HHS USA: pubblicata la revisione delle prove e delle best practice sul trattamento della disforia di genere in età pediatrica
Come già avvenuto in occasione della Cass Review, GenerAzioneD si propone di rendere accessibile anche ai genitori italiani il contenuto della revisione pubblicata dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS) e resa pubblica il 1° maggio 2025.
A tal fine, pubblichiamo di seguito la nostra traduzione dei passaggi più rilevanti della Revisione delle evidenze e delle migliori pratiche relative al trattamento della disforia di genere in età pediatrica.[1]
Di seguito viene inoltre fornito l’indice dei contenuti del documento originale, in modo da permettere una consultazione mirata anche su singoli argomenti specifici.
I numeri di pagina si riferiscono al documento originale scaricabile qui.
L’articolo è disponibile in pdf qui
SINTESI ESECUTIVA
Premessa
“Negli ultimi dieci anni, il numero di bambini e adolescenti che mettono in discussione il proprio sesso e si identificano come transgender o non binari è cresciuto in modo significativo. A molti è stata diagnosticata una condizione nota come “disforia di genere” ed è stato offerto un approccio terapeutico noto come “cura di affermazione del genere”. Questo approccio enfatizza l’affermazione sociale dell’identità auto-dichiarata dal bambino; farmaci che sopprimono la pubertà per prevenirne l’insorgenza; ormoni del sesso opposto per stimolare le caratteristiche sessuali secondarie del sesso opposto; e interventi chirurgici tra cui la mastectomia e (in rari casi) la vaginoplastica. Migliaia di bambini e adolescenti americani hanno ricevuto questi interventi”.[2] (pag. 9)
“La presente revisione è pubblicata in un contesto di crescente preoccupazione internazionale riguardo alla transizione medica pediatrica. Avendo riconosciuto la natura sperimentale di questi interventi medici e il loro potenziale dannoso, le autorità sanitarie di diversi Paesi hanno imposto delle restrizioni. Ad esempio, il Regno Unito ha vietato l’uso routinario dei bloccanti della pubertà come intervento per la disforia di genere pediatrica. Le autorità sanitarie hanno inoltre riconosciuto la natura eccezionale di questo settore della medicina. Tale eccezionalità è dovuta a una convergenza di fattori. Uno di questi è che la diagnosi di disforia di genere si basa interamente su auto-valutazioni soggettive e osservazioni comportamentali, senza alcun indicatore fisico, diagnostico per immagini o di laboratorio oggettivo. La diagnosi si concentra su atteggiamenti, sentimenti e comportamenti che sono noti per fluttuare durante l’adolescenza”.[3] (pag. 9-10)
“Inoltre, la storia naturale della disforia di genere pediatrica è poco conosciuta, anche se le ricerche esistenti suggeriscono che nella maggior parte dei casi si risolve senza intervento. I medici non hanno modo di sapere quali pazienti continueranno a soffrire di disforia di genere e quali accetteranno il proprio corpo. Ciononostante, il modello di cura “gender-affirming” prevede interventi endocrini e chirurgici irreversibili su minori senza patologie fisiche. Questi interventi comportano rischi di danni significativi, tra cui infertilità/sterilità, disfunzioni sessuali, ridotta densità ossea, effetti cognitivi negativi, malattie cardiovascolari e disturbi metabolici, disturbi psichiatrici, complicanze chirurgiche e rimpianti. Nel frattempo, revisioni sistematiche delle prove disponibili hanno rivelato una profonda incertezza sui presunti benefici di questi interventi”.[4] (pag. 10)
Parte I: Contesto
“Incongruenza di genere è il termine utilizzato nella Classificazione Internazionale delle Malattie, Undicesima Revisione (ICD-11) (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2022) per descrivere ‘una marcata e persistente incongruenza tra il genere vissuto da un individuo e il sesso assegnato’. È stato spostato dal capitolo ‘Disturbi mentali e comportamentali’ al capitolo ‘Condizioni correlate alla salute sessuale’ in modo da non essere percepito come un disturbo di salute mentale. Non include riferimenti alla disforia o alla disfunzione”.[5] (pag. 12)
“Il termine “disforia di genere a insorgenza rapida” (ROGD) è stato suggerito per descrivere una nuova manifestazione clinica della disforia di genere. Nonostante il forte disaccordo sulla validità del concetto, sintomi compatibili con la ROGD sono stati registrati in cliniche negli Stati Uniti e in altri Paesi”.[6] (pag. 12)
“Negli Stati Uniti, l’approccio attuale al trattamento della disforia di genere pediatrica è in linea con il modello di cura “gender-affirming” raccomandato dalla World Professional Association for Transgender Health (WPATH). Questo modello enfatizza l’uso di bloccanti della pubertà e ormoni del sesso opposto, nonché interventi chirurgici, e getta sospetti sugli approcci psicoterapeutici per la gestione della disforia di genere”.[7] (pag. 12)
“In molti settori della medicina, i trattamenti vengono prima testati sugli adulti per verificarne la sicurezza e l’efficacia e poi estenderli alla popolazione pediatrica. In questo caso, tuttavia, è avvenuto il contrario: i medici-ricercatori hanno sviluppato il protocollo di transizione medica pediatrica in risposta ai risultati psicosociali deludenti ottenuti negli adulti sottoposti a transizione medica”.[8] (pag. 12)
“Negli ultimi anni, in risposta ai drastici cambiamenti nel numero e nei profili clinici dei pazienti minorenni, nonché alle numerose revisioni sistematiche delle prove scientifiche, le autorità sanitarie di un numero crescente di Paesi hanno limitato l’accesso ai farmaci che bloccano la pubertà e agli ormoni del sesso opposto e, nei rari casi in cui venivano offerti, agli interventi chirurgici per i minorenni. Queste autorità raccomandano ora approcci psicosociali, piuttosto che interventi ormonali o chirurgici, come trattamento primario”.[9] (pag. 13)
Parte II: Revisione delle evidenze
“Nello specifico, questa revisione ha condotto una panoramica delle revisioni sistematiche, note anche come “revisioni ombrello”, per valutare le prove dirette relative ai benefici e ai rischi del trattamento per bambini e adolescenti con disforia di genere. Le revisioni sistematiche esistenti delle prove, comprese diverse che hanno informato le autorità sanitarie in Europa, sono state valutate in base alla qualità metodologica. La revisione ombrello ha rilevato che la qualità complessiva delle prove relative agli effetti di qualsiasi intervento sui risultati psicologici, sulla qualità della vita, sul rimpianto o sulla salute a lungo termine è molto bassa. Ciò indica che gli effetti benefici riportati in letteratura sono suscettibili di differire sostanzialmente dagli effetti reali degli interventi”.[10] (pag. 13)
“I rischi della transizione medica pediatrica includono infertilità/sterilità, disfunzioni sessuali, ridotta densità ossea, effetti cognitivi negativi, malattie cardiovascolari e disturbi metabolici, disturbi psichiatrici, complicanze chirurgiche e rimpianti”.[11] (pag. 14)
Parte III: Realtà cliniche
“Negli Stati Uniti, le linee guida cliniche più influenti per il trattamento della disforia di genere pediatrica sono pubblicate da WPATH e dalla Endocrine Society. Una recente revisione sistematica della qualità delle linee guida internazionali non ha raccomandato l’uso clinico di nessuna delle due linee guida dopo aver determinato che “mancano di rigore e trasparenza dal punto di vista dello sviluppo”.[12] (pag. 14)
“I problemi relativi allo sviluppo degli Standard di cura di WPATH, versione 8 (SOC 8), vanno oltre quelli individuati nella revisione sistematica delle linee guida internazionali. Nel processo di sviluppo di SOC-8, WPATH ha soppresso le revisioni sistematiche che i suoi leader ritenevano potessero minare l’approccio terapeutico prescelto. Gli sviluppatori di SOC-8 hanno anche violato i requisiti di gestione dei conflitti di interesse e hanno eliminato quasi tutti i limiti minimi di età raccomandati per gli interventi medici e chirurgici in risposta alle pressioni politiche”.[13] (pag. 14)
“Il modello di assistenza “gender-affirming”, praticato nelle cliniche statunitensi, è caratterizzato da un processo guidato dal bambino, in cui le valutazioni complete della salute mentale sono spesso ridotte al minimo o omesse, e gli “obiettivi di incarnazione” del paziente fungono da guida primaria per le decisioni terapeutiche. In alcune delle principali cliniche pediatriche di genere del Paese, le valutazioni vengono condotte in un’unica sessione della durata di due ore”.[14] (pag. 14-15)
“Le voci degli informatori e dei detransizionati hanno svolto un ruolo fondamentale nell’attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sui rischi e sui danni associati alla transizione medica pediatrica. Le loro preoccupazioni sono state sottovalutate, respinte o ignorate da eminenti sostenitori e professionisti della transizione medica pediatrica”.[15] (pag. 15)
“Le associazioni mediche statunitensi hanno svolto un ruolo chiave nel creare la percezione che esista un consenso professionale a sostegno della transizione medica pediatrica. Questo apparente consenso, tuttavia, è guidato principalmente da un piccolo numero di comitati specializzati, influenzati da WPATH. Non è chiaro se le opinioni ufficiali di queste associazioni siano condivise dalla più ampia comunità medica o anche dalla maggior parte dei loro membri. Ci sono prove che alcune associazioni mediche e di salute mentale abbiano soppresso il dissenso e soffocato il dibattito su questo tema tra i loro membri”.[16] (pag. 15)
Parte IV: Considerazioni etiche
“Le prove a favore dei benefici della transizione medica pediatrica sono molto incerte, mentre quelle a favore dei danni sono meno incerte. Quando gli interventi medici comportano rischi inutili e sproporzionati, gli operatori sanitari dovrebbero rifiutarsi di offrirli anche se sono preferiti, richiesti o pretesi dai pazienti. In caso contrario, aumenta il rischio di danni iatrogeni e si riduce la medicina al consumismo, minacciando l’integrità della professione e minando la fiducia nell’autorità medica”.[17] (pag. 15)
Parte V: Psicoterapia
“L’aumento della disforia di genere tra i giovani e la corrispondente richiesta di interventi medici si sono verificati in un contesto di crisi più ampia della salute mentale che colpisce gli adolescenti. Il rapporto tra questi due fenomeni rimane oggetto di controversie scientifiche”.[18] (pag. 16)
“Le idee e i comportamenti suicidi sono associati in modo indipendente a comorbilità comuni tra i bambini e gli adolescenti con diagnosi di disforia di genere. Esistono strategie psicoterapeutiche note per la gestione delle idee e dei comportamenti suicidi. Non è stata riscontrata alcuna associazione indipendente tra disforia di genere e tendenza al suicidio, né esistono prove che la transizione medica pediatrica riduca l’incidenza del suicidio, che fortunatamente rimane molto bassa”.[19] (pag. 16)
“Esistono poche ricerche sugli approcci psicoterapeutici alla gestione della disforia di genere nei bambini e negli adolescenti. Ciò è in parte dovuto alla caratterizzazione errata di tali approcci come “terapia di conversione”. Una base di prove più solida supporta gli approcci psicoterapeutici per gestire le comuni condizioni di salute mentale in comorbidità. La psicoterapia è un’alternativa non invasiva agli interventi endocrini e chirurgici per il trattamento della disforia di genere pediatrica. Revisioni sistematiche delle prove non hanno trovato alcuna evidenza di effetti avversi della psicoterapia in questo contesto”.[20] (pag. 16)
PARTE I: CONTESTO
CAPITOLO 1: INTRODUZIONE
“Si definisce “gender-affirming care” un metodo di assistenza terapeutica che consiste nel permettere ai bambini di esprimersi liberamente riguardo alla propria identità e alle proprie espressioni di genere e nel fornire loro il sostegno necessario per evolvere verso il loro autentico sé di genere, indipendentemente dall’età. Gli interventi comprendono la transizione sociale da un genere all’altro e/o l’evoluzione di espressioni e presentazioni non conformi al genere, nonché interventi medici di conferma del genere (bloccanti della pubertà, ormoni cross-sex, interventi chirurgici)”.[21] (pag. 19)
“I bloccanti della pubertà, gli ormoni cross-sex e gli interventi chirurgici costituiscono le migliori pratiche per questa popolazione? Le linee guida e le politiche promulgate dalle società mediche professionali negli Stati Uniti differiscono da alcune linee guida europee che raccomandano la psicoterapia, anziché gli ormoni o gli interventi chirurgici, per i bambini e gli adolescenti con disforia di genere. La presente revisione è stata quindi redatta in un contesto di forte disaccordo all’interno della comunità medica internazionale. Il numero di giovani affetti da GD è aumentato notevolmente e molti di loro soffrono, così come le loro famiglie. La questione di come aiutare al meglio questi pazienti dipende da una valutazione completa delle prove scientifiche a sostegno dei diversi approcci terapeutici, insieme a considerazioni di natura etica. Uno degli obiettivi di questa revisione è quello di applicare i principi etici alle prove scientifiche. Sebbene il bisogno di rispetto e compassione sia condiviso da tutti gli americani ragionevoli, un trattamento invasivo con conseguenze che durano tutta la vita merita il massimo livello di scrutinio imparziale”.[22] (pag. 19-20)
“La Medicina Pediatrica di Genere (PGM) è un argomento complesso. La presente revisione tratterà quindi in modo dettagliato la storia e l’evoluzione di questo campo, dall’introduzione dell’approccio medicalizzato nei Paesi Bassi (capitolo 3) alle attuali pratiche terapeutiche negli Stati Uniti e in altri Paesi (capitolo 4, capitolo 9). La revisione descrive una tendenza internazionale all’abbandono dell’attuale approccio di «affermazione del genere» e ne esamina le ragioni sottostanti. La presente revisione ritiene che la pratica clinica in questo campo della medicina sia eccezionale e preoccupante (capitolo 11). Le influenti linee guida PGM seguite negli Stati Uniti sono particolarmente problematiche. Sono state sviluppate con modalità che contravvengono alle migliori pratiche per l’elaborazione di linee guida (capitolo 9, capitolo 10). La presente revisione rileva inoltre prove di estrema tossicità e polarizzazione che circondano questo campo della medicina. (“Ci sono pochi altri settori dell’assistenza sanitaria in cui i professionisti hanno così paura di discutere apertamente le loro opinioni… dove gli insulti riecheggiano il peggiore comportamento di bullismo”). Inoltre, la presente revisione descrive la risposta inadeguata delle associazioni professionali mediche e di salute mentale alle nuove prove e controversie (capitolo 12)”.[23] (pag. 20-21)
(1.1.) Eccezionalità
“In primo luogo, i criteri diagnostici per il GD si basano esclusivamente su resoconti soggettivi e osservazioni comportamentali in pazienti privi di patologia fisica oggettiva; non esistono marcatori fisiologici o biochimici verificabili, come risultati anomali di imaging, di laboratorio o clinici, che confermino la diagnosi di GD.
In secondo luogo, il decorso naturale della condizione (noto anche come “storia naturale”), ossia ciò che accade quando la condizione non viene trattata, sembra tendere alla risoluzione in assenza di interventi di transizione medica e/o sociale per un numero significativo di giovani affetti (si veda il Capitolo 4). Sebbene la condizione persista in alcuni adolescenti affetti fino all’età adulta, la Cass Review, commissionata dal Servizio Sanitario Nazionale (NHS) inglese, ha rilevato che “la diagnosi di disforia di genere è stata la base per l’avvio del trattamento medico … questo non è predittivo del fatto che l’individuo continuerà ad avere un’identità trans di lunga durata“.[24] (pag. 21)
“In terzo luogo, i trattamenti raccomandati dall’approccio medicalizzato sono invasivi, di solito irreversibili e i loro presunti benefici si basano su prove di scarsa qualità. Oltre all’infertilità e alla compromissione della funzione sessuale, i danni previsti includono effetti negativi sulla salute delle ossa, sulla funzione cardiovascolare e possibili impatti negativi sullo sviluppo cerebrale (vedi Capitolo 7).
Se considerati separatamente, nessuno di questi fattori è unico in medicina. Quasi tutte le diagnosi di salute mentale e alcune di salute fisica vengono fatte sulla base di auto-rapporti e osservazioni comportamentali.
Inoltre, ci sono altre condizioni pediatriche, come lievi infezioni dell’orecchio e lo streptococco, che sono a regressione spontanea ma vengono comunque trattate per ridurre il disagio, promuovere una guarigione più rapida o prevenire complicazioni. Infine, ci sono casi in cui ai pazienti vengono offerti trattamenti anche se i benefici di tali trattamenti sono profondamente incerti e si prevedono danni. Per esempio, vengono eseguite craniotomie per rimuovere alcuni tumori cerebrali maligni, anche se questi interventi comportano un elevato rischio di effetti avversi permanenti e la prognosi complessiva rimane scarsa anche con il trattamento. In questi casi, tuttavia, l’alternativa all’intervento è un’aspettativa di vita significativamente più breve”.[25] (pag. 22)
(1.2.) Prove
Secondo la Cass Review dell’aprile 2024 del Regno Unito, la valutazione più completa del PGM fino ad oggi, “si tratta di un’area con evidenze notevolmente deboli, eppure i risultati degli studi vengono esagerati o travisati da tutti gli schieramenti a sostegno del proprio punto di vista. La realtà è che non abbiamo prove valide sugli esiti a lungo termine degli interventi per gestire il disagio legato al genere”.[26] (pag. 23)
(1.2.1.) Medicina basata sull’evidenza
“In linea con i principi della Medicina basta sull’evidenza (EBM), questa revisione si basa su una valutazione metodologicamente rigorosa delle evidenze alla base della medicina pediatrica di genere (PGM). È stata condotta una panoramica delle revisioni sistematiche (SR), i cui risultati sono presentati nel Capitolo 5 e nell’Appendice 4. In breve, la panoramica conferma in modo indipendente l’osservazione di Cass che “si tratta di un’area con evidenze notevolmente deboli“.[27] (pag. 24)
(1.3.) Etica
“L’EBM ha solo pochi decenni di vita, ma l’etica medica è antica quanto la medicina stessa. Il Giuramento di Ippocrate, risalente al IV secolo a.C. e attribuito all’antico medico greco Ippocrate, è un impegno a rispettare i principi etici nella medicina. Gli scritti di Ippocrate includono: “Userò le cure per aiutare i malati secondo le mie capacità e il mio giudizio, ma non le userò mai per danneggiarli o fare loro torto”. Questo impegno ha gettato le basi per il principio medico “Primum non nocere”: Prima di tutto, non nuocere. Insieme al dovere di non maleficenza (evitare il danno), il dovere di beneficenza (promuovere il benessere del paziente) “è alla base di tutte le professioni mediche e sanitarie e dei loro contesti istituzionali”. Questi doveri sono stati continuamente affermati dalle associazioni mediche professionali”.[28] (pag. 26-27)
““È importante sottolineare che i doveri del medico di non procurare nocumento e di curare non sono scavalcabili dal desiderio del paziente di un particolare trattamento. Nel 2002, l’American Board of Internal Medicine Foundation, l’American College of Physicians Foundation e la European Federation of Internal Medicine hanno articolato questo punto in una “Carta del medico”. Tra i tre “principi fondamentali” della Carta c’è il “Principio dell’autonomia del paziente”, definito come segue: I medici devono rispettare l’autonomia del paziente. I medici devono essere onesti con i loro pazienti e metterli in condizione di prendere decisioni informate sulle loro cure. Le decisioni dei pazienti in merito alle loro cure devono essere di primaria importanza, a patto che tali decisioni siano in linea con la pratica etica e non portino a richieste di cure inappropriate”.[29] (pag. 27)
CAPITOLO 2: TERMINOLOGIA NELLA MEDICINA DI GENERE PEDIATRICA
“La scelta delle parole può influenzare il processo decisionale medico. I medici hanno il dovere professionale di informare i pazienti sulle loro condizioni e sulle opzioni terapeutiche con un linguaggio accurato, eticamente neutro e in nessun modo fuorviante. Nel caso della medicina di genere pediatrica (MGP), il linguaggio ha distorto il quadro clinico, oscurando importanti distinzioni”.[30] (pag. 29)
(2.1.) Terminologia nella medicina di genere pediatrica
“Come menzionato nel Capitolo 1, l’etichetta preferita per l’approccio terapeutico approvato dalla World Professional Association for Transgender Health (WPATH), dalla Endocrine Society (ES), dall’American Academy of Pediatrics (AAP) e dall’American Medical Association (AMA) è “cura di affermazione del genere”. La rimozione chirurgica del seno (mastectomia) in donne fisicamente sane è chiamata “chirurgia del torace di affermazione del genere” o “chirurgia superiore”. “Affermare” ha una connotazione positiva e chi si oppone alla “chirurgia di affermazione del genere” sembra privo di compassione. Gli eufemismi “chirurgia del torace” e “chirurgia superiore” sorvolano sul fatto rilevante che il seno viene rimosso. La scelta delle parole può nascondere la giovane età dei pazienti. Termini come “persone” o “individui” sono talvolta utilizzati dai sostenitori degli interventi medici al posto di “bambini” o “adolescenti”. Si sottolinea spesso che ai bambini in età prepuberale non vengono prescritti ormoni o interventi chirurgici. Questo è vero. Tuttavia, le linee guida cliniche raccomandano di iniziare i bloccanti della pubertà (PB) all’inizio della pubertà, che può verificarsi all’età di 8 o 9 anni, il che significa che tali interventi possono essere avviati durante l’infanzia. Nelle discussioni su questa raccomandazione, “giovani” o “adolescenti” sono talvolta adottati al posto di “bambini”. Anche in questo caso, ciò contribuisce a nascondere il fatto che a volte vengono eseguiti interventi medici gravi su corpi sani di bambini”.[31] (pag. 29-30)
“I problemi sono più profondi. I termini «sesso», «maschio» e «femmina» sono indispensabili se si vuole discutere in modo responsabile delle questioni mediche ed etiche. Eppure i sostenitori della medicalizzazione fanno di tutto per evitare l’uso diretto di queste parole e di termini correlati come «ragazzo» e «ragazza». Quando si definisce il «sesso», la definizione è raramente corretta e, in ogni caso, l’espressione preferita è «sesso assegnato alla nascita». Secondo le “Linee guida per la pratica clinica per il trattamento delle persone con disforia di genere/incongruenza di genere” dell’ES, “i termini sesso biologico e maschio o femmina biologico sono imprecisi e dovrebbero essere evitati”. Le pazienti pediatriche non sono “bambine” o “giovani donne”, ma piuttosto “individui AFAB” (persone “assegnate al sesso femminile alla nascita”). Alcune autorità nel campo della PGM affermano che i pazienti che desiderano sottoporsi a mastectomia sono in realtà “giovani uomini”. “Sesso assegnato alla nascita” non è un eufemismo innocuo. Suggerisce una decisione arbitraria, non dissimile dall’“assegnazione dei posti a sedere”, piuttosto che l’osservazione di una caratteristica presente molto prima della nascita, ovvero il sesso del bambino. Inoltre, se l’espressione “sesso assegnato” fosse intesa semplicemente come un modo più delicato per riferirsi al sesso nelle conversazioni con i pazienti e le famiglie, ci si aspetterebbe un linguaggio più diretto nella letteratura medica specialistica. In contesti professionali, dove la chiarezza è fondamentale, gli eufemismi sono generalmente evitati. Eppure, “sesso assegnato” è onnipresente nelle pubblicazioni cliniche e accademiche. Non solo: l’uso di tale terminologia è ora obbligatorio per alcune riviste mediche. La guida di stile dell’American Psychological Association (APA), ad esempio, classifica “sesso alla nascita” e “sesso natale” come “termini dispregiativi” che “implicano in modo problematico che il sesso sia una caratteristica immutabile”.[32] (pag. 31-32)
“In breve, l'”identità di genere”, così come appare in SOC-8 e nella letteratura correlata, è mal definita. Può essere vero che l’identità di genere di una persona è soggettiva, o non rilevabile da esami del sangue o neuroimmagini, o comunque al di fuori della portata della scienza, ma il punto più critico è che non è stata offerta alcuna definizione tollerabilmente chiara di “identità di genere”. Questo è un problema serio, perché tale termine ha un ruolo centrale nella giustificazione dell’intervento medico”.[33] (pag. 34)
“Il termine “transgender” viene solitamente spiegato in termini di identità di genere. Le persone transgender sono quelle la cui identità di genere non è “in linea” o “corrispondente” al loro sesso (o “sesso assegnato alla nascita”). Poiché “ognuno di noi ha un’identità di genere, anche se molti di noi non ci pensano mai”, il resto dell’umanità ha un’identità di genere che corrisponde al proprio sesso; queste persone sono dette “cisgender”. È importante rendersi conto che “transgender” non è un termine clinico e non corrisponde a una diagnosi medica. Infatti, i sostenitori dell’approccio medicalizzato sottolineano che alcune persone transgender non desiderano né necessitano di interventi medici o chirurgici di alcun tipo. Si sostiene spesso che l’identità di genere sia «innata o fissata in giovane età» e quindi «non modificabile». Se si unisce questa idea alla definizione di «transgender», ne consegue che essere transgender è un tratto quasi immutabile. (Lo stesso vale per l’essere cisgender). In questo contesto, un «bambino transgender» è un bambino la cui identità di genere immutabile non corrisponde al suo sesso, mentre i bambini cisgender sono l’altro tipo. Una volta accettato questo paradigma binario di “bambini trans” e “bambini cis”, l’esplorazione terapeutica delle cause alla base del disagio di un bambino nei confronti del proprio corpo sessuato viene prontamente liquidata come “terapia di conversione”, un tentativo non etico di interferire con lo sviluppo del sé autentico del bambino. Secondo molte autorità in materia di PGM, esiste un test per determinare se un bambino è transgender o cisgender. Questo perché i bambini «sanno chi sono». Nello specifico, conoscono il loro «genere». Se il «genere» di un bambino corrisponde al «sesso assegnato», è cisgender; in caso contrario, è transgender. Quindi, per determinare se un bambino è transgender o cisgender, basta semplicemente chiederglielo”.[34] (pag. 34-36)
“Poiché l’identità di genere di un adolescente non può essere modificata, la soluzione ovvia per alleviare il disagio è quella di cambiare il suo corpo”.[35] (pag. 37)
(2.2.) Terminologia in questa revisione
“A livello internazionale sta crescendo la consapevolezza dell’importanza di utilizzare un linguaggio accurato basato sul sesso. Come afferma la recente Review of Data, Statistics and Research on Sex and Gender (RSG) del Regno Unito… L’RSG raccomanda inoltre di non utilizzare l’espressione “sesso assegnato alla nascita”, sottolineando che è “fuorviante”. La RSG osserva che la parola “genere” ha “molteplici significati distinti, tra cui: sinonimo di sesso; strutture sociali e stereotipi associati al sesso; identità di genere”. Per questo motivo, la RSG mette in guardia dall’uso di questa parola quando potrebbero sorgere malintesi… Come già detto, il termine “bambino transgender” suggerisce che l’intervento medico sia la linea d’azione predefinita o primaria. Per questo motivo, tale termine sarà evitato”.[36] (pag. 38).
CAPITOLO 3: STORIA ED EVOLUZIONE DELLA MEDICINA DI GENERE PER ADULTI E PEDIATRICA
“In medicina è comune estendere i trattamenti medici ai bambini una volta che si sono dimostrati sicuri ed efficaci negli adulti. In questo caso, tuttavia, è accaduto il contrario”.[37] (pag. 40)
“La logica alla base della transizione degli adolescenti è emersa dall’osservazione che la transizione medica negli adulti spesso non riusciva a produrre i risultati positivi desiderati”.[38] (pag. 40)
(3.1.) Il fenomeno transessuale
“Nel 1949, un medico americano, David Cauldwell, usò il termine “transessuale” per etichettare “individui che sono fisicamente di un sesso e apparentemente psicologicamente del sesso opposto“.[39] (pag. 41)
“Il “transessualismo” è stato reso popolare da Harry Benjamin, un endocrinologo tedesco-americano e padre della medicina transgender”. Il libro di Benjamin del 1966, The Transsexual Phenomenon, è stata la prima discussione completa in lingua inglese sul trattamento medicalizzato per le persone che “vogliono sottoporsi a chirurgia correttiva in modo che i loro corpi assomiglino almeno a quelli del sesso a cui sentono di appartenere e al quale desiderano ardentemente appartenere”.[40] (pag. 41)
(3.2.) Da George a Christine
“Il transessualismo non era allora un fenomeno. Le cose cambiarono nel 1952, quando si diffuse la notizia che George Jorgensen, un americano di 24 anni di origine danese, si era sottoposto a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso”.[41] (pag. 42)
“Cresciuto nel Bronx, il giovane George veniva preso in giro per le sue “caratteristiche femminili” ed era tormentato dalla sua omosessualità: una questione in particolare preoccupava George: aveva imparato in chiesa e dai suoi compagni di scuola che le relazioni omosessuali erano considerate peccaminose e immorali”.[42] (pag. 42)
“Questo conflitto avrebbe contribuito a episodi di depressione, bassa autostima, bassa aspirazione al successo e molta infelicità personale”.[43] (pag. 43)
“Il “giovane del Bronx” divenne paziente di Christian Hamburger, un endocrinologo di Copenaghen”.[44] (pag. 43)
(3.3.) “Caro dottor Hamburger”
“Dopo la “pubblicità sensazionale” sulla metamorfosi di George Jorgensen in Christine, Hamburger ricevette “una grande quantità di lettere da un numero considerevole di uomini e donne che desiderano cambiare sesso“.[45] (pag. 44)
“Più di tre quarti erano uomini e alcuni degli autori delle lettere erano giovani adolescenti”.[46] (pag. 44)
“La non conformità di genere nell’infanzia è fortemente associata all’omosessualità successiva. Poiché la disforia di genere (GD) dell’infanzia o dell’esordio precoce comporta un’estrema non conformità di genere, i bambini piccoli angosciati dai loro corpi sessuati probabilmente cresceranno e saranno attratti dal loro stesso sesso”.[47] (pag. 45)
“Nel 1965, Benjamin aveva visto 307 casi di cui considerava 220 “veri transessuali”, il resto classificato come “travestiti”. Quasi il 90% dei transessuali erano maschi. Solo 62 maschi e 11 femmine avevano subito un intervento chirurgico”.[48] (pag. 45)
“A testimonianza di questo squilibrio, Il fenomeno transessuale dedicava solo un breve capitolo alle ‘femmine transessuali.[49] (pag. 46)
“Nel 1979, la richiesta di “cambio di sesso” divenne abbastanza significativa da indurre i medici che si prendevano cura di questa popolazione di pazienti a formare un’associazione professionale, la Harry Benjamin International Gender Dysphoria Association (HBIGDA), che pubblicò i primi standard di cura. In quel breve documento dattiloscritto, il “Principio 2” di 32 era: “La riassegnazione ormonale e chirurgica del sesso sono procedure che richiedono una giustificazione medica e non hanno conseguenze così limitate da poter essere eseguite su base di una libera scelta”. Nella terza edizione del DSM nel 1980, si diceva che il disturbo del “transessualismo” era “apparentemente raro”.[50] (pag. 46)
Nel 1994 il DSM-IV riportava: “I dati provenienti da Paesi più piccoli in Europa con accesso alle statistiche sulla popolazione totale e ai riferimenti suggeriscono che circa 1 su 30.000 maschi adulti e 1 su 100.000 femmine adulte cercano un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso“.[51] (pag. 46)
“Il “punto di svolta transgender” non era ancora arrivato”.[52] (pag. 46)
(3.4.) Risultati delle transizioni adulte
“La transizione medica pediatrica è iniziata nei Paesi Bassi, che avevano offerto cure per adulti in un ospedale accademico a partire dagli anni ’70, con i costi di una transizione medica rimborsati attraverso il sistema di assicurazione sanitaria nazionale olandese. La disponibilità di cartelle cliniche complete e affidabili ha dato ai medici l’opportunità di studiare come stavano i pazienti”.[53] (pag. 46)
“Quasi tutti i FM e quasi l’80% dei MF hanno descritto la loro capacità di essere riconosciuti come membro del genere appena assunto, come buona o molto buona. Nessuno di coloro che avevano subito un intervento chirurgico provava dubbi significativi sulla decisione di sbarazzarsi delle proprie caratteristiche sessuali”.[54] (pag. 47)
“D’altra parte, mentre i risultati soggettivi auto-riportati erano buoni, le misure oggettive raccontavano una storia diversa. Un MF su sette e un FM su 36 hanno tentato il suicidio dopo l’inizio del trattamento”.[55] (pag. 47)
“Del numero totale di pazienti visitati presso l’NGCF negli ultimi 10 anni, tre si erano suicidati dopo il trattamento“.[56] (pag. 47)
“La transizione medica ha almeno alleviato la disforia di genere? È interessante notare che non c’era alcuna relazione tra la felicità riportata e la fase di transizione”.[57] (pag. 47)
“Coloro che hanno completato la SRS non sono più felici o meno felici di coloro che sono ancora nella fase iniziale della terapia. In altre parole, la valutazione positiva di una persona della sua vita nella sua totalità non è direttamente correlata al suo progresso nell’adattamento fisico al sesso opposto”.[58] (pag. 48)
“Sebbene i ricercatori abbiano affermato che “non c’è motivo di dubitare dell’effetto terapeutico della chirurgia di riassegnazione del sesso”, erano chiari sul fatto che c’erano costi significativi: la SRS non è una panacea.L’attenuazione dei problemi di genere non porta automaticamente a una vita felice e spensierata. Al contrario, la SRS può portare a nuovi problemi”.[59] (pag. 48)
“Apparentemente ignorata è stata anche la possibilità correlata che la transizione possa attrarre giovani gay e lesbiche che soffrono di disapprovazione sociale per la loro omosessualità”.[60] (pag. 48).
(3.5.) La logica della transizione di genere giovanile
“Cohen-Kettenis credeva che i transessuali avrebbero avuto risultati migliori se avessero iniziato il trattamento prima dell’età adulta”.[61] (pag. 49)
“Con la collaborazione di Cohen-Kettenis e Delemarre-van de Waal, è nato il “Protocollo olandese” per la transizione medica giovanile“.[62] (pag. 50)
(3.6.) La diffusione del Protocollo olandese e l’ascesa della “cura per l’affermazione del genere”
“Negli Stati Uniti, HBIGDA ha approvato i bloccanti della pubertà nella loro sesta versione della loro linea guida clinica, gli Standard of Care (SOC-6, 2001)”.[63] (pag. 51)
“SOC-6 ha anche erroneamente caratterizzato i PB come “completamente reversibili” (vedi Capitolo 7). Come sottolinea Biggs, “le prove pubblicate per i benefici della soppressione della pubertà comprendevano allora un singolo caso di studio di un paziente – FG – in attesa di un intervento chirurgico finale”. [64] (pag. 52)
“Dal 2014, i bloccanti della pubertà sono passati da un protocollo di sola ricerca a essere disponibili nella pratica clinica di routine… Inoltre, i rigorosi criteri di inclusione del protocollo olandese non sono stati più seguiti e i bloccanti della pubertà sono stati somministrati a una gamma più ampia di adolescenti… Questi includevanopazienti senza storia di incongruenza di genere prima della pubertà, così come quelli con neurodiversità e presentazioni complesse di salute mentale. HBIGDA è diventata la World Professional Association of Transgender Health (WPATH) nel 2007”.[65] (pag. 52)
“La settima versione degli Standard di cura (SOC-7) è stata pubblicata nel 2012 e ha rappresentato un allontanamento significativo dal SOC-6, abbandonando il modello di gatekeeping medico a favore del modello di “affermazione di genere“.[66] (pag. 53)
“Il termine “non binario” avrebbe dovuto attendere il suo turno, apparendo per la prima volta nell’attuale linea guida, SOC-8 (2022), con un capitolo ad esso dedicato”.[67] (pag. 53)
“Nel periodo in cui Cohen-Kettenis e colleghi hanno pubblicato il loro primo studio, i medici hanno iniziato a osservare un rapido aumento della popolazione di pazienti pediatrici. In particolare, il profilo demografico di questi pazienti stava cambiando, con le femmine adolescenti che emergevano come il gruppo predominante”.[68] (pag. 54)
“In una tendenza correlata, i Paesi occidentali hanno iniziato a segnalare un numero crescente di adolescenti che, spesso inaspettatamente, hanno rivelato un’identità transgender, il più delle volte con grande sorpresa da parte dei loro genitori”.[69] (pag. 55)
CAPITOLO 4: RITIRO INTERNAZIONALE DAL MODELLO DI “AFFERMAZIONE DI GENERE”
Dalla pubblicazione del Protocollo olandese nel 2006, la pratica dell’“affermazione di genere” (o terapia “affermativa”) si è diffusa rapidamente. Al momento stiamo assistendo a un’inversione di tendenza a livello globale e diverse autorità sanitarie nazionali hanno limitato gli interventi ormonali e chirurgici per i minori”.[70] (pag. 57)
(4.1.) L’ascesa del modello affermativo
“In seguito alla pubblicazione del Protocollo olandese nel 2006, i bloccanti della pubertà (PB) e gli ormoni cross-sex (CSH) sono stati inseriti nelle linee guida di pratica clinica (CPG) del 2009 della Endocrine Society, che raccomandava l’uso di interventi ormonali per alcuni pazienti pediatrici con disforia di genere. Questo approccio è stato suggerito anche dalle linee guida dell’Associazione Professionale Mondiale per la Salute Transgender nel 2012. In particolare, queste approvazioni sono arrivate prima che fosse pubblicata nel 2014 l’analisi finale dei risultati psicologici della coorte olandese originaria, e diversi anni prima che cominciassero a comparire le prime revisioni sistematiche delle evidenze (SR) commissionate dalle autorità di sanità pubblica nel 2019 e nel 2020. Nello stesso periodo si è registrata un’impennata di bambini e adolescenti che riferiscono sintomi di disforia di genere e richiedono un intervento medico. Tale tendenza si è diffusa da allora in tutti i Paesi occidentali. Allo stesso tempo, il profilo epidemiologico dei pazienti è cambiato notevolmente: mentre le coorti precedenti erano costituite principalmente da maschi in età prepuberale, le segnalazioni più recenti riguardano femmine adolescenti”. [71] (pag. 57-58)
“Una caratteristica sorprendente dell’ondata di adolescenti che si presentano con il desiderio di sottoporsi ad una transizione medica è il numero sproporzionato di adolescenti di sesso femminile senza una precedente storia infantile di disforia di genere, che presentano alti tassi di comorbidità di disturbi psichici. Questo fenomeno ha attirato l’attenzione dei ricercatori finlandesi, che sono stati i primi a divulgare queste variazioni demografiche e a sollevare la preoccupazione che il Protocollo olandese potrebbe non essere d’aiuto, o essere addirittura dannoso per i pazienti. La Finlandia è stata quindi il primo paese a rivedere le proprie linee guida, limitando drasticamente gli interventi medici basandosi sui risultati di una revisione sistematica. Negli anni successivi altri Paesi hanno iniziato ad effettuare le proprie valutazioni delle evidenze e sono giunti a conclusioni simili. Da allora è emersa una tendenza globale ad abbandonare l’uso di bloccanti della pubertà, ormoni cross sex e interventi chirurgici nei giovani con disforia di genere”. [72] (pag. 62)
(4.2.) Le inversioni di tendenza a livello internazionale
“A partire dal 2020, la transizione di genere pediatrica ha cominciato a essere sottoposta a crescente scrutinio da parte delle autorità sanitarie pubbliche in tutto il mondo, determinando una sostanziale inversione dei protocolli clinici in un numero sempre più crescente di Paesi. L’iniziativa più autorevole è stata la revisione Cass (Cass Review), una valutazione indipendente della medicina di genere pediatrica durata quattro anni e pubblicata nell’aprile 2024. I risultati della revisione Cass hanno portato alla chiusura della clinica di medicina di genere pediatrica del Regno Unito, il Gender Identity Development Service (GIDS), che nel 2021 era stato giudicato “inadeguato” dalla Care Quality Commission. La revisione Cass ha raccomandato una rimodulazione del modello di erogazione dell’assistenza, abbandonando il modello centralizzato di “clinica di genere” per passare ad un approccio più olistico incentrato sul supporto psicosociale, da erogare attraverso centri regionali. I risultati della revisione Cass hanno portato il Regno Unito a vietare l’uso dei bloccanti della pubertà al di fuori degli studi clinici e a limitare in modo significativo la somministrazione degli ormoni cross sex. Sebbene la somministrazione di tali ormoni sia ancora ufficialmente un trattamento disponibile, il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ha recentemente rivelato chedalla pubblicazione della revisione Cass secondo le nuove linee guida nessun minore è risultato idoneo a ricevere tale trattamento. Nel Regno Unito i minori non hanno mai usufruito di interventi chirurgici legati alla disforia di genere attraverso il Servizio Sanitario Nazionale”. [73] (pag. 62-63)
(4.2.1.) La revisione Cass e come è stata recepita
“La revisione Cass ha avuto una profonda influenza sui dibattiti internazionali. Commissionata dal Servizio Sanitario Nazionale inglese (NHS England), la revisione Cass ha valutato la sicurezza, l’efficacia e l’erogazione dei servizi di medicina di genere pediatrica per bambini e adolescenti. Condotta per quattro anni sotto la guida di Hilary Cass, pediatra ed ex presidente del Royal College of Paediatrics and Child Health, la revisione ha coinvolto un’ampia gamma di interlocutori e si è basata sulle revisioni sistematiche del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) e dell’Università di York, oltre che su ulteriori ricerche. I risultati della revisione Cass hanno individuato limitazioni significative sulle prove di efficacia dei bloccanti della pubertà e degli ormoni cross sex, e hanno raccomandato che i bloccanti siano somministrati solo in un contesto di ricerca fino a quando non saranno disponibili ulteriori dati. La revisione ha sottolineato l’importanza di un modello di cura multidisciplinare e orientato allo sviluppo per i giovani con disforia di genere che dia priorità al supporto psicologico e all’elaborazione di “un percorso clinico esplicito … per gli interventi non medici”. [74] (pag. 64-65)
(4.3.) Le motivazioni delle inversioni di rotta internazionali
“L’inversione di rotta globale rispetto alla transizione medica pediatrica può essere attribuita a sei fattori principali: un significativo cambiamento nella popolazione dei pazienti; l’incertezza sulla natura e sulla prognosi della disforia di genere; il crescente riconoscimento dei rischi associati agli interventi medici; una comprensione più accurata del rischio di suicidio; il crollo della motivazione della terapia originaria e la debolezza delle prove di efficacia”. [75] (pag. 66)
(4.3.1.3.) Identità non binarie
“La ricerca originale olandese non ha studiato pazienti con identità non binarie; questi pazienti non sono stati ritenuti candidati appropriati per la transizione medica. Tuttavia le identità non binarie sono oggi presenti in modo preponderante negli attuali contesti clinici e nei soggetti di ricerca. In un progetto di ricerca del 2021 finanziato dal Progetto Trevor, ad esempio il 63% degli 11.914 intervistati si è identificato come non binario. In uno studio su giovani che hanno subito una mastectomia, l’11% si è identificato come non binario o “altro”. Questo crea una nuova serie di sfide etiche, in quanto i pazienti cercano interventi che non sono mai stati contemplati prima, tra i quali mantenere questi pazienti in uno stato di soppressione della pubertà per lunghi periodi di tempo per consentire loro di conservare un aspetto sessualmente ambiguo. I rischi di tali interventi possono essere notevoli”. [76] (pag. 68)
“Il ruolo del contagio sociale è un probabile fattore dei cambiamenti epidemiologici. Nel 2018 il medico e ricercatore Lisa Littman ha introdotto nella letteratura scientifica l’espressione “disforia di genere ad insorgenza rapida”, o ROGD (Rapid Onset Gender Dysphoria, ndr), descrivendo il quadro clinico della “disforia di genere ad insorgenza adolescenziale o tardiva, in cui si osserva che lo sviluppo della disforia di genere inizia improvvisamente durante o dopo la pubertà in un adolescente o giovane adulto che non avrebbe soddisfatto i criteri per la disforia di genere nell’infanzia”. Questo fenomeno è stato descritto in ricerche condotte nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Finlandia e in Canada. Sono stati utilizzati altri termini, ad esempio “disforia di genere ad esordio adolescenziale”, “storie di transgender ad esordio adolescenziale postpuberale”, per descrivere la disforia di genere ad esordio puberale che colpisce in modo sproporzionato le adolescenti di sesso femminile. Le ricerche sulle esperienze di detransizione e rimpianto (la detransizione si riferisce all’interruzione o all’inversione della transizione dopo aver ricevuto interventi medici e/o chirurgici; può sovrapporsi al rimpianto ma non è sinonimo di esso) hanno suggerito che il contagio o la pressione sociale abbiano avuto un ruolo nelle identificazioni transgender transitorie di alcuni pazienti. Preoccupazioni circa il possibile ruolo del contagio sociale alla base dei cambiamenti epidemiologici sono state espresse altrove nella letteratura, anche da alcuni sostenitori della transizione medica pediatrica. Le linee guida di WPATH osservano che “la suscettibilità all’influenza sociale che incide sull’identità di genere può essere un importante elemento differenziale da considerare” per alcuni adolescenti; le linee guida riconoscono inoltre “situazioni in cui un giovane sperimenta una consapevolezza molto recente o improvvisa della diversità di genere e una conseguente richiesta di trattamento di genere, oppure quando vi è preoccupazione per una possibile influenza eccessiva dei pari o dei social media sull’attuale concetto di genere di sé da parte del giovane”. [77] (pag. 69)
(4.3.2.) Evoluzione naturale poco chiara e incertezza della prognosi
“Prima della diffusione su larga scala degli interventi ormonali, la maggior parte dei casi di disforia di genere in età pediatrica si risolveva spontaneamente entro la fine della pubertà, con la maggioranza dei pazienti che in età adulta presentava un orientamento sessuale omosessuale. Il Protocollo olandese fu sviluppato partendo dal presupposto che solo la disforia di genere che persisteva nell’adolescenza fosse probabilmente permanente. Con il progressivo aumento delle segnalazioni di pazienti con disagio insorto durante l’adolescenza, tale presupposto è stato applicato a tutta la disforia di genere adolescenziale, indipendentemente dal fatto che si fosse intensificata in adolescenza o fosse comparsa per la prima volta in quel periodo. La convinzione che qualsiasi forma di disforia di genere durante l’adolescenza sia probabilmente permanente e richieda un trattamento medico rimane “centrale nella giustificazione dell’intervento medico” negli adolescenti”.[78] (pag. 69-70)
(4.3.2.1.) Nuove evidenze sull’evoluzione naturale della disforia di genere
“Recenti esami approfonditi della letteratura hanno messo in discussione le ipotesi riguardanti la durata della disforia di genere adolescenziale. Sebbene l’evoluzione naturale della disforia di genere, cioè il suo decorso in assenza di interventi medici, sia attualmente impossibile da valutare data la vasta disponibilità di interventi, nuove evidenze suggeriscono che la disforia di genere abbia una bassa stabilità diagnostica. Ad esempio, uno studio longitudinale tedesco su un database di richieste di assicurazione ha mostrato che oltre il 70% delle femmine adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni non aveva più la diagnosi cinque anni dopo. Un altro recente studio proveniente dai Paesi Bassi ha riscontrato che il “malcontento di genere” continua a diminuire costantemente fino all’inizio dei vent’anni”. [79] (pag. 70)
(4.3.2.2.) Preoccupazioni relative allo sviluppo dell’identità
“Esiste una notevole preoccupazione che “la soppressione puberale possa alterare il corso dello sviluppo dell’identità di genere, essenzialmente ‘cristallizzando’ un’identità di genere che avrebbe potuto riconciliarsi con il sesso biologico durante il normale decorso della pubertà”. Questa preoccupazione non è nuova. Alcuni primi critici dell’approccio olandese avevano già sottolineato che l’avvio di interventi ormonali nella fase iniziale e centrale della pubertà, “potrebbe influenzare lo sviluppo ulteriore dell’identità di genere, o… persino indurre iatrogenicamente la persistenza [della disforia di genere]”. Nel 2024 l’Accademia Europea di Pediatria ha avvertito che la soppressione della pubertà potrebbe compromettere l’autonomia a lungo termine, creando un percorso di dipendenza che porta agli ormoni cross-sex e agli interventi chirurgici. Diversi studi hanno suggerito che i tassi di prosecuzione dai bloccanti della pubertà (PB) agli ormoni cross-sex (CSH) superano il 90%. La percezione dei bloccanti è cambiata: da essere considerati un “bottone di pausa” reversibile, sono ora più considerati come un “pedale dell’acceleratore” che velocizza la transizione medica. Anche la transizione sociale durante l’infanzia potrebbe avere effetti simili, con alcuni studi di bassa qualità che suggeriscono che la maggior parte dei bambini che effettuano una transizione sociale prima della pubertà prosegue poi con interventi medici”. [80] (pag. 71)
(4.3.3.) Preoccupazioni riguardo ai rischi e ai danni associati al trattamento
“La consapevolezza dei rischi e dei potenziali danni associati alla transizione medica pediatrica è in aumento. Sono state sollevate preoccupazioni riguardo agli effetti sconosciuti o potenzialmente dannosi della soppressione della pubertà nel suo corso naturale sulla salute fisica e mentale degli adolescenti, in particolare per quanto riguarda la mineralizzazione ossea e lo sviluppo cerebrale. Gli interventi ormonali possono comportare infertilità e compromissione della funzione sessuale e, in alcuni casi, se il paziente procede con interventi genitali, portano a operazioni più rischiose. Le procedure chirurgiche comportano di per sé il rischio di complicanze. L’emergere dei casi di detransizione ha riportato l’attenzione su un rischio già riconosciuto nel Protocollo olandese originale, ovvero che l’avvio della transizione medica quando l’identità di un giovane è ancora in fase di sviluppo comporta il rischio di “falsi positivi”, cioè di pazienti che si sottopongono ad interventi ormonali e/o chirurgici irreversibili ma che, in seguito, non continuano a identificarsi come transgender. Negli ultimi cinque anni un numero crescente di ricerche e articoli sottoposti a peer review (revisione tra pari) ha esaminato i fenomeni della detransizione e del rimpianto. Le testimonianze personali di pazienti che hanno intrapreso la detransizione che riferiscono di essere stati danneggiati dalla transizione medica pediatrica hanno avuto un ruolo significativo nel richiamare l’attenzione pubblica e normativa su queste problematiche”. [81] (pag. 73)
(4.3.4.) Una comprensione più appropriata del suicidio
“I sostenitori della transizione medica pediatrica spesso la descrivono come un trattamento salvavita. Alcuni medici che la raccomandano hanno spinto genitori preoccupati ad acconsentire a interventi irreversibili sui propri figli in difficoltà, avvertendoli che non farlo avrebbe potuto aumentare il rischio di suicidio. Tali affermazioni, però, non sono supportate dalle evidenze e sono state criticate come non etiche. Adolescenti e adulti con disforia di genere presentano effettivamente tassi più elevati di suicidio rispetto alla popolazione generale, compresi pensieri suicidari, autolesionismo e tentativi di suicidio. Tuttavia le morti per suicidio tra gli adolescenti con disforia di genere restano rare. Non vi è inoltre alcuna prova che la suicidalità elevata sia attribuibile esclusivamente alla disforia di genere, poiché essa coesiste frequentemente con altri disturbi psichiatrici. Un rapporto del 2020 del Consiglio Nazionale Svedese per la Salute e il Welfare (Socialstyrelsen) ha concluso che “le persone con disforia di genere che si suicidano presentano un tasso molto elevato di diagnosi psichiatriche gravi concomitanti, le quali, di per sé, aumentano notevolmente il rischio di suicidio… non è possibile determinare in quale misura la sola disforia di genere contribuisca al suicidio.” Inoltre, le evidenze sull’efficacia della transizione medica pediatrica nella riduzione degli esiti correlati alla suicidalità negli adolescenti, come ad esempio la frequenza auto-riportata di pensieri suicidi o il ricorso ai servizi sanitari per autolesionismo o tentativi di suicidio, sono incoerenti. Quando ci si concentra sulla prevenzione della mortalità per suicidio non vi sono prove che gli interventi ormonali siano efficaci. Un ampio studio condotto in Finlandia, basato su dati registrati, ha rilevato che la mortalità per suicidio nei pazienti con disforia di genere era rara e che, una volta controllate le comorbidità psichiatriche, il tasso non differiva da quello della popolazione generale. Gli autori dello studio hanno concluso che gli interventi ormonali non sembravano aver avuto un impatto sul rischio di suicidio. Una revisione sistematica sulla prevenzione del suicidio tra i giovani con disforia di genere ha classificato le prove come di bassa qualità, e la stessa revisione sistematica di WPATH sui problemi di salute mentale, focalizzata sugli adulti, ha riconosciuto che “non è stato possibile trarre conclusioni sugli effetti della terapia ormonale sulla morte per suicidio”. Come riassunto nel rapporto finale della revisione Cass “è stato suggerito che il trattamento ormonale riduca il rischio elevato di morte per suicidio in questa popolazione, ma le evidenze trovate non supportano tale conclusione”.[82] (pag. 74)
(4.3.5.) Il tracollo della motivazione clinica
“La motivazione alla base della prescrizione dei bloccanti della pubertà, come indicato nel Protocollo olandese, era quella di fornire agli adolescenti “tempo per pensare”, mettendo in pausa la pubertà e consentendo così l’esplorazione della loro identità senza l’ulteriore disagio dello sviluppo fisico. Tuttavia i dati suggeriscono che gli adolescenti che iniziano i bloccanti della pubertà proseguono con l’assunzione degli ormoni cross sex. Ciò significa che i bloccanti potrebbero non funzionare come pausa neutrale ma piuttosto come il primo passo sulla strada della transizione medica. Ciò ha indotto molti esperti ad abbandonare la logica del “tempo per pensare”, inversione di tendenza che si riflette nelle più recenti linee guida e dichiarazioni professionali di WPATH: i bloccanti per la pubertà e gli ormoni cross sex sono ora intesi come un percorso di trattamento continuo. Considerato il profilo di rischio dei bloccanti, come illustrato nel Capitolo 7, e la possibilità che il loro uso possa portare ad una dipendenza medica a vita che comporta ulteriori rischi a lungo termine, il loro ruolo nell’attuale contesto terapeutico non è chiaro. Nei pazienti maschi la soppressione del testosterone può essere ottenuta con farmaci anti-androgeni somministrati insieme a estrogeni che provocano femminilizzazione. Nelle pazienti di sesso femminile il testosterone da solo sopprime efficacemente gli estrogeni, inducendo al contempo la mascolinizzazione. Pertanto, se i bloccanti non vengono utilizzati per fornire tempo per pensare, la loro giustificazione in questo contesto rimane incerta”.[83] (pag. 75-76)
(4.3.6.) Mancanza di prove certe di beneficio
“L’intento originario dell’utilizzo di interventi ormonali in pediatria era quello di migliorare i problemi di salute mentale impedendo lo sviluppo sessuale e inducendo lo sviluppo di caratteristiche fisiche tipiche dell’altro sesso. Questo approccio era basato sull’ipotesi che evitare “un aspetto fisico sfavorevole” avrebbe “migliorato la possibilità di ‘passare’ per il genere desiderato”. Sebbene questi interventi alterino l’aspetto fisico, le revisioni sistematiche non hanno riscontrato prove credibili che questi interventi apportino miglioramenti significativi della salute mentale. Molteplici revisioni sistematiche hanno concluso che le prove a sostegno dei benefici degli interventi di transizione pediatrica – dai bloccanti della pubertà, agli ormoni cross sex fino alla chirurgia – sono di “affidabilità molto bassa”. Ciò significa che i risultati degli studi che riportano miglioramenti della salute mentale non sono considerati affidabili. Per contro, tutti gli interventi medici sono potenzialmente dannosi. In definitiva, gli interventi medici dovrebbero essere utilizzati quando il bilancio dei benefici supera nettamente i rischi. Tutte le autorità sanitarie pubbliche che hanno condotto una revisione sistematica delle evidenze hanno concluso che il rapporto rischi/ benefici della transizione medica pediatrica è sconosciuto o sfavorevole”. [84] (pag. 76-77)
PARTE II: REVISIONE DELLE EVIDENZE
CAPITOLO 5: PANORAMICA DELLE REVISIONI SISTEMATICHE
“Questo capitolo esamina le migliori informazioni disponibili riguardo ai rischi, benefici e incertezze degli interventi comunemente utilizzati per affrontare la disforia di genere (GD) nei giovani”.[85] (pag. 79)
(5.1.) Metodologia
“Un principio fondamentale della medicina basata sull’evidenza (EBM) è che il processo decisionale ottimale “richiede la consapevolezza delle migliori prove disponibili, che idealmente provengono da sintesi sistematiche di tali prove”. Il pilastro dell’EBM è la revisione sistematica, che tenta di raccogliere tutte le prove empiriche che soddisfano criteri di ammissibilità predefiniti per rispondere a una specifica domanda di ricerca. Utilizza metodi espliciti e sistematici progettati per minimizzare i bias, fornendo così risultati più affidabili da cui trarre conclusioni e prendere decisioni”.[86] (pag. 79)
“La transizione sociale comporta il cambiamento di uno o più aspetti della propria presentazione o espressione, come il nome, l’aspetto o il comportamento, con l’obiettivo di essere percepiti e trattati come membri dell’altro sesso, o per evitare di essere percepiti e trattati come membri del proprio sesso”.[87] (pag. 86)
“Questa panoramica ha identificato due revisioni sistematiche (SR) che valutano l’impatto della transizione sociale. Entrambe sono state valutate come a basso rischio di bias. I risultati suggeriscono che l’impatto della transizione sociale sulla disforia di genere (GD) a lungo termine, sugli esiti psicologici e sul benessere, e sulle future decisioni di trattamento come ormoni o interventi chirurgici rimane poco compreso”.[88] (pag. 86)
“Inoltre, gli studi pubblicati spesso non distinguono gli effetti della transizione sociale dagli interventi concomitanti come la psicoterapia o i trattamenti medici, complicando ulteriormente l’interpretazione”.[89] (pag. 86)
(5.3.) Risultati dei bloccanti della pubertà
“Gli agonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRHa), noti come “bloccanti della pubertà” (PB), sono utilizzati per prevenire o arrestare lo sviluppo delle caratteristiche sessuali nei bambini e negli adolescenti prepuberali e puberali con disforia di genere (GD)”.[90] (pag. 86)
“I criteri di idoneità e il numero di studi inclusi variavano in queste quattro revisioni sistematiche (SR), e la certezza delle prove è molto bassa per quanto riguara l’effetto dei bloccanti della pubertà (PB) sulla disforia di genere (GD) (o incongruenza di genere), il miglioramento della salute mentale e la sicurezza. Ci sono prove di alta certezza che i bloccanti della pubertà (PB) esercitino effetti fisiologici (come la soppressione degli ormoni sessuali) e causino spesso infertilità quando seguiti da ormoni cross-sex (CSH), a seconda dello stadio puberale e del sesso del paziente. Prove di bassa certezza suggeriscono che i bloccanti della pubertà (PB) possono compromettere la salute delle ossa. Un’alta proporzione di giovani procede agli ormoni cross-sex (CSH) dopo i bloccanti della pubertà (PB), sebbene la certezza delle prove riguardo a qualsiasi ruolo causale dei bloccanti della pubertà (PB) in questa progressione sia molto bassa”.[91] (pag. 87)
“Sebbene i bloccanti della pubertà (PB) siano frequentemente descritti come un “pulsante di pausa,” nessuno studio ha esaminato sistematicamente il loro ruolo nel processo decisionale o i risultati di coloro che interrompono il trattamento”.[92] (pag. 87)
“Le prove sono particolarmente limitate riguardo ai risultati a lungo termine relativi alla fertilità, alla crescita e allo sviluppo neurocognitivo”.[93] (pag. 87)
“Un’altra importante limitazione è che la maggior parte degli studi primari non ha distinto gli effetti dei bloccanti della pubertà (PB) sulle femmine rispetto ai maschi”.[94] (pag. 88)
(5.4.) Risultati degli ormoni cross-sex
“L’estrogeno per i maschi e il testosterone per le femmine sono utilizzati off-label per indurre cambiamenti fisici nelle caratteristiche sessuali dei giovani con disforia di genere (GD)”.[95] (pag. 88)
“La certezza delle prove è molto bassa riguardo all’effetto sulla disforia di genere (GD) o incongruenza, al miglioramento della salute mentale e alle metriche di sicurezza, inclusa la fertilità e la salute delle ossa. Ci sono prove di alta certezza che gli ormoni cross-sex (CSH) esercitino effetti fisiologici”.[96] (pag. 88)
“I risultati chiave come gli effetti sulla disforia di genere (GD), altri risultati di salute mentale e la qualità della vita sono stati misurati in modo incoerente e, quando riportati, spesso derivano da piccoli studi osservazionali con un follow-up limitato. I risultati a lungo termine criticamente importanti rimangono poco compresi. La disfunzione sessuale, nonostante sia altamente rilevante per il benessere a lungo termine, è stata valutata raramente. Sebbene alcuni studi abbiano riportato tassi di eventi cardiovascolari, è necessario un follow-up a lungo termine per valutare il rischio cumulativo”.[97] (pag.88)
“Le prove sulla fertilità sono scarse, con pochi dati sul fatto che gli effetti riproduttivi varino in base all’età all’inizio del trattamento o se questi effetti siano reversibili”.[98] (pag. 89)
(5.5.) Risultati della chirurgia
“La mastectomia mascolinizzante per le adolescenti è l’intervento chirurgico più frequentemente eseguito nel contesto dei giovani con disforia di genere (GD). Questa panoramica ha identificato tre revisioni sistematiche (SR) sulle chirurgie per bambini o adolescenti con disforia di genere (GD), con la maggior parte che considera solo la mastectomia”.[99] (pag. 89)
“Ci sono prove di alta certezza che la mastectomia sia associata a complicazioni chirurgiche prevedibili come necrosi e cicatrici. La certezza delle prove è molto bassa per quanto riguarda l’effetto della chirurgia sulla disforia di genere (GD) o incongruenza, il miglioramento della salute mentale inclusa la suicidalità e la depressione, e i risultati a lungo termine come la funzione sessuale, la qualità della vita e il rimpianto”.[100] (pag. 89)
“Ci sono notevoli lacune nelle prove sulle chirurgie per gli adolescenti con disforia di genere (GD). La maggior parte degli studi sono serie di casi o piccoli disegni osservazionali, con gruppi di confronto limitati o assenti, e quindi non sono in grado di isolare gli effetti della chirurgia dagli interventi medici o psicosociali precedenti”.[101] (pag. 89)
(5.6.) Risultati della psicoterapia
“Le discussioni sul ruolo della psicoterapia nel trattamento dei giovani con disforia di genere (GD) soffrono di incoerenze interne nel campo della medicina di genere, per cui la psicoterapia è sia riconosciuta come uno strumento importante, ma anche stigmatizzata se il suo obiettivo è la risoluzione della disforia di genere (GD) (Capitolo 14)”.[102] (pag. 90)
“Entrambe le revisioni sistematiche (SR) hanno rilevato che gli interventi di psicoterapia sono stati erogati attraverso una pluralità di formati, evidenziando una notevole eterogeneità nell’erogazione. I modelli per gli interventi in presenza e online variavano ampiamente, includendo approcci individuali, di gruppo, familiari e combinati”[103]. (pag. 90)
“Queste eterogeneità limitano la generalizzabilità delle prove. Per i risultati di salute mentale, la certezza delle prove era molto bassa. Tuttavia, non sono stati riportati danni”.[104] (pag.90)
“C’è poca comprensione di quali approcci terapeutici possano essere più o meno efficaci per specifici sottogruppi. La mancanza di ricerche robuste è stata riconosciuta dalla Cass Review, che ha notato che “c’è stata una mancanza di considerazione sistematica su come dovrebbero essere utilizzati gli interventi psicosociali e di ricerca sulla loro efficacia”.[105] (pag. 91)
(5.7.) Discussione
(5.7.1.) Risultati di questa panoramica
“Questa panoramica delle revisioni sistematiche (SR) include 17 revisioni sistematiche (SR) che valutano gli effetti degli interventi per bambini o adolescenti con disforia di genere (GD). Per la transizione sociale, la certezza dei benefici e dei danni è molto bassa, a causa dei problemi nei disegni degli studi. Sebbene gli studi suggeriscano che la transizione sociale precoce sia associata a un alto tasso di persistenza della disforia di genere (GD) e a un tasso di continuazione ai bloccanti della pubertà (PB) e agli ormoni cross-sex (CSH) superiore al 90%, da una prospettiva metodologica c’è incertezza a causa di prove di qualità molto bassa riguardo alle spiegazioni/percorsi causali”.[106] (pag.91)
“Specificamente per la transizione medica, questa panoramica evidenzia un modello coerente tra gli interventi per bambini o adolescenti con disforia di genere (GD): mentre i bloccanti della pubertà (PB), gli ormoni cross-sex (CSH) e le chirurgie producono costantemente i cambiamenti fisiologici previsti, rimane una notevole incertezza riguardo ai loro impatti psicologici e sulla salute a lungo termine”.[107] (pag 91)
(5.7.2.) Fonti di incertezza nelle prove
“Tra le revisioni sistematiche (SR) incluse, la qualità (certezza) delle prove è prevalentemente limitata dalla mancanza di studi metodologicamente rigorosi. Ad esempio, tra tutti gli studi primari inclusi nelle nove revisioni sistematiche (SR) sui bloccanti della pubertà (PB), non c’erano trial controllati randomizzati idonei”.[108] (pag. 92)
“La mancanza di controlli adeguati è un’altra limitazione metodologica comune negli studi. Questa panoramica ha rilevato che tra tutti gli studi primari nelle nove revisioni sistematiche (SR) sui bloccanti della pubertà (PB), solo sei erano studi osservazionali con gruppi di controllo paralleli che confrontavano i bloccanti della pubertà (PB) con nessun bloccante della pubertà (PB) tra bambini o adolescenti con disforia di genere (GD)”.[109] (pag. 92)
“I risultati incoerenti degli studi sono un’altra preoccupazione frequentemente citata che abbassa la qualità delle prove. Ad esempio, una revisione sistematica (SR) sugli ormoni cross-sex (CSH) ha trovato “prove limitate o incoerenti riguardo alla disforia di genere (GD), alla soddisfazione corporea, ai risultati psicosociali e neurocognitivi, alla fertilità, all’altezza/crescita, alla salute delle ossa e agli effetti cardiometabolici.” Limitazioni simili erano osservate tra gli studi che valutano altri interventi medici e chirurgici per i giovani con disforia di genere (GD)”.[110] (pag. 92)
(5.7.3.) Robustezza delle conclusioni di questa panoramica
“Sebbene questa sintesi si sia concentrata sulle revisioni sistematiche (SR) in lingua inglese valutate come a basso rischio di bias, un’altra revisione sistematica (SR) a basso rischio di bias, pubblicata in tedesco, ha raggiuntoconclusioni simili, rafforzando i modelli complessivi identificati qui”.[111] (pag. 93)
“Le revisioni sistematiche (SR) incluse avevano ancora carenze, come strategie di ricerca limitate, ricerche di letteratura obsolete, o mancanza di precisione nelle valutazioni delle prove. Al contrario, le revisioni sistematiche (SR) valutate ad alto rischio di bias presentavano costantemente gravi difetti metodologici, inclusi criteri di idoneità mal definiti, assenza di valutazioni del rischio di bias per gli studi inclusi e approcci di sintesi non sistematici”.[112] (pag. 93)
“Se il trial di studi clinici randomizzati controllati (RCT) del Regno Unito sui bloccanti della pubertà (PB) ricevesse l’approvazione etica, potrebbe migliorare la base di prove sugli effetti a breve termine (24 mesi) dei bloccanti della pubertà (PB) su alcune misure di risultato. Tuttavia, basandosi sugli elementi del disegno di studio divulgati pubblicamente fino ad oggi, potrebbe non fornire informazioni sull’effetto del trattamento quando i bloccanti della pubertà (PB) sono seguiti dagli ormoni cross-sex (CSH)—una traiettoria clinica che sembra verificarsi più del 90% delle volte”.[113] (pag. 94)
(5.7.5.) Conclusione
“Questa panoramica sintetizza le migliori prove cliniche disponibili dai dati a livello di popolazione, evidenziando un modello coerente tra gli interventi per bambini e adolescenti con disforia di genere (GD). I benefici e i danni della transizione sociale rimangono sconosciuti; i bloccanti della pubertà (PB), gli ormoni cross-sex (CSH) e le chirurgie producono costantemente determinati effetti fisici e fisiologici; e c’è una notevole incertezza riguardo ai loro impatti psicologici e sulla salute a lungo termine“.[114] (pag. 96)
CAPITOLO 6: LIMITI DELLE REVISIONI SISTEMATICHE
“Secondo quanto riportato nella panoramica delle revisioni sistematiche (SR), la qualità delle evidenze sui benefici degli interventi impiegati nella transizione medica pediatrica (PMT) è molto bassa. Nonostante ciò, questa pratica ha continuato a diffondersi rapidamente. Una qualità delle prove definita ‘molto bassa‘ rispetto ai benefici impone un esame più approfondito dei potenziali rischi, al fine di comprendere adeguatamente il rapporto tra rischi e benefici”.[115] (pag. 97)
“È ampiamente riconosciuto che le revisioni sistematiche (SR) sono più efficaci nell’individuare i benefici rispetto ai danni”.[116] (pag.97)
“È necessaria un’analisi completa dei danni associati alla transizione medica pediatrica (PMT) per guidare la pratica clinica. I danni legati agli interventi chirurgici che rimuovono parti sane del corpo sono facilmente riconoscibili, così come alcuni degli effetti avversi delle terapie ormonali. Questi ultimi sono riportati sia nei fogli illustrativi dei farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) sia nei moduli di consenso informato o di assenso firmati da genitori e figli prima dell’inizio del trattamento”.[117] (pag. 97)
“L’uso di questi farmaci al di fuori delle indicazioni approvate (off-label) nella medicina di genere pediatrica (PGM) può comportare rischi aggiuntivi. È ampiamente documentato, negli adulti, che l’uso off-label di un farmaco è spesso associato a tassi più elevati di effetti indesiderati, soprattutto quando mancano solide evidenze scientifiche. Non sono mai stati condotti studi clinici sull’impiego dei bloccanti della pubertà (PB) per interrompere una pubertà fisiologica e normalmente avviata; tale utilizzo comporta un profilo di rischio differente rispetto a quello legato al trattamento della pubertà anormalmente precoce”.[118] (pag. 98)
“Ulteriore incertezza deriva dal fatto che negli studi, i bloccanti della pubertà (PB) sono seguiti da ormoni incrociati di sesso opposto (CSH) nel 90% dei casi; questa combinazione terapeutica de facto introduce nuovi e potenzialmente gravi rischi (ad esempio, riguardo alla fertilità) e non è mai stata oggetto di alcuno studio clinico regolato dalla FDA per nessuna popolazione”.[119] (pag. 98)
(6.1.) Tempo trascorso insufficiente
“Sebbene il Protocollo Olandese sia stato pubblicato per la prima volta 20 anni fa, è stato solo tra la fine degli anni 2010 e l’inizio degli anni 2020 che il numero di pazienti è diventato sufficiente per consentire studi in grado di stimare i tassi di danni e benefici”.[120] (pag. 98)
“Il paziente medio è ancora piuttosto giovane—di solito nell’adolescenza o nei primi vent’anni—al momento del follow-up. Questo complica ulteriormente i problemi di rilevamento del rischio, poiché l’effetto degli ormoni sulla salute potrebbe essere cumulativo (ad esempio, gli effetti degli ormoni sulle malattie cardiometaboliche o sulle neoplasie) e potrebbe non manifestarsi completamente fino a una fase successiva della vita”.[121] (pag. 98)
(6.2.) Studi osservazionali a breve termine
“La Cass Review ha riconosciuto che la continua dipendenza da studi osservazionali mal progettati costituisce una “limitazione fondamentale nell’identificazione… della sicurezza degli ormoni di affermazione del genere per bambini e adolescenti”.[122] (pag. 99)
“Un problema chiave che svantaggia le revisioni sistematiche (SR) nella rilevazione dei danni è il fatto che l’intero corpo di evidenze nella medicina di genere pediatrica (PGM) è per lo più composto da studi osservazionali a breve termine ‘prima e dopo’, che sono particolarmente suscettibili a bias. Questi studi si concentrano sulla dimostrazione dei benefici, mentre riportano i danni in modo incoerente”.[123] (pag. 99)
“Un esempio della difficoltà nell’identificare i danni riguarda se i bloccanti della pubertà (PB) rappresentino un ‘pulsante di pausa’ innocuo che fornisce ‘tempo per riflettere’ o un intervento potente che promuove la persistenza iatrogena della disforia di genere (GD) e favorisce la continuazione verso gli ormoni sessuali incrociati (CSH). Almeno cinque studi indicano un tasso di progressione >90% dai bloccanti della pubertà (PB) agli ormoni cross-sex (CSH)”.[124] (pag. 99)
“Poiché l’alto tasso di persistenza dai bloccanti della pubertà (PB) agli ormoni cross-sex (CSH) è spesso riportato solo nel testo di uno studio (e non delineato nelle tabelle dei risultati o negli abstract), le revisioni sistematiche (SR)potrebbero trascurare questa informazione nella fase di selezione. Esistono altri esempi di segnalazione inadeguata degli effetti avversi. Tre esempi rilevanti sono descritti di seguito”.[125] (pag. 100)
(6.2.1) de Vries et al., 2011, 2014
“I due di studi olandesi fondamentali che hanno introdotto la transizione medica pediatrica (PMT) a livello mondiale possono servire da esempio di come i danni possano non essere riportati. La conclusione dello studio del 2014 secondo cui il trattamento con bloccanti della pubertà (PB), ormoni cross-sex (CSH) e chirurgia ‘porta a un miglioramento del funzionamento psicologico’ non ha preso in considerazione il fatto che almeno quattro dei 70 giovani pazienti originali abbiano presentato effetti avversi durante il trattamento. A tre adolescenti sono stati diagnosticati obesità e diabete, quindi sono stati esclusi e non hanno avuto la possibilità di continuare con la chirurgia e un paziente è morto a causa di complicazioni post-operatorie dopo la soppressione puberale precoce”.[126](pag.100)
“La segnalazione inadeguata dei danni nello studio olandese è stata aggravata quando le revisioni sistematiche (SR) hanno escluso questo studio a causa del suo disegno di studio inaffidabile (ad esempio, lo studio ha mischiato le fasi di ormoni cross-sex (CSH) e chirurgia, rendendo impossibile determinare quali esiti fossero associati a quale intervento). Pertanto, i gravi danni riportati incidentalmente dagli autori dello studio sono stati completamente omessi dalle revisioni sistematiche a causa del cattivo design dello studio”.[127] (pag. 100)
(6.2.2.) Tordoff et al., 2023
“La segnalazione inadeguata dei danni è evidente anche nelle ricerche più recenti. Un influente studio del 2023 della Seattle Children’s Gender Clinic di Tordoff et al. si è concentrato esclusivamente sugli esiti psicologici, dove erano stati ipotizzati benefici. Non ha studiato né riportato gli esiti sulla salute fisica, dove i danni sarebbero stati più probabili”.[128] (pag. 101)
“Lo studio affermava di fornire “evidenze quantitative” di miglioramenti della salute mentale; tuttavia, i tassi di depressione tra i giovani che avevano iniziato il trattamento con bloccanti della pubertà (PB) o ormoni cross-sex (CSH) sono rimasti invariati—circa 6 su 10 giovani erano moderatamente o gravemente depressi sia prima che dopo l’intervento”.[129] (pag. 101)
“Il risultato dello studio, che indicava un miglioramento della salute mentale, è stato derivato dai rapporti di probabilità: il 60% in meno di probabilità di depressione e il 73% in meno di probabilità di suicidio nei pazienti trattati con bloccanti della pubertà (PB) o ormoni cross-sex (CSH) rispetto a quelli che non lo erano”. Tuttavia, gravi problemi metodologici, tra cui il potenziale bias di selezione e confondimento, modelli statistici inappropriati, dati mancanti sui partecipanti, e segnalazione selettiva sollevano seri dubbi sull’affidabilità dei risultati riportati”.[130] (pag. 101)
“Nonostante questi problemi ben dimostrati, questo studio, pubblicato nel Journal of the American Medical Association (JAMA) Open Network, continua ad essere descritto senza critiche da fonti autorevoli come prova che i bloccanti della pubertà (PB) e gli ormoni cross-sex (CSH) siano benefici per la salute mentale, necessari dal punto di vista medico e salvavita”.[131] (pag. 103)
(6.2.3.) Chen et al., 2023
“Analogamente, mentre un’iniziativa finanziata dai National Institutes of Health (NIH), “The Impact of Early Medical Treatment in Transgender Youth,” ha registrato un protocollo di studio nel 2016 che includeva piani per valutare la sicurezza dei bloccanti della pubertà (PB) e degli ormoni cross-sex (CSH), i ricercatori hanno previsto un breve follow-up di soli 24 mesi. Esaminando il protocollo di questo studio, il suo design appare inadeguato per valutare in modo completo la sicurezza della transizione medica pediatrica (PMT). La mancanza di un gruppo di controllo parallelo compromette la capacità di attribuire gli esiti di sicurezza osservati specificamente all’intervento, poiché diventa difficile differenziare gli effetti del trattamento dai cambiamenti normali dello sviluppo”.[132] (pag. 103)
“L’assenza di un follow-up a lungo termine limita ulteriormente la rilevazione di effetti avversi ritardati o cumulativi. Queste limitazioni metodologiche indeboliscono la forza di qualsiasi conclusione che possa essere tratta riguardo alla sicurezza complessiva dell’intervento”.[133] (pag. 104)
“Questo studio, pubblicato nel The New England Journal of Medicine (NEJM), ha presentato i suoi risultati in una luce positiva: “I nostri risultati hanno mostrato miglioramenti nel funzionamento psicosociale… il che supporta l’utilizzo [di CSH] come trattamento efficace per i giovani transgender e non binari”.
Tuttavia, due dei soggetti dello studio sono morti per suicidio entro un anno dall’inizio del trattamento ormonale, rappresentando una percentuale 30-50 volte superiore a quella attesa negli adolescenti di età simile. Un aspetto critico è che solo quattro dei 19 esiti di salute mentale descritti nel protocollo pre-registrato dello studio sono stati riportati; in particolare, non sono stati riportati gli esiti di disforia di genere (GD), autolesionismo e suicidialità, e non è stata fornita alcuna spiegazione per l’omissione di questi dati critici. Gli autori hanno affermato che i sintomi depressivi sono diminuiti durante il periodo dello studio. Tuttavia, un’analisi dei sottogruppi per sesso ha mostrato che i risultati riportati nelle femmine erano di dubbia rilevanza clinica, mentre i maschi non hanno mostrato alcun miglioramento statisticamente significativo nelle misure riportate”.[134] (pag. 104)
“Lo studio continua ad essere ampiamente citato e descritto senza alcuna critica come prova dei benefici della transizione ormonale nei minori”.[135] (pag. 105)
(6.3.) Bias (distorsione/errore sistematico) da pubblicazione
“È un problema ben documentato nella ricerca biomedica che i risultati positivi, che confermano un’ipotesi iniziale, abbiano molte più probabilità di essere pubblicati, o di esserlo rapidamente, rispetto agli studi con risultati inconcludenti o negativi. Il “bias da pubblicazione” non è esclusivo di questo ambito. Il servizio nazionale britannico di medicina di genere pediatrica, il Gender Identity Development Service (GIDS), ha tentato di replicare il celebre studio olandese del 2011, avviando nel 2011 un proprio studio di “intervento precoce” con i bloccanti della pubertà (PB). Sebbene i risultati fossero disponibili tra il 2016 e il 2017, furono resi pubblici solo nel 2021, a seguito di un reclamo presentato all’UK Health Research Authority. Una volta pubblicato, lo studio ha riconosciuto che gli esiti riportati dagli olandesi non erano stati replicati. Lo studio ha inoltre rilevato che il blocco della pubertà era associato a un peggioramento nell’accumulo della densità ossea. Una successiva rianalisi degli stessi dati ha mostrato che fino a un terzo dei partecipanti aveva sperimentato un peggioramento della salute mentale”.[136] (pag. 105)
“Negli Stati Uniti potrebbe verificarsi una dinamica simile. Il principale responsabile di uno studio finanziato dal NIH sui bloccanti della pubertà ha ammesso di aver posticipato la pubblicazione dei risultati, apparentemente per timore che gli esiti poco incoraggianti potessero danneggiare la reputazione della ricerca in questo ambito”.[137] (pag. 106)
“Una simile riluttanza a riportare risultati deludenti è evidente anche altrove. Secondo quanto emerso in ambito giudiziario, la World Professional Association for Transgender Health (WPATH) avrebbe soppresso la pubblicazione di revisioni sistematiche su almeno dieci dei tredici temi relativi al trattamento endocrino degli adolescenti con disforia di genere. Le revisioni non pubblicate valutavano gli effetti nocivi, inclusi gli effetti dei bloccanti della pubertà su “esiti clinici e danni”; gli effetti degli estrogeni sul rischio di embolia polmonare, trombosi venosa profonda, ictus e infarto miocardico; gli effetti del testosterone su patologie dell’utero, ovaie, cervice, vagina e seno; e gli effetti della terapia ormonale su fertilità e sindrome metabolica”.[138] (pag. 106)
“È significativo il fatto che non sia stato fatto alcun tentativo di valutare gli effetti degli ormoni sulla salute fisica. Il contenuto della revisione è stato influenzato dalla dirigenza WPATH, che ha incluso l’approvazione della conclusione come condizione per la successiva pubblicazione”.[139] (pag.106)
(6.4.) Sommario
“La qualità delle revisioni sistematiche (SR) nel campo della medicina di genere è molto variabile, ma anche le revisioni sistematiche (SR) di migliore qualità tendono a trovare solo evidenze di “bassa certezza” per la maggior parte dei danni. Tuttavia, esistono spiegazioni plausibili e comuni per cui le evidenze sui danni potrebbero non essere state cercate, identificate o riportate. Riflettendo sullo stato delle evidenze nella medicina di genere, la Cass Review ha osservato che “è stato chiaro che non c’è stata una raccolta affidabile, neanche delle informazioni più semplici, in modo coerente e completo; i dati sono stati spesso non condivisi o non disponibili “.[140] (pag. 107)
“A meno che le revisioni sistematiche (SR) non cerchino specificamente i danni (e con le condizioni di cui sopra), non sono adeguate a rilevare complicazioni o effetti avversi. Questo è dovuto al relativamente recente debutto e alla rapida crescita del campo della medicina di genere, alla tendenza degli studi osservazionali prevalentemente a breve termine di concentrarsi sui benefici e di sotto-riportare i danni, e al bias di pubblicazione”.[141] (pag. 107)
CAPITOLO 7: EVIDENZE DALLA SCIENZA DI BASE E DALLA FISIOLOGIA
“Quando gli studi clinici non forniscono informazioni sufficienti sui rischi e, di conseguenza, le revisioni sistematiche (SR) non sono in grado di raccogliere in modo affidabile le informazioni sui rischi, è necessario integrare altri tipi di prove. È necessario prendere in considerazione prove affidabili provenienti da altre fonti, comprese le scienze di base, per giungere a una comprensione più informata degli effetti plausibili degli interventi. Nel caso della transizione medica pediatrica (PMT), ciò comporta la considerazione della fisiologia umana, dello sviluppo e dei meccanismi d’azione ben consolidati dei farmaci utilizzati. La considerazione di tali prove è in linea con il requisito fondamentale della medicina basata sull’evidenza (EBM): l’uso giudizioso delle “migliori prove disponibili”.[142](pag. 109)
(7.1.) Pubertà
(7.1.1.) Panoramica del normale sviluppo puberale
“Negli esseri umani, l’inizio della pubertà avviene in genere tra gli otto e i 13 anni nelle femmine e tra i nove e i 14 anni nei maschi. È determinata dall’aumento dei livelli degli ormoni steroidei sessuali, principalmente estrogeni e progesterone nelle femmine e testosterone nei maschi. Durante la pubertà, gli ormoni steroidei sessuali favoriscono la crescita scheletrica, lo sviluppo muscolare e lo sviluppo neurologico. Nelle femmine, gli estrogeni danno inizio allo sviluppo del seno, al menarca, all’ovulazione e ai cambiamenti nella composizione corporea e nella morfologia scheletrica. Nei maschi, l’aumento degli androgeni provoca l’ingrossamento dei testicoli, la crescita del pene, la spermatogenesi, l’abbassamento del tono della voce e la comparsa di caratteristiche sessuali secondarie come la peluria sul viso e sul corpo. La spermatogenesi nei maschi e i cicli ovulatori nelle femmine segnano il raggiungimento della fertilità”.[143] (pag. 109)
(7.2.) I bloccanti della pubertà e pubertà precoce centrale
“Nella pubertà precoce centrale (CPP) — una condizione che si verifica in uno su 5.000 o uno su 10.000 bambini, più spesso nelle femmine — la ghiandola pituitaria si attiva prematuramente, a volte anche durante l’infanzia o la prima età evolutiva. Questo porta a uno sviluppo puberale precoce, o precocissimo. La CPP è associata a diversi potenziali effetti negativi sulla salute, tra cui una riduzione dell’altezza in età adulta dovuta alla presenza precoce di ormoni sessuali che causano una fusione epifisaria prematura. Gli GnRHa (agonisti del GnRH, chiamati anche puberty blockers o PB) sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) per l’uso nel trattamento della CPP… Sebbene approvati dalla FDA per questa indicazione, i bloccanti della pubertà (PB) — come tutti i farmaci — sono associati a rischi e effetti collaterali, anche quando usati per la CPP”.[144] (pag. 111)
(7.3.) I bloccanti della pubertà nella disforia di genere
“I bloccanti della pubertà (PB) non sono stati approvati dalla FDA per l’indicazione di disforia di genere (GD); vengono usati “off-label” nella medicina pediatrica di genere (PGM). A differenza della CPP, l’uso dei bloccanti della pubertà per la disforia di genere non è approvato dalla FDA e mancano dati sulla sicurezza”.[145] (pag. 112)
“L’uso dei bloccanti della pubertà (PB) per arrestare la pubertà normale induce efficacemente l’ipogonadismo ipogonadotropo (HH), una condizione caratterizzata dall’incapacità dell’ipofisi di rilasciare adeguatamente le gonadotropine. Di conseguenza, le gonadi non sono in grado di produrre gli ormoni specifici del sesso, il testosterone o l’estrogeno. Lo sviluppo puberale viene interrotto, arrestando il progresso della maturità fisica e riproduttiva. Se non trattato, la ricerca clinica dimostra che l’HH è associato a una serie di rischi, tra cui l’infertilità e la diminuzione della densità minerale ossea, con un aumento del rischio di osteoporosi e fratture”.[146] (pag. 112-113)
“Sebbene i bloccanti della pubertà (PB) per la disforia di genere (GD) siano generalmente indicati per un uso a breve termine (circa due anni), questo intervallo di tempo può essere notevolmente più lungo per alcuni pazienti. Le ragioni dell’apparente deviazione dal protocollo olandese originale per quanto riguarda la durata dell’uso dei bloccanti della pubertà (PB) rimangono sconosciute, ma potrebbero includere l’età sempre più giovane in cui avviene la transizione sociale, che “richiede” il blocco puberale in età sempre più precoce per consentire ai giovani pazienti di continuare a vivere in “incognito”, nonché il trattamento medico dei giovani che si identificano come non binari e desiderano mantenere un aspetto sessualmente ambiguo per un periodo di tempo prolungato”.[147] (pag. 113)
(7.3.1.) Rischi dello sviluppo derivanti dal blocco della pubertà normale
“Uno dei motivi principali per l’utilizzo dei bloccanti della pubertà (PB) nella pubertà precoce centrale (CPP) è quello di consentire al bambino di sperimentare uno sviluppo psicosociale normativo insieme ai coetanei. Al contrario, nella transizione medica pediatrica (PMT), i pazienti vengono mantenuti in una fase prepuberale o puberale precoce mentre i loro coetanei progrediscono dal punto di vista dello sviluppo. Ciò può avere potenziali conseguenze sullo sviluppo psicosociale dell’adolescente”.[148] (pag. 113)
(7.3.2.) Rischi sulla densità ossea e sviluppo dello scheletro
“Il mancato raggiungimento del picco di densità ossea può comportare un aumento del rischio di osteopenia, osteoporosi e fratture in età avanzata, comprese fratture debilitanti della colonna vertebrale e dell’anca. Negli anziani, le fratture dell’anca sono particolarmente preoccupanti, poiché aumentano significativamente i rischi di morbilità e mortalità. A causa del noto ruolo fisiologico degli ormoni steroidei sessuali nello sviluppo scheletrico, la ricerca olandese originale ha riconosciuto la possibilità di un effetto negativo sulla mineralizzazione ossea”. [149](pag. 114)
“La ricerca suggerisce che gli ormoni steroidei sessuali influenzano le regioni cerebrali associate alla funzione esecutiva, alla regolazione delle emozioni e alla cognizione sociale. Gli effetti neurocognitivi precisi della soppressione della pubertà rimangono poco studiati, e i ricercatori in questo campo hanno riconosciuto i limiti delle prove disponibili in questo settore. Una recente revisione della letteratura ha concluso che l’effetto dei bloccanti della pubertà (PB) sullo sviluppo neurocognitivo è sconosciuto, ma che “esistono alcune prove di un impatto negativo della soppressione puberale sul QI [quoziente intellettivo] nei bambini”. Tuttavia, uno studio olandese del 2022 ha scoperto che nei pazienti trattati con i bloccanti della pubertà (PB) le associazioni tra il QI pre-trattamento e il rendimento scolastico finale erano simili alle norme della popolazione (lo studio non ha misurato il QI in modo longitudinale). La Cass Review ha sollevato preoccupazioni sui potenziali danni e sugli effetti sconosciuti della soppressione puberale sul cervello in via di sviluppo, osservando che «vi sono prove crescenti che i cambiamenti nella maturazione cerebrale sopra descritti sono determinati da una combinazione di età cronologica e ormoni sessuali rilasciati durante la pubertà»”.[150] (pag. 114-115)
(7.3.3.) Rischi sulla maturazione riproduttiva
“Bloccando lo sviluppo delle caratteristiche sessuali, i bloccanti della pubertà (PB) interrompono la maturazione dell’anatomia e della funzione riproduttiva. La soppressione dell’asse HPG può compromettere la gametogenesi, con conseguente infertilità permanente se successivamente si iniziano gli ormoni cross-sex (CSH), in particolare quando la maturazione gonadica non è completata prima dell’interruzione della pubertà a tempo normale. Nei maschi adulti che iniziano la terapia con estrogeni per la transizione medica, si verifica un’atrofia testicolare che porta a una fertilità compromessa o all’infertilità, che può essere irreversibile (anche se la terapia con estrogeni venisse interrotta)”.[151] (pag. 115)
“Inoltre, la fertilità può essere compromessa nelle donne che iniziano la terapia con i bloccanti della pubertà (PB) e che poi assumono testosterone. L’effetto del testosterone sul tratto riproduttivo rende incerta la probabilità di concepimento, gravidanza e nascita. Anche gli esiti materni e fetali in queste circostanze sono poco studiati. È possibile che l’uso di ormoni cross-sex (CSH) dopo l’arresto puberale possa danneggiare in modo permanente i tessuti gonadici immaturi, portando alla sterilizzazione. Se le gonadi vengono arrestate in uno stato immaturi a causa dell’uso prolungato di bloccanti della pubertà (PB) e questo è seguito dalla somministrazione di ormoni cross-sex (CSH), non esiste un meccanismo fisiologico comprovato attraverso il quale la fertilità possa essere ripristinata in modo affidabile. La probabilità di infertilità permanente sarà notevolmente aumentata”.[152] (pag. 116)
(7.3.3.) Rischi di disfunzioni sessuali
“Sono state sollevate preoccupazioni circa le potenziali conseguenze della transizione medica pediatrica (PMT) sulla funzione sessuale, in particolare per quanto riguarda la capacità di provare piacere sessuale e raggiungere l’orgasmo. Nel 2021, Marci Bowers, chirurgo leader nella vaginoplastica e allora presidente eletto della World Professional Association for Transgender Health (WPATH), ha espresso preoccupazione per il fatto che i pazienti maschi che avevano iniziato la terapia con i bloccanti della pubertà (PB) allo stadio 2 di Tanner e successivamente avevano ricevuto gli ormoni cross-sex (CSH) erano fisiologicamente anorgasmici, sia prima che dopo l’intervento di vaginoplastica. Molti di questi pazienti non avevano riportato alcuna sensazione sessuale genitale prima di sottoporsi alla vaginoplastica. Dopo l’intervento, il clitoride ricostruito non forniva alcuna risposta tattile o erogena significativa. Bowers ha suggerito che la questione non era stata adeguatamente affrontata nelle discussioni sul consenso informato per i giovani sottoposti a soppressione della pubertà. Nonostante queste preoccupanti osservazioni cliniche, vi è una notevole carenza di ricerche sui risultati della funzione sessuale in questa popolazione. La possibilità di anorgasmia e disfunzioni sensoriali merita una seria considerazione, soprattutto data la natura irreversibile di alcuni interventi e la centralità della salute sessuale per la qualità della vita complessiva. Mancano ricerche pubblicate sui risultati relativi alla funzione sessuale nelle donne che hanno subito la transizione medica pediatrica (PMT) con i bloccanti della pubertà (PB) seguiti da somministrazione di ormoni cross-sex (CSH)”.[153] (pag. 117-118)
(7.4.) Gli ormoni cross-sex e la disforia di genere
(7.4.1.) Effetti fisici degli ormoni cross-sex.
“Sotto l’influenza di alte dosi di testosterone, le donne possono sviluppare peli sul viso e sul corpo, acne cistica, distribuzione dei capelli del cuoio capelluto tipica maschile, crescita del clitoride, cambiamenti nella muscolatura, ispessimento delle corde vocali che porta ad un abbassamento della voce e alterazioni nella deposizione di grasso. Allo stesso modo, gli uomini che assumono alte dosi di estrogeni possono sperimentare una significativa crescita del tessuto mammario (ginecomastia), riduzione della massa muscolare, cambiamenti nella texture della pelle e uno sviluppo di un modello di distribuzione del grasso più tipicamente femminile. Questi cambiamenti fisici riflettono la risposta del corpo a livelli insolitamente elevati di steroidi sessuali, non uno sviluppo puberale dell’altro sesso. Infatti, lo sviluppo della capacità riproduttiva — definito come lo scopo della pubertà — può essere ostacolato.Il punto finale fisiologico della pubertà — la maturazione sessuale che rende possibile la riproduzione — non può essere raggiunto né ottenuto tramite la transizione medica pediatrica (PMT)”. [154] (pag. 118)
(7.4.3.) Iperandrogenismo nelle donne
“Le linee guida ES per la somministrazione di ormoni del sesso opposto nelle donne raccomandano livelli di testosterone compresi tra 320 e 1000 ng/dL, paragonabili o superiori ai livelli riscontrati nei disturbi endocrini. Queste concentrazioni rappresentano un aumento da sei a 100 volte superiore alle norme fisiologiche per le donne, inducendo iperandrogenismo. L’iperandrogenismo è anche associato a rischi per la salute, discussi di seguito”.[155] (pag. 119)
(7.4.4.) Iperestrogenemia negli uomini
“L’iperestrogenemia è definita come livelli elevati di estrogeni nel sangue, come l’estradiolo, al di sopra dell’intervallo fisiologico normale. Nei maschi, l’intervallo di riferimento standard per l’estradiolo è circa 60–190 pg/mL. Alcune condizioni patologiche sono note per causare un eccesso di estrogeni. Ad esempio, alcuni tumori surrenali possono aumentare i livelli di estrogeni di un fattore da 3 a 10. Nella transizione medica pediatrica (PMT), livelli di estrogeni suprafisiologici vengono intenzionalmente indotti attraverso l’uso off-label di alte dosi di estrogeni”.[156] (pag. 119-120)
(7.4.5.) Effetti del testosterone sull’apparato riproduttivo femminile
“L’uso di testosterone provoca cambiamenti istopatologici nel tratto riproduttivo femminile. Dato il potenziale rischio, sebbene non ben definito, di cancro nell’apparato riproduttivo femminile, le linee guida ES raccomandano che “gli operatori sanitari determinino la necessità medica di un’isterectomia totale laparoscopica come parte di un intervento chirurgico di conferma del genere per prevenire il cancro dell’apparato riproduttivo”. Le linee guida di pratica clinica di WPATH non hanno adottato la stessa raccomandazione, ma vi sono limitate prove affidabili sui rischi di cancro a lungo termine associati all’uso di testosterone nell’apparato riproduttivo femminile. Il testosterone può causare atrofia degli organi riproduttivi, tra cui assottigliamento e atrofia dell’epitelio vaginale, dolore e fastidio pelvico persistenti, e disfunzione del pavimento pelvico”.[157] (pag. 120)
(7.4.6.) Effetti degli estrogeni sull’apparato riproduttivo maschile
“L’uso di estrogeni in conformità con le linee guida dell’ES e di WPATH provoca un’alterazione della normale produzione di testosterone e cambiamenti istologici anomali significativi nel sistema riproduttivo maschile. Questi risultati indicano una ristrutturazione strutturale diffusa del tessuto testicolare in risposta all’esposizione prolungata ai livelli elevati di estrogeni utilizzati nella transizione medica”.[158] (pag. 121)
(7.4.7.) Rischi cardiovascolari e metabolici
“Tra i rischi a lungo termine più significativi associati alla terapia ormonale cross-sex (CSH) vi è un aumento dei fattori di rischio cardiovascolare. Una revisione del 2018 ha rilevato che i pazienti in trattamento con CSH avevano un rischio elevato di infarto e mortalità cardiovascolare rispetto ai controlli. Si ritiene che ciò derivi dagli effetti del testosterone sui fattori metabolici sottostanti correlati al rischio cardiovascolare. Nelle donne, il testosterone può causare aumento della pressione sanguigna, policitemia e alterazioni aterogeniche del profilo lipidico. Studi longitudinali sulla sindrome premestruale hanno riportato aumenti dell’indice di massa corporea (BMI) derivanti da terapia ormonale cross-sex (CSH) e bloccanti della pubertà (PB). Sono state riportate anche alterazioni aterogeniche del profilo lipidico”.[159] (pag. 121-122)
“Per quanto riguarda la policitemia, si sa che livelli elevati di ematocrito aumentano la viscosità del sangue, aumentando il rischio di complicanze tromboemboliche e cardiovascolari. Tra le donne, anche modesti aumenti dei livelli di ematocrito sono stati associati in modo indipendente a un maggior rischio di malattie cardiovascolari, eventi coronarici e mortalità correlata al sistema cardiovascolare. Negli uomini che assumono estrogeni, studi hanno mostrato un aumento del rischio di eventi cardiovascolari come tromboembolismo venoso e ictus”.[160] (pag. 122)
(7.4.8.) Altri rischi associati agli ormoni cross-sex
“In entrambi i sessi, l’uso della terapia ormonale cross-sex (CSH) può essere associato a una mortalità precoce. Nelle donne che assumono testosterone, il tessuto mammario subisce un rimodellamento strutturale, spesso con un aumento del tessuto connettivo fibroso e una diminuzione del volume ghiandolare. Vi è anche qualche preoccupazione riguardo a un possibile aumento del rischio di cancro al seno e alle ovaie. Nei maschi, alcuni studi suggeriscono che l’estrogeno possa aumentare la probabilità di sviluppare sclerosi multipla e cancro alla tiroide, e che possa portare a una diminuzione del volume cerebrale. Tuttavia, la ricerca in questi ambiti è ancora preliminare. Sebbene il cancro al seno sia raro nei nati maschi, i dati suggeriscono che la terapia con estrogeni ad alte dosi aumenta questo rischio. Altri effetti degli estrogeni possono includere diminuzione della libido, disfunzione erettile e perdita di erezioni spontanee”.[161] (pag. 122)
(7.5.) Chirurgia e disforia di genere
“WPATH fornisce un elenco dettagliato di interventi chirurgici che considera trattamenti appropriati per la disforia di genere (GD). Tutti gli interventi chirurgici comportano dei rischi, alcuni dei quali sono amplificati quando l’intervento segue le terapie ormonali cross-sex (PB e CSH). Inoltre, le chirurgie per rimuovere organi sani e funzionanti introducono un insieme unico di danni iatrogeni che non si riscontrano in altre aree della medicina”.[162] (pag. 123)
(7.6.) Altri rischi associati a interventi ormonali o interventi chirurgici
“L’uso di interventi endocrini colpisce diversi organi e apparati oltre all’apparato riproduttivo. Inoltre, la transizione medica pediatrica (PMT) comporta rischi psicologici”.[163] (pag. 124)
(7.6.1.) Effetti psichiatrici avversi
“Ricerche sull’abuso di steroidi anabolizzanti hanno dimostrato associazioni con gravi problemi psichiatrici, tra cui instabilità dell’umore, psicosi e dipendenza. I sintomi più frequentemente osservati includono irritabilità, aggressività, euforia, percezione esagerata di sé, impulsività e comportamenti a rischio. Altre manifestazioni possono comprendere episodi acuti di psicosi, peggioramento di disturbi tic o depressione, e stati simili a delirio. Uno studio che ha valutato l’uso di steroidi anabolizzanti a dosaggi medi (300–1000 mg/settimana) e elevati (>1000 mg/settimana) ha rilevato che il 23% degli utenti soddisfaceva i criteri diagnostici per un disturbo dell’umore maggiore, tra cui mania, ipomania o depressione, mentre dal 3,4% al 12% sviluppava caratteristiche psicotiche”.[164] (pag. 124)
“In un’analisi del database del Sistema di Segnalazione Eventi (FAERS) della FDA per le persone che utilizzano la terapia ormonale cross-sex (CSH) per la transizione medica, l’88% delle reazioni avverse al farmaco è stato classificato come grave. Senza avere un’idea sui denominatori, non è possibile quantificare i rischi individuali. Tra le 83 segnalazioni riguardanti donne che assumevano testosterone, l’87,8% degli eventi è stato considerato grave, con due decessi segnalati (2,4%) e 25 ricoveri ospedalieri (30,5%). I danni psicologici segnalati includevano ansia, depressione, sbalzi d’umore, ideazione e comportamento suicidari, aggressività, dissociazione e autolesionismo. Sono stati documentati anche sintomi più gravi, come comportamento antisociale e ideazione omicida”[165]. (pag. 124-125)
“Uno studio separato condotto in Svezia ha riscontrato un tasso elevato di condanne penali tra persone di sesso biologico femminile che avevano assunto testosterone e subito interventi di transizione di genere, rispetto a controlli della stessa età. Questo studio ha anche rilevato che gli adulti che avevano completato la transizione medica e chirurgica avevano 19 volte il tasso di decessi per suicidio e quasi tre volte il tasso di mortalità per tutte le cause e di ricoveri psichiatrici rispetto ai controlli abbinati per età e sesso. Tassi elevati di suicidio (rispetto alla popolazione generale) sono stati riportati anche in altri studi. È impossibile determinare una causalità basandosi su questi dati, anche in parte a causa della presenza di fattori confondenti come condizioni mentali concomitanti”.[166] (pag. 125)
(7.6.2.) Detransizione e rimpianto
“Questa grave problema è stato minimizzato con l’affermazione che i tassi di detransizione e di rimpianto sono quasi nulli. In realtà, il tasso di detransizione è sconosciuto. L’affermazione diffusa secondo la quale i tassi di detransizione e di rimpianto sarebbero estremamente bassi non è supportata dalle evidenze”.[167] (pag.126)
(7.7.) Rischio di mortalità
“Quattro studi di coorte basati sulla popolazione hanno rilevato che le persone transgender sembrano avere un rischio di mortalità più elevato rispetto ai membri della popolazione generale di età e sesso simili. Negli Stati Uniti, i dati delle assicurazioni private dal 2011 al 2019 indicavano che le persone transgender avevano quasi il doppio delle probabilità di morire rispetto ai controlli della popolazione appaiati per età e sesso”.[168] (pag. 127)
“Questi studi supportano ulteriormente un atteggiamento prudente nei confronti della transizione medica pediatrica (PMT), soprattutto perché lo studio di coorte olandese ha rilevato che, nonostante i cambiamenti nell’assistenza alla popolazione transgender nell’arco di cinque decenni, l’elevato rischio di mortalità è rimasto invariato, non è diminuito”.[169] (pag. 127-128)
CAPITOLO 8: SINTESI E IMPLICAZIONI DELLA REVISIONE DELLE PROVE
“Gli interventi medici e chirurgici per bambini e adolescenti con disforia di genere (GD) sono ampiamente promossi come essenziali e persino salvavita; tuttavia, la base di prove non supporta conclusioni forti sulla loro efficacia nel migliorare la salute mentale o ridurre la disforia di genere (GD). È necessaria un’analisi della plausibilità biologica dei danni, che suggerisce che alcuni danni a breve e lungo termine sono probabili (in alcuni casi attese) conseguenze del trattamento”.[170] (pag. 129)
“Alcuni dei danni plausibili della transizione medica pediatrica (PMT) sono seri. La probabilità di infertilitàquando i bloccanti della pubertà (PB) vengono somministrati nella fase iniziale della pubertà e seguiti da ormoni cross-sex (CSH) non deve essere dimostrata in un trial clinico. Questo perché il meccanismo è ben compreso e condurre un trial sarebbe equivalente a un test “paracadute” non etico. L’analisi di tutti i dati disponibili descritti in questa sezione della Revisione suggerisce che il profilo rischio/beneficio degli interventi medici e chirurgici per bambini e adolescenti con disforia di genere (GD) è sfavorevole”.[171] (pag. 130)
“A livello individuale, la decisione condivisa deve essere basata sulla trasparenza. Questo significa che i pazienti e le loro famiglie devono essere completamente informati—non solo sugli interventi disponibili, ma anche sui loropotenziali benefici, danni, alternative, opzioni e la certezza o incertezza delle prove a supporto”.[172] (pag. 130)
PARTE III: REALTÀ CLINICHE
CAPITOLO 9: REVISIONE DELLE LINEE GUIDA INTERNAZIONALI
“Come in altre aree della medicina, la cura clinica per i giovani con disforia di genere (GD) è normalmente indirizzata da linee guida per la pratica clinica (CPG). L’obiettivo di tali linee guida è promuovere pratiche che dimostrino di migliorare i risultati per i pazienti e ridurre le variazioni non giustificate nella cura”. [173] (pag. 133)
(9.1.) Il ruolo e il processo delle linee guida per la pratica clinica
“Le linee guida per la pratica clinica sono un insieme di raccomandazioni per la cura clinica destinate a ottimizzare la cura dei pazienti”.[174] (pag. 133)
(9.2.) Sintesi delle valutazioni sistematiche delle linee guida cliniche e dei documenti di orientamento
“Questa sezione si concentra sulla Revisione Sistematica (SR) che ha valutato le linee guida per la GD pediatrica, condotta dai ricercatori dell’Università di York per informare lo sviluppo della Cass Review. L’analisi di York ha identificato 23 e valutato 21 linee guida cliniche e documenti di orientamento clinico per il loro rigore metodologico e qualità. L’analisi di York ha rivelato tre principali risultati:
1) tutte le linee guida, ad eccezione di due (dalla Svezia e dalla Finlandia), sono state giudicate inaffidabili acausa di gravi deviazioni dagli standard metodologici per lo sviluppo di linee guida affidabili;
2) la maggior parte dei documenti di orientamento internazionali si è basata pesantemente sulle linee guida WPATH e della Endocrine Society (ES), che erano esse stesse strettamente collegate attraverso autori sovrapposti e con WPATH che agiva come sponsor per lo sviluppo delle linee guida ES;
3) nessuno dei tre documenti di orientamento che hanno modellato l’approccio degli Stati Uniti alla GD pediatrica è affidabile a causa di gravi problemi nella loro metodologia di sviluppo”.[175] (pag. 136)
(9.2.1.) Qualità metodologica delle linee guida e dei documenti di orientamento esistenti
“I revisori hanno notato che, sebbene generalmente la maggior parte delle linee guida abbia ottenuto buoni punteggi nel dominio della “chiarezza dello scopo e dell’obiettivo”, la maggior parte ha ottenuto punteggi scarsi nei domini del “rigore dello sviluppo”, “indipendenza editoriale” e “applicabilità“.[176] (pag. 137)
“Solo le linee guida svedesi e finlandesi sono state valutate come “raccomandate per l’implementazione” da tutti i revisori; hanno anche ricevuto il punteggio di qualità complessiva più alto, con la Svezia valutata come 6 e la Finlandia come 5 (su 7)”.[177] (pag. 137)
(9.2.2.) Interdipendenza delle linee guida e dei documenti di orientamento esistenti
“Gli autori della Revisione Sistematica (SR) hanno notato un’interdipendenza insolita tra gran parte delle linee guida pubblicate a supporto della gestione di bambini e adolescenti con disforia di genere (GD). C’era un marcato modello di “riferimenti circolari e approvazioni reciproche” tra le linee guida che raccomandano la transizione medica pediatrica (PMT) per la cura di routine, con le linee guida WPATH e Endocrine Society (ES) che influenzano tutte le altre linee guida e documenti di orientamento”.[178] (pag. 139)
(9.2.3.) Linee guida e dichiarazioni di pratica di WPATH, Endocrine Society e American Academy of Pediatrics (AAP)
“Le fonti più influenti di orientamento clinico per il trattamento della GD pediatrica negli Stati Uniti sono le linee guida per la pratica clinica (CPG) di WPATH e Endocrine Society (ES) e le linee guida dell’American Academy of Pediatrics (AAP). La Revisione Sistematica (SR) di York ha valutato tutti e tre i documenti come di qualità molto bassa e non ne ha raccomandato l’implementazione”.[179] (pag. 140)
“Le valutazioni di York hanno rilevato che la linea guida di WPATH, Standards of Care, versione 8 (SOC-8) e le linee guida Endocrine Society (ES) erano entrambe “[prive] di rigore nello sviluppo.” SOC-8 ha ricevuto un punteggio complessivo di tre su sette; la linea guida ES ha ottenuto un punteggio di 4 su 7”.[180] (pag. 141)
(9.2.4.) Linee guida internazionali più recenti
“Dalla data di pubblicazione delle revisioni di York, sono state emesse diverse nuove linee guida europee in forma finale o di bozza, tra cui quelle della AWMF tedesca, della Società Francese di Endocrinologia Pediatrica e Diabetologia, dell’Associazione Sessuologica Polacca, della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica (ESPE) e la versione finale imminente delle linee guida dell’Autorità Nazionale Francese per la Salute (HAS)”.[181] (pag. 143)
“Purtroppo, queste linee guida recentemente pubblicate (o ancora da finalizzare) soffrono delle stesse o simili debolezze metodologiche che hanno reso le linee guida di WPATH e della Endocrine Society non affidabili e non raccomandate per l’implementazione“.[182] (pag. 143)
“Le alternative come il supporto psicologico sono in quasi tutti i casi marginalizzate o addiritturacompletamente assenti. Il continuo ricorso al processo “basato sul consenso” e non basato sull’evidenza scientifica sottolinea l’affidabilità di queste linee guida, sollevando interrogativi sul rigore dello sviluppo di linee guida in medicina di genere pediatrica, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo”. [183] (pag. 144)
(9.3.) Panoramica delle raccomandazioni nelle linee guida di alta qualità
“Delle 23 linee guida valutate nella revisione sistematica delle prove, solo due sono state raccomandate per la pratica da tutti e tre i revisori: le linee guida della Finlandia (che hanno ottenuto un punteggio di cinque su sette) e quelle della Svezia (che hanno ottenuto un punteggio di sei su sette). Entrambe le linee guida raccomandano che la psicoterapia— non gli ormoni o le chirurgie— dovrebbe essere lo standard di cura per i giovani con disforia di genere (GD), e che qualsiasi uso di ormoni dovrebbe essere limitato alla ricerca supervisionata a livello nazionale o a circostanze eccezionali. Come descritto nella revisione sistematica, le due linee guida scandinave erano le uniche che basavano le loro raccomandazioni di trattamento su revisioni sistematiche delle prove, un elemento chiave delle linee guida cliniche affidabili”. [184] (pag. 145)
(9.3.1.) Finlandia
“Nel 2020, il Consiglio per le Scelte nella Sanità della Finlandia (PALKO/COHERE) ha emesso linee guida nazionali per il trattamento della disforia di genere nei minori, rappresentando un cambiamento significativo rispetto al modello approvato dalla versione 7 degli Standard di Cura di WPATH. Le linee guida della Finlandia sottolineano che il trattamento di prima linea per gli adolescenti che sperimentano disagio di genere dovrebbe essere il supporto psicosociale e la psicoterapia, non l’intervento medico precoce. A seguito di una revisione sistematica, le autorità finlandesi hanno concluso che il corpo di prove a sostegno dei bloccanti della pubertà e degli ormoni cross-sex per i giovani è inconcludente. È importante sottolineare che le linee guida affermano esplicitamente che “alla luce delle prove disponibili, la riassegnazione di genere dei minori è una pratica sperimentale”[185].(pag. 145)
(9.3.2.) Svezia
“A differenza del modello di WPATH basato sull’affermazione, le linee guida svedesi concludono che i rischi associati ai bloccanti della pubertà e ai trattamenti di affermazione di genere probabilmente superano i benefici attesi per i giovani. Come in Finlandia, tali interventi sono ora limitati ai contesti di ricerca, con eccezioni consentite sotto stretta supervisione clinica”.[186] (pag. 147)
“Lo screening sistematico per condizioni neuroevolutive, tra cui il disturbo dello spettro autistico (ASD) e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), è richiesto all’inizio del processo di valutazione, con valutazioni neuropsichiatriche complete avviate quando indicato”.[187] (pag. 147)
(9.3.3.) Regno Unito
“Attualmente, non esiste una linea guida clinica finalizzata per la medicina di genere pediatrica disponibile dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) per l’Inghilterra e il Galles, o dal Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) per la Scozia”.[188] (pag. 148)
“La Cass Review ha identificato problemi critici nei servizi pediatrici di genere esistenti, come valutazioni cliniche inadeguate, dati insufficienti sui risultati a lungo termine e preoccupazioni significative riguardo al rapido aumento delle segnalazioni di giovani con incongruenza di genere. Complessivamente, ha identificato un significativo divario tra le prove disponibili e le giustificazioni cliniche per gli interventi medici per la disforia di genere nei giovani e ha sottolineato la necessità di un supporto psicologico completo e valutazioni individualizzate approfondite”.[189] (pag. 149)
(9.4.) Conclusione
“Le revisioni condotte in modo rigoroso dimostrano costantemente che solo poche linee guida, in particolare quelle di Finlandia e Svezia, soddisfano standard elevati per processi decisionali clinici basati su prove”. [190] (pag. 150)
“Al contrario, molte linee guida internazionalmente influenti, tra cui quelle di WPATH, della Endocrine Society e dell’American Academy of Pediatrics, sono state criticate per notevoli carenze metodologiche e conflitti di interesse, risultando in raccomandazioni non supportate in modo affidabile da prove rigorose”.[191] (pag. 150)
“Date le implicazioni etiche e le conseguenze a lungo termine degli interventi medici nei giovani, è imperativo che le future linee guida nella medicina di genere pediatrica aderiscano strettamente agli standard stabiliti della medicina basata su prove”.[192] (pag. 150)
CAPITOLO 10: STANDARD DI CURA DI WPATH 8
“Come mostrato nel Capitolo 9, le linee guida emesse dall’Associazione Professionale Mondiale per la Salute dei Transgender (WPATH) sono state classificate tra le più basse in termini di qualità e non sono state raccomandate per l’implementazione da revisioni sistematiche delle linee guida. Nonostante la loro mancanza di affidabilità, per più di un decennio le linee guida WPATH hanno costituito il fondamento dell’infrastruttura sanitaria per i giovani con disforia di genere (GD) negli Stati Uniti”.[193] (pag. 151)
(10.1.) L’influenza di WPATH negli Stati Uniti
(10.1.1.) Il ruolo di WPATH nella pratica clinica
“L’influenza di WPATH sui protocolli clinici per la cura dei giovani con disforia di genere (GD) è pervasiva all’interno della medicina statunitense. I suoi Standard di cura sono diventati la principale fonte/riferimento nei protocolli clinici e nelle procedure operative degli ospedali per la diagnosi e il trattamento dei giovani affetti da disforia di genere (GD)”.[194] (pag. 151)
(10.1.2.) Il ruolo di WPATH nell’educazione e nella formazione medica
“I principali ospedali e le scuole di medicina statunitensi hanno incorporato gli standard allineati a WPATH nei loro corsi di specializzazione e nei costanti programmi di formazione medica. Le cliniche di medicina di genere fanno riferimento agli Standard di cura di WPATH nei protocolli clinici e nella formazione dei medici.
I formatori certificati WPATH estendono ulteriormente la portata della WPATH nella formazione professionale a livello istituzionale e comunitario. La certificazione WPATH non solo è incoraggiata, ma in alcuni casi è anche obbligatoria”.[195] (pag. 153-154)
(10.1.3.) Il ruolo di WPATH nel rimborso assicurativo
“Molte assicurazioni sanitarie pubbliche e private degli Stati Uniti e gli enti regolatori si basano su SOC-8 per la determinazione della copertura assicurativa. I requisiti per l’accreditamento, la valutazione della necessità medica e il prendere decisioni sulle coperture fanno quasi universalmente riferimento agli standard di cura di WPATH”.[196] (pag. 154)
“Nel 2024, l’Oregon è stato il primo Stato ad adottare ufficialmente SOC-8 come standard di cura, impegnando l’Oregon Health Authority a coprire i trattamenti basati interamente sulle linee guida WPATH. L’Oregon richiede inoltre che, nel caso in cui a un paziente venga negata la copertura per un intervento medico o chirurgico relativo alla transizione di genere, i medici che esaminano il ricorso del paziente devono completare una formazione conforme a WPATH: “I professionisti sanitari che esaminano/rivedono decisioni sfavorevoli sui benefici, che negano o limitano l’accesso a trattamenti di affermazione di genere, devono completare il “Corso di Formazione per Fornitori dei Piani Sanitari sulle Linee Guida WPATH SOC-8”, specificamente progettato per i professionisti incaricati di tali revisioni, oppure un corso equivalente”.[197] (pag. 155)
(10.2.) Lo sviluppo di SOC-8 e il capitolo adolescenziale
“A differenza della maggior parte delle associazioni mediche professionali, WPATH non richiede ai suoi membri di essere medici professionisti… Considerando i diversi ruoli e professionalità dei propri membri, le linee guida WPATH sono progettate per servire molteplici scopi, che vanno dall’assistenza clinica alla difesa politica. Pubblicato nel 2022, SOC-8 ha rappresentato il primo tentativo di WPATH di sviluppare linee guida “basate sull’evidenza” e che mirano a soddisfare standard metodologici più elevati. La versione precedente, SOC-7, pubblicata nel 2011 e descritta nel Capitolo 4, con la quale la transizione medica pediatrica (PMT) ha iniziato rapidamente ad accelerare, non si basava su revisioni sistematiche. Le sue raccomandazioni si basavano invece su “cambiamenti culturali” e altri fattori”.[198] (pag. 155-156)
(10.2.1.) Speranza di prove di efficacia
“All’inizio della collaborazione con l’équipe dell’Evidence-Based Practice Center (EPC) della Johns Hopkins University (JHU), la direzione di WPATH ha espresso la fiducia nel fatto che una revisione sistematica (SR) avrebbe portato a “dichiarazioni provate” a sostegno sia dei benefici degli interventi di transizione medica pediatrica (PMT) che della capacità degli adolescenti di acconsentire ad essi”.[199]
“Tuttavia, la valutazione delle prove ha messo in discussione le aspettative di WPATH su entrambi i fronti: la capacità di consenso degli adolescenti e i benefici della transizione medica pediatrica (PMT) nel suo complesso”.[200] (pag. 158)
(10.2.2.) Capacità di consenso dell’adolescente
“In risposta a una richiesta della JHU, Annelou de Vries, la principale sviluppatrice olandese della transizione medica pediatrica (PMT) e co-presidente della sezione adolescenti di SOC-8, ha fornito all’équipe del Johns Hopkins University (JHU) le pubblicazioni che, a suo avviso, dimostrano la capacità degli adolescenti di acconsentire alla transizione medica pediatrica (PMT). Dopo aver esaminato queste pubblicazioni, tuttavia, l’équipe della Johns Hopkins University (JHU) ha informato WPATH che esse fornivano, nella migliore delle ipotesi, “prove indirette limitate” e che non erano sufficienti a supportare l’affermazione che gli adolescenti possiedono la capacità di dare il proprio consenso”.[201] (pag. 158)
“Le sfide etiche nell’ottenere un consenso informato da parte degli adolescenti riguardo a procedure che potrebbero compromettere la loro fertilità sono ben illustrate da un commento schietto di un medico della WPATH, che ha osservato: “in teoria è sempre una buona idea parlare della conservazione della fertilità con un quattordicenne, ma so che sto parlando con un muro,” aggiungendo, “mi risponderebbero tipo: bleah, bambini, che schifo”.[202] (pag. 159)
(10.2.3.) Effetti del trattamento
“Come illustrato nelle sezioni di questo capitolo, WPATH ha valutato la revisione delle prove dell’efficacia condotta dalla Johns Hopkins University (JHU) come sfavorevole al suo obiettivo di promuovere una ampia possibilità di accesso a questi interventi per i minori. In risposta, la leadership di WPATH si è attivata per silenziare i risultati, impedendo al team di valutazione delle evidenze della Johns Hopkins University (JHU) di pubblicare i risultati”.[203] (pag. 159).
“Come descritto nelle sezioni seguenti, le raccomandazioni sono state deliberatamente elaborate per consentire a qualsiasi operatore medico “disposto in tal senso” la prescrizione di ormoni o l’esecuzione di interventi chirurgici sui minori, anche a quelli che presentano significative condizioni di salute mentale concomitanti”.[204] (pag. 160)
(10.3.) Il processo di creazione di SOC-8
“Sebbene WPATH abbia originariamente intrapreso un processo di sviluppo delle linee guida basato sulle evidenze, documenti interni rivelano deviazioni significative dagli standard di sviluppo delle linee guida cliniche riconosciuti a livello internazionale e stabiliti da organizzazioni come la National Academy of Medicine (NAM) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Queste gravi deviazioni dagli standard stabiliti hanno fatto sì che il Gruppo di sviluppo delle linee guida (GDG) non abbia prodotto linee guida credibili e basate sull’evidenza”.[205] (pag. 160)
(10.3.1.) Gestione dei conflitti di interesse
“Il processo di WPATH non solo ha permesso significativi conflitti di interesse finanziari e ideologici tra i membri del Gruppo di sviluppo delle linee guida (GDG), ma ha anche consentito la creazione di un notevole bias nella composizione del panel — un fenomeno noto come “panel stacking” (sovraccarico del panel). Questo accade quando i gruppi di lavoro sono composti in gran parte da membri che condividono punti di vista simili o interessi consolidati, minacciando così la validità e l’affidabilità delle linee guida cliniche. Esperti in medicina basata sulle evidenze descrivono il panel stacking come una minaccia rilevante, sottolineando che può ridurre profondamente la credibilità delle raccomandazioni, in particolare quando — come nella medicina di genere pediatrica — le prove sono limitate, controverse o non sistematicamente esaminate”.[206] (pag. 164)
“Documenti interni e riservati hanno rivelato che WPATH monitorava attivamente i membri di SOC-8 e redarguiva coloro che mettevano pubblicamente in discussione l’approccio “gender-affirming” dell’organizzazione, creando un ambiente che scoraggiava il dialogo critico”.[207] (pag.165)
“Questa combinazione di conflitti di interesse mal gestiti e pratiche restrittive di adesione ha compromesso in modo significativo la credibilità e l’integrità scientifica di SOC-8 come linee guida cliniche. La gestione da parte del Gruppo di sviluppo delle linee guida (GDG) delle revisioni sistematiche delle prove (SR) commissionate da WPATH per lo sviluppo degli SOC-8 evidenzia ulteriormente la grave minaccia all’integrità clinica che ha caratterizzato il processo di elaborazione delle linee guida”.[208] (pag.165)
(10.3.2.) Soppressione di prove
“Il National Academy of Medicine (NAM) stabilisce che linee guida affidabili debbano fondarsi sulla revisione sistematica delle prove esistenti. SOC-8 è stato promosso come il primo “basato sulle prove”, con il suo presidente che affermava di seguire “il protocollo più rigoroso al mondo per garantire che questi standard riflettessero prove scientifiche”.[209] (pag. 165)
“In uno scambio di email dell’agosto 2020, un ricercatore senior dell’Evidence-Based Practice Center (EPC), scrivendo all’Agenzia per la Ricerca e la Qualità dell’Assistenza Sanitaria (AHRQ), ha riferito che le loro revisioni sistematiche “hanno trovato poche o nessuna prova su bambini e adolescenti” e che WPATH aveva ‘cercato di limitare la nostra [Johns Hopkins University (JHU)] autonomia di pubblicazione’“.[210] (pag. 166)
“In una nota indirizzata tutti i membri del gruppo di lavoro SOC-8, i dirigenti di WPATH hanno riferito di essere stati “presi in contropiede” quando hanno appreso che Johns Hopkins University (JHU) voleva pubblicare revisioni che avrebbero probabilmente minato l’approccio “di genere” di WPATH. Nonostante la loro iniziale resistenza, i ricercatori della Johns Hopkins University (JHU) alla fine hanno ceduto ai nuovi termini dettati da WPATH, consentendo al presidente, ai copresidenti di SOC-8, a un membro del chapter selezionato e al Consiglio di Amministrazione di WPATH di dare una pre-approvazione del contenuto del manoscritto prima che potesse esserne effettuata qualsiasi stesura indipendente”.[211] (pag. 166)
“Documenti interni di WPATH rivelano che Baker et al. hanno rispettato tutti i passaggi obbligatori della procedura aggiornata di WPATH, dall’approvazione delle conclusioni prima della stesura del manoscritto alla garanzia di un ampio coinvolgimento di WPATH nel processo e all’ottenimento delle approvazioni finali. La relazione sullo studio (SR) di Baker et al. è stata pubblicata con l’obbligo di disclaimer che “WPATH non ha avuto alcun ruolo nella progettazione dello studio, nella raccolta dei dati, nell’analisi, nell’interpretazione o nella stesura“, nonostante la checklist indicasse chiaramente che WPATH era stata coinvolta nella progettazione, nella stesura e nell’approvazione finale dell’articolo”.[212] (pag. 168-169)
“La politica di WPATH sembra aver di fatto impedito che la ricerca che era stata pianificata e completata, comprese le valutazioni critiche delle prove, venisse per intero esposta in manoscritti pubblicabili. Di conseguenza, importanti relazioni scientifiche sulla sicurezza di bloccanti della pubertà (PB), ormoni cross-sex (CSH) e chirurgia per gli adolescenti sono state soppresse, tenendo i risultati chiave fuori dalla documentazione scientifica e proteggendoli dal vaglio professionale”.[213] (pag. 170)
“Come ha spiegato Jon Arcelus, co-presidente del Gruppo di sviluppo delle linee guida SOC-8 (GDG), in un’e-mail agli altri membri del Gruppo di sviluppo delle linee guida (GDG), “esistono molte raccomandazioni nel SOC che non hanno prove dirette (la maggior parte delle prove dirette si trova nel capitolo sugli ormoni), ma hanno prove di base. Ecco perché abbiamo Delphi”. Delphi, che è un processo di costruzione del consenso, non sostituisce le raccomandazioni basate sull’evidenza, ma è piuttosto un metodo che consente ai gruppi di sviluppo delle linee guida (GDG) di conciliare le divergenze nell’interpretazione delle raccomandazioni standard (SR) o nel decidere come le prove dovrebbero informare le raccomandazioni terapeutiche. Le linee guida che non si basano sulle revisioni sistematiche (SR) rischiano inavvertitamente di promuovere cure non ottimali o addirittura dannose. Ecco perché le linee guida che si basano esclusivamente sul consenso non sono considerate affidabili”.[214] (pag. 171-172)
(10.3.3.) Ridefinizione della necessità medica
SOC-8 raccomanda fermamente che i bloccanti della pubertà (PB), gli ormoni cross-sex (CSH) e la chirurgia siano considerati “medicalmente necessari” per gli adolescenti idonei: “Raccomandiamo che i sistemi sanitari forniscano trattamenti psicologici, medici e chirurgici medicalmente necessari che affermino il genere per bambini, adolescenti e adulti trans e di genere diverso”. Lo sviluppo dell’affermazione sulla “necessità medica” di SOC-8 illustra chiaramente come molti collaboratori di WPATH abbiano dato priorità a obiettivi diversi dalla garanzia di cure di altissima qualità per gli adolescenti con disturbo di personalità dominante. Un buon esempio è la riformulazione da parte di WPATH dei “desideri” dei pazienti come “bisogni” dei pazienti, con l’intento di inquadrarli come “medicalmente necessari“.[215] (pag. 172)
“Nel complesso, queste comunicazioni interne a WPATH rivelano che la definizione di “necessità medica” in SOC-8 è stata concepita per rimuovere i criteri di tutela fondamentali e rendere i desideri del paziente centrali nelle decisioni terapeutiche. Ciò è stato confermato da un altro membro del Gruppo di sviluppo delle linee guida (GDG), che ha apertamente osservato che le linee guida esistono per consentire a qualsiasi medico “di buona volontà” di soddisfare i desideri dei pazienti, per quanto inappropriati possano essere dal punto di vista medico”.[216] (pag. 174)
“I leader di WPATH: “…E, in effetti, la Dichiarazione di Necessità Medica originale era specifica per gli Stati Uniti perché era lì che stavamo riscontrando il problema con il nostro sistema di “copertura sanitaria” ottuso e malsano e avevamo bisogno di uno strumento che i nostri avvocati potessero utilizzare per difendere l’accesso alle cure in questo Paese. Da tempo desideravamo che questa (e molte delle nostre altre dichiarazioni di policy) diventassero parte di SOC perché ciò conferisce loro maggiore forza”.[217] (pag. 175)
(10.3.4.) Considerazioni legali e politiche
“Documenti interni rivelano che gli autori di SOC-8 hanno manipolato il linguaggio delle linee guida con l’obiettivo esplicito di influenzare le sentenze dei tribunali, le azioni legislative e le decisioni in materia di copertura assicurativa, rivelando un chiaro allontanamento dai principi di uno sviluppo imparziale e basato sull’evidenza delle linee guida cliniche. Ad esempio, i collaboratori del capitolo “Ambienti istituzionali” hanno rivelato che gli “avvocati della giustizia sociale” li avevano sconsigliati di effettuare rigorose revisioni delle prove, affermando che tali revisioni avrebbero potuto rivelare prove limitate o insufficienti, ponendoli “in una posizione insostenibile in termini di impatto sulla politica o di vittoria in cause legali”.[218] (pag. 175)
“L’incorporazione nel linguaggio delle linee guida di obiettivi di advocacy legale, esplicitamente allo scopo di influenzare politiche ed esiti di eventuali contenziosi, è in netto conflitto con gli standard internazionaliaccettati che enfatizzano rigore scientifico ed imparzialità”.[219] (pag. 177)
(10.4.) Eliminazione dell’età minima
“La gestione delle raccomandazioni sull’età minima per gli interventi clinici per gli adolescenti di SOC-8 esemplifica ciò che accade quando lo sviluppo delle linee guida è compromesso da convinzioni ideologiche, conflitti di interesse e disprezzo per gli standard di evidenza scientifica consolidati. Inizialmente, SOC-8 includeva età minime per alcuni interventi: 14 anni per gli ormoni eterosessuali; 15 anni per la mastectomia; 16 anni per l’aumento del seno e la chirurgia facciale; 17 anni per metoidioplastica, orchiectomia, vaginoplastica, isterectomia e rimodellamento fronto-orbitario; e 18 anni per la falloplastica. Nel luglio 2022, WPATH ha subito forti pressioni da parte dell’Ammiraglio Rachel Levine, Sottosegretario alla Salute degli Stati Uniti, il cui ufficio ha espresso la preoccupazione che l’elenco di età specifiche per i minorenni avrebbe innescato azioni legislative restrittive”.[220] (pag. 178)
“Nonostante queste riserve, l’apparente investimento di WPATH nell’ottenere l’approvazione dell’amministrazione Biden ha portato ad accettare di declassare le indicazioni delle linee guida in materia di età da “raccomandazioni” a “suggerimenti“, aggirando così il processo di consenso originale e apportando queste modifiche senza condurre un nuovo ciclo di convalida. La questione dell’età minima è riemersa quando l’American Academy of Pediatrics (AAP) ha minacciato di opporsi pubblicamente a SOC-8 a meno che non fossero state eliminate tutte le soglie di età, mostrando ulteriormente come la pressione politica, piuttosto che le prove scientifiche o il giudizio clinico, abbia dettato il contenuto finale delle linee guida. Sotto pressione e di fronte all’aperta opposizione di un alleato chiave, i leader di WPATH si sono arresi e hanno concordato di eliminare il criterio di età minima per tutte le procedure ormonali e chirurgiche (tranne la falloplastica). Lo fecero nonostante avessero ammesso in privato che le persone all’interno dell’AAP che avevano emanato la richiesta erano molto giovani e prive dell’autorità o delle competenze necessarie per dettare in modo credibile gli standard clinici”.[221] (pag. 179)
“Le modifiche affrettate e all’ultimo minuto, apportate al di fuori di qualsiasi processo di sviluppo di linee guida formale o trasparente, fecero sì che SOC-8 fosse inizialmente pubblicato con le sue raccomandazioni originali sulle età ancora intatte. Solo dopo la pubblicazione, WPATH si affrettò a pubblicare una correzione tramite un errata corrige sulla rivista ufficiale, l’International Journal of Transgender Health, rimuovendo silenziosamente i limiti di età per allinearsi alle richieste politiche piuttosto che alle prove cliniche. L’attuale versione pubblicata di SOC-8 afferma che tutte le raccomandazioni sono state sottoposte al processo Delphi. Tuttavia, Coleman in seguito ha riconosciuto che la rimozione dei limiti minimi di età non è stata effettuata tramite il processo Delphi”.[222](pag. 179-180)
(10.5.) Continuare a fare affidamento su SOC-8
“Rimane preoccupante il fatto che SOC-8 continui a esercitare una notevole influenza sull’assistenza sanitaria statunitense. La scorrettezza di WPATH nello sviluppo di SOC-8 è stata trattata da importanti testate giornalistiche, tra cui il New York Times, l’Economist, il Boston Globe, la Fox News, e il National Review, nonché dal BMJ, una delle principali riviste mediche. Nonostante queste segnalazioni, a eccezione dell’American Society of Plastic Surgeons, le principali associazioni mediche americane non hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche che affrontassero le preoccupazioni dettagliate in questo capitolo”.[223] (pag. 180)
CAPITOLO 11: CROLLO DELLA SALVAGUARDIA MEDICA
“Questo capitolo documenta come il protocollo olandese originale, alla base della transizione medica pediatrica (PMT), abbia subito una trasformazione negli Stati Uniti, diventando un processo “guidato dal bambino” in cui gli “obiettivi di incarnazione” personali del paziente costituiscono la base per la determinazione della “necessità medica””.[224] (pag. 182).
(11.1.) Il Protocollo Olandese e l’allentamento dei suoi criteri negli Stati Uniti
“Secondo WPATH SOC-8, gli studi olandesi associati al Protocollo Olandese forniscono “la più solida evidenza longitudinale a supporto dei benefici dei trattamenti medici e chirurgici che affermano il genere in adolescenza…”. Nella sua testimonianza davanti ai Consigli di Medicina e Medicina Osteopatica della Florida, Aron Janssen ha affermato che “i migliori dati longitudinali che abbiamo sui giovani transgender provengono principalmente dalla clinica olandese… Il modello di cura olandese [è] il modello prevalente su cui la maggior parte delle cliniche americane ha basato la propria assistenza”.[225] (pag. 182-183)
(11.1.1.) L’ulteriore allontanamento delle cliniche di genere statunitensi dal protocollo olandese
“Nel 2022, reporter investigativi della Reuters hanno intervistato “medici e altro personale di 18 cliniche di genere in tutto il Paese” e hanno scoperto che “nessuno ha descritto qualcosa di simile alle valutazioni lunghe mesi [che i medici olandesi] hanno adottato nella loro ricerca”. 7 delle 18 cliniche hanno dichiarato di essere a proprio agio nel prescrivere ormoni alla prima visita di un adolescente, a condizione che i medici non vedano “segnali di allarme”. Gli stessi medici olandesi hanno riconosciuto la divergenza del modello americano dal loro approccio”.[226] (pag. 183)
“Nel 2021, Thomas Steensma si è lamentato del fatto che “il resto del mondo sta adottando ciecamente la nostra ricerca…” Steensma ha ribadito questa posizione nel 2023, esplicitamente distanziando il suo lavoro dal modello guidato dal bambino prevalente negli Stati Uniti, affermando: “Questo non è il nostro approccio”. È importante notare che il Protocollo olandese non raccomandava interventi chirurgici prima della maggiore età, ma secondo le linee guida WPATH, seguite negli Stati Uniti, la maggior parte degli interventi chirurgici, compresi quelli genitali, può essere considerata medicalmente necessaria per alcune adolescenti con disforia di genere (GD). Di conseguenza, adolescenti con disforia di genere (GD) vengono sottoposti a mastectomie e (molto meno comunemente) interventi chirurgici genitali. Nella ricerca pubblicata sulle mastectomie nelle adolescenti con disforia di genere (GD), alcune partecipanti avevano un’età pari a 12 anni”.[227]
(11.2.) La transizione medica pediatrica è “rara”?
“I rapporti delle singole cliniche suggeriscono che la medicalizzazione è la norma, piuttosto che l’eccezione. Per esempio, l’endocrinologo pediatrico Daniel Shumer del Comprehensive Gender Services Program (CGSP) dell’University of Michigan Health ha stimato che “il 65%” dei pazienti pediatrici indirizzati alla sua clinica finiscono per ricevere gli ormoni cross-sex (CSH). Secondo i dati raccolti da Jamie Reed, assistente sociale presso la Washington University School of Medicine Pediatric Transgender Center, Il 67% dei pazienti del Centro di Medicina Pediatrica Transgender dell’Ospedale Pediatrico di St. Louis è stato sottoposto a interventi endocrini durante i quattro anni di permanenza nella clinica. Infine, la stessa WPATH ha suggerito che gli interventi medici siano appropriati per “la maggior parte degli adolescenti” che li richiedono”.[228] (pag. 185-186)
(11.3.) Cambiamento degli obiettivi e nuovo significato di “valutazione”.
“Secondo il Protocollo olandese originale, le valutazioni erano intese a prevedere la transessualità per tutta la vita, con la soppressione della pubertà concettualizzata come parte del processo diagnostico (per guadagnare “tempo per pensare”). Al contrario, il modello “gender-affirming”, così come si è evoluto negli Stati Uniti, dà priorità all’autonomia dei bambini e degli adolescenti, consentendo ai loro attuali “obiettivi di incarnazione” di orientare le decisioni terapeutiche”.[229] (pag. 186)
“Più recentemente, i sostenitori dell’intervento precoce hanno affermato che “i ragazzi trans sanno chi sono” e che l’obiettivo del trattamento è quello di aiutarli a raggiungere i loro “obiettivi personali di incarnazione“.[230] (pag. 187)
“Se un bambino dice “Sono X”, operiamo partendo dal presupposto che ciò che ci sta dicendo sia la sua verità, che il senso di realtà e la sensazione sul proprio essere del bambino siano il faro di navigazione attorno al quale orientare il trattamento. Se i pazienti successivamente detransizionano, ciò non significa che i trattamenti fossero inappropriati, anche se gli effetti degli interventi sono parzialmente o totalmente irreversibili”.[231] (pag. 187)
(11.3.1.) Ambiguità in SOC-8
“È ampiamente riconosciuto che esiste una contraddizione fondamentale tra il desiderio di WPATH di trattare l’identità transgender (incongruenza di genere) come una variazione normale e sana dello sviluppo umano e la sua insistenza sul fatto che l’incongruenza di genere richiede un trattamento “medicalmente necessario”. Questa tensione è stata esplicitamente riconosciuta nella letteratura medica a sostegno della transizione medica pediatrica (PMT) contemporaneamente alla preparazione e alla pubblicazione della quinta edizione del DSM. Ad esempio, nel 2013, Jack Drescher, un importante clinico sostenitore della transizione medica pediatrica (PMT), ha rilevato la significativa difficoltà di conciliare le “narrazioni contraddittorie” del “ridurre lo stigma” (che è alla base della richiesta di rimozione delle diagnosi di genere [dal DSM]) e mantenere l’accesso alle cure, che richiede l’esistenza di una diagnosi per ottenere le cure mediche necessarie coperte da assicurazioni”.[232] (pag. 189)
(11.3.2.) SOC-8 cautele abbandonate
“Sebbene le linee guida WPATH non scoraggino necessariamente l’assistenza psichiatrica, allo stesso modo non la richiedono come prerequisito per la transizione medica pediatrica (PMT). Alcuni autori delle linee guida si sono opposti anche a requisiti minimi per il supporto alla salute mentale, sostenendo che tali disposizioni sono analoghe alla “terapia di conversione”.[233] (pag. 190)
“Alcuni membri di WPATH hanno ammesso apertamente di aver rinunciato anche a valutazioni psicologiche minime e di essersi mossi rapidamente verso interventi ormonali. La natura schietta di questi scambi suggerisce che la mancata adesione alle linee guida non è fonte di vergogna professionale, né un fenomeno isolato. La flessibilità insita in SOC-8 ha favorito lacune significative tra gli standard teorici delle linee guida e la realtà pratica in ambito clinico. Inoltre, questa flessibilità ha efficacemente fornito ai leader nel campo della transizione medica pediatrica (PMT) una base per sostenere che la valutazione non dovrebbe servire allo scopo di diagnosi differenziale o di “controllo” medico, ma dovrebbe piuttosto servire principalmente a informare i pazienti e i loro caregiver sulla natura e gli effetti degli interventi medici. Nel 2020, una presentazione a una conferenza canadese ha riportato che, tra le cliniche di medicina di genere pediatrica intervistate, la metà non richiedeva alcuna valutazione della salute mentale prima dell’inizio degli interventi ormonali”.[234] (pag. 190)
(11.3.3.) Crollo dei tempi di valutazione
“L’erosione delle pratiche di tutela medica all’interno delle cliniche di genere americane è evidente nella significativa riduzione dei tempi di valutazione dei pazienti presso istituzioni di spicco”.[235] (pag. 192)
(11.4.) I denuncianti
“Nelle dichiarazioni pubbliche, i sostenitori e gli operatori della PMT insinuano abitualmente che la valutazione funzioni come una forma di controllo medico, suggerendo che i bloccanti della pubertà (PB), gli ormoni cross-sex (CSH) e gli interventi chirurgici vengano offerti con cautela e solo a pazienti che ne abbiano realmente bisogno”.[236] (pag. 196)
“Negli ultimi anni, tuttavia, i denuncianti con esperienza diretta nel lavoro in contesti di cliniche di genere hanno presentato controesempi convincenti. Le loro testimonianze sono state spesso respinte, ignorate, marginalizzate o denigrate dai colleghi. Molti hanno anche subito ritorsioni a causa delle loro denunce”.[237] (pag. 196)
CAPITOLO 12: RISPOSTA DELL’ASSOCIAZIONE MEDICA
“Questo capitolo esamina come mai, nonostante la crescente consapevolezza in merito alle sue problematicità, l’8ª versione degli Standards of Care (SOC-8) continui ad avere notevole influenza in campo medico”.[238](pag. 204).
(12.1.) Il ruolo delle principali associazioni mediche e di salute mentale
“Data la struttura decentralizzata e frammentata del sistema sanitario statunitense, le principali associazioni mediche e di salute mentale (MMHA) svolgono un ruolo fondamentale nel definire le linee guida cliniche, le politiche sanitarie e le pratiche mediche”.[239] (pag. 204)
“Tuttavia, nonostante il loro orientamento scientifico, le MMHA non sono esenti da meccanismi istituzionali pregiudizievoli, come il “pensiero di gruppo” e la sproporzionata influenza acquisita da commissioni specializzate di esperti che fanno attivismo. Tali comitati sono visti con deferenza dall’organizzazione, specialmente quando le loro iniziative sono presentate come questioni di diritti civili o umani. Di conseguenza, le MMHA possono, inavvertitamente, trasformarsi in casse di risonanza dove il dissenso viene soppresso, i pregiudizi non vengono affrontati, e ci si approfitta della deferenza”.[240] (pag. 204)
“Un esempio della dipendenza delle MMHA dalle indicazioni della World Professional Association for Transgender Health (WPATH) è fornito dalle linee guida per la pratica clinica (CPG) della Endocrine Society (ES) per il trattamento della disforia di genere (GD)…, la forte affinità tra le linee guida dei due enti implica la mancanza indipendenza negli approcci. È significativo il fatto che Joshua Safer, che sta coordinando la revisione delle linee guida Endocrine Society (ES) del 2024, è personalmente associato a WPATH ed è un sostenitore di spicco della transizione medica pediatrica (PMT)“.[241] (pag. 205)
“Le principali associazioni mediche e di salute mentale (MMHA) hanno mostrato scarsa trasparenza nell’affrontare il problema della debolezza delle evidenze scientifiche a sostegno della transizione medica nei minori (PMT). Un esempio è la linea guida dell’American Psychiatric Association (APA) per l’assistenza psichiatrica di affermazione di genere (GAPC), che ha ricevuto critiche interne per non aver riconosciuto il dibattito scientifico in corso e i cambiamenti di orientamento in altri Paesi… Analogamente, l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP) ha respinto numerose proposte relative a prove importanti e prospettive dissenzienti che sono state presentate alle sue conferenze. Questo modello di resistenza istituzionale genera contesti in cui i medici sono spinti ad auto-censurarsi “.[242] (pag. 206)
(12.2.) Fattori che contribuiscono a trascurare le prove e il dibattito aperto
“Diverse ragioni spiegano perché le associazioni mediche americane faticano a confrontarsi apertamente con i cambiamenti in corso sul piano scientifico ed etico.
- Per prima cosa, quando si trovano a gestire condizioni rare o complesse, i medici di base e i clinici generalisti orientano le proprie decisioni cliniche facendo affidamento alle competenze degli specialisti. Inoltre, quando occupano ruoli di direzione e coordinamento, e sono incaricati di definire le prassi di trattamento dei giovani con disforia di genere, i generalisti fanno riferimento ai comitati specializzati — come le associazioni che si occupano di problematiche LGBT — che vengono presi come esperti di riferimento dell’organizzazione. Tuttavia, questi gruppi sono spesso composti da professionisti direttamente coinvolti nella pratica della transizione medica…. Affidarsi a comitati specialistici comporta pochi rischi in settori di trattamento consolidato, rispetto ai quali vi siano decenni di solida ricerca alle spalle. Tuttavia, la medicina di genere pediatrica è ancora un campo relativamente nuovo, fortemente dibattuto, e caratterizzato da una base di prove scientifiche limitata e di bassa affidabilità.
- Secondo, il presentare la transizione medica pediatrica (PMT) come una questione di diritti civili sembra aver contribuito a garantire a tali pratiche supporto prematuro e acritico, sia a livello individuale che istituzionale…
- Terzo, quando è diventato difficile ignorare la debolezza delle prove, l’inversione di marcia effettuata da molti Stati della Comunità internazionale, diverse grandi società mediche statunitensi avevano già promosso attivamente la transizione medica pediatrica (PMT) e denunciato i suoi critici. Alcune organizzazioni hanno quindi reagito agli sviluppi internazionali mettendosi sulla difensiva invece che in una posizione di riflessione, temendo che il cambiamento potesse mettere a rischio la loro credibilità. Unica, rilevante, eccezione sembra essere quella della American Academy of Plastic Surgeons, che, dopo la pubblicazione della Cass Review, ha adottato pubblicamente una posizione più cauta riguardo all’uso degli interventi chirurgici per trattare la disforia di genere pediatrica (GD)”.[243] (pag. 207-208)
“Tra gli esperti nel campo della medicina di genere pediatrica ricorrono opinioni fortemente divergenti sull’identificazione delle migliori pratiche. Tuttavia, l’assenza di consenso è scarsamente visibile, per la ragione che le voci dissenzienti vengono raramente incluse nei comitati specializzati responsabili dello sviluppo delle prassi”.[244] (pag. 209)
“Sono state documentate precise iniziative dirette a escludere da conferenze e pubblicazioni i punti di vista dissenzienti. Vi è inoltre crescente evidenza di autocensura tra medici e ricercatori, per il timore di ripercussioni professionali e conseguenze sulla reputazione. Alcuni sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) sostengono esplicitamente l’uso di tattiche di silenziamento: ‘Lo scopo dell’attivismo è a volte il ‘silenziare’, se con ciò si intende togliere credibilità ai professionisti che gli attivisti considerano dannosi’”[245]. (pag. 209-10)
“Come ha osservato Hilary Cass nell’introduzione alla Cass Review: ‘Ci sono poche altre aree della sanità dove i professionisti hanno così tanta paura di discutere apertamente le loro opinioni, dove le persone vengono vilificate sui social media e dove gli insulti richiamano il peggior comportamento da bullismo. Questo deve finire. La polarizzazione e il soffocamento del dibattito non fanno nulla per aiutare i giovani che si trovano nel mezzo di un turbolento discorso sociale e, a lungo termine, ostacoleranno anche la ricerca essenziale per trovare il miglior modo di supportarli affinché possano prosperare’”.[246] (pag. 210)
(12.3.) Conclusione
“Nel campo della medicina di genere pediatrica, le principali MMHA hanno allineato le proprie prassi cliniche e posizioni politiche a WPATH SOC-8. A causa di tale incondizionato affidamento, le principali associazioni mediche e di salute mentale (MMHA) hanno importato molte delle carenze metodologiche ed etiche rilevate nel processo di produzione delle linee guida WPATH. Di conseguenza, i problemi originati all’interno di WPATH non sono rimasti isolati, ma si sono propagati attraverso le MMHA, contribuendo a un’erosione più ampia degli standard clinici, del rigore scientifico e del dibattito accademico”.[247] (pag. 211)
PARTE IV: ESAME ETICO
CAPITOLO 13: CONSIDERAZIONI ETICHE
“Questo capitolo discute le questioni etiche centrali nella transizione medica pediatrica (PMT), che prevede l’uso di bloccanti della pubertà (PB), ormoni sessuali incrociati (CSH) e interventi chirurgici per sopprimere o alterare lo sviluppo delle caratteristiche sessuali tipiche del sesso e dell’età in bambini o adolescenti fisicamente sani”.[248] (pag. 213)
“La questione centrale di questo capitolo è se la disposizione di interventi ormonali o chirurgici per questi scopi mutevoli e talvolta contraddittori sia coerente con principi ben consolidati di etica medica. Nonostante l’alta posta in gioco – medica, sociale, politica e legale – questa domanda urgente ha ricevuto relativamente poca attenzione critica da parte dei bioeticisti”.[249] (pag. 214)
(13.1.) Consenso
“Alcuni disaccordi in questo campo si concentrano sulla questione se gli adolescenti abbiano competenza decisionale medica (MDC), ovvero se possano fornire il consenso informato o l’assenso agli interventi medici relativi alla transizione. Alcuni sostenitori di questi interventi credono di sì”.[250] (pag. 214)
“A sostegno di questa posizione, alcuni citano la ricerca che mostra che molti pazienti adolescenti presentano competenza decisionale medica (MDC) valutata utilizzando uno strumento di intervista quantitativa semi-strutturata. Notano anche che ci sono altri interventi invasivi che modellano la vita a cui gli adolescenti e i loro tutori comunemente e senza problemi assentono o acconsentono. Ad esempio, un adolescente può acconsentire al trattamento della leucemia, anche quando il trattamento può causare infertilità futura”.[251] (pag. 215)
Alcuni critici della transizione medica pediatrica (PMT), d’altra parte, sostengono che i pazienti, alcuni dei quali hanno solo 8 o 9 anni quando raggiungono lo stadio di Tanner 2 della pubertà e quindi diventano candidati per i bloccanti della pubertà (PB), sono troppo immaturi”.[252] (pag. 215)
“Infine, come osservato nel Capitolo 2, i medici che forniscono la transizione medica pediatrica (PMT) utilizzano abitualmente un linguaggio eufemistico e moralmente connotato, che può fuorviare o influenzare indebitamente i pazienti e i loro tutori. La preoccupazione, quindi, è che questa combinazione (pag. 215) di elevata pressione, scarsa informazione e “affermazione” automatica comprometta la possibilità di un consenso o assenso autenticamente informato. Il consenso informato è di fondamentale importanza, ma prima di essere preso in considerazione, l’intervento deve essere eticamente ammissibile sotto gli altri aspetti”.[253] (pag. 216)
“Vale a dire: questi interventi hanno profili rischio/beneficio favorevoli?”.[254] (pag. 216)
(13.2.) Dal paternalismo al processo decisionale condiviso e all’assistenza centrata sul paziente
“Il “modello paternalistico” in medicina, secondo il quale “il medico sa meglio”, ha lasciato il posto a un modello più egualitario di “processo decisionale condiviso” che enfatizza il rispetto per l’autonomia e l’autorità dei pazienti competenti e dei partecipanti alla ricerca”. [255] (pag. 216)
(13.2.1.) Rispetto per l’autonomia vs caveat emptor
“Il “far bene “è alla base di tutte le professioni mediche e sanitarie e dei loro contesti istituzionali”. Come menzionato nel Capitolo 1, i medici hanno il dovere etico antico ma sempre attuale di evitare di danneggiare i loro pazienti e promuovere la loro salute e il loro benessere: “La salute e il benessere del mio paziente saranno la mia priorità”. Il principio del rispetto dell’autonomia del paziente non giustifica l’assoggettamento dei pazienti a interventi che comportano rischi di danno non necessari dal punto di vista medico, o che sono altrimenti non benefici, anche quando i pazienti preferiscono, richiedono o esigono tali interventi”.[256] (pag. 217)
“Il Comitato per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria in America dell’Institute of Medicine mette in guardia i medici dal fornire interventi a seguito di inferenze illecite, affermando: ‘Quando un paziente cerca servizi sanitari inappropriati, la sfida per i medici è trovare il modo di ridurre questo conflitto … Se un conflitto non può essere risolto attraverso la consulenza, il medico dovrebbe rifiutarsi di fornire servizi non benefici‘”.[257] (pag. 218)
“L’impegno per l’integrità professionale richiede che i medici contestino le richieste di interventi non benefici”.[258] (pag. 218)
(13.2.2.) Non fare il male, fare il bene e autonomia in pediatria
“Il Comitato per la Bioetica dell’American Academy of Pediatrics (AAP) si esprime come segue: gli operatori sanitari pediatrici hanno il dovere legale ed etico di fornire uno standard di cura che soddisfi le esigenze del paziente pediatrico e non necessariamente ciò che i genitori desiderano o richiedono”.[259] (pag. 218)
“Il “vincolo” sull’autorità del paziente e dei genitori si fonda sull’interesse medico superiore del bambino: In pediatria, i doveri di proteggere e promuovere gli interessi relativi alla salute del bambino e dell’adolescente da parte del medico si fondano anche sul rapporto fiduciario (agire nel migliore interesse del paziente e subordinare i propri interessi) tra medico e paziente, ma questi doveri possono essere in conflitto con i desideri del genitore o del paziente …”.[260] (pag. 219)
“Così, mentre la dichiarazione raccomanda che i giovani “transgender e di genere diverso” abbiano accesso alla transizione medica pediatrica (PMT), questa raccomandazione non è subordinata ai diritti di autonomia dei pazienti o dei loro tutori, ma piuttosto al presunto contributo di questi interventi alla salute e al benessere del paziente”.[261] (pag. 220)
(13.2.3.) Rischio/beneficio nella transizione medica pediatrica
“Per adempiere ai loro doveri di non maleficenza e beneficenza, i medici devono assicurare, per quanto ragionevolmente possibile, che qualsiasi intervento che offrono ai pazienti abbia profili di rischio/beneficio clinicamente favorevoli rispetto all’insieme delle alternative disponibili, che include il non fare nulla”.[262] (pag. 221)
“Ciò significa che gli effetti reali degli interventi possono o possono essere sostanzialmente diversi dagli effetti riportati negli studi”.[263] (pag. 221)
“In altre parole, le migliori prove disponibili indicano che i bloccanti della pubertà (PB), gli ormoni sessuali incrociati (CSH) e la chirurgia non hanno dimostrato di migliorare i risultati della salute mentale. Allo stesso tempo, c’è un crescente riconoscimento dei rischi e dei danni associati alla transizione medica pediatrica (PMT), che sono supportati dalla ricerca clinica o fondati su una teoria biologica consolidata”.[264] (pag. 221)
“L’intervento deve essere favorevole non solo rispetto al non fare nulla, ma anche ad altre alternative note. Per quanto riguarda la transizione medica pediatrica (PMT), un’alternativa rilevante è una combinazione di interventi psicoterapeutici”.[265] (pag. 221)
“Alcuni sostengono che, di fronte a prove incerte sia per il beneficio che per il danno, i pazienti stessi (e le loro famiglie), con medici esperti che forniscono informazioni cliniche pertinenti, dovrebbero decidere come procedere”.[266] (pag. 222)
“Questa obiezione esprime correttamente la preoccupazione per la salute e il benessere dei pazienti, nonché il rispetto per lo sviluppo della capacità decisionale dei bambini e degli adolescenti (e la maggiore capacità dei loro tutori). Ma fallisce, per due motivi. In primo luogo, l’obiezione sottostima il caso cumulativo di prova del danno. Possiamo essere certi, nel senso comune del termine, che questi interventi causano danni, anche se non disponiamo di prove di “elevata certezza” nel senso tecnico impiegato nella medicina basata sull’evidenza(EBM). Non abbiamo bisogno dei risultati degli studi clinici randomizzati controllati (RCT) per essere certi che la rimozione del seno di un’adolescente eliminerà o comprometterà sostanzialmente la capacità di allattare al seno. Né abbiamo bisogno di studi clinici randomizzati controllati (RCT) per stabilire che i bloccanti della pubertà (PB) e gli ormoni sessuali incrociati (CSH) bloccano la crescita del pene, aumentando i rischi associati a futuri interventi chirurgici. E oltre a qualsiasi revisione sistematica degli studi pubblicati, la fisiologia umana di base indica che bloccare la pubertà allo stadio 2 di Tanner e in seguito con ormoni sessuali incrociati avrà un impatto negativo sulla fertilità”.[267] (pag. 223)
“Infine, la ricerca sulla transizione medica pediatrica (PMT) si è concentrata in gran parte sui potenziali benefici per la salute mentale, con meno attenzione ai potenziali danni fisici, aggravando il problema del bias di pubblicazione. In secondo luogo, anche ammettendo che l’incertezza delle prove renda impossibile assegnare valori precisi alle probabilità o alle grandezze di vari potenziali risultati, non ne consegue che i medici dipendano dai loro pazienti per guidare il processo decisionale clinico. Piuttosto, l’obbligo di evitare gravi danni giustifica un approccio precauzionale, in particolare in assenza di prove di una minaccia proporzionalmente grave per la salute del paziente senza l’intervento”.[268] (pag. 223)
“L’uso off-label di un intervento è talvolta giustificabile sulla base di studi dell’intervento in una diversa popolazione di pazienti o per una diversa indicazione. Tale uso può essere giustificato quando vi è una ragionevole aspettativa di beneficio, quando non ci sono alternative superiori e quando si prevede che la prognosi, in assenza di intervento medico, sia peggiore per il paziente rispetto agli effetti negativi del farmaco off-label. Questa non è decisamente il caso della transizione medica pediatrica (PMT)”.[269] (pag. 225)
“E in ogni caso, è ampiamente riconosciuto che i medici non sono in grado di distinguere i pazienti la cui disforia di genere (GD) persisterà da quelli la cui disforia di genere (GD) si risolverà. Inoltre, ci sono preoccupazioni sul ruolo che la medicalizzazione stessa può svolgere nel contribuire alla persistenza delle condizioni trattate, mentre sono disponibili interventi meno invasivi e meno rischiosi”.[270] (pag. 225)
(13.2.4.) Giustizia
“I sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) a volte sostengono che è ingiusto negare bloccanti della pubertà (PB), ormoni sessuali incrociati (CSH) o interventi chirurgici ai giovani con disforia di genere (GD)”.[271] (pag. 226)
“Questi pazienti sono infatti vulnerabili su più fronti e sarebbe un’ingiustizia negare loro cure mediche sicure ed efficaci. Sarebbe anche ingiusto, tuttavia, sottoporli a seri interventi ormonali e chirurgici privi di un profilo rischio/beneficio favorevole. In effetti, sembra particolarmente ingiusto sottoporre i giovani alle prese con complesse sfide psichiatriche, di sviluppo neurologico e psicosociali ai danni associati a questi interventi. Sia nel suo rapporto intermedio che in quello finale, Cass nota le preoccupazioni che le sono state portate dai pazienti e dalle famiglie riguardo all'”oscuramento diagnostico“. L’oscuramento diagnostico è una forma di pregiudizio che porta i medici ad attribuire erroneamente i sintomi di una condizione a una diversa condizione precedentemente diagnosticata”.[272] (pag. 226)
“L’oscuramento diagnostico è particolarmente saliente nei contesti di cura della salute mentale, dove un paziente con problemi psichiatrici, sfide dello sviluppo neurologico o disabilità cognitive può essere trattato unidimensionalmente come un “caso” di una diagnosi psichiatrica piuttosto che olisticamente come persona suscettibile a una serie di problemi di salute non correlati a quella diagnosi. Nel contesto della transizione medica pediatrica (PMT), la preoccupazione è che la diagnosi di disforia di genere (GD) tenda a oscurare le cause di disagio e eliminare altre esigenze di assistenza per la salute mentale, in particolare quando i pazienti vengono indirizzati a cliniche specializzate di genere”.[273] (pag. 227)
“Trascurare i bisogni di assistenza per la salute mentale dei membri di una popolazione già vulnerabile di giovani, con complesse sfide psichiatriche, di sviluppo neurologico e psicosociali, significa negare loro un beneficio a cui hanno diritto, ed esporli a rischi di danno non necessari dal punto di vista medico significa imporre loro un onere indebito”.[274] (pag. 227)
“Data la storia della professione medica di patologizzazione e medicalizzazione dell’attrazione per lo stesso sesso, serie preoccupazioni legate alla giustizia sono sollevate dalla sovra-rappresentazione di adolescenti gay, lesbiche e bisessuali tra i pazienti che ricevono interventi non verificati che hanno un impatto negativo sulla fertilità e sulla funzione sessuale”.[275] (pag. 228)
(13.3.) Razionale clinico alternativo
“La contraddizione tra garantire il rimborso e quindi l’accesso, da un lato, e soddisfare le richieste di depatologizzazione dei pazienti e dei gruppi di attivisti, dall’altro, richiedeva compromessi da parte degli sviluppatori del DSM e dell’ICD. Gli sviluppatori del DSM hanno depatologizzato l’incongruenza e patologizzato il disagio. Gli sviluppatori dell’ICD-11 avevano più opzioni perché, a differenza del DSM, che si dedica esclusivamente ai disturbi mentali, l’ICD cataloga tutte le malattie e le condizioni di salute. Dopo aver considerato varie possibilità, il gruppo di lavoro dell’ICD-11 ha deciso di spostare la diagnosi dal capitolo sulla salute mentale, che si riteneva contribuisse allo stigma, a un nuovo capitolo, “Condizioni relative alla salute sessuale”, che l’avrebbe resa meno stigmatizzante ma comunque utile ai fini del rimborso”[276] (pag. 230)
“Mettendo da parte i problemi di circolarità, a un adolescente può essere diagnosticata l’incongruenza di genere soddisfacendo i punti (3) e (4), che consistono nel porsi forti obiettivi di incarnazione. Un maschio che desidera fortemente avere (alcune? tutte?) le caratteristiche sessuali di una femmina ed essere trattato o accettato come tale, o una femmina che desidera fortemente avere (alcune? tutte?) le caratteristiche sessuali di un maschio ed essere trattata o accettata come tale, si qualificano per la diagnosi. Secondo l’ICD-11, un paziente con tali desideri ha una “condizione correlata alla salute sessuale” e, pertanto, i medici hanno la motivazione per fornire interventi ormonali o chirurgici ed essere rimborsati”.[277] (pag. 233)
“Né il DSM-5-TR né l’ICD-11 prevedono la necessità di spiegare perché bambini o adolescenti potrebbero desiderare di modificare i loro tratti sessuali o di essere trattati o accettati come qualcuno che non sia un membro del loro sesso, e gli approcci di consulenza che potrebbero esplorare con i pazienti eventuali spiegazioni vengono spesso etichettati dai sostenitori dell’approccio “di affermazione del genere come “terapie di conversione”“.[278] (pag. 233)
“Se l’uso di interventi ormonali e chirurgici per ridurre la morbilità psichiatrica associata alla disforia di genere manca di un profilo rischio/beneficio favorevole, l’uso di questi interventi semplicemente per soddisfare gli obiettivi di incarnazione degli adolescenti vira dall’errore clinico all’imprudenza clinica”.[279] (pag. 234)
(13.4.) Rimpianto
“I sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) affermano che il rimpianto è estremamente raro”.[280] (pag. 234)
“Il tacito presupposto è che l’assenza di rimpianto sia un’indicazione di beneficio medico o almeno di assenza di danno. Altri ricercatori sottolineano che la ricerca sul rimpianto, come la maggior parte delle ricerche sulla transizione medica pediatrica (PMT), è gravemente carente e che non conosciamo la reale prevalenza del rimpianto”.[281] (pag. 234)
“La domanda centrale per la transizione medica pediatrica (PMT) non è: “questi pazienti sottoposti a transizione medica hanno rimpianti?” Una domanda ben più sostanziale è: “La transizione medica fornisce benefici per la salute proporzionati ai suoi danni?” Le migliori evidenze disponibili, insieme a un’analisi rischio/beneficio e a un approccio precauzionale eticamente appropriato alla pediatria, dimostrano che la risposta a quest’ultima domanda è quasi certamente “no”.[282] (pag. 236)
(13.4.1.) Etica della ricerca
“Molteplici revisioni sistematiche (SR), commissionate dalle principali autorità sanitarie internazionali e condotte da ricercatori accademici indipendenti, hanno concluso che l’evidenza alla base dei benefici attesi della transizione medica pediatrica (PMT) è di certezza bassa o molto bassa”.[283] (pag. 236)
“Alcuni sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) sostengono che gli studi clinici randomizzati controllati (RCT) sugli effetti di negare bloccanti della pubertà (PB) o ormoni sessuali incrociati (CSH) sarebbero irrealizzabili e non etici. Per quanto riguarda la fattibilità, poiché gli effetti degli interventi di transizione medica pediatrica (PMT) sono così evidenti, non è possibile applicare il “doppio cieco” a ricercatori e partecipanti di uno studio clinico randomizzato controllato (RCT), per il quale il gruppo di controllo riceverebbe solo supporto psicoterapeutico. Alcuni temono che molti adolescenti si rifiuterebbero di partecipare a uno studio che non garantisce loro di ricevere interventi ormonali, o che abbandonerebbero se randomizzati al gruppo di controllo”.[284] (pag. 237)
“I sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) sostengono che violerebbe il “principio di equilibrio” condurre uno studio clinico randomizzato controllato (RCT) di transizione medica pediatrica (PMT), in cui il gruppo di controllo riceva solo consulenza psicologica, “dati i numerosi studi che associano gli interventi di affermazione del genere degli adolescenti con un miglioramento della salute mentale”. Questa affermazione è infondata, tuttavia, perché caratterizza erroneamente lo stato della scienza. Infatti, se l’equilibrio fosse violato, plausibilmente sarebbe nella direzione opposta, data la maggiore certezza della prova riguardante la ricorrenza di danni”.[285] (pag. 238)
“Sottolineano inoltre che le cliniche di genere statunitensi devono ancora raccogliere dati longitudinali sui pazienti esistenti”.[286] (pag. 239)
“Non è etico sottoporre gli adolescenti a interventi ormonali e chirurgici utilizzati nella transizione medica pediatrica (PMT), anche in uno studio di ricerca, fino a quando e a meno che lo stato delle prove non suggerisca un profilo rischio/beneficio favorevole per l’intervento studiato, e che i ricercatori abbiano una solida fiducia che i prevedibili “rischi e oneri siano stati adeguatamente valutati e possano essere gestiti in modo soddisfacente”.[287] (pag. 239)
“Come dimostrato in questa Revisione, i presupposti che guidano la transizione medica pediatrica (PMT) non si sono dimostrati validi; la natura, la probabilità e l’entità dei rischi associati alla transizione medica pediatrica (PMT) non sono state distinte con sufficiente chiarezza; le stime dei sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) sulla probabilità di danno e beneficio non si sono dimostrate ragionevoli, sulla base di dati noti e studi disponibili; e i rischi di grave compromissione che la transizione medica pediatrica (PMT) comporta non si sono dimostrati giustificati. Per questi motivi, la somministrazione di transizione medica pediatrica (PMT) agli adolescenti, anche in un contesto di ricerca, è in contrasto con norme etiche consolidate per la ricerca su soggetti umani”.[288] (pag. 240)
PARTE V: PSICOTERAPIA
CAPITOLO 14: PSICOTERAPIA
(14.1.) Salute mentale dei giovani
“Durante la pubertà, le fluttuazioni ormonali possono influenzare l’umore e il comportamento. L’inizio della pubertà spesso coincide con un’accresciuta sensibilità alle dinamiche sociali e all’immagine di sé, insieme a una crescente vulnerabilità allo stress e all’ansia. La gestione emotiva può diventare impegnativa mano a mano che gli adolescenti affrontano le complessità dello sviluppo dell’identità e delle relazioni tra pari. Lo sviluppo cognitivo accelera, consentendo l’introspezione e un pensiero astratto più profondo, che possono contribuire a mettere in discussione l’esistenza e creare instabilità emotiva. L’adolescenza implica anche imparare a vivere in modo indipendente, come parte della costruzione dell’identità e dal distacco dalla famiglia di origine. La ribellione e la resistenza nei confronti dei genitori e dei tutori o figure di riferimento si verificano frequentemente durante questo processo. Gli adolescenti spesso non hanno gli strumenti per una pianificazione a lungo termine e sono più inclini all’assumersi rischi, poiché aumentano le spinte legate alla stimolazione e all’affiliazione, ma la corteccia prefrontale, responsabile delle funzioni esecutive, sta ancora maturando”.[289] (pag. 242)
(14.1.1.) Tendenze nella salute mentale dei giovani
Nel 2021, l’American Academy of Pediatrics (AAP), l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP) e la Children’s Hospital Association hanno dichiarato lo “Stato di emergenza nazionale per la salute mentale dei bambini”, evidenziando l’aumento dei tassi di depressione, ansia, disperazione e autolesionismo tra i giovani; tendenze che sono peggiorate durante la pandemia di COVID-19. La Lancet Psychiatry Commission sulla salute mentale dei giovani ha notato una tendenza simile in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, dal 2010 c’è stato un aumento significativo delle malattie mentali tra adolescenti e giovani adulti. I dati rivelano un forte aumento dei tassi di diagnosi di depressione e ansia; alcuni studi indicano che questi sono più che raddoppiati. Sono stati documentati incrementi anche nei tassi di comportamento suicidario e autolesionismo, visite al pronto soccorso e ricoveri per autolesionismo e morte per suicidio. Oggi i giovani hanno rapporti sociali più deboli e si sentono più soli. Dal 2010, gli adolescenti hanno avuto meno interazioni con i coetanei di persona rispetto alle generazioni precedenti. Il deterioramento della salute mentale giovanile non ha una spiegazione semplice. Ricercatori e teorici hanno identificato diversi fattori potenziali, tra cui la genitorialità iperprotettiva, il calo del gioco libero e l’onnipresenza degli smartphone e dei social media. Nel 2023, il Surgeon General ha pubblicato un avviso sui social media riguardante la salute mentale dei giovani e ha richiamato l’attenzione sui potenziali rischi associati all’uso dei social media per bambini e adolescenti.[290] (pag. 243)
“Come discusso nel Capitolo 4, le influenze sociali hanno plausibilmente contribuito al drammatico aumento degli adolescenti che si sono presentati alle cliniche di medicina di genere pediatrica (PGM) nell’ultimo decennio. Il bisogno di appartenenza e di accettazione degli adolescenti può essere soddisfatto da comunità e spazi online incentrati sull’identità. L’uso crescente di etichette identitarie come “transgender” e “non binario” tra gli adolescenti, è un argomento importante per la ricerca nell’ambito della sociologia. Nell’attuale ambiente sanitario degli Stati Uniti, l’auto-etichettarsi aumenta la probabilità che un giovane cerchi aiuto presso un ambulatorio di medicina di genere, dove la transizione medica può essere raccomandata già al primo appuntamento (vedi Capitolo 12)[291] (pag. 246)
(14.3.) Controversie sulla valutazione e sul ruolo dello psicoterapeuta
“Nella ricerca olandese, che è alla base dell’approccio contemporaneo della transizione medica pediatrica (PMT), lo psicoterapeuta ha occupato un ruolo essenziale. L’approccio olandese originale prevedeva un intenso processo di valutazione. Il protocollo richiedeva agli adolescenti che iniziavano la transizione medica di continuare a ricevere cure regolari per la salute mentale. Quando si discute sulle applicazioni attuali della transizione medica pediatrica (PMT) negli Stati Uniti, gli operatori sanitari spesso descrivono un approccio simile: multidisciplinare, lento, attento e metodico”.[292] (pag. 247)
“Tuttavia, nella medicina di genere pediatrica (PGM), i team multidisciplinari (MDT) spesso non funzionano come nel modello collaborativo appena descritto… In alcuni protocolli, il professionista della salute mentale (MHP) che visita il minore con disforia di genere (GD) compila un modello prestampato che viene consegnato all’endocrinologo, per la prescrizione ormonale, o al chirurgo che effettua l’operazione. Inoltre, ogni componente del team multidisciplinare (MDT) può sottoscrivere il modello di cura per la transizione medica pediatrica (PMT), che dà accesso agli interventi endocrinologici e chirurgici dei pazienti che lo desiderano”.[293] (pag. 247 – 248)
Alcuni importanti sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) affermano che i bambini e gli adolescenti non necessitano di alcuna valutazione della salute mentale prima dell’inizio di interventi ormonali o chirurgici.[294] (pag. 248)
(14.4.) Psicoterapia per la disforia di genere (GD): riemersione in Europa
“Tre Paesi europei – Svezia, Finlandia e Inghilterra – hanno condotto revisioni sistematiche indipendenti delle prove commissionate dalle autorità di sanità pubblica. Tutti e tre hanno concluso che i rischi della medicalizzazione possono superare i benefici per i bambini e gli adolescenti con GD e di conseguenza hanno fortemente limitato l’accesso agli interventi medici di transizione di genere per i minori. Tutti e tre i Paesi ora suggeriscono approcci tradizionali legati alla cura della salute mentale e hanno iniziato ad impegnarsi per modificare la percezione di “straordinarietà” della GD. La psicoterapia diventa il trattamento di prima linea raccomandato, come lo è per tutti i disagi psicologici sulla base delle prassi della “gestione conservativa…”.[295] (pag. 249)
(14.5.) La psicoterapia e la sua applicazione alla disforia di genere
“La psicoterapia è l’intervento meno invasivo per affrontare il disagio psicologico, indipendentemente dalla sua eziologia, ed è stata riconosciuta come lo standard internazionale per la cura di un’ampia gamma di problematiche legate alla salute mentale. Tuttavia, non ci sono evidenze dell’efficacia della psicoterapia per la disforia di genere (GD). Come notato nel Capitolo 5, ci sono molteplici ragioni che hanno causato la scarsità di dati e “c’è stata una mancata considerazione sistematica di come gli interventi psicosociali dovrebbero essere utilizzati e della ricerca legata alla loro efficacia“.[296] (pag.250)
(14.5.1.) Psicoterapia per condizioni frequentemente concomitanti con la disforia di genere
“I pazienti che si rivolgono alle cliniche PGM oggi hanno una serie di disturbi dello sviluppo neurologico e disturbi legati alla salute mentale in comorbilità tra cui depressione, ansia, disturbi alimentari, autolesionismo e suicidalità. Alcuni studi suggeriscono che, in oltre il 70% dei casi, altre diagnosi del Manuale diagnostico del disagio mentale (DSM) sono apparse prima della disforia di genere (GD). Dal punto di vista eziologico, la relazione tra la disforia di genere (GD) e l’alto tasso di problematiche legate alla salute mentale concomitanti in questa popolazione non è chiara”. [297] (pag.251)
“Può darsi che la disforia di genere sia emersa come problematica secondaria rispetto a un’altra diagnosi di salute mentale “primaria”, come il disturbo dello spettro autistico o il disturbo borderline di personalità, o come risultato di un grave trauma (ad esempio, abuso sessuale). Un’altra spiegazione è che la disforia di genere sia intrinsecamente angosciante, cioè la marcata incongruenza tra il genere percepito e il sesso somatico, anche all’interno di ambienti psicosociali che sono in gran parte “affermativi/di supporto”, porta a sintomi clinicamente significativi come ansia o depressione”.[298] (pag. 251)
“Nell’ambito della discussione più ampia dell’alta prevalenza di disforia di genere (GD) nei pazienti che presentano condizioni come disturbi alimentari, disturbo da dismorfismo corporeo e comportamenti funzionali simili a tic, la Cass Review ha osservato che “i sintomi angoscianti che si verificano in queste condizioni di ‘corpo e mente’ sono reali e, come il dolore o il disagio che derivano da altre cause, possono essere affrontati e aiutati con interventi psicologici. È molto importante che i giovani che si interrogano sul genere siano in grado di accedere a questi trattamenti basati su evidenze scientifiche”.[299] (pag. 254)
(14.5.2.) Psicoterapia per la disforia di genere
“Mancano evidenze su approcci alternativi per la gestione del disagio di genere ed è difficile ottenere informazioni sulla pratica clinica di routine o sui percorsi di cura per i bambini e i giovani che non ricevono interventi medici. Deve essere sviluppato un percorso clinico esplicito per gli interventi non medici, nonché una strategia di ricerca per valutarne l’efficacia. Sebbene diversi studi suggeriscano che la psicoterapia per la disforia di genere (GD) possa risolvere efficacemente la condizione in modo non invasivo, la qualità delle evidenze è molto bassa. Allo stesso tempo, la panoramica ha identificato due revisioni ritenute affidabili (cioè a basso rischio di bias) e ha osservato che “nessuna delle due ha suggerito che vi sia un’indicazione di danno dalla psicoterapia“. Una delle review ha concluso: “La maggior parte delle analisi sulla salute mentale, sugli esiti psicologici e/o psicosociali ha mostrato benefici o nessun cambiamento, senza che nessuna indicasse effetti negativi/avversi degli interventi offerti”.[300] (pag. 254 – 255)
(14.5.2.1.) L’accusa di “terapia di conversione”
“Sebbene la psicoterapia per la disforia di genere (GD) sia descritta come “neutrale” e “imparziale”, alcuni sostenitori della transizione medica pediatrica (PMT) dichiarano che tali approcci “esplorativi” sono equivalenti alle pratiche di conversione. La “terapia di conversione”, a volte chiamata “terapia riparativa”, originariamente si riferiva agli sforzi per cambiare l’orientamento sessuale delle persone gay e lesbiche”.[301] (pag. 255)
“I critici della psicoterapia esplorativa per la disforia di genere (GD) affermano che i terapeuti stanno cercando di “promuovere identità di genere che sono allineate con il sesso della persona assegnato alla nascita”. Una descrizione meno teorica sarebbe che alcuni terapisti stanno cercando di aiutare i bambini e gli adolescenti a venire a patti con i loro corpi. Il disagio con il corpo sessuato o con le aspettative sociali basate sul sesso è comune durante la pubertà e l’adolescenza. Per questo e altri motivi, caratterizzare come “terapia di conversione” qualsiasi approccio incentrato sulla riduzione del disagio di un minore riguardo al proprio corpo o ruolo sociale è un espediente retorico problematico e potenzialmente dannoso”.[302] (pag. 255 – 257)
(14.5.2.2.) Approcci psicoterapeutici
“L’efficacia della psicoterapia per una vasta gamma di problemi di salute mentale, compresi quelli che spesso si presentano con la disforia di genere (GD), suggerisce che potrebbe essere utile anche per la disforia di genere (GD) nello specifico”.[303]
Sfortunatamente, gli sforzi per fare ricerca sull’influenza di fattori culturali e sociali, traumi o condizioni di salute mentale concomitanti alla disforia di genere (GD) sono stati definiti come “dannosi”. Insieme all’accusa di “terapia di conversione”, questo comporta che i terapeuti vengono forzati a dare per scontato – spesso senza valutazione critica – che i problemi di salute mentale che si verificano in concomitanza con la disforia di genere (GD) siano principalmente il risultato del minority stress. Questa pressione può spingere i medici a trascurare la possibilità concreta che in alcuni pazienti la disforia di genere (GD) sia scaturita da traumi, problemi di salute mentale “primari” o condizioni di sviluppo neurologico (vedi Sezione 14.1 sopra). Le pubblicazioni di psicoterapeuti che lavorano con questa popolazione hanno indicato che i pazienti con disforia di genere (GD) possono cercare interventi ormonali o chirurgici in risposta a esperienze di violenza sessuale, atteggiamenti negativi nei confronti dell’omosessualità o bullismo legati all’espressione di sé. Se queste possibilità vengono ignorate, gli interventi medici e chirurgici possono essere raccomandati come soluzione”.[304]
CONCLUSIONI
“La delega di autorità alla professione medica si basa su un implicito contratto sociale: i medici, in quanto professionisti, ricevono il “privilegio dell’autoregolamentazione” e riconoscimenti economici a condizione che si occupino dei bisogni di salute dei singoli pazienti e della società. Un tema centrale di questa revisione è che molti professionisti e associazioni mediche statunitensi sono venuti meno al loro dovere di dare priorità agli interessi sanitari dei giovani pazienti. In primo luogo, si è assistito a una rapida espansione e implementazione di un protocollo clinico privo di una sufficiente giustificazione scientifica ed etica. In secondo luogo, di fronte a prove schiaccianti del fatto che questo protocollo non fornisse i benefici per la salute promessi e che altri Paesi stessero modificando le proprie politiche in modo appropriato, i professionisti e le associazioni mediche statunitensi non hanno riconsiderato l’approccio di “affermazione di genere”. In terzo luogo, le prove contrastanti – evidenze che mettevano in discussione i presupposti fondamentali del protocollo e la reputazione professionale dei suoi sostenitori – sono state travisate o non sufficientemente riconosciute. Infine, le opinioni discordanti sono state marginalizzate e coloro che le esprimevano sono stati denigrati. Sebbene nessun medico o associazione medica intenda deludere i propri pazienti, in particolare quelli più vulnerabili, i capitoli precedenti dimostrano che questo è esattamente ciò che è accaduto”.[305] (pag. 266)
[1] “Treatment for Pediatric Gender Dysphoria Review of Evidence and Best Practices”. Department of Health and Human Services, May 1, 2025.
[2] “Over the past decade, the number of children and adolescents who question their sex and identify as transgender or nonbinary has grown significantly. Many have been diagnosed with a condition known as “gender dysphoria” and offered a treatment approach known as “gender-affirming care.” This approach emphasizes social affirmation of a child’s self-reported identity; puberty suppressing drugs to prevent the onset of puberty; cross-sex hormones to spur the secondary sex characteristics of the opposite sex; and surgeries including mastectomy and (in rare cases) vaginoplasty. Thousands of American children and adolescents have received these interventions”.
[3] “This Review is published against the backdrop of growing international concern about pediatric medical transition. Having recognized the experimental nature of these medical interventions and their potential for harm, health authorities in a number of countries have imposed restrictions. For example, the UK has banned the routine use of puberty blockers as an intervention for pediatric gender dysphoria. 9 Health authorities have also recognized the exceptional nature of this area of medicine. That exceptionalism is due to a convergence of factors. One is that the diagnosis of gender dysphoria is based entirely on subjective self-reports and behavioral observations, without any objective physical, imaging, or laboratory markers. The diagnosis centers on attitudes, feelings, and behaviors that are known to fluctuate during adolescence”.
[4] “Additionally, the natural history of pediatric gender dysphoria is poorly understood, though existing research suggests it will remit without intervention in most cases. Medical professionals have no way to know which patients may continue to experience gender dysphoria and which will come to terms with their bodies. Nevertheless, the “gender-affirming” model of care includes irreversible endocrine and surgical interventions on minors with no physical pathology. These interventions carry risk of significant harms including infertility/sterility, sexual dysfunction, impaired bone density accrual, adverse cognitive impacts, cardiovascular disease and metabolic disorders, psychiatric disorders, surgical complications, and regret. Meanwhile, systematic reviews of the evidence have revealed deep uncertainty about the purported benefits of these interventions”.
[5] Gender incongruence is the term used in the International Classification of Diseases Eleventh Revision (ICD-11) (World Health Organization, 2022) to describe “a marked and persistent incongruence between an individual’s experienced gender and the assigned sex”. It has been moved out of the “Mental and behavioural disorders” chapter and into the “Conditions related to sexual health” chapter so that it is not perceived as a mental health disorder. It does not include references to dysphoria or dysfunction”.
[6] “The term “rapid onset gender dysphoria” (ROGD) has been suggested to describe a new clinical presentation of gender dysphoria. Despite sharp disagreement about the concept’s validity, symptoms consistent with ROGD have been recorded in clinics in the U.S. and other countries”.
[7] “In the U.S., the current approach to treating pediatric gender dysphoria aligns with the “gender-affirming” model of care recommended by the World Professional Association for Transgender Health (WPATH). This model emphasizes the use of puberty blockers and cross-sex hormones, as well as surgeries, and casts suspicion on psychotherapeutic approaches for management of gender dysphoria”.
[8] “In many areas of medicine, treatments are first established as safe and effective in adults before being extended to pediatric populations. In this case, however, the opposite occurred: clinician-researchers developed the pediatric medical transition protocol in response to disappointing psychosocial outcomes in adults who underwent medical transition”.
[9] “In recent years, in response to dramatic shifts in the number and clinical profiles of minor patients, as well as to multiple systematic reviews of evidence, health authorities in an increasing number of countries have restricted access to puberty blockers and cross-sex hormones, and, in the rare cases where they were offered, surgeries for minors. These authorities now recommend psychosocial approaches, rather than hormonal or surgical interventions, as the primary treatment”.
[10] “Specifically, this Review conducted an overview of systematic reviews—also known as an “umbrella review”—to evaluate the direct evidence regarding the benefits and harms of treatment for children and adolescents with gender dysphoria. Existing systematic reviews of evidence, including several that have informed health authorities in Europe, were assessed for methodological quality. The umbrella review found that the overall quality of evidence concerning the effects of any intervention on psychological outcomes, quality of life, regret, or long-term health, is very low. This indicates that the beneficial effects reported in the literature are likely to differ substantially from the true effects of the interventions”.
[11] “The risks of pediatric medical transition include infertility/sterility, sexual dysfunction, impaired bone density accrual, adverse cognitive impacts, cardiovascular disease and metabolic disorders, psychiatric disorders, surgical complications, and regret”.
[12] “In the U.S., the most influential clinical guidelines for the treatment of pediatric gender dysphoria are published by WPATH and the Endocrine Society. A recent systematic review of international guideline quality did not recommend either guideline for clinical use after determining they “lack developmental rigour and transparency.”
[13] “Problems with the development of WPATH’s Standards of Care, Version 8 (SOC 8) extend beyond those identified in the systematic review of international guidelines. In the process of developing SOC-8, WPATH suppressed systematic reviews its leaders believed would undermine its favoured treatment approach. SOC-8 developers also violated conflict of interest management requirements and eliminated nearly all recommended age minimums for medical and surgical interventions in response to political pressures”.
[14] “The “gender-affirming” model of care, as practiced in U.S. clinics, is characterized by a child-led process in which comprehensive mental health assessments are often minimized or omitted, and the patient’s “embodiment goals” serve as the primary guide for treatment decisions. In some of the nation’s leading pediatric gender clinics, assessments are conducted in a single session lasting two hours”.
[15] “The voices of whistleblowers and detransitioners have played a critical role in drawing public attention to the risks and harms associated with pediatric medical transition. Their concerns have been discounted, dismissed, or ignored by prominent advocates and practitioners of pediatric medical transition”.
[16] “U.S. medical associations played a key role in creating a perception that there is professional consensus in support of pediatric medical transition. This apparent consensus, however, is driven primarily by a small number of specialized committees, influenced by WPATH. It is not clear that the official views of these associations are shared by the wider medical community, or even by most of their members. There is evidence that some medical and mental health associations have suppressed dissent and stifled debate about this issue among their members”.
[17] “The evidence for benefit of pediatric medical transition is very uncertain, while the evidence for harm is less uncertain. When medical interventions pose unnecessary, disproportionate risks of harm, healthcare providers should refuse to offer them even when they are preferred, requested, or demanded by patients. Failure to do so increases the risk of iatrogenic harm and reduces medicine to consumerism, threatening the integrity of the profession and undermining trust in medical authority”.
[18] “The rise in youth gender dysphoria and the corresponding demand for medical interventions have occurred against the backdrop of a broader mental health crisis affecting adolescents. The relationship between these two phenomena remains a subject of scientific controversy”.
[19] “Suicidal ideation and behavior are independently associated with comorbidities common among children and adolescents diagnosed with gender dysphoria. Suicidal ideation and behavior have known psychotherapeutic management strategies. No independent association between gender dysphoria and suicidality has been found, and there is no evidence that pediatric medical transition reduces the incidence of suicide, which remains, fortunately, very low”.
[20] “There is a dearth of research on psychotherapeutic approaches to managing gender dysphoria in children and adolescents. This is due in part to the mischaracterization of such approaches as “conversion therapy.” A more robust evidence base supports psychotherapeutic approaches to managing common comorbid mental health conditions. Psychotherapy is a noninvasive alternative to endocrine and surgical interventions for the treatment of pediatric gender dysphoria. Systematic reviews of evidence have found no evidence of adverse effects of psychotherapy in this context”.
[21] “[gender-affirming care] is defined as a method of therapeutic care that includes allowing children to speak for themselves about their self-experienced gender identity and expressions and providing support for them to evolve into their authentic gender selves, no matter at what age. Interventions include social transition from one gender to another and/or evolving gender nonconforming expressions and presentations, as well as later gender-affirming medical interventions (puberty blockers, cross-sex hormones, surgeries)”.
[22] “Do PBs, CSH, and surgeries constitute best practice for this population? Guidelines and policies promulgated by professional medical societies in the U.S. differ from some European guidelines that recommend psychotherapy, not hormones or surgeries, for children and adolescents with GD. This Review, then, is written against a backdrop of intense disagreement in the international medical community. The number of young people with GD has surged, and many are suffering, as are their families. The question of how to best help these patients hinges on a comprehensive assessment of the evidence base for different treatment approaches, together with ethical considerations. Bringing ethical principles to bear on the evidence is one goal of this Review. While the need for respect and compassion resonates with all reasonable Americans, an invasive treatment with lifelong ramifications deserves the highest level of dispassionate scrutiny”.
[23] “PGM is a complex topic. This Review, therefore, will cover the field’s history and evolution in some detail, from the inception of the medicalized approach in the Netherlands (Chapter 3) to current treatment practices in the U.S. and other countries (Chapter 4, Chapter 9). The Review describes an international trend of retreat from the present “gender affirming” approach and reviews the reasons underlying it. This Review finds that clinical practice in this field of medicine is exceptional and concerning (Chapter 11). The influential PGM guidelines followed in the U.S. are especially problematic. They were developed in ways that contravene best practices for guideline development (Chapter 9, Chapter 10). This Review also finds evidence of extreme toxicity and polarization surrounding this field of medicine. (“There are few other areas of healthcare where professionals are so afraid to openly discuss their views … where name-calling echoes the worst bullying behaviour”). Additionally, this Review describes the inadequate response of professional medical and mental health associations to new evidence and controversies (Chapter 12)”.
[24] “First, the diagnostic criteria for GD are based solely on subjective reports and behavioral observations in patients with no objective physical pathology; there are no verifiable physiological or biochemical markers—such as abnormal imaging, lab, or clinical findings—to confirm the GD diagnosis. Second, the condition’s natural course (also known as “natural history”)—i.e., what happens when the condition remains untreated—appears to tend toward resolution absent medical and/or social transition interventions for a significant number of affected youths (see Chapter 4). While the condition will persist in some affected adolescents into adulthood, the Cass Review, commissioned by England’s National Health Service (NHS), found that while “a diagnosis of gender dysphoria has been the basis for initiating medical treatment … this is not predictive that the individual will go on to have longstanding trans identity”.
[25] “Third, the treatments recommended by the medicalized approach are invasive, usually irreversible, and their purported benefits are based on poor quality evidence. In addition to infertility and impairment of sexual function, the anticipated harms include adverse effects on bone health, cardiovascular function, and possible negative impacts on brain development (see Chapter 7). When taken separately, none of these factors is unique in medicine. Nearly all mental health and some physical health diagnoses are made on the basis of self-reports and behavioral observations. Also, there are other pediatric conditions such as mild ear infections and strep throat that are self-limiting but still treated to reduce discomfort, promote faster recovery, or prevent complications. Lastly, there are instances in which patients are offered treatments even if the benefits of those treatments are profoundly uncertain and harms are expected. For example, craniotomies are performed to remove certain malignant brain tumors, even though these interventions carry a high risk of permanent adverse effects and the overall prognosis remains poor even with treatment. In such cases, however, the alternative to intervention is a significantly shorter life expectancy”.
[26] “According to the UK’s April 2024 Cass Review, the most comprehensive assessment of PGM to date: this is an area of remarkably weak evidence, and yet results of studies are exaggerated or misrepresented by people on all sides of the debate to support their viewpoint. The reality is that we have no good evidence on the long-term outcomes of interventions to manage gender-related distress”.
[27] “In keeping with EBM principles, this Review is informed by a methodologically rigorous assessment of the evidence underpinning PGM. An overview of SRs was conducted, and its findings are presented in Chapter 5 and in Appendix 4. In brief, the overview independently confirms Cass’s observation that “this is an area of remarkably weak evidence”.
[28] “EBM is only decades old, but medical ethics is as old as medicine itself. The Hippocratic Oath, originating in the fourth century BCE, and attributed to the ancient Greek physician Hippocrates, is a pledge to uphold ethical principles in medicine. The Hippocratic writings include: “I will use treatment to help the sick according to my ability and judgment, but I will never use it to injure or wrong them.”28 This commitment laid the foundation for the medical maxim Primum non nocere: First, do no harm.29 Together with the duty of non-maleficence (avoiding harm), the duty of beneficence (promoting the patient’s well-being) “undergirds all medical and health care professions and their institutional settings.”30 These duties have been continually affirmed by professional medical societies”.
[29] “Importantly, the physician’s duties of non-maleficence and beneficence are not overridden by the patient’s desire for a particular course of treatment. In 2002, the American Board of Internal Medicine Foundation, the American College of Physicians Foundation, and the European Federation of Internal Medicine articulated this point in a “Physician Charter.” Among the three “fundamental principles” of the charter is the “Principle of patient autonomy,” defined as follows: Physicians must have respect for patient autonomy. Physicians must be honest with their patients and empower them to make informed decisions about their treatment. Patients’ decisions about their care must be paramount, as long as those decisions are in keeping with ethical practice and do not lead to demands for inappropriate care”.
[30] “The choice of words can affect medical decision-making. Medical providers have a professional duty to apprise their patients of their conditions and the treatment options in language that is accurate, ethically neutral, and in no way misleading. In the case of pediatric gender medicine (PGM), language has distorted the clinical picture, obscuring important distinctions”
[31] “As mentioned in Chapter 1, the preferred label for the treatment approach endorsed by the World Professional Association for Transgender Health (WPATH), the Endocrine Society (ES), the American Academy of Pediatrics (AAP) and the American Medical Association (AMA) is “gender-affirming care.” The surgical removal of breasts (mastectomy) in physically healthy females is called “gender-affirming chest surgery” or “top surgery”. “Affirming” has a positive connotation, and someone who objects to “gender-affirming surgery” sounds lacking in compassion. The euphemisms “chest surgery” and “top surgery” gloss over the relevant fact that breasts are removed. Word choices can obscure patients’ young ages. Terms such as “people” or “folks” are sometimes used by proponents of medicalized interventions instead of “children” or “adolescents.” It is frequently emphasized that prepubertal children are not prescribed hormones or surgeries. That is true. However, clinical guidelines recommend initiating puberty blockers (PBs) at pubertal onset, which can occur at 8 or 9 years old—meaning that such interventions may be started during childhood. In discussions of this recommendation, “young people” or “adolescents” are sometimes substituted for “children.” Again, this helps camouflage the fact that sometimes serious medical interventions are performed on children’s healthy bodies”.
[32] “The problems go deeper. The terminology of “sex,” “male,” and “female” is indispensable if the medical and ethical issues are to be discussed responsibly. And yet proponents of medicalization go to extraordinary lengths to avoid the plain use of these words, and related words such as “boy” and “girl.” When “sex” is defined, the definition is rarely correct, and in any case the preferred phrase is “sex assigned at birth.” According to the ES’s “Clinical Practice Guideline for the treatment of Gender Dysphoric/Gender-Incongruent Persons,” “the terms biological sex and biological male or female are imprecise and should be avoided.” Pediatric female patients are not “girls” or “young women,” but rather “AFAB individuals” (people “assigned female at birth”). Some authorities in PGM say that the patients wanting mastectomies are in fact “young men.” “Assigned sex at birth” is not a harmless euphemism. It suggests an arbitrary decision— not unlike “assigned seating”—rather than the observation of a characteristic present long before birth, namely the child’s sex. Moreover, if the phrase “assigned sex” were intended merely as a gentler way of referring to sex in conversations with patients and families, one would expect more direct language to be used in the specialty medical literature. In professional contexts, where clarity is paramount, euphemisms are generally avoided. Yet “assigned sex” is ubiquitous in clinical and academic publications. Not only that: use of such terminology is now mandated by certain medical journals. The American Psychological Association (APA) style guide, for example, classifies “birth sex” and “natal sex” as “disparaging terms” which problematically “imply that sex is an immutable characteristic”.
[33] “In short, “gender identity” as it appears in SOC-8 and related literature is ill-defined. It may be true that a person’s gender identity is subjective, or undetectable by blood tests or neuroimaging, or otherwise beyond the reach of science, but the more critical point is that no tolerably clear definition of “gender identity” has been offered in the first place.25 This is a serious problem, because the term figures centrally in the justification for medical intervention”.
[34] “The term “transgender” is typically explained in terms of gender identity. Transgender people are those whose gender identities do not “align with” or “match” their sex (or “sex assigned at birth”). Since “each of us has a gender identity, though many of us never give it much thought, ”the rest of humanity have gender identities that match their sex; these people are said to be “cisgender.” It is important to realize that “transgender” is not a clinical term and does not correspond to a medical diagnosis. Indeed, proponents of the medicalized approach emphasize that some transgender people neither desire nor need medical or surgical interventions of any sort. It is often claimed that gender identity is “innate or fixed at a young age,” and so “cannot be changed.” Putting that idea together with the definition of “transgender,” the result is that being transgender is a close-to-immutable trait. (The same goes for being cisgender.) A “transgender child,” in this framework, is a child whose unalterable gender identity does not align with their sex, while cisgender children are the other kind. Once this binary paradigm of “trans kids” and “cis kids” is accepted, therapeutic exploration of the underlying causes of a child’s discomfort with his or her sexed body is readily dismissed as “conversion therapy,” an unethical attempt to interfere with the development of the child’s authentic self. According to many authorities in PGM, there is a test to determine whether a child is transgender or cisgender. This is because children “know who they are.” Specifically, they know their “gender.” If a child’s “gender” matches their “assigned sex,” they are cisgender; if not, they are transgender. So, to determine whether a child is transgender or cisgender, one only need ask”.
[35] “Since an adolescent’s gender identity cannot be changed, the obvious solution to relieve the distress is to change their body”.
[36] “There is growing international awareness of the importance of using accurate sex based language. As the recent UK’s Review of Data, Statistics and Research on Sex and Gender (RSG) asserts… The RSG also recommends against using the phrase “sex assigned at birth,” remarking that it is “misleading.” The RSG notes that the word “gender” has “multiple distinct meanings, including: a synonym for sex; social structures and stereotypes associated with sex; and gender identity.” For this reason, the RSG cautions against using the word when misunderstandings could arise… As discussed, the term “transgender child” suggests that medical intervention is the default or primary course of action. For this reason, it will be avoided”.
[37] “It is common in medicine to extend medical treatments to children once they have been proven safe and effective in adults”.
[38] “The rationale for transitioning adolescents emerged from the observation that medical transition in adults often failed to produce the desired positive outcomes”.
[39] “In 1949, an American physician, David Cauldwell, used the term “transexual” to label “individuals who are physically of one sex and apparently psychologically of the opposite sex”.
[40] “Transsexualism” was popularized by Harry Benjamin, a German-American endocrinologist and the father of transgender medicine. Benjamin’s 1966 book, The Transsexual Phenomenon, was the first comprehensive English-language discussion of medicalized treatment for people who “want to undergo corrective surgery … so that their bodies would at least resemble those of the sex to which they feel they belong and to which they ardently want to belong”.
[41] “Transsexualism was not then a phenomenon. That changed in 1952, when the news broke that George Jorgensen, a 24-year-old American of Danish descent had undergone sex reassignment surgery”.
[42] “Growing up in the Bronx, the young George was teased for his “girlish qualities,” and was greatly conflicted by his homosexuality:one question was especially troubling for George: He had learned at church and from his school friends that homosexual relationships were considered sinful and immoral”.
[43] “This conflict would contribute to episodes of depression, low self-esteem, low aspiration for success, and much personal unhappiness”.
[44] “There the “Bronx youth” became a patient of Christian Hamburger, a Copenhagen endocrinologist”.
[45] “After the “sensational publicity” over George Jorgensen’s metamorphosis into Christine, Hamburger received “a unique collection of letters from a considerable number of men and women who desire to change their sex”.
[46] “Over three quarters were men, and some of the letter writers were young teenagers”.
[47] “Childhood gender-nonconformity is strongly associated with later homosexuality. Because childhood- or early-onset gender dysphoria (GD) involves extreme gender nonconformity, young children distressed by their sexed bodies will likely grow up to be same-sex attracted”.
[48] “Despite the sensational publicity, in the 1960s the “transsexual phenomenon” was still in its infancy. By 1965, Benjamin had seen 307 cases of which he deemed 220 “true transsexuals. Only 62 males and 11 females had had surgery”.
[49] “Reflecting this imbalance, The Transsexual Phenomenon had only one slim chapter on “the female transsexual”.
[50] “By 1979, the demand for “sex change” became significant enough for clinicians caring for this patient population to form a professional association, the Harry Benjamin International Gender Dysphoria Association (HBIGDA), which published the first Standards of Care in 1979. In that short typewritten document, “Principle 2” of 32 was: “Hormonal and surgical sex reassignment are procedures requiring medical justification and are not of such minor consequence as to be performed on an elective basis. In the third edition of the DSM in 1980, the disorder of “transsexualism” was said to be “apparently rare”.
[51] “In 1994 DSM-IV reported: “Data from smaller countries in Europe with access to total population statistics and referrals suggest that roughly 1 per 30,000 adult males and 1 per 100,000 adult females seek sex-reassignment surgery”.
[52] “The “transgender tipping point” had not yet arrived”.
[53] “Pediatric medical transition began in the Netherlands, which had offered adult treatment in an academic hospital starting the 1970s, with the costs of a medical transition reimbursed through the Dutch national health insurance system34. The availability of comprehensive and reliable medical records gave clinicians the opportunity to study how patients fared”.
[54] “Almost all the FMs and nearly 80% of the MFs described their ability to “pass as a member of the newly assumed gender” as good or very good. None of those who had had surgery “felt any significant doubts about the decision to get rid of their own primary and secondary sex characteristics and to have the body surgically adjusted to the characteristics of the opposite sex”.
[55] “On the other hand, while the self-reported subjective outcomes were good, objective measures told a different story. One in seven MFs and one in 36 FMs had attempted suicide after treatment began”.
[56] “Of the total number of patients seen at the NGCF in the previous 10 years, three had committed suicide after treatment”.
[57] “Did medical transition at least alleviate gender dysphoria? Interestingly, there was no relationship between reported happiness and stage of transition”.
[58] “Those who have completed SRS are not happier or less happy than those who are still in the initial phase of therapy. In other words, a person’s positive evaluation of his/her life-in-its-totality is not directly related to his/her progress in physical adjustment to the opposite sex”.
[59] “Although the researchers claimed that “there is no reason to doubt the therapeutic effect of sex reassignment surgery,” they were clear that there were significant costs: SRS is no panacea. Alleviation of the gender problems does not automatically lead to a happy and light-hearted life. On the contrary, SRS can lead to new problems”.
[60] “Apparently ignored was the related possibility that transition may appeal to young gay men and lesbians suffering from social disapproval of their homosexuality”.
[61] “Cohen-Kettenis believed that transsexuals would experience better outcomes if they started treatment before adulthood”.
[62] “With the collaboration of Cohen-Kettenis and Delemarre-van de Waal, the “Dutch Protocol” for youth medical transition was born”.
[63] “In the United States, HBIGDA endorsed puberty blockers in their sixth version of their clinical guideline, the Standards of Care (SOC-6, 2001)”
[64] “SOC-6 also erroneously characterized PBs as “fully reversible” (see Chapter 7). As Biggs points out, “the published evidence for the benefits of puberty suppression then comprised a single case study of one patient—FG—awaiting final surgery”.
[65] “From 2014, puberty blockers moved from a research-only protocol to being available through routine clinical practice … In addition, the strict inclusion criteria of the Dutch protocol were no longer followed, and puberty blockers were given to a wider range of adolescents … These included patients with no history of gender incongruence prior to puberty, as well as those with neurodiversity and complex mental health presentations. HBIGDA became the World Professional Association of Transgender Health (WPATH) in 2007”.
[66] “The seventh version of the Standards of Care (SOC-7) was published in 2012 and was a significant departure from SOC-6, moving away from medical gatekeeping and towards the “gender-affirming” model”.
[67] “Non-binary” would have to wait its turn, appearing for the first time in the current guideline, SOC-8 (2022) , with a chapter dedicated to it”.
[68] “Around the time Cohen-Kettenis and colleagues published their first study, clinicians started to observe a rapid increase in the pediatric patient population. More notably, the demographic profile of these patients was shifting, with adolescent females emerging as the predominant group”.
[69] “In a related trend, Western countries began reporting a growing number of adolescents who, often unexpectedly, disclosed a transgender identity—frequently to the surprise of their parents”.
[70]“Since the publication of the Dutch Protocol in 2006, the practice of “gender-affirming” (or “affirmative” care) has rapidly expanded. Now, a global reversal is underway. Several national health authorities have restricted hormonal and surgical interventions for minors”.
[71]“Following the publication of the Dutch Protocol in 2006, puberty blockers (PBs) and cross-sex hormones (CSH) were incorporated into the Endocrine Society’s 2009 clinical practice guideline (CPG), which recommended that hormonal interventions should be used for certain pediatric patients with GD. This approach was also recommended by the World Professional Association for Transgender Health’s guidelines in 2012. Notably, these endorsements occurred before the final analysis of psychological outcomes from the original Dutch cohort was published in 2014 —and several years before the first systematic reviews of evidence (SRs) commissioned by public health authorities began to appear in 2019 and 2020. During this same period, the number of children and adolescents reporting symptoms of GD and seeking medical intervention surged—a trend that has since become widespread across Western countries. At the same time, the epidemiological profile of patients changed markedly: while earlier cohorts consisted mainly of prepubertal boys, more recent referrals have been dominated by teenage girls”.
[72] “One striking characteristic of the surge of adolescents presenting with a wish to undergo medical transition is the disproportionate number of female adolescents without prior childhood history of GD who present with high rates of comorbid mental health conditions. This pattern drew the attention of Finnish researchers, who were the first to publish on these changing demographics and to raise concerns that the Dutch Protocol might not be helping—and might even be harming—patients. Finland subsequently became the first country to revise its national guidelines, sharply limiting medical interventions based on the findings of an SR. In the years that followed, other countries began conducting their own evaluations of the evidence and arrived at similar conclusions. A global trend has since emerged, away from use of PBs, CSH, and surgeries in youth with GD”.
[73] “Starting in 2020, PMT began to face growing scrutiny from public health authorities worldwide, resulting in substantial reversals of clinical protocols in an increasing number of countries. The most influential effort to date has been the Cass Review—a four-year independent evaluation of PGM that was published in April 2024. The findings of the Cass Review led to the closure of the UK’s PGM clinic, the Gender Identity Development Service (GIDS), which had been given a rating of “inadequate” by the Care Quality Commission in 2021. The Cass Review recommended a restructuring of the care delivery model—away from the centralized “gender clinic” model of care toward a more holistic framework centering psychosocial support, to be delivered through regional hubs. The Cass Review’s findings also led the UK to ban the use of PBs outside clinical trials, and to significantly restrict CSH. While CSH are still officially an available treatment, the National Health Service (NHS) recently revealed that since the Cass Review was published, no minor has been found eligible to receive CSH according to the updated policy. In the UK, minors have never received GD-related surgery through the NHS”.
[74] “The Cass Review has had a profound influence on international debates. Commissioned by NHS England, the Cass Review assessed the safety, efficacy, and delivery of PGM services for children and adolescents. Conducted over four years under the leadership of Hilary Cass, pediatrician and a past president of the Royal College of Paediatrics and Child Health, the review engaged a broad range of stakeholders and relied on SRs from the National Institute for Health and Care Excellence (NICE) and the University of York, as well as additional research. The Cass Review’s findings identified significant limitations in the evidence base for PBs and CSH, and recommended that PBs be offered only within a research context until further data are available. The review emphasized a multidisciplinary, developmentally-informed model of care for youth with GD that prioritizes psychological support and the development of “an explicit clinical pathway … for non-medical interventions.”
[75] “The global reversals away from PMT can be attributed to six main factors: a significant shift in the patient population; uncertainty surrounding the natural history and prognosis of GD; increasing recognition of the risks associated with medical interventions; a more accurate understanding of the suicide risk; the collapse of the original treatment rationale; and a weak underlying evidence base”.
[76] “The original Dutch research did not study patients with nonbinary identities; such patients were not deemed to be appropriate candidates for medical transition. However, nonbinary identities now feature prominently in contemporary clinical settings and research populations. In a 2021 research project funded by the Trevor Project, for example, 63% of the 11,914 survey respondents identified as nonbinary. In a study of youth who received mastectomies, 11% identified as nonbinary or “other.” This creates a new set of ethical challenges, as patients seek interventions that have never before been contemplated, including keeping patients in puberty-suppressed states for extended periods of time to allow them to maintain a sex-ambiguous appearance. The risks of such interventions may be considerable”.
[77] “The role of social influence is a likely factor in these epidemiological changes. In 2018, physician and researcher Lisa Littman introduced the phrase “rapid onset gender dysphoria,” or ROGD, into the peer-reviewed literature, describing the clinical picture of “adolescent-onset or late-onset gender dysphoria where the development of gender dysphoria is observed to begin suddenly during or after puberty in an adolescent or young adult who would not have met criteria for gender dysphoria in childhood.” This phenomenon has been described in research from the UK, the Netherlands, Finland, and Canada. Other terms have been used—e.g. “adolescent onset gender dysphoria,” “post-puberty adolescent-onset transgender histories”—to describe the pubertal-onset gender dysphoria disproportionately affecting female adolescents. Research into experiences of detransition and regret (detransition refers to stopping or reversing transition after having received medical and/or surgical interventions; it can overlap with but is not synonymous with regret) have suggested social influence or pressure have played a role in the transient transgender identifications of some patients. Concerns about the possible role of social influence underlying epidemiological shifts in presentations have been articulated elsewhere in the literature, including by some proponents of PMT. WPATH’s guidelines note that “susceptibility to social influence impacting gender may be an important differential to consider” for some adolescents; the guidelines also acknowledge “situations in which a young person experiences very recent or sudden self-awareness of gender diversity and a corresponding gender treatment request, or when there is concern for possible excessive peer and social media influence on a young person’s current self-gender concept”.
[78] “Prior to the widespread availability of hormonal interventions, most cases of childhood GD resolved naturally by the end of puberty, with the majority of patients having a homosexual sexual orientation in adulthood. The Dutch Protocol was developed on the assumption that only GD that persisted into adolescence would likely be permanent. As referrals shifted toward patients with adolescent-onset distress, this assumption of permanence was generalized to all adolescent GD regardless of whether it intensified in adolescence or appeared for the first time in adolescence. The belief that any GD in adolescence is likely permanent and warrants medical treatment remains “central to the rationale for medical intervention” in adolescents”.
[79] “Recent close examination of the literature has called into question the assumptions regarding the permanence of adolescent GD.87 Although the natural history of GD—i.e., its course absent medical interventions—is currently impossible to measure given the wide availability of interventions, new evidence suggests that GD has a low diagnostic stability. For example, a German longitudinal analysis of an insurance claims database showed that over 70% of adolescent females aged 15-19 no longer had the diagnosis five years later.88 Another recent study from the Netherlands found that “gender non-contentedness” continues to decline steadily into the early twenties”.
[80]“There is considerable concern that “pubertal suppression may alter the course of gender identity development, essentially ‘locking in’ a gender identity that may have reconciled with biological sex during the natural course of puberty.” This concern is not new. Some early critics of the Dutch approach pointed out that initiation of hormonal interventions in early to mid-puberty “might affect the further development of gender identity, or … even iatrogenically induce persistence [of GD].” In 2024, the European Academy of Pediatrics cautioned that puberty suppression may undermine long-term autonomy by creating a path dependency that leads to cross-sex hormones and surgery. Several studies have suggested continuation rates from PBs to CSH exceed 90%. The perception of PBs has shifted—from being seen as a reversible “pause button” to more like a “gas pedal” that accelerates medical transition. Social transition in childhood may have similar effects, with some low-quality studies suggesting the majority of children who socially transition94 before puberty progress to medical interventions”.
[81] “Awareness of the risks and potential harms of PMT is growing. Concern has been raised about the unknown or potentially harmful effects of suppressing normally timed puberty on adolescent physical and mental health, especially with regard to bone mineralization and brain development. Hormonal interventions can lead to infertility and impaired sexual function, and in some cases, if the patient proceeds to genital procedures, riskier operations. Surgical procedures themselves carry the risk of complications. The emergence of detransitioners has brought renewed attention to a risk acknowledged in the original Dutch Protocol, which is that initiating medical transition while a young person’s identity is still developing carries the risk of “false positives”—patients who undergo irreversible hormonal and/or surgical interventions but ultimately do not continue to identify as transgender. In the past five years, a growing body of research and peer-reviewed literature has examined the phenomena of detransition and regret. Personal accounts from detransitioned patients who report having been harmed by PMT have played a significant role in drawing public and regulatory attention to these issues”.
[82] “Proponents of PMT often describe it as lifesaving. Some physicians recommending PMT have urged anxious parents to consent to irreversible interventions for their distressed children, warning that not doing so may increase the risk of suicide. Such claims are not supported by the evidence and have been criticized as unethical. Adolescents and adults with GD do exhibit higher rates of suicidality—including suicidal thoughts, self-harm, and suicide attempts—compared to the general public. However, completed suicide among adolescents with GD remains rare. Moreover, there is no evidence that elevated suicidality can be attributed solely to GD, as it frequently co-occurs with other mental health conditions. A 2020 report by the Swedish National Board of Health and Welfare (Socialstyrelsen) concluded that “people with gender dysphoria who commit suicide have a very high rate of co-occurring serious psychiatric diagnoses, which in themselves sharply increase risks of suicide … it is not possible to ascertain to what extent GD alone contributes to suicide. ”Further, the evidence for whether PMT reduces suicidality-related outcomes in adolescents—such as self-reported frequency of suicidal thoughts, or healthcare utilization for self-harm or suicide attempts—is inconsistent. When the focus turns to preventing suicide mortality, there is no evidence that hormonal interventions are effective. A large, register-based study from Finland found that overall suicide mortality in patients with GD was rare and that when mental health comorbidities were controlled for, the rate did not differ from that of the general population. The study authors concluded that hormonal interventions did not appear to have impacted suicide risk. An SR of suicide prevention for youth with GD rated the evidence as low quality, and WPATH’s own SR of mental health outcomes, which focused on adult populations, acknowledged that “It was impossible to draw conclusions about the effects of hormone therapy on death by suicide. ”As summarized in the Cass Review’s final report, “it has been suggested that hormone treatment reduces the elevated risk of death by suicide in this population, but the evidence found [does] not support this conclusion.”
[83] “An original rationale for prescribing PBs, as outlined in the Dutch Protocol, was to provide adolescents with “time to think” by pausing puberty, thereby allowing for the exploration of identity without the added distress of physical development. However, data suggest that adolescents who start PBs go on to take CSH. This means that PBs may not function as a neutral pause, but rather the first step on the path to medical transition. This has prompted many experts to abandon the “time to think” rationale, a reversal reflected in more recent WPATH guidelines and professional statements. PBs and CSH are now understood to be a continuous treatment pathway. Given the risk profile of PBs as outlined in Chapter 7, and the possibility that their use may lead to lifelong medical dependency carrying additional long-term risks, their role in the current treatment paradigm is unclear. In male patients, testosterone suppression can be achieved with anti-androgens alongside estrogen for feminization. In female patients, testosterone alone effectively suppresses estrogen, while also inducing masculinization. Therefore, if PBs are not being used to provide time to think, their rationale in this context remains uncertain”.
[84]“The original intent behind the use of hormonal interventions in pediatrics was to improve mental health outcomes by preventing sexual development and causing the development of physical characteristics typical of the other sex. This approach was based on the hypothesis that avoiding “an unfavorable physical appearance” would “improve the ability to ‘pass’ as the desired gender.” While these interventions do alter physical appearance, SRs have not found credible evidence that they lead to meaningful improvement in mental health. Multiple SRs have concluded that the evidence supporting the benefits of pediatric transition interventions—from PBs to CSH and surgery—is of “very low certainty.” This means that findings from studies reporting mental health improvements are not considered reliable. In contrast, all medical interventions carry the potential for harm. Ultimately, medical interventions should be used when the balance of benefits clearly outweighs the risks. Every public health authority that has conducted a systematic review of the evidence has concluded that the benefit/risk profile of PMT is either unknown or unfavorable”.
[85] “This chapter reviews the best available information regarding the risks, benefits, and uncertainties of interventions commonly used to address gender dysphoria (GD) in youth”.
[86] “A fundamental principle of evidence-based medicine (EBM) is that optimal decision-making “requires awareness of the best available evidence, which ideally will come from systematic summaries of that evidence.”1 The cornerstone of EBM is the systematic review, [which] attempts to collate all empirical evidence that meet prespecified eligibility criteria in order to answer a specific research question. It uses explicit, systematic methods that are selected with a view to minimizing bias, thus providing more reliable findings from which conclusions can be drawn and decisions made.
[87] Social transition involves changing one or more aspects of one’s presentation or expression, such as name, appearance, or behavior, with the goal of being perceived and treated as a member of the other sex, or to avoid being perceived and treated as a member of one’s own sex”.
[88] “This overview identified two SRs evaluating the impact of social transition. Both are assessed as at low risk of bias.26 The results suggest that the impact of social transition on long-term GD, psychological outcomes and well-being, and future treatment decisions such as hormones or surgeries remains poorly understood”.
[89] “Additionally, published studies often do not disentangle the effects of social transition from concurrent interventions such as psychotherapy or medical treatments, further complicating interpretation”.
[90] “Gonadotropin-releasing hormone agonists (GnRHa), known as “puberty blockers” (PBs), are used to prevent or arrest the development of sex characteristics in peripubertal and pubertal children and adolescents with GD”.
[91] “The eligibility criteria and number of included studies varied in these four SRs, and the certainty of evidence is very low regarding the effect of PBs on GD (or gender incongruence), improvement in mental health, and safety. There is high certainty evidence that PBs exert physiological effects (such as sex hormone suppression) and often cause infertility when followed by CSH, depending on the patient’s pubertal stage and sex.28 Low certainty evidence suggests that PBs may compromise bone health.29 A high proportion of youth proceed to CSH after PBs, though the certainty of evidence regarding any causal role PBs play in this progression is very low”.
[92] “Although PBs are frequently described as a “pause button,” no studies have systematically examined their role in the decision-making process or the outcomes of those who discontinue treatment”.
[93] “The evidence is particularly limited regarding long-term outcomes related to fertility, growth, and neurocognitive development”.
[94] “Another important limitation is that most of the primary studies have not distinguished the effects of PBs on females versus males”.
[95] “Estrogen for males and testosterone for females are used off-label to induce physical changes in the sex characteristics of youth with GD”.
[96] “The certainty of evidence is very low regarding the effect on GD or incongruence, improvement in mental health, and safety metrics including fertility and bone health. There is high certainty evidence that CSH exerts physiological effects”.
[97] “Key outcomes such as effects on GD, other mental health outcomes, and quality of life have been inconsistently measured and, when reported, often are derived from small, observational studies with limited follow-up. Critically important long-term outcomes remain poorly understood. Sexual dysfunction, despite being highly relevant to long-term well-being, has been infrequently assessed. Although a few studies have reported cardiovascular event rates, long-term follow-up is needed to evaluate cumulative risk”.
[98] “Evidence on fertility is sparse, with little data on whether reproductive effects vary by age at treatment initiation or whether these effects are reversible”.
[99] “Masculinizing mastectomy for adolescent females is the most frequently performed surgery in the context of youth with GD”.
[100] “There is high certainty evidence that mastectomy is associated with predictable surgical complications such as necrosis and scarring. The certainty of evidence is very low regarding the effect of surgery on GD or incongruence, improvement in mental health including suicidality and depression, and long-term outcomes such as sexual function, quality of life, and regret”.
[101] “There are substantial gaps in the evidence on surgeries for adolescents with GD. Most studies are case series or small observational designs, with limited or no comparator groups, and thus are unable to isolate the effects of surgery from prior medical or psychosocial interventions”.
[102] “Discussions about the role of psychotherapy in the treatment of youth with GD suffer from internal inconsistencies in the field of gender medicine, whereby psychotherapy is both recognized as an important tool, but is also stigmatized if its aim is the resolution of GD (Chapter 14)”.
[103] “Both SRs found that psychotherapy interventions were delivered through a range of formats, highlighting considerable heterogeneity in delivery. Formats for both face-to-face and online interventions varied widely, including individual, group, family-based, and combined approaches”.
[104] “These heterogeneities limit the generalizability of evidence. For mental health outcomes, the certainty of evidence was very low. However, no harms were reported”.
[105] “There is little understanding of which therapeutic approaches may be more or less effective for specific subgroups. The lack of robust research was acknowledged by the Cass Review, which noted that “there has been a failure to systematically consider how psychosocial interventions should be used and to research their efficacy”.
[106] “This overview of SRs includes 17 SRs evaluating the effects of interventions for children or adolescents with GD. For social transition, the certainty of benefits and harms is very low, due to problems in the study designs. While studies suggest that early social transition is associated with a high rate of persistence of GD and a >90% rate of continuation to PBs and CSH,40 from a methodological perspective there is uncertainty due to very low-quality evidence about causal explanations/pathways”.
[107] “Specific to medical transition, this overview highlights a consistent pattern across interventions for children or adolescents with GD: while PBs, CSH, and surgeries reliably produce expected physiological changes, there remains substantial uncertainty about their psychological and long-term health impacts. High-quality evidence confirms that PBs suppress pubertal development and CSH induce changes to sex characteristics”.
[108] “Across the included SRs, the quality (certainty) of evidence is predominantly limited by lack of methodologically rigorous studies. For instance, across all primary studies included in the nine SRs on PBs, there were no eligible randomized controlled trials”.
[109] “The lack of proper controls is another common methodological limitation in the studies. This overview found that across all primary studies in the nine SRs on PBs, only six were observational studies with parallel control groups that compared PBs with no PBs among children or adolescents with GD”.
[110] “Inconsistent study findings are another frequently cited concern that lowers the quality of evidence. For instance, one SR of CSH found “limited or inconsistent evidence regarding GD, body satisfaction, psychosocial and neurocognitive outcomes, fertility, height/growth, bone health and cardiometabolic effects. Similar limitations were observed across studies evaluating other medical and surgical interventions for youth with GD”.
[111] “Although this synthesis focused on English-language SRs assessed as at low risk of bias, another low risk of bias SR, published in German, reached similar conclusions, reinforcing the overall patterns identified here”.
[112] “The included SRs still had shortcomings, such as limited search strategies, outdated literature searches,47 or lack of precision in evidence assessments. In contrast, SRs assessed at high risk of bias consistently exhibited serious methodological flaws, including poorly defined eligibility criteria, absence of risk of bias assessments for included studies, and unsystematic synthesis approaches”.
[113] “Should the contemplated UK RCT trial of PBs49 receive ethics approval, it might improve the evidence base for short-term (24 month) effects of PBs on certain outcome measures. However, based on the elements of the study design publicly disclosed to date, it might not provide information about the effect of treatment when PBs are followed by CSH—a clinical trajectory which appears to occur more than 90% of the time”.
[114] “This overview synthesizes the best available clinical evidence from population-level data, highlighting a consistent pattern across interventions for children and adolescents with GD. The benefits and harms of social transition remain unknown; PBs, CSH, and surgeries consistently produce certain physical and physiological effects; and there is considerable uncertainty regarding their psychological and long-term health outcomes”.
[115] As reported in the overview of systematic reviews (SRs), the quality of evidence for benefits of the interventions used in pediatric medical transition (PMT) is very low. Nevertheless, the practice has continued to expand rapidly. The “very low” quality of evidence for benefits demands additional scrutiny of the potential harms in order to arrive at a proper understanding of the risk/benefit ratio.
[116] It is well-established that SRs are better at detecting benefits than harms.
[117] A comprehensive examination of harms associated with PMT is necessary to inform clinical practice. Harms associated with surgeries that remove healthy body parts are easy to recognize, as are some of the adverse effects of hormonal interventions. The latter are noted both in the Food and Drug Administration (FDA) drug labels and on informed consent or assent forms parents and children sign prior to initiating treatment.
[118] Use of these drugs off-label in PGM may add additional risk. It is well-established in adults that for the same drug, off-label uses are associated with considerably higher rates of adverse effects, especially when strong scientific evidence is lacking. Clinical trials have never been conducted for using puberty blockers (PBs) to stop normally-timed puberty; such use will have a different risk profile than the use of PBs to temporarily stop abnormally early (precocious) puberty.
[119] Additional uncertainty arises from the fact that in studies, PBs are followed by cross-sex hormones (CSH) over 90% of the time; this de facto combination therapy introduces new and potentially serious risks (e.g., concerning fertility) and has never been subjected to any FDA-regulated clinical trial for any population.
[120] Although the Dutch Protocol was first published 20 years ago,7 it was not until the late 2010s to early 2020s that there were sufficient numbers of patients to allow for studies that can estimate rates of harms and benefits.
[121] The average patient is still quite young—typically in their teens or early twenties—at the time of follow-up. This compounds problems with risk detection, since the effect of hormones on health may be cumulative (e.g., effects of hormones on cardiometabolic disease or malignancies) and may not fully manifest until later in life.
[122] The Cass Review recognized continued reliance on poorly-designed observational studies as a “key limitation to identifying … safety of gender-affirming hormones for children and adolescents.
[123] A key problem that disadvantages SRs in their detection of harms is the fact that the entire body of evidence in PGM is largely comprised of short-term “before and after” observational studies that are particularly prone to bias. Such studies focus on demonstrating benefits while inconsistently reporting harms.
[124] An example of the difficulty in identifying harms pertains to whether PBs represent a harmless “pause button” providing “time to think “or a powerful intervention that promotes iatrogenic persistence of GD and promotes continuation to CSH. At least five studies indicate >90% rate of progression from PBs to CSH.
[125] Because the high rate of persistence from PBs to CSH is often mentioned only in the text of a study (and not delineated in outcome tables or abstracts), SRs may overlook this information at the screening stage. There are other examples of inappropriate reporting of adverse effects. Three notable ones are profiled below.
[126] The pair of seminal Dutch studies that launched PMT worldwide can serve as an example of how harms can go unreported. The 2014 study’s conclusion that treatment with PBs, CSH and surgery “leads to improved psychological functioning” did not comment on the finding that at least four of the original 70 young patients experienced adverse effects during treatment. Three adolescents were diagnosed with obesity and diabetes, which disqualified them from continuing to surgery, and one patient died from complications following surgery after early pubertal suppression.
[127] Inadequate reporting of harms in the Dutch study was compounded when SRs excluded this study due to its unreliable design (e.g. the study comingled the CSH and surgery phases, making it impossible to determine which outcomes were associated with which intervention). Thus, the serious harms reported incidentally by the study authors were entirely omitted from the SRs due to the study’s poor design.
[128] Inadequate reporting of harm is also evident in more recent research. A highly influential 2023 study from Seattle Children’s Gender Clinic by Tordoff et al. focused exclusively on psychological outcomes, where benefits had been hypothesized. It did not study or report physical health outcomes, where harms would have been more likely to occur.
[129] The study claimed to provide “quantitative evidence” of mental health improvements; however, the rates of depression in youth who started PBs or CSH remained unchanged—about 6 in 10 youth were moderately-to-severely depressed both pre- and post-intervention.
[130] The study finding of improved mental health was derived from the odds ratios: 60% lower odds of depression and 73% lower odds of suicidality in patients treated with PBs or CSHs as compared to those who were not. However, major methodological issues, including potential selection bias and confounding, inappropriate statistical modeling, missing participant data, and selective reporting—raise serious concerns about the reliability of the reported findings.
[131] Despite these well-demonstrated problems, this study, published in the Journal of the American Medical Association (JAMA) Open Network, continues to be uncritically described, by authoritative sources, as evidence that PBs and CSH are beneficial to mental health, medically necessary, and lifesaving.
[132] Similarly, while a National Institutes of Health (NIH)-funded initiative, “The Impact of Early Medical Treatment in Transgender Youth,” registered a study protocol in 2016 that included plans to evaluate the safety of PBs and CSH, researchers committed to a short follow-up of only 24 months. Upon reviewing the protocol of this study, its design appears inadequate to comprehensively assess the safety of PMT. The lack of a parallel control group impairs the ability to attribute observed safety outcomes specifically to the intervention, as it becomes difficult to differentiate treatment effects from normal developmental changes.
[133] The absence of long-term follow-up further limits the detection of delayed or cumulative adverse effects. These methodological limitations weaken the strength of any conclusions that can be drawn regarding the overall safety of the intervention.
[134] The study reported mental health outcome data for 315 adolescents and young adults aged 12-20 who were treated with CSH for a period of 24 months. This study, published in The New England Journal of Medicine (NEJM), framed its findings in a positive light: “our findings showed improvements in psychosocial functioning … which supports the use of [CSH] as effective treatment for transgender and nonbinary youth. However, two of the study subjects died by suicide within one year of initiating hormones, representing a rate that is 30-50 times higher than expected in adolescents of similar age. The only statistically significant finding was a small improvement on the “transgender congruence scale,” which has not been validated in minors. Critically, only four out of 19 mental health outcomes described in the study’s pre-registered protocol were reported; in particular, outcomes of GD, self-harm, and suicidality outcomes were not reported, and no explanation was provided for omitting these critical data. The authors claimed that depression symptoms decreased during the study period. However, further subgroup analysis by sex showed that the reported outcomes in females were of questionable clinical significance, while males experienced no statistically significant improvement in the reported measures at all.
[135] The study continues to be widely cited and uncritically described as providing evidence of benefit for hormonal transition of minors.
[136] It is a well-documented problem in biomedical research that positive findings confirming an original hypothesis are much more likely to be published or published expeditiously, as compared to studies with inconclusive or negative results. “Publication bias” is not unique to this field. The UK’s national PGM clinic, the Gender Identity Development Service (GIDS), tried to replicate the seminal 2011 Dutch study, launching its own “early intervention” study of PBs in 2011. Although the results were available in 2016-2017, they were only released in 2021 following a complaint to the UK Health Research Authority. Once published, the study acknowledged that the outcomes reported by the Dutch were not replicated. The study also found that puberty blockade was associated with impaired bone density accumulation. Subsequent reanalysis of the same data showed that up to one-third of participants experienced a deterioration in mental health while on PBs.
[137] A similar pattern may be unfolding in the United States. The lead investigator of a NIH-funded PB study acknowledged delaying the publication of results—apparently due to fear that the unimpressive findings would undermine the field.
[138] A similar reluctance to report on disappointing findings is evident in other places, too. According to court disclosures, the World Professional Association for Transgender Health (WPATH) suppressed publication of SRs on at least ten of thirteen topics relating to endocrine treatment of adolescents with GD.55 The unpublished SRs evaluated harms, including the effects of PBs on “clinical outcomes and harms”; the effects of estrogen on the risk of pulmonary embolism, deep-vein thrombosis, stroke, and myocardial infarction; the effects of testosterone on uterine, ovarian, cervical, vaginal, and breast pathology; and the effects of hormone therapy on fertility and metabolic syndrome.
[139] Notably, there was no attempt to evaluate hormone effects on physical health. The content of this SR was influenced by WPATH leadership, including approving the conclusion as a condition for eventual publication.
[140] The quality of SRs in the field of gender medicine varies widely, but even the highest quality SRs typically find only “low certainty” evidence for most harms. However, there are familiar and plausible explanations for why evidence of harms may not have been sought, detected or reported. Reflecting on the state of evidence in PGM, the Cass Review noted, “it has been evident that there has been a failure to reliably collect even the most basic data and information in a consistent and comprehensive manner; data have often not been shared or have been unavailable.
[141] Unless SRs specifically search for harms (and with the provisos above), they are not well-suited to detect complications or adverse effects. This is due to the relatively recent debut and rapid growth of the field of PGM, the tendency of the predominantly short-term observational studies to focus on benefits and underreport harms, and publication bias.
[142] “When clinical studies provide insufficient information about harms, and therefore systematic reviews (SRs) are unable to reliably collate information about harms, other types of evidence should be integrated. Trustworthy evidence from other sources, including basic sciences, should be considered to arrive at a more informed understanding of the plausible effects of interventions.1 In the case of pediatric medical transition (PMT), this involves consideration of human physiology, development, and the well-established mechanisms of action of the drugs used. The consideration of such evidence aligns with the core requirement of evidence-based medicine (EBM): the judicious use of the “best available” evidence”.
[143] “In humans, pubertal onset typically occurs between ages eight and 13 in females and nine and 14 in males. It is driven by increasing levels of sex steroid hormones—primarily estrogen and progesterone in females, and testosterone in males. During puberty, sex steroid hormones promote skeletal growth, muscular development, and neurologic development. In females, estrogen initiates breast development, menarche, ovulation, and changes in body composition and skeletal morphology.5 In males, the androgenic surge results in testicular enlargement, penile growth, spermatogenesis, deepening of the voice, and the emergence of secondary sexual characteristics such as facial and body hair. Spermatogenesis in males and ovulatory cycles in females mark the attainment of fertility”.
[144] “In central precocious puberty (CPP) — a condition occurring in one out of 5,000 to one out of 10,000 children, more often in girls—the pituitary gland is activated prematurely, sometimes even during infancy or early childhood. This leads to early-onset, or precocious, pubertal development. CPP is associated with several potential negative health outcomes, including decreased adult height due to early presence of sex hormones causing premature epiphyseal fusion. GnRHa (puberty blockers or PBs) have been approved by the Food and Drug Administration (FDA) for use in the treatment of CPP… Although FDA-approved for this indication, PBs—like all medications—are associated with risks and side effects, even when used for CPP”.
[145] “PBs have not been approved by the FDA for the indication of gender dysphoria (GD); they are used “off-label” in pediatric gender medicine (PGM). Unlike in CPP, use of PBs for PMT is not FDA-approved and safety data are lacking”.
[146] “Using PBs to stop normally timed puberty effectively induces hypogonadotropic hypogonadism (HH), a condition characterized by the failure of the pituitary to appropriately release gonadotropins. As a result, the gonads are unable to produce the sex-specific hormones testosterone or estrogen. Pubertal development is disrupted, halting the progression of physical and reproductive maturity. Left untreated, clinical research shows HH is associated with a range of risks including infertility and decreased bone mineral density, elevating the risk of osteoporosis and fractures”.
[147] Although PBs for GD are typically indicated for short-term use (about two years), this time range may be considerably longer for some patients. The reasons for the apparent deviation from the original Dutch Protocol in regard to the length of PB use remain unstudied, but may include increasingly younger social transition ages which ‘necessitate’ pubertal blockade at increasingly younger ages to allow young patients to continue living in “stealth,” as well as the medical treatment of youth who identify as non binary and wish to maintain a sex-ambiguous appearance for an extended period of time.
[148] “One of the key rationales for using PBs in CPP is to allow the child to experience normative psychosocial development alongside same-age peers. By contrast, in PMT, patients are maintained in a prepubertal or early pubertal stage while their peers developmentally progress. This has potential sequelae for the adolescent’s psychosocial development”.
[149] “Failure to reach peak bone density may lead to increased risk of osteopenia, osteoporosis, and fractures later in life, including debilitating fractures of the spine and hip. In older adults, hip fractures are particularly concerning, as they significantly elevate the risks of morbidity and mortality.21 Because of the known physiological role of sex steroid hormones in skeletal development, the original Dutch research acknowledged the possibility of negative effect on bone mineralization”.
[150] “Research suggests that sex steroid hormones impact brain regions associated with executive function, emotion regulation, and social cognition. The precise neurocognitive effects of puberty suppression remain understudied, and researchers in this field have recognized the limitations of the evidence in this area. A recent literature review concluded that the effect of PBs on neurocognitive development is unknown, but that “there is some evidence of a detrimental impact of pubertal suppression on IQ [intelligence quotient] in children.” However, a 2022 Dutch study found that in patients treated with PBs the associations between pretreatment IQ and eventual education achievement were similar to population norms (the study did not longitudinally measure IQ). The Cass Review has raised concern over the potential harm and unknown effects of pubertal suppression on the developing brain, noting that “[t]here is increasing evidence that the changes in brain maturation described above are driven by a combination of chronological age and sex hormones released through puberty”.
[151] “By halting the development of sex characteristics, PBs interrupt the maturation of reproductive anatomy and function. Suppression of the HPG axis can impair gametogenesis, potentially resulting in permanent infertility if CSH are started thereafter, particularly when gonadal maturation is not completed prior to the interruption of normally-timed puberty. In adult males initiating estrogen for medical transition, testicular atrophy results, leading to impaired fertility or infertility that may be irreversible (even if estrogen were to be discontinued)”.
[152] “Additionally, fertility may be affected in females initiated on PBs who proceed to take testosterone. Effect of testosterone on the reproductive tract makes the likelihood of conception, pregnancy, and birth uncertain. Maternal and fetal outcomes under these circumstances are also poorly studied. It is possible that CSH use after pubertal arrest could permanently damage the immature gonadal tissues, leading to sterilization. If the gonads are arrested in an immature state due to prolonged use of PBs, and this is followed by administration of CSH, there is no proven physiological mechanism by which fertility can reliably be re established. The likelihood of permanent infertility will be substantially increased”.
[153] “Concerns have been raised about the potential consequences of PMT on sexual function, particularly with regard to the ability to experience sexual pleasure and orgasm. In 2021, Marci Bowers—a leading vaginoplasty surgeon and then-president elect of the World Professional Association for Transgender Health (WPATH)—voiced concerns that male patients who commenced PBs at Tanner Stage 2 and subsequently received CSH were physiologically anorgasmic, prior to and following vaginoplasty surgery. Many of these patients reported no history of genital sexual sensation before undergoing vaginoplasty. After vaginoplasty, the constructed clitoris provided no meaningful tactile or erogenous response. Bowers suggested that this issue had not been adequately addressed in discussions of informed consent for youth undergoing puberty suppression.4 Despite these concerning clinical observations, there is a striking paucity of research on sexual function outcomes in this population.47 The potential for anorgasmia and sensory dysfunction merits serious consideration, especially given the irreversible nature of some interventions and the centrality of sexual health to overall quality of life. There is a lack of published research regarding sexual function outcomes in females who underwent PMT with PBs followed by CSH”.
[154] “Under the influence of high doses of testosterone, females may develop facial and body hair, cystic acne, male pattern scalp hair distribution, clitoral growth, changes in musculature, thickening of vocal cords leading to voice deepening, and alterations in fat deposition. Similarly, males receiving high doses of estrogen may experience significant breast tissue growth (gynecomastia), reduced muscle mass, change in skin texture, and may develop a more typically female pattern of fat distribution. These physical changes reflect the body’s response to unusually high levels of sex steroids, not actual opposite-sex pubertal development. In fact, development of reproductive capacity—definitionally, the purpose of puberty—may be hindered. The physiological end point of puberty—sexual maturation that makes possible reproduction—is not and cannot be obtained via PMT”.
[155] “ES guidelines for cross-sex hormone administration in females recommend testosterone between 320–1000 ng/dL, comparable to, or exceeding levels found in endocrine disorders. These concentrations represent a six to 100-fold increase above physiologic norms for females, inducing hyperandrogenism. Hyperandrogenism is also associated with health risks”.
[156] “Hyperestrogenemia is defined as elevated blood levels of estrogens, such as estradiol, above the normal physiological range. In males, the standard reference range for estradiol is approximately 60–190 pg/mL. Certain disease states are known to cause excess estrogen. For instance, certain adrenal tumors can elevate estrogen levels by a factor of 3 to 10”.
[157] “Testosterone use causes histopathological changes in the female reproductive tract. Given the potential—though not well-defined—risk of cancer in the female reproductive tract, ES guidelines recommend that “health care providers should determine the medical necessity of a laparoscopic total hysterectomy as part of a gender-affirming surgery to prevent reproductive tract cancer.” WPATH’s clinical practice guideline has not adopted the same recommendation, but there is limited reliable evidence regarding the long-term cancer risks associated with testosterone use in the female reproductive tract. Testosterone can cause reproductive organ atrophy, including thinning and atrophy of vaginal epithelium, persistent pelvic pain and discomfort, and pelvic floor dysfunction”.
[158] “The use of estrogen in accordance with the ES and WPATH guidelines results in impairment of normal testosterone production and significant abnormal histologic changes to the male reproductive system. These findings point to widespread structural reconfiguration of testicular tissue in response to prolonged exposure to the high levels of estrogen used in medical transition”.
[159] “Among the most significant long-term risks associated with CSH is an increase in cardiovascular risk factors. A 2018 review found that patients taking CSH had an elevated risk of heart attack and CV mortality compared to controls. This is thought to result from testosterone’s effects on underlying metabolic factors related to CV risk. In females, testosterone can cause elevated blood pressure, polycythemia, and atherogenic changes in the lipid profile. Longitudinal studies of PMT have reported increases in BMI resulting from CSH and PBs. Atherogenic changes to the lipid profile have also been reported”.
[160] “With respect to polycythemia, elevated hematocrit levels are known to increase blood viscosity, raising the risk of thromboembolic and CV complications. Among females, even modest elevations in hematocrit levels have been independently associated with heightened risks of CV disease, coronary events, and CV-related mortality. In males taking estrogen, studies have shown increased risk of CV events like venous thromboembolism and stroke”.
[161] “In both sexes, CSH use may be associated with early mortality. In females taking testosterone, breast tissue undergoes structural remodeling, often with increased fibrous connective tissue and decreased glandular volume. There is also some concern about possible increased risk of breast and ovarian cancer. In males, some studies suggest that estrogen may increase risk of developing multiple sclerosis and thyroid cancer, and that it may lead to a decrease in brain volume. However, research in these areas is still preliminary. While breast cancer is uncommon in natal males, data suggest that high-dose estrogen therapy increases this risk. Other effects of estrogen may include diminished libido, erectile dysfunction, and loss of spontaneous erections”.
[162] “WPATH provides an extensive list of surgeries it considers appropriate treatments for GD. All surgeries carry risks some of which are amplified when surgery follows PBs and CSH. Further, surgeries to remove healthy and functioning organs introduce a unique set of iatrogenic harms not encountered in other areas of medicine”.
[163] “The use of endocrine interventions affects multiple organ systems beyond the reproductive tract. In addition, there are psychological risks associated with PMT”.
[164] “Research on anabolic steroid misuse has demonstrated associations with severe psychiatric problems, including mood instability, psychosis, and dependence. The most frequently observed symptoms include irritability, aggression, euphoria, inflated self-perception, impulsivity, and risk-taking behaviors. Additional manifestations may include acute psychotic episodes, worsening of tic disorders or depression, and delirium-like states. One study assessing medium (300–1000 mg/week) and high (>1000 mg/week) anabolic steroid use found that 23% of users met diagnostic criteria for a major mood disorder, including mania, hypomania, or depression, while 3.4-12% developed psychotic features”.
[165] “In an analysis of the FDA’s Event Reporting System (FAERS) database for people using CSH for medical transition, 88% of adverse drug reactions were classified as serious. Without an idea of denominators, individual risks are not possible to quantify. Among the 83 reports regarding females using testosterone, 87.8% of the events were deemed serious, with two reported deaths (2.4%) and 25 hospitalizations (30.5%). Reported psychological harms included anxiety, depression, mood swings, suicidal ideation and behavior, aggression, dissociation, and self-harm. More extreme symptoms, such as antisocial behavior and homicidal ideation, were also documented”.
[166] “A separate study from Sweden found an elevated rate of criminal convictions in natal females who had taken testosterone and undergone gender-transition surgery, compared to age-matched controls. This study also found that adults who had undergone medical and surgical transition had 19 times the rate of suicide deaths and nearly three times the rate of all-cause mortality and inpatient psychiatric care compared to age and sex-matched controls. Elevated suicide rates (compared to the general population) have also been reported in other studies. It is impossible to determine causation based on this data, in part due to presence of confounders like co-occurring mental health conditions”.
[167] “This serious issue has been minimized with the claim that detransition and regret rates are vanishingly low. In fact, the detransition rate is unknown. The ubiquitous claim that the detransition and regret rates are vanishingly low is unsupported by the evidence”.
[168] “Four population-based cohort studies have found that transgender individuals appear to have higher mortality risk when compared to members of the general population of similar age and sex. In the U.S., private insurance data from 2011 to 2019 indicated that transgender persons were nearly twice as likely to die as age and sex-matched controls”.
[169] “These studies further support a cautionary stance toward PMT, however, especially insofar as the Dutch cohort study found that despite changes in care of the transgender population over five decades, the elevated mortality risk has persisted, not declined”.
[170] “Medical and surgical interventions for children and adolescents with gender dysphoria (GD) are widely promoted as essential and even lifesaving, yet the evidence base does not support strong conclusions about their effectiveness in improving mental health or reducing GD. Analysis of the biological plausibility of harms is necessary, and suggests that some short- and long-term harms are likely (in some cases expected) sequelae of treatment”.
[171] “Some of the plausible harms of PMT are serious. The likelihood of infertility when puberty blockers (PBs) are provided at the early stage of puberty and followed by cross-sex hormones (CSH) does not have to be demonstrated in a clinical trial. This is because the mechanism is well-understood and conducting a trial would amount to an unethical “parachute test”.
[172] “At the individual level, shared decision-making must be grounded in transparency. This means that patients and their families need to be fully informed—not just about available interventions, but also about their potential benefits, harms, alternative options, and the certainty or uncertainty of the supporting evidence”.
[173] “Like in other areas of medicine, clinical care for gender dysphoric (GD) youth is typically guided by clinical practice guidelines (CPGs). The aim of such guidelines is to promote practices that are proven to improve patient outcomes and reduce unwarranted variation in care”.
[174] “Clinical practice guidelines are a set of clinical care recommendations intended to optimize patient care”.
[175] “This section focusses on the SR that assessed guidelines for pediatric GD, which was conducted by researchers at the University of York to inform the development of the Cass Review. The York analysis identified 23 and appraised 21 clinical guidelines and clinical guidance documents for their methodological rigor and quality. York’s analysis revealed three main findings: 1) all the guidelines, with the exception of two (from Sweden and Finland), were found to be untrustworthy due to serious deviations from the methodological standards for trustworthy guideline development; 2) most international guidance documents have relied heavily on WPATH and Endocrine Society (ES) guidelines, which were themselves closely linked through overlapping authors and with WPATH acting as a sponsor for the development of ES guidelines; and 3) none of the three guidance documents that have shaped the United States‘s approach to pediatric GD are trustworthy due to serious problems in their development methodology”.
[176] “The reviewers noted that while generally most guidelines scored well in the domain of “clarity of scope and purpose,” most scored poorly in the domains of “rigor of development,” “editorial independence,” and “applicability”.
[177] “Only the Swedish and the Finnish guidelines were rated as “recommended for implementation” by all reviewers; they also received the highest overall quality score, with Sweden rated as 6 and Finland rated as 5 (out of 7)”.
[178] “The SR authors noted an unusual interdependence between much of the published guidance supporting the management of children and adolescents with GD.23 There was a marked pattern of “circular referencing and mutual endorsements”24 between guidelines recommending PMT for routine care, with WPATH and the ES guidelines influencing all other guidelines and guidance documents”.
[179] “The most influential sources of clinical guidance for treating pediatric GD in the U.S. are the WPATH and ES CPGs and the American Academy of Pediatrics’ (AAP) guidance document. The York SR assessed all three documents as very low quality and did not recommend them for implementation”.
[180] “The York appraisals found that WPATH’s guideline, Standards of Care, version 8 (SOC-8) and the ES guidelines were both “[lacking] in developmental rigor.” SOC-8 was given an overall score of three out of seven; the ES guideline scored 4 out of 7”.
[181] “Since the publication of the York reviews, several new European guidelines have been issued in final or draft form, including those from the German AWMF, the French Society of Pediatric Endocrinology and Diabetology, the Polish Sexological Association, the European Society for Paediatric Endocrinology (ESPE), and the forthcoming final version of the French National Authority for Health (HAS) guidelines”.
[182] “Unfortunately, these recently-published (or as yet to be finalized) guidelines suffer from the same or similar methodological weaknesses that have rendered the WPATH and the Endocrine Society’s guidelines not trustworthy and not recommended for implementation”.
[183] “Alternatives such as psychological support are in nearly all cases marginalized or even entirely absent. Ongoing reliance on the “consensus-based” non-evidence-based process underlines the trustworthiness of these guidelines, raising questions about the rigor of guideline development in pediatric gender medicine not just in the U.S., but worldwide”.
[184] “Of the 23 guidelines that were appraised in the systematic evidence review, only two were recommended for practice by all three reviewers: the guidelines from Finland47 (which were scored five out of seven), and those from Sweden48 (which were scored six out of seven). Both guidelines recommend that psychotherapy—not hormones or surgeries—should be the standard of care for youth with GD, and that any use of hormones should be limited to nationally overseen research or exceptional circumstances, As described in the systematic review, the two Scandinavian guidelines were the only ones that based their treatment recommendations on systematic evidence reviews, a key element of trustworthy clinical practice guidelines”.
[185] “In 2020, Finland’s Council for Choices in Healthcare (PALKO/COHERE) issued national guidelines for treating gender dysphoria in minors, representing a major shift away from the model endorsed by WPATH’s Standards of Care version 7. Finland’s guidelines emphasize that the first-line treatment for adolescents experiencing gender distress should be psychosocial support and psychotherapy, not early medical intervention. Following an SR, Finnish authorities concluded that the body of evidence supporting puberty blockers and cross-sex hormones for youth is inconclusive. Importantly, the guidelines explicitly state that “in light of available evidence, gender reassignment of minors is an experimental practice”.
[186] “Unlike WPATH’s affirmation-based model, Sweden’s guidelines conclude that the risks associated with puberty blockers and gender-affirming treatments likely outweigh the expected benefits for young people. As with Finland, such interventions are now restricted to research settings, with exceptions permitted under strict clinical oversight”.
[187] “Systematic screening for neurodevelopmental conditions, including autism spectrum disorder (ASD) and attention deficit hyperactivity disorder (ADHD), is required early in the evaluation process, with full neuropsychiatric assessments initiated when indicated”.
[188] “Currently, there is no finalized clinical practice guideline for pediatric gender medicine available from the National Institute for Health and Care Excellence (NICE) for England and Wales, or the Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) for Scotland”.
[189] “The Cass Review identified critical issues within the existing pediatric gender services, such as inadequate clinical assessments, insufficient long-term outcome data, and significant concerns over rapidly increasing referrals of young people with gender incongruence. Overall, it identified a significant gap between the available evidence and the clinical justifications for medical interventions for gender dysphoria in young people and emphasized the necessity for comprehensive psychological support and thorough, individualized assessments”.
[190] “Rigorous appraisals consistently demonstrate that only a select few guidelines, notably those from Finland and Sweden, meet high standards for evidence-based clinical decision-making”.
[191] “In contrast, many internationally influential guidelines, including those from WPATH, the Endocrine Society, and the American Academy of Pediatrics, have been criticized for substantial methodological shortcomings and conflicts of interest, resulting in recommendations not reliably supported by rigorous evidence”.
[192] “Given the ethical implications and lifelong consequences of medical interventions in youth, it is imperative that future guidelines in pediatric gender medicine adhere strictly to established standards of evidence-based medicine. Guideline developers must prioritize transparency, methodological rigor, independence from vested interests, and systematic evidence appraisal”.
[193] “As shown in Chapter 9, the guidelines issued by the World Professional Association for Transgender Health (WPATH) have been rated among the lowest in quality and have not been recommended for implementation by systematic reviews of guidelines. Despite their lack of trustworthiness, for more than a decade WPATH guidelines have served as the foundation of the healthcare infrastructure for gender dysphoric (GD) youth in the United States”.
[194] “WPATH’s influence on clinical protocols for the care of GD youth is pervasive within U.S. medicine. Its Standards of Care have become the primary framework embedded in clinical protocols and hospital operating procedures for the diagnosis and treatment of GD youth”
[195] “Major U.S. hospitals and medical schools have embedded WPATH-aligned standards into their residency, fellowship, and continuing medical education programs. Gender medicine clinics reference WPATH’s Standards of Care in clinical protocols and physician training. WPATH-certified trainers further extend WPATH’s reach into professional training at institutional and community levels. WPATH certification not only is encouraged but also in some cases mandated”.
[196] “Many U.S. public and private health insurers and regulatory bodies rely on SOC-8 when making coverage determinations. Requirements for credentialing, assessing medical necessity, and making coverage decisions almost universally reference WPATH’s Standards of Care”.
[197] “In 2024, Oregon became the first state to officially adopt SOC-8 as its standard of care, committing the Oregon Health Authority to cover treatments based entirely on WPATH guidelines. Oregon additionally requires that if a patient is denied coverage for medical or surgical intervention related to gender transition, the clinicians reviewing the patient appeal must complete WPATH-aligned training: health care providers reviewing adverse benefit determinations denying or limiting access to gender-affirming treatment complete the “WPATH SOC-8 Health Plan Providers Training,” which is specifically designed for providers responsible for such reviews, or an equivalent training”.
[198] “Unlike most professional medical associations, WPATH does not require its members to be medical professionals… Reflecting the diverse aims of its broad membership, WPATH treatment guidelines are designed to serve multiple purposes, ranging from clinical care to political advocacy. Published in 2022, SOC-8 marked WPATH’s first attempt to develop guidelines that were “evidence-based” and aimed to meet higher methodological standards through reliance on systematic reviews (SRs) of evidence. The previous version, SOC-7, published in 2011 and described in Chapter 4, under which PMT began rapidly to accelerate, did not rely on SRs. Instead, its recommendations were based on “cultural shifts” and other factors”.
[199] “At the outset of its collaboration with JHU’s EPC team, WPATH leadership expressed confidence that an SR would yield “evidence-based statements” supporting both the benefits of PMT interventions and the capacity of adolescents to consent to them”.
[200] “However, the evidence evaluation challenged WPATH’s expectations on both fronts: adolescent capacity to consent, and the benefits of PMT overall”.
[201] “In response to a request from JHU, Annelou de Vries, the leading Dutch developer of PMT and a co-chair of SOC-8’s adolescent chapter section, supplied the JHU team with publications she believed demonstrate adolescent competence to consent to PMT.29 Upon reviewing these publications, however, the JHU team informed WPATH that they provided, at best, “limited indirect evidence” and were insufficient to support a statement asserting that adolescents possess the capacity to consent”.
[202] “The ethical challenges of obtaining informed consent from adolescents regarding the procedures that are expected to threaten their fertility is illustrated by a candid comment from a WPATH physician, who observed, “it’s always a good theory that you talk about fertility preservation with a 14-year-old, but I know I’m talking to a blank wall,” adding, “they’d be like, ew, kids, babies, gross”.
[203] “As the following sections in this chapter detail, WPATH perceived the JHU evidence appraisals as unfavourable to its goals of promoting broad access to these interventions for minors. In response, WPATH leadership moved to suppress the findings, barring the JHU evidence evaluation team from publishing its results”.
[204] “As the following sections describe, the recommendations were deliberately crafted to allow any “willing” medical provider to prescribe hormones or perform surgeries on minors, even those with significant co-occurring mental health conditions”.
[205] “Although WPATH originally embarked on an evidence-based guideline development process, internal documents reveal significant deviations from internationally recognized clinical guideline development standards established by organizations such as the National Academy of Medicine (NAM) and the World Health Organization (WHO). These serious deviations from established standards meant that the GDG could not fulfill its promise of producing credible, evidence-based guidelines”.
[206] “WPATH’s process not only permitted significant financial and intellectual COIs among GDG members. It also allowed the creation of substantial panel composition bias—a phenomenon known as “panel stacking.” This occurs when GDGs predominantly consist of members sharing similar viewpoints or vested interests, thereby threatening the validity and trustworthiness of clinical guidelines. Experts in evidence-based medicine describe panel stacking as a major threat, emphasizing that it can profoundly reduce the credibility of recommendations, particularly when, as in pediatric gender medicine, the evidence is limited, contentious, or unsystematically reviewed”.
[207] “Internal documents revealed that WPATH actively monitored SOC-8 members and disciplined those who publicly questioned WPATH’s “gender-affirming” approach, creating an environment that discouraged critical dialogue”.
[208] “This combination of poorly managed COIs and restrictive membership practices significantly undermines the credibility and scientific integrity of SOC-8 as a clinical practice guideline. The GDG’s handling of the SRs of evidence WPATH commissioned for development of SOC-8 further highlights the serious threat to clinical integrity that plagued the guideline development process”
[209] “NAM stipulates that trustworthy guidelines must be based on a SR of the existing evidence. SOC-8 was promoted as the first to be “evidence-based,” with its chair claiming it followed “the most rigorous protocol in the world to ensure these standards reflect scientific evidence”.
[210]“In an email exchange from August 2020, a senior author from EPC, writing to the Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ),76 stated that their SRs “found little to no evidence about children and adolescents” and that WPATH had been “trying to restrict our [JHU’s] ability to publish.”
[211] “In a memo to all SOC-8 working group members, WPATH leadership reported that they “were caught on the wrong foot” when they learned that JHU wanted to publish reviews that would likely undermine WPATH’s “gender-affirming” approach.78 Despite their initial resistance, the JHU researchers ultimately capitulated to WPATH’s new terms, allowing SOC-8’s chair, co-chairs, a handpicked chapter member, and WPATH’s Board of Directors to pre-approve manuscript content before any independent drafting could occur.”
[212] “Internal WPATH documents reveal that Baker et al. complied with all the mandatory steps of WPATH’s updated approval policy—from approving the conclusions before the manuscript was drafted to ensuring extensive WPATH engagement in the process and obtaining the final approvals. The Baker et al. SR was published with the mandatory disclaimer that “WPATH had no role in study design, data collection, analysis, interpretation, or drafting” of the SR, despite the checklist clearly recording that WPATH had engaged in the design, drafting, and final approval of the article”.
[213] “WPATH’s policy appears to have effectively blocked the planned and completed research—including critical evidence appraisals—from being developed into publishable manuscripts. As a result, important SRs addressing the safety of PBs, CSH, and surgery for adolescents were suppressed, keeping key findings out of the scientific record and shielding them from professional scrutiny”.
[214] “As SOC-8 GDG Co-Chair Jon Arcelus explained in an email to other GDG members, “[t]here are many recommendations in the SOC that don’t have direct evidence (most of the direct evidence is in the hormone chapter) but they have background evidence. This is why we have Delphi.” A consensus-building process, Delphi is not a substitute for evidence-based recommendations but rather a method for GDGs to reconcile disagreement in the interpretation of SRs, or in deciding how evidence should inform treatment recommendations. Guidelines that are not based on SRs inadvertently risk promoting suboptimal or even harmful care. This is why guidelines that rely only on consensus are not considered trustworthy”.
[215] “SOC-8 makes a strong recommendation that PBs, CSH, and surgery be considered “medically necessary” for eligible adolescents: We recommend health care systems should provide medically necessary gender affirming psychological, medical and surgical treatments for trans and gender diverse children, adolescents, and adults.” The development of the “medical necessity” statement in SOC-8 starkly illustrates how many WPATH contributors prioritized goals other than ensuring the highest-quality care for adolescents with GD. A good example is WPATH’s rewording of patient “wishes” as patient “needs” with the intent to frame them as “medically necessary”.
[216] “Together, these internal WPATH communications reveal that the “medical necessity” framing in SOC-8 was constructed to remove key safeguarding criteria and make patient desires central to treatment decisions. This was confirmed by another GDG member who candidly observed that the guidelines exist to allow any “goodwilling” clinician to meet patients’ wishes—however medically inappropriate they may be”.
[217] WPATH’s leaders: “And, indeed, the original Medical Necessity Statement was specific to the U.S. because this was where we were experiencing the problem with our obtuse and unhealthy system “of healthcare “coverage” and we needed a tool for our attorneys to use in defending access to care here. I have long wanted this (and many of our other policy statements) to become part of the SOC because that gives them greater force”.
[218] “Internal documents reveal that SOC-8 authors manipulated guideline language with the explicit aim of shaping court rulings, legislative actions, and insurance coverage decisions, revealing a clear departure from the principles of unbiased, evidence-driven clinical guideline development. For example, contributors to the “Institutional Environments” chapter disclosed that “social justice lawyers” had advised them against rigorous evidence reviews, stating that such reviews might reveal limited or insufficient evidence, placing them “in an untenable position in terms of affecting policy or winning lawsuits”.
[219] “Incorporation of legal advocacy goals into guideline language, explicitly for purposes of influencing policy and litigation outcomes, conflicts sharply with accepted international standards emphasizing scientific rigor and impartiality”.
[220] “The handling of minimum age recommendations for clinical interventions for adolescents in SOC-8 exemplifies what happens when guideline development is compromised by ideological beliefs, COIs, and disregard for established evidence standards. Initially, SOC-8 included age minimums for certain interventions: 14 years for cross-sex hormones; 15 years for mastectomy; 16 years for breast augmentation and facial surgery; 17 years for metoidioplasty, orchiectomy, vaginoplasty, hysterectomy, and fronto-orbital remodelling; and 18 years for phalloplasty. In July 2022, WPATH faced significant pressure from Admiral Rachel Levine, the U.S. Assistant Secretary for Health, whose office communicated concern that listing specific, minor ages would trigger restrictive legislative action”.
[221] “Despite these reservations, WPATH’s apparent investment in securing endorsement from the Biden administration led it to agree to downgrade age guidelines from “recommendations” to “suggestions,” thereby circumventing the original consensus process by making these changes without conducting a new round of validation. The issue of minimum ages resurfaced when the American Academy of Pediatrics (AAP) threatened to publicly oppose SOC-8 unless all age thresholds were eliminated — further exposing how political pressure, rather than scientific evidence or clinical judgment, dictated the final content of the guidelines. Under pressure and facing open opposition from a key ally, WPATH leaders capitulated and agreed to eliminate minimum age criteria for all hormonal and all surgical procedures (except phalloplasty). They did so despite acknowledging privately that the individuals within the AAP who were issuing the demand were very junior and lacked the authority or expertise to credibly dictate clinical standards”.
[222] “The rushed, 11th-hour changes—made outside any formal or transparent guideline development process—resulted in SOC-8 initially being published with its original age recommendations still intact. Only after publication did WPATH scramble to issue a correction via an erratum in their official journal, the International Journal of Transgender Health, quietly removing age restrictions to align with political demands rather than clinical evidence. The current, published version of SOC-8 states that all recommendations went through the Delphi process. However, Coleman later acknowledged that removal of age minimums did not go through Delphi”.
[223] “It remains concerning that SOC-8 continues to exert substantial influence over U.S. healthcare. WPATH’s misconduct during the development of SOC-8 was covered by major news outlets including the New York Times, Economist, Boston Globe, Fox News, and National Review, as well as by the BMJ, a leading medical journal. Despite these reports, with the exception of the American Society of Plastic Surgeons, major American medical associations have not issued public statements addressing the concerns detailed in this chapter”.
[224] “This chapter documents how the original Dutch Protocol that underpins pediatric medical transition (PMT) has undergone transformation in the U.S. to become a “child led” process in which the patient’s personal “embodiment goals” form the basis for the determination of “medical necessity””.
[225] “According to WPATH SOC-8, the Dutch studies associated with the Dutch Protocol provide “[t]he most robust longitudinal evidence supporting the benefits of gender affirming medical and surgical treatments in adolescence …”. In his testimony before the Florida Boards of Medicine and Osteopathic Medicine, Aron Janssen said that “the best longitudinal data we have on transgender youth comes primarily out of the Dutch clinic … The Dutch model of care [is] the prevailing model of care that most of the American clinics have based their care upon”.
[226] “In 2022, investigative reporters from Reuters interviewed “doctors and other staff at 18 gender clinics across the country” and found that “[n]one described anything like the months-long assessments [the Dutch clinicians] adopted in their research.” Seven of the 18 clinics said they were comfortable prescribing hormones on an adolescent’s first visit, provided clinicians saw no “red flags”. The Dutch clinicians themselves recognized the divergence of the American model from their approach”.
[227] “In 2021, Thomas Steensma complained that “the rest of the world is blindly adopting our research …” Steensma reiterated this position in 2023, explicitly distancing his work from the child-led model prevalent in the United States, stating, “That’s not our approach.” Of note, the Dutch Protocol did not recommend surgeries prior to legal adulthood, but according to WPATH guidelines, which are followed in the United States, most surgeries, including most genital surgeries, may be deemed medically necessary for certain adolescents with GD. Accordingly, adolescents with GD do undergo mastectomies and (much less commonly) genital surgeries. In the published research on mastectomies in adolescent females with GD,13 some participants were as young as 12 years old”.
[228] “Reports from individual clinics suggest that medicalization is the norm, rather than the exception. For example, pediatric endocrinologist Daniel Shumer of the Comprehensive Gender Services Program (CGSP) at University of Michigan Health estimated that “65 percent” of pediatric patients referred to his clinic end up receiving CSH. According to data collected by Jamie Reed, a case worker at the Washington University School of Medicine Pediatric Transgender Center at St. Louis Children’s Hospital, 67 percent of the clinic’s patients were prescribed endocrine interventions during her four-year tenure at the clinic. Finally, WPATH has itself implied that medical interventions are appropriate for “most adolescents” who seek them”.
[229] “Under the original Dutch Protocol, assessments were intended to predict lifelong transsexuality, with pubertal suppression conceptualized as part of the diagnostic process (buying “time to think”). By contrast, the “gender-affirming” model, as it has evolved in the United States, prioritizes the autonomy of children and adolescents, allowing their current “embodiment goals” to direct treatment decisions”.
[230] “More recently, advocates of early intervention have argued that “trans kids know who they are” and that the goal of treatment is to help them achieve their personal “embodiment goals””.
[231] “If a child says, “I’m X, we operate under the assumption that what they’re telling us is their truth, that the child’s sense of reality and feeling of who they are is the navigational beacon to sort of orient treatment around.” If patients later detransition, this does not mean that the treatments were inappropriate, even if the interventions’ effects are partly or fully irreversible”.
[232] “It is widely recognized that a fundamental tension exists between WPATH’s desire to treat transgender identity (gender incongruence) as a normal and healthy variation of human development and its insistence that gender incongruence requires “medically necessary” treatment. This tension was explicitly acknowledged in medical literature supporting PMT contemporaneous with the preparation and publication of the fifth edition of the DSM. For example, in 2013, Jack Drescher, a prominent clinician advocate of PMT, noted the significant difficulty in reconciling the “contradictory narratives” of “reducing stigma (which underlies the call for removal of the gender diagnoses [from the DSM] and maintaining access to care, which requires the existence of a diagnosis in order to obtain needed medical treatment covered by third party payers”.
[233] “Although WPATH’s guidelines do not necessarily discourage mental healthcare, they likewise do not require it as a precondition for PMT. Some guideline authors opposed even minimal requirements for mental health support, arguing that such provisions were analogous to “conversion therapy.”
[234] “Some WPATH members candidly acknowledged foregoing even minimal psychological evaluations and moving quickly toward hormonal interventions. The candid nature of these exchanges suggests that non-adherence to the guidelines is not a source of professional shame, and not an isolated phenomenon. The flexibility embedded in SOC-8 has facilitated significant gaps between the guidelines’ theoretical standards and the practical reality in clinical settings. Further, this flexibility has effectively provided leaders in the field of PMT with a basis to argue that assessment should not serve the purpose of differential diagnosis or medical “gatekeeping” but rather should function primarily to inform patients and their caregivers about the nature and effects of medical interventions. In 2020, a Canadian conference presentation reported that among pediatric gender medicine clinics surveyed, half did not require any mental health assessment prior to initiation of hormonal interventions”.
[235] “The erosion of medical safeguarding practices within American gender clinics is evident in the significant reductions in patient assessment durations at prominent institutions”.
[236] “In public statements, advocates and practitioners of PMT routinely imply that assessment functions as a form of medical gatekeeping, suggesting that PBs, CSH, and surgeries are offered cautiously and only to patients who genuinely require such interventions”.
[237] “In recent years, however, whistleblowers with firsthand experience working in gender clinic environments have come forward with compelling counterexamples. Their testimonies have often been dismissed, ignored, marginalized, or disparaged by colleagues. Several have also faced retaliation because of their disclosures”.
[238] “This chapter examines how, despite growing recognition of its problems, the 8th version of the Standards of Care (SOC-8) continues to have substantial influence on the medical field”
[239] Given the decentralized and fragmented nature of the U.S. healthcare system, MMHAs play a central role in shaping clinical practice guidelines, healthcare policy, and medical practices”.
[240] ““However, despite their scientific orientation, MMHAs are not immune to institutional biases, including groupthink and the disproportionate influence of vocal, specialized subcommittees. These specialized groups may receive broad deference from the larger organization, especially when their initiatives are framed in the language of civil or human rights. Consequently, MMHAs can inadvertently become echo chambers where dissent is suppressed, confirmation biases go unchecked, and professional deference is exploited”.
[241] “The reliance of MMHAs on the World Professional Association for Transgender Health (WPATH) is exemplified by the Endocrine Society (ES) clinical practice guideline (CPG) for the treatment of gender dysphoria (GD)…. the close alignment of these groups’ guidelines suggests a lack of robust, independently derived frameworks for care, potentially limiting critical appraisal and alternative perspectives within the field. Notably, Joshua Safer, who is leading the 2024 revision of ES guidelines, is himself closely associated with WPATH and is a prominent advocate for pediatric medical transition (PMT)”.
[242] MMHAs have been reluctant to transparently address the weak evidence base underlying PMT. For example, the American Psychiatric Association’s (APA) Guideline for Gender Affirming Psychiatric Care (GAPC) has faced internal criticism for failing to acknowledge the scientific debate and the policy shifts occurring internationally… Similarly, the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP) has rejected multiple proposals addressing important evidence and dissenting perspectives that were submitted to its conferences. The AAP likewise has repeatedly declined to platform critical perspectives at its events. This pattern of organizational defensiveness fosters environments in which clinicians feel compelled to self-censor”.
[243] “Several factors may help explain the reluctance of American medical societies to engage fully with the shifting perspectives on evidence and ethics in this area of practice. First, in managing unusual or complex conditions, primary care providers and generalist clinicians often rely on the expertise of specialists to inform their clinical decisions. When the former also hold leadership positions in medical organizations and are tasked with shaping policies for the treatment of youth with GD, they often defer to specialized committees—such as committees devoted to LGBT issues—whom they regard as the organization’s content experts…. Second, the framing of PMT as a civil rights matter may have contributed to premature and uncritical support at both the individual and institutional levels…. Third, by the time the weak evidence and growing international retreat from the practice became difficult to ignore, several major U.S. medical societies had been actively promoting PMT and denouncing its critics. As a result, some organizations responded to international developments defensively rather than reflectively, viewing the shifts as a potential challenge to their institutional credibility. The only notable exception to this pattern appears to be the American Academy of Plastic Surgeons which, following the publication of the Cass Review, publicly adopted a more cautious stance regarding the use of surgical interventions for treating pediatric GD.”
[244] “Experts within pediatric gender medicine hold sharply divergent views about best practices. However, the absence of professional consensus is often obscured, as dissenting voices are seldom included on specialty committees responsible for policy development”.
[245] “Efforts to exclude dissenting perspectives from conferences and publications have been documented. In addition, there is growing evidence of self-censorship among clinicians and researchers, driven by concerns about professional repercussions and reputational risks, Some proponents of PMT explicitly endorse the use of silencing tactics and reputational attacks: ‘The point of activism is sometimes ‘silencing,’ if by that one means destroying the credibility of professionals that activists deem dangerous’”.
[246] As Hilary Cass observed in the introduction to the Cass Review: ‘There are few other areas of healthcare where professionals are so afraid to openly discuss their views, where people are vilified on social media, and where name-calling echoes the worst bullying behaviour. This must stop. Polarisation and stifling of debate do nothing to help the young people caught in the middle of a stormy social discourse, and in the long run will also hamper the research that is essential to finding the best way of supporting them to thrive”.
[247] “The significant influence MMHAs exert over professional opinion, clinical practice, and healthcare policy extends broadly across the healthcare landscape. In the area of pediatric gender medicine, prominent MMHAs have aligned their clinical guidelines and policy statements with the WPATH’s SOC-8. This reliance on WPATH guidelines effectively imported into MMHAs many of the methodological and ethical deficiencies documented in WPATH’s guideline development process. Consequently, problems originating within WPATH have not remained isolated but have instead propagated through influential MMHAs, contributing to a broader erosion of clinical standards, scientific rigor, and open academic discourse”.
[248] ”This chapter discusses central ethical issues in pediatric medical transition (PMT), which involves the use of puberty blockers (PBs), cross-sex hormones (CSH), and surgery to suppress or alter the development of sex- and age-typical sex characteristics in physically healthy children or adolescents”.
[249] “The guiding question of this chapter is whether the provision of hormonal or surgical interventions for these shifting and sometimes contradictory purposes is consistent with well-established principles ofmedical ethics”.
[250] “Some disagreements in this field center on the question of whether adolescents have medical decision-making competence (MDC)—that is, whether they can provide informed consent or assent to transition-related medical interventions. Some proponents of these interventions believe they can”.
[251] “In support of this position, some point to research showing that many adolescent patients have MDC as assessed using a quantitative semi-structured interview tool. They also note that there are other invasive, life-shaping interventions to which adolescents and their guardians commonly and unproblematically assent or consent. For example, an adolescent may assent to treatment of leukemia, even when the treatment may cause future infertility”.
[252] “Some critics of PMT, on the other hand, maintain that patients — some of whom are only 8 or 9 years old when they reach Tanner Stage 2 of puberty and thereby become candidates for PBs12 — are too immature to adequately understand the full range of consequences of medical transition”.
[253] “Finally, as noted in Chapter 2, clinicians providing PMT routinely employ euphemistic and morally loaded language, which can mislead or unduly influence patients and their guardians. The concern, then, is that this combination of (pag 215) high pressure, low information, and reflexive “affirmation” undermines the possibility of genuinely informed consent or assent. Informed consent is critically important, but before it is even a consideration, the intervention must be otherwise ethically permissible”.
[254] “Namely: do these interventions have favourable risk/benefit profiles?”
[255] “The “paternalistic model” in medicine, according to which “doctor knows best,” gave way to a more egalitarian model of “shared decision-making” that emphasizes respect for the autonomy and authority of competent patients and research participants”.
[256] “Beneficence “undergirds all medical and health care professions and their institutional settings.”20 As mentioned in Chapter 1, clinicians have ancient but enduring ethical duties to avoid harming their patients and to promote their health and welfare: “The health and well-being of my patient will be my first consideration.” The principle of respect for patient autonomy does not justify subjecting patients to interventions that pose medically unnecessary risks of harm, or which are otherwise nonbeneficial, even when patients prefer, request, or demand those interventions”.
[257] “The Institute of Medicine’s Committee on Quality of Health Care in America warns clinicians against providing interventions based on this illicit inference, stating, “When a patient seeks inappropriate health care services, the challenge for clinicians is to find ways of reducing this conflict … If a conflict cannot be resolved through counseling, the clinician should refuse to provide nonbeneficial services.”
[258] “Commitment to professional integrity requires that physicians challenge requests for nonbeneficial interventions”.
[259] “American Academy of Pediatrics’ (AAP) Committee on Bioethics puts it as follows: Pediatric health care providers have legal and ethical duties to provide a standard of care that meets the pediatric patient’s needs and not necessarily what the parents desire or request”.
[260] “The “constraint” on patient and parental authority is grounded in the medical best interests of the child: In pediatrics, the duties to protect and promote health-related interests of the child and adolescent by the physician are also grounded in the fiduciary relationship (to act in the best interest of the patient and subordinating one’s own interests) between the physician and patient, but these duties may conflict with the parent’s or patient’s wishes…”
[261] “Thus, while the statement recommends that “transgender and gender-diverse” youth have access to PMT, this recommendation is contingent not on the autonomy rights of patients or their guardians,28 but rather on these interventions’ purported contribution to patient health and well-being”.
[262] “To discharge their duties of nonmaleficence and beneficence, clinicians must ensure, insofar as reasonably possible, that any interventions they offer to patients have clinically favorable risk/benefit profiles relative to the set of available alternatives, which includes doing nothing”.
[263] “This means that the true effects of the interventions may or are likely to be substantially different from the effects reported in the studies”.
[264] “In other words, the best available evidence indicates that PBs, CSH, and surgery have not been shown to improve mental health outcomes. At the same time, there is increasing recognition of the risks and harms associated with PMT, which are supported by clinical research or grounded in established biological theory”.
[265] “The intervention must be favourable relative not only to doing nothing but also to other known alternatives. With respect to PMT, a relevant alternative is some combination of psychotherapeutic interventions”.
[266] “Some argue that in the face of uncertain evidence both for benefit and for harm, patients themselves (and their families), with expert clinicians providing relevant clinical information, should decide how to proceed”.
[267] “This objection properly expresses concern for patient health and well-being as well as respect for the developing decision-making capacity of children and adolescents (and the greater capacity of their guardians). But it fails, for two reasons. First, the objection understates the cumulative case for evidence of harm. We can be certain in the ordinary sense of “certain” that these interventions cause harm, even if we do not have “high certainty” evidence in the technical sense employed in evidence based medicine (EBM).41 We do not need results from RCTs to be certain that removing an adolescent’s breasts will eliminate or substantially impair capacity for breastfeeding. Nor do we need RCTs to establish that PBs and CSH stunt growth of the penis, increasing the risks associated with future surgery.42 And apart from any systematic reviews of published studies, basic human physiology indicates that blocking puberty at Tanner Stage 2 and following with cross-sex hormones will negatively impact fertility. That advocates of PMT recommend fertility counselling before undergoing these interventions is evidence that they, too, anticipate the risk of infertility and regard it as a harm. Other forms of evidence, such as indirect evidence from research on adults, also contribute to the case that these interventions cause harm”.
[268] “Finally, research on PMT has focused largely on potential benefits to mental health, with less attention given to potential physical harms, compounding the problem of publication bias. Second, even granting that the uncertainty of the evidence makes it impossible to assign precise values to the probabilities or magnitudes of various potential outcomes, it does not follow that clinicians are dependent on their patients to guide clinical decision making”.
[269] “Off-label use of an intervention is sometimes justifiable based on studies of the intervention in a different patient population or for a different indication. Such use may be warranted when there is a reasonable expectation of benefit, when there are no superior alternatives, and when the prognosis, absent medical intervention, is predicted to be worse for the patient than the negative effects of the off-label drug. This is decidedly not the situation with PMT”.
[270] “And in any case, it is widely acknowledged that clinicians are unable to distinguish patients whose GD will persist from those whose GD will resolve. Further, there are concerns about the role medicalization itself may play in contributing to the persistence of the conditions being treated, and less invasive and less risky interventions are available”.
[271] “Advocates for PMT sometimes claim it is unjust to withhold PBs, CSH, or surgeries from youth with GD”.
[272] “These patients indeed are vulnerable along multiple axes, and it would be an injustice to deny them safe and effective medical care. It would also be unjust, however, to subject them to serious hormonal and surgical interventions that lack a favourable risk/benefit profile. In fact, it seems particularly unjust to subject youth struggling with complex psychiatric, neurodevelopmental, and psychosocial challenges to the harms associated with these interventions. The justice principle has been rightly invoked but wrongly applied. In both her Interim and Final Reports, Cass notes concerns brought to her by patients and families about “diagnostic overshadowing. Diagnostic overshadowing is a form of bias that leads clinicians to misattribute symptoms of one condition to a different previously diagnosed condition”.
[273] “Diagnostic overshadowing is especially salient in mental health care contexts, where a patient with psychiatric problems, neurodevelopmental challenges, or cognitive disabilities may be treated one-dimensionally as a “case” of some psychiatric diagnosis rather than holistically as a person susceptible to a range of health problems unrelated to that diagnosis. In the context of PMT, the concern is that the diagnosis of GD tends to obscure causes of distress and crowd out other mental health care needs, particularly when patients are referred to specialty gender clinics”.
[274] “To neglect the mental health care needs of members of an already vulnerable population of youth with complex psychiatric, neurodevelopmental, and psychosocial challenges is to deny them a benefit to which they are entitled, and to expose them to medically unnecessary risk of harm is to impose a burden unduly”.
[275] “Given the medical profession’s history of pathologizing and medicalizing same-sex attraction,71 serious justice-related concerns are raised by the overrepresentation of gay, lesbian, and bisexual adolescents among patients receiving unproven interventions that adversely impact fertility and sexual function”.
[276] “The tension between ensuring reimbursement and thereby access, on the one hand, and satisfying the demands of patients and activist groups for depathologization, on the other, required compromises on the part of DSM and ICD developers. The DSM developers depathologized incongruence and pathologized distress. The ICD-11 developers had more options because unlike the DSM, which is devoted exclusively to mental disorders, the ICD catalogues all diseases and health conditions. Having considered the various possibilities, the ICD-11 working group decided to move the diagnosis out of the mental health chapter, where it was believed to contribute to stigma, and into a new chapter, “Conditions Related to Sexual Health,” where it would be less stigmatizing but still useful for purposes of reimbursement”.
[277] “Setting problems of circularity aside, an adolescent can be diagnosed with gender incongruence by satisfying (3) and (4), which amount to having certain strong embodiment goals. A male who strongly desires to have (some? all?) the sex characteristics of a female and to be treated or accepted as such, or a female who strongly desires to have (some? all?) the sex characteristics of a male and to be treated or accepted as such, qualifies for the diagnosis. According to the ICD-11, a patient with such desires has a “condition related to sexual health” and, therefore, clinicians have a rationale for providing, and being reimbursed for, hormonal or surgical interventions”.
[278] “Neither DSM-5-TR nor ICD-11 provide any explanation for why children or adolescents might desire to modify their sex traits or to be treated or accepted as someone other than a member of their sex, and counseling approaches that might explore possible explanations with patients often are labeled “conversion therapy” by advocates of the “gender-affirming” approach”.
[279] “If using hormonal and surgical interventions to reduce psychiatric morbidity associated with gender dysphoria lacks a favorable risk/benefit profile, using these interventions merely to satisfy adolescents’ embodiment goals veers from clinical error into clinical recklessness”.
[280] “Proponents of PMT claim that regret is extremely rare”.
[281] “The tacit assumption is that absence of regret is an indication of medical benefit or at least of absence of harm. Other researchers point out that research on regret, like most research in PMT, is severely lacking and that we do not know the true prevalence of regret”.
[282] “The central question for PMT is not: “Do these medically transitioned patients have regret?” A more fundamental question is, “Does medical transition provide health benefits proportionate to its harms?” The best available evidence, along with a risk/benefit analysis and precautionary approach ethically appropriate to pediatrics, shows that the answer to the latter question is almost certainly “no.”
[283] “Multiple SRs, commissioned by leading international health authorities and conducted by independent academic researchers, have concluded that the evidence underpinning the expected benefits of PMT is of low or very low certainty”.
[284] “Some proponents of PMT claim that RCTs on the effects of PBs or CSH would be infeasible and unethical.101 With respect to feasibility, because the effects of PMT interventions are so apparent, it is not possible to blind researchers and participants in an RCT for which the control group receives only psychotherapeutic support. Some worry that many adolescents would refuse to participate in a study that does not guarantee they receive hormonal interventions, or that they would drop out if randomized to the control group”.
[285] “Advocates for PMT allege that it would violate the principle of equipoise to conduct an RCT of PMT in which the control group receives only psychological counseling, “given the numerous studies associating adolescent gender-affirming interventions with improved mental health. This allegation is unfounded, however, because it mischaracterizes the state of the science. Indeed, if equipoise were violated, it plausibly would be in the other direction, given the more certain evidence of harm”.
[286] “They also point out that U.S. gender clinics have yet to collect longitudinal data on existing patients”.
[287] “It is not ethical to subject adolescents to hormonal and surgical interventions used in PMT, even in a research trial, until and unless the state of the evidence suggests a favourable risk/benefit profile for the studied intervention, and the researchers have well grounded confidence that the foreseeable “risks and burdens have been adequately assessed and can be satisfactorily managed.”
[288] “As demonstrated throughout this Review, the presuppositions that guide PMT have not been shown to be valid; the nature, probability and magnitude of risks associated with PMT have not been distinguished with sufficient clarity; PMT proponents’ estimates of the probability of harm and benefit have not been shown to be reasonable, as judged by known facts and available studies; and the risks of serious impairment that PMT involves have not been shown to be justified. For these reasons, administering PMT to adolescents, even in a research context, is in tension with well-established ethical norms for human subjects research”.
[289] “During puberty, hormonal fluctuations can affect mood and behavior. The onset of puberty often coincides with heightened sensitivity to social dynamics and self-image along with increasing vulnerability to stress and anxiety. Emotional regulation can become challenging as adolescents navigate the complexities of identity formation and peer relationships. Cognitive development accelerates, allowing deeper abstract thinking and self-reflection, which can contribute to existential questioning and emotional instability. Adolescence also involves learning to function independently, as part of identity formation and individuation from the family of origin”.
Rebellion and resistance to parents and other caregivers or authority figures frequently occur during this process. Adolescents often struggle with long-term planning and are more susceptible to risk taking, as drives for stimulation and affiliation increase but the prefrontal cortex, responsible for executive functions, is still maturing.
[290] “In 2021, the American Academy of Pediatrics (AAP), the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP), and the Children’s Hospital Association declared a “National State of Emergency in Children’s Mental Health.” In December of that year, U.S. Surgeon General Admiral Vivek Murthy issued an Advisory on Protecting Youth Mental Health, highlighting rising rates of depression, anxiety, hopelessness, and self- harm among youth—trends that worsened during the COVID-19 pandemic. The Lancet Psychiatry Commission on youth mental health noted a similar worldwide trend. In the U.S., there has been a significant increase in mental illness among teens and young adults since 2010. Data reveal sharply increased rates of diagnosed depression and anxiety; some studies indicate that these rates have more than doubled. Increases also have been documented in rates of suicidal ideation and behavior and self-harm, emergency room visits and hospitalizations for self-harm, and death by suicide. Young people today experience weaker social connections and greater feelings of loneliness. Since 2010, adolescents have had fewer in-person social interactions with peers compared to previous generations. The deterioration in youth mental health has no one simple explanation. Researchers and theorists have identified several potential factors, including overprotective parenting, the decline in free play, and the ubiquity of smartphones and social media. In 2023, the Surgeon General released an Advisory of Social Media and Youth Mental Health, which called attention to the potential risks associated with social media use for children and adolescents”.
[291] “As discussed in Chapter 4, social influences have plausibly contributed to the dramatic increase in adolescents presenting to pediatric gender medicine (PGM) clinics over the past decade. Adolescents’ need for belonging and acceptance can be met by online communities and spaces centered around identity. The growing use of identity labels such as “transgender” and “nonbinary” among adolescents is an important topic for social science research. In the current U.S. healthcare environment, self-labeling of this kind increases the likelihood that a young person will seek input from a gender medicine clinic, where medical transition may be recommended as early as the first appointment (see Chapter 12)”.
[292] “In the Dutch research that underpins the contemporary pediatric medical transition (PMT) approach, the psychotherapist occupied an essential role. The original Dutch approach involved an intensive assessment process. Adolescents who began medical transition were required by the protocol to continue to receive regular mental health care. When discussing contemporary applications of PMT in the U.S., providers often describe a similar approach: multidisciplinary, slow, careful, and methodical”.
[293] “However, in PGM, multidisciplinary teams (MDTs) often do not function like the collaborative model just described… Under some models, the mental health professional (MHP) seeing the minor with GD writes a note or may just fill in a pre-written template; this is taken to an endocrinologist, who prescribes, or a surgeon, who operates. Further, individuals who comprise the MDTs may all subscribe to the PMT model of care, which prioritizes administration of endocrine and surgical interventions to patients who desire them”.
[294] “Some prominent PMT advocates assert that children and adolescents should not receive any mental health assessment prior to initiation of hormonal interventions or surgeries”.
[295] “Three European countries—Sweden, Finland, and England—have conducted independent systematic reviews of evidence commissioned by their public health authorities. All three concluded that the risks of medicalization may outweigh the benefits for children and adolescents with GD at the population level, and subsequently sharply restricted access to medical gender transition interventions for minors. All three countries now suggest traditional mental health approaches and have begun efforts to de-exceptionalize GD. Psychotherapy is now the recommended first-line treatment, as it is for all psychological distress based on the conventions of “conservative management.”
[296] “Psychotherapy is the least invasive intervention for addressing psychological distress, regardless of its etiology, and it has been recognized as the international standard of care for a wide range of mental health diagnoses. However, the evidence for psychotherapy for GD is of very low certainty. As noted in Chapter 5, there are multiple reasons for the paucity of data, and “there has been a failure to systematically consider how psychosocial interventions should be used and to research their efficacy.”
[297] “However, patients presenting to PGM clinics today have a range of neurodevelopmental disorders and mental health conditions, including comorbid depression, anxiety, eating disorders, self-harm, and suicidality. Some studies suggest that in more than 70% of cases, other DSM diagnoses appeared before the GD. Etiologically, the relationship between the GD and the high rate of co-occurring mental health conditions in this population is unclear”.
[298] “It may be that the gender dysphoria has emerged as secondary to another, more “primary” mental health diagnosis, such as autism spectrum disorder or borderline personality disorder, or as a result of a severe trauma (e.g., sexual abuse). Another explanation is that gender dysphoria is inherently distressing, i.e., the marked incongruence between one’s felt gender and somatic sex—even within psychosocial milieus that are largely “affirming/supportive”—which leads to clinically significant symptoms such as anxiety or depression”.
[299] “When discussing the broader issue of the high prevalence of GD in patients presenting with conditions like eating disorders, body dysmorphic disorder, and functional tic-like behaviors, the Cass Review noted that “[t]he distressing symptoms that occur in these ‘body and mind’ conditions are real, and like pain or discomfort that arises from other causes can be addressed and helped with psychological interventions. It is very important that gender-questioning young people are able to access these evidence- based treatments.”
[300] “There is a lack of evidence about alternative approaches for managing gender- related distress, and it is difficult to obtain information about routine clinical practice or pathways of care for children and young people who do not receive medical interventions. An explicit clinical pathway must be developed for non- medical interventions, as well as a research strategy for evaluating their effectiveness. Although several studies suggest that psychotherapy for GD may effectively resolve the condition noninvasively, the quality of the evidence is very low certainty. At the same time, the overview identified two SRs deemed as trustworthy (i.e., at low risk of bias), and noted that “neither systematic review suggested that there is indication of harm from psychotherapy.” One of the SRs concluded: Most analyses of mental health, psychological and/or psychosocial outcomes showed either benefit or no change, with none indicating any negative/ adverse effects of the interventions offered”.
[301] “Although psychotherapy for GD is described by its practitioners as “neutral” and “unbiased,” some advocates for PMT maintain that such “exploratory” approaches are equivalent to conversion practices. “Conversion therapy”—sometimes called “reparative therapy”—originally referred to efforts to change the sexual orientation of gay and lesbian people”.
[302] “Critics of exploratory psychotherapy for GD claim that therapists are trying to “promote gender identities that are aligned with the person’s sex assigned at birth.” A less theoretically-laden description would be that some therapists are trying to help children and adolescents come to terms with their bodies. Discomfort with the sexed body or with societal sex-based expectations is common during puberty and adolescence. For this and other reasons, characterizing as “conversion therapy” any approach focused on reducing a minor’s distress about their body or social role is a problematic and potentially harmful rhetorical device”.
[303] “The effectiveness of psychotherapy for a wide range of mental health problems, including those that often present with GD, suggests it may also be beneficial for GD specifically”.
[304] “Unfortunately, efforts to research the influence of cultural and social factors, trauma, or co-occurring mental health conditions on GD have been denigrated as “harmful.” When combined with the highly charged accusation of “conversion therapy,” therapists may be under significant pressure to assume—often without critical evaluation—that mental health issues co-occurring with GD are primarily the result of minority stress. This pressure may cause clinicians to overlook the significant possibility that in some patients, GD has arisen from trauma, “primary” mental health concerns, or neurodevelopmental conditions (see Section 14.1 above). Publications by psychotherapists working with this population have noted that patients with GD may seek hormonal or surgical interventions in response to experiences of sexual violence, negative attitudes towards homosexuality, or bullying related to self-expression, interests, or behaviors that deviate from sex stereotypes.If these possibilities are ignored, medical and surgical interventions may be recommended as the obvious treatment”.
[305] The delegation of authority to the medical profession rests on an implicit social contract: Doctors as a profession receive the ‘privilege of self-regulation’ and financial awards on the expectation that they will serve the health needs of individual patients and society.
A central theme of this Review is that many U.S. medical professionals and associations have fallen short of their duty to prioritize the health interests of young patients. First, there was a rapid expansion and implementation of a clinical protocol that lacked sufficient scientific and ethical justification. Second, when confronted with compelling evidence that this protocol did not deliver the health benefits it promised, and that other countries were changing their policies appropriately, U.S. medical professionals and associations failed to reconsider the “gender-affirming” approach. Third, conflicting evidence—evidence that challenged the foundational assumptions of the protocol and the professional standing of its advocates—was mischaracterized or insufficiently acknowledged. Finally, dissenting perspectives were marginalized, and those who voiced them were disparaged.
While no clinician or medical association intends to fail their patients—particularly those who are most vulnerable—the preceding chapters demonstrate that this is precisely what has occurred.