malouf P., Guerin E., Dar-Nimrod I. & Carmichael P. (2023), cit.

25 “Some authors have warned of possible “iatrogenic” effects of early social transition, based on data suggesting childhood social transition is associated with an increased likelihood of persistence of gender dysphoria into adolescence and adulthood. Given a body of data suggests that the majority of cases of childhood onset gender dysphoria desist before adulthood, early social transition may increase the likelihood that gender dysphoria will persist and that hormonal and/or surgical transition will be required to alleviate gender-related distress” in Morandini J.S., Kelly A., de Graaf N.M., Malouf P., Guerin E., Dar-Nimrod I. & Carmichael P. (2023), cit.

26 “…youth who undergo full social transition as children are highly likely to persist in their transgender identities and most will seek medical transition upon puberty. This suggests that social gender transition may not be a neutral act but is a psychosocial intervention that promotes the consolidation of an otherwise-transient transgender identity” in Levine S. B. & Abbruzzese E. (2023). Current Concerns About Gender-Affirming Therapy in Adolescents. Current Sexual Health Reports.

27 “It is conceivable that the drawbacks of having to wait until early adolescence (but with support in coping with the gender variance until that phase) may be less serious than having to make a social transition twice. Because the chances are high that the gender dysphoria will disappear by early adolescence, it seems advisable to be very careful when taking steps that are difficult to reverse” in Steensma, T. D., & Cohen-Kettenis, P. T. (2011). Gender transitioning before puberty? [Letter to the Editor]. Archives of Sexual Behavior, 40(4), 649–650.

28 Peitzmeier S., Gardner I.H., Weinand J.D., Corbet A.L., Acevedo K. (2017). Health impact of chest binding among transgender adults: a community-engaged, cross-sectional study. Culture, health & sexuality, 19, 64-75.

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