Bloccanti della pubertà al Careggi: in attesa di risposte dal Ministero, facciamo un po’ di chiarezza

In data 18 dicembre 2023 il Senatore Gasparri ha presentato un’interrogazione parlamentare con la quale ha richiesto al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della salute di riferire in merito alla prassi sanitaria adottata dall’ospedale “Careggi” di Firenze su “bambini di età media di 11 anni”, ai quali verrebbero somministrati gli ormoni bloccanti della pubertà per il trattamento della disforia di genere, senza che “venga fornita assistenza psicoterapeutica e psichiatrica”, in virtù anche del fatto che “nello stesso ospedale il reparto di neuropsichiatria infantile proprio non esiste[1]”.

C’è curiosità attorno alle spiegazioni che il Careggi vorrà fornire in proposito.

Nell’attesa che il Ministro della Salute riferisca al Parlamento, cerchiamo di riepilogare la cornice normativa all’interno della quale possono essere somministrati in Italia gli ormoni bloccanti della pubertà ai bambini che soffrono di disforia di genere. 

Cosa sono i bloccanti della pubertà

Per comprendere appieno cosa siano gli ormoni bloccanti della pubertà e quali criticità siano connesse alla somministrazione ai bambini con incongruenza di genere, è opportuno richiamare brevemente quanto afferma il servizio sanitario inglese NHS nel recente rapporto del febbraio 2022 denominato “CASS REVIEW – RAPPORTO INTERMEDIO[2]”, che rappresenta l’approfondimento più circostanziato e autorevole effettuato da un organo di indirizzo statale.

Il rapporto evidenzia come tale trattamento nei bambini disforici non si possa nemmeno definire “sperimentale”, in quanto “in senso stretto un trattamento sperimentale è quello che viene somministrato come parte di un protocollo di ricerca, e questo non è il caso dei bloccanti della pubertà[3]”.

Tali farmaci sono invece somministrati ai bambini con incongruenza di genere in regime cosiddetto “off-label”. “Se un farmaco è utilizzato “off-label”, significa che viene usato per una condizione diversa da quella per cui è stato autorizzato[4]”. Ciò comporta una serie di possibili implicazioni. Tenuto conto che i bloccanti della pubertà sono stati autorizzati per l’uso nella pubertà precoce, ma non per la soppressione della pubertà nella disforia di genere, “è importante non dare per scontato che i risultati e gli effetti collaterali nei bambini trattati per la pubertà precoce siano necessariamente gli stessi nei bambini o nei giovani con disforia di genere[5]”.

Per tale motivo, trattandosi di un medicinale non testato per il trattamento della disforia, “i pazienti che ricevono il farmaco dovrebbero idealmente farlo in condizioni di sperimentazione[6]”, cosa che in realtà non avviene. Tale metodologia permetterebbe infatti di verificare, in regime di sicurezza per il paziente, gli effetti del farmaco e di testarne l’efficacia nelle nuove modalità di impiego terapeutico.

All’interno di tale quadro, il rapporto inglese si è quindi chiesto “se le prove per l’uso e la sicurezza del farmaco siano abbastanza forti in base a standard clinici ragionevoli[7]”, arrivando alla triste conclusione che esiste una “mancanza di chiarezza nei risultati[8]”.

Ciò è ancor più preoccupante, se si tiene conto, come evidenzia la stessa revisione, che “a breve termine i bloccanti della pubertà possono avere una serie di effetti collaterali come mal di testa, vampate di calore, aumento di peso, stanchezza, tristezza e ansia, tutti fattori che possono rendere più difficile il vivere quotidiano di un bambino o di un giovane già in difficoltà. La riduzione a breve termine della densità ossea è un effetto collaterale ben noto, ma i dati sono deboli e inconcludenti per quanto riguarda l’impatto muscoloscheletrico a lungo termine[9]”.

In merito alla motivazione precipua di tale somministrazione farmacologica, che permetterebbe al bambino di sospendere il proprio sviluppo fisico e di riflettere con calma sulla vera natura del proprio genere, il rapporto inglese evidenzia che esistono ancora molti dubbi sul fatto che “i bloccanti della pubertà forniscano davvero tempo prezioso ai bambini e ai giovani per considerare le loro opzioni o se piuttosto non “blocchino” i bambini e i giovani, incanalandoli in un percorso terapeutico che culmina nell’assunzione di ormoni femminilizzanti/mascolinizzanti, impedendo il normale processo di sviluppo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere[10]”. La maggior parte dei bambini e pre-adolescenti che viene trattato con i bloccanti, infatti, si trova già nel pieno di una transizione sociale (utilizzo di nomi, pronomi e abbigliamento del sesso opposto), spesso supportata da scuola e famiglia, la quale impedisce una serena e incondizionata riflessione sul proprio sentire interiore.

In proposito, molteplici studi scientifici[11], oltre a quello condotto direttamente dal GIDS inglese, hanno concordemente “dimostrato che quasi tutti i bambini e i giovani sottoposti a bloccanti della pubertà passano al trattamento con ormoni sessuali (96,5% e 98% rispettivamente)”, confermando il sospetto che il trattamento dei bambini con gli ormoni bloccanti sia di fatto l’inizio di un percorso irreversibile che rende impossibile o perlomeno molto complicato uscire dal percorso di transizione tracciatoLa revisione conclude la propria disamina asserendo che “le ragioni di ciò devono essere meglio comprese[12]”.

Il rapporto raccomanda quindi che anche alla disforia di genere “devono essere applicati gli stessi standard etici, professionali e scientifici di qualsiasi altra condizione clinica[13]”. E’ quindi “importante capire come si evolve di solito una condizione nel tempo, con o senza trattamento[14]”, non dimenticando che “la questione più controversa e più importante è quanto sia fissa o fluida l’incongruenza di genere nelle diverse età[15]”. In tal modo “il clinico potrà determinare se il bambino o il giovane ha un’identità transgender stabile o se potrebbero esserci altre cause per il disagio legato al genere[16].

La Determina AIFA del 25 febbraio 2019

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2019, la triptorelina viene inclusa anche nel territorio italiano “nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale istituito ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648”.

La determina AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) pone però precisi limiti all’utilizzo di tale medicinale sui bambini disforici, consentendolo esclusivamente nei casi previsti dall’art. 2 e precisamente: “per l’impiego in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una equipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva”.

Quanto attestato in Gazzetta Ufficiale non lascia spazio ad equivoci. Il ricorso ai bloccanti della pubertà è consentito esclusivamente nei casi in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia stata risolutiva. 

Requisito prodromico alla somministrazione è quindi la preliminare adozione di un trattamento psicologico, psicoterapeutico e psichiatrico sufficientemente prolungato in modo da poterne determinare l’eventuale inefficacia. Tale prescrizione prevede quindi espressamente che lo strumento primario di intervento non sia la terapia ormonale, bensì il trattamento psicologico, psicoterapeutico e psichiatrico, il quale, evidentemente, può fornire anche da solo esiti risolutivi, come previsto dalla stessa delibera AIFA. 

Su questo aspetto l’interrogazione del Senatore Gasparri solleva domande legittime: 

Il Careggi di Firenze e gli altri centri italiani, pubblici e privati, hanno fornito un’adeguata e approfondita assistenza psicologia, psicoterapeutica e psichiatrica ai bambini prima di introdurli al percorso ormonale? 

Se è così le cartelle cliniche dovrebbero parlare chiaro e stabilire quanti bambini abbiano intrapreso un percorso di assistenza psicologica, per quanto tempo e con che risultati. Alla fine del percorso psicologico e psichiatrico, un’equipe multidisciplinare dovrebbe aver stabilito se questo trattamento primario sia stato inefficace e se sia da ritenersi non più procrastinabile come unica terapia di sostegno al giovane disforico, valutando se per il bambino rientri nei casi limite previsti per l’avvio della terapia ormonale con i bloccanti della pubertà.

Il parere del Comitato Nazionale di Bioetica del 13 luglio 2018

Prima di adottare la determina, l’AIFA aveva richiesto al Comitato Nazionale di Bioetica un parere “sul possibile utilizzo del farmaco Triptorelina per il trattamento di pazienti adolescenti affetti da Disforia di Genere”.  Ciò in quanto la Triptorelina, che è un “analogo dell’ormone di rilascio delle gonadotropine” e ha l’effetto di “sospendere lo sviluppo puberale del soggetto”, permetterebbe di alleviare negli adolescenti la “forte sofferenza” collegata a tale condizione. 

In risposta a tale richiesta, il Comitato evidenzia innanzitutto che “la triptorelina è in genere un farmaco usato con l’indicazione clinica di sospensione dello sviluppo puberale in casi di pubertà precoce (o “pubertà patologica”) al fine di evitare danni permanenti (sviluppo osteoarticolare, muscolare, metabolico), limitatamente a soggetti di età inferiore a 8 anni nelle bambine e inferiori a 10 anni nel bambino… L’estensione dell’uso del farmaco agli adolescenti con DG, ad un preciso stadio di sviluppo, lo Stadio II di Tanner3, per bloccare una “pubertà fisiologica”, rende il suo uso nel nostro Paese una prescrizione off label”, come tale somministrabile esclusivamente in casi limite

A tal fine il documento avanza alcune raccomandazioni, ispirate alla cautela e alla valutazione caso per caso, “richiamando la necessità che la diagnosi e la proposta di trattamento provengano da un’équipe multidisciplinare e specialistica, che il trattamento sia limitato a casi ove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici siano risultati inefficaci, che il trattamento preveda un consenso espresso in modo libero e volontario e con la consapevolezza delle informazioni ricevute nelle specifiche condizioni fisiche e psichiche dell’adolescente”. 

Da quanto sopra, è evidente che il trattamento in parola deve essere considerato meramente residuale e non può certo rivestire un ruolo prioritario nel supporto degli adolescenti con disforia di genere.

In coerenza con quanto sopra, il Comitato “raccomanda ad AIFA di regolamentare le particolari condizioni di somministrazione del farmaco nella diagnosi della DG in adolescenza”.

Nel dettaglio il Comitato osserva che “a fronte di tali potenziali benefici, si contrappongono i potenziali rischi e le perplessità mediche ed etiche che questo trattamento suscita:

  1. Al momento l’uso del farmaco per DG negli adolescenti è caratterizzato da incertezza: non esistono studi di sicurezza e dati sufficienti di follow-up in grado di rassicurare sulla mancanza di effetti collaterali a breve e a lungo termine. Non risulta sufficientemente provato se l’interruzione della pubertà fisiologica possa avere conseguenze negative sulla crescita, sulla struttura scheletrica, sull’apparato cardio-vascolare, neurologico-cerebrale e metabolico e sulla fertilità. I dati disponibili sono di tipo aneddotico, osservazionale o narrativo per quanto riguarda sicurezza ed efficacia: senza adeguati controlli sperimentali è impossibile un giudizio scientifico sui rischi. 
  2. Non sono ancora sufficientemente esplorate le conseguenze del blocco dello sviluppo sessuale in rapporto allo sviluppo emotivo-cognitivo che procede.  
  3. Un punto critico bioetico è la partecipazione e il consenso al programma terapeutico dell’adolescente. Nella somministrazione del farmaco va considerata la condizione di particolare vulnerabilità degli adolescenti sotto il profilo psicologico e sociale. Si pone, dunque, il problema in quali termini un assenso di un minore possa essere espresso in modo realmente libero, valido, senza interferenze esterne, e con la consapevolezza delle informazioni ricevute, per questo caso e in queste condizioni, nelle quali, tra l’altro, la DG, come già ricordato, si accompagna spesso a depressione, ansia, istinti suicidari”.

Nelle raccomandazioni finali il Comitato pone, fra gli altri, i seguenti limiti di utilizzo del farmaco:

  • Tale trattamento è giustificabile sul piano bioetico in casi particolari, accertati, e valutati, dopo che sia stata effettuata la diagnosi di DG, possibilmente in una fase precoce, da un’équipe multidisciplinare e specialistica, composta almeno da un/una specialista in neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologia pediatrica, psicologia dell’età evolutiva e bioetica”
  • Si raccomandano studi di sicurezza efficacia e follow-up fisico-psichico sui casi trattati. Data la rarità della condizione ed il conseguente numero ridotto di casi, non sarà possibile una adeguata sperimentazione estesa, ma almeno lo studio degli esiti. 
  • Attualmente siamo ancora lontani da forme di approccio combinato da parte di un team multidisciplinare e non vi è alcuna garanzia che l’informazione ai genitori e il consenso informato del minore siano assunti con la necessaria accuratezza. La questione della rimborsabilità e della relativa inclusione nell’elenco istituito ai sensi della L. 648/96 non risolve alcuno di questi problemi, perché si limita a stabilizzare sul piano economico l’uso del farmaco, lasciando aperti i problemi etici rilevanti esplicitati in questo documento”.

Da quanto sopra emerge che il Comitato autorizza l’utilizzo di tale medicinale solo per “casi particolari”, in virtù del fatto che vi sono una molteplicità di possibili “conseguenze negative” sulla salute del bambino derivanti dall’uso di tale farmaco, consentendone la prescrizione solo laddove “gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici siano risultati inefficaci”. 

Si evidenzia in proposito come il Comitato utilizzi opportunamente il verbo al tempo passato (“siano risultati”), stante a significare che la psicoterapia e gli interventi psichiatrici devono essere posti in essere antecedentemente all’inizio del percorso ormonale, il quale può avere inizio esclusivamente laddove tali interventi psicologici siano risultati inefficaci.

In aggiunta a ciò, il Comitato descrive anche la composizione del team multidisciplinare che deve valutare l’adeguatezza del ricorso al trattamento ormonale, il quale deve essere formato da “un/una specialista in neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologia pediatrica, psicologia dell’età evolutiva e bioetica”.

Anche in tal caso il compito Ministero della Salute in merito al “caso Careggi” non dovrebbe essere eccessivamente complesso:

È sufficiente visionare le cartelle cliniche del Careggi e degli altri centri ospedalieri italiani per accertare se i bambini indirizzati al percorso ormonale siano stati preventivamente valutati congiuntamente o separatamente da specialisti in neuropsichiatria infantile, da endocrinologi pediatrici, da psicologi dell’età evolutiva e da bioeticisti oppure se siano stati valutati solo da alcuni di questi professionisti sanitari. In tale ultimo caso il farmaco sarebbe stato somministrato in violazione alle raccomandazioni del Comitato di bioetica.

Dall’interrogazione del Senatore Gasparri, pare che all’interno del Careggi non sia presente un reparto di neuropsichiatria infantile. Forse il Careggi si avvale della consulenza di professionisti esterni per trattare i bambini disforici, oppure si limita a fornire una mera assistenza psicologica di base non corrispondente ai dettami del Comitato di bioetica?

Inoltre, dall’esame delle cartelle cliniche sarebbe possibile rilevare se esista una percentuale di bambini che si sono affidati al Careggi con presunti sintomi disforici e che non sono stati avviati al percorso affermativo. 

Il comunicato stampa del Comitato Nazionale di Bioetica dell’8 marzo 2019

Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della determina AIFA, sono comparsi su alcuni quotidiani nazionali articoli critici per l’autorizzazione concessa dal Comitato Nazionale di Bioetica all’utilizzo del farmaco sui bambini disforici. A seguito di tale campagna di stampa, il CNB ha licenziato un comunicato per precisare quanto segue: “il CNB non ha liberalizzato l’uso della triptorelina in casi di disforia di genere (come erroneamente riportato nei giornali e nei comunicati sopra menzionati), ma raccomanda di consentire l’uso di questo farmaco solo in casi molto circoscritti, con prudenza, con una valutazione caso per caso, chiedendo ad AIFA una determinazione di alcune condizioni etiche indispensabili. Le condizioni etiche per l’uso della triptorelina off label sono, in sintesi, le seguenti: 

  1. quando si è in presenza di una profonda sofferenza dei ragazzi con psicopatologie psichiatriche e che giungono al rischio di comportamenti autolesionistici e/o tentativi di suicidio, a causa dello sviluppo del corpo nella direzione non desiderata, ove le loro condizioni patologiche non siano altrimenti trattabili (essendo la psicoterapia e l’assistenza psichiatrica risultate inefficaci);
  2. con un necessario vigile monitoraggio di un’équipe multidisciplinare e specialistica, composta da neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologo pediatrico, psicologo dell’età evolutiva e bioeticista (e non solo di un pediatra che potrebbe non avere la competenza specialistica richiesta);
  3. con somministrazione solo per un periodo di tempo delimitato, al fine di superare gli eventuali gravi rischi menzionati e consentire di aprire una finestra temporale per aiutare la diagnosi complessa di disforia di genere (valutando la possibile desistenza o persistenza della disforia di genere), ma soprattutto evitare atti irreversibili (quali, come detto, autolesionismo o suicidio) o anche forme di automedicazione con farmaci comprati online e senza supervisione medica;
  4. trattandosi di minorenni, è necessario aiutare anzitutto i genitori, bisognosi di un accompagnamento efficace e saggio per poter dare un consenso che sia davvero per il bene del figlio a fronte di condizioni che non presentano soluzioni alternative”.

Ancora una volta il Comitato evidenzia parametri di utilizzo molto chiari: 

  • applicazione solo in casi circoscritti;
  • esistenza di condizioni patologiche gravi non altrimenti trattabili;
  • assistenza psicologia e psichiatrica risultate inefficaci;
  • limitatezza temporale della somministrazione;
  • presenza di condizioni che non consentano soluzioni alternative.

Alla luce di ciò una ulteriore domanda richiede una urgente risposta:

nei nostri ospedali e nei centri di cura della disforia di genere queste precise raccomandazioni sono rispettate con il rigore che un trattamento off-label rivolto ai minori richiede?

Le dichiarazioni dei professionisti sanitari dell’Ospedale Careggi 

Nei giorni immediatamente successivi all’interrogazione parlamentare, ha destato scalpore un articolo pubblicato sul Corriere della Sera nel quale vengono riportate in virgolettato le dichiarazioni rese dalla Dr.ssa Jiska Ristori e dalla Dr.ssa Alessandra Fisher.

La prima, una psicologa, e la seconda, un’endocrinologa, fanno parte dell’equipe di professionisti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze che svolge “un’attività integrata assistenziale e di ricerca relativamente all’incongruenza/disforia di genere e agli stati intersessuali in età adulta e in età evolutiva”. 

Nell’intervista, la Dr.ssa Ristori dichiara quanto segue: “Come una persona si identifica con la propria identità di genere lo sa la persona, non siamo noi che possiamo dirlo… La presa in carico per i percorsi di affermazione di genere non prevede una psicoterapia, questo è importante specificarlo. Esattamente come succede nelle persone cisgender alle quali non viene richiesta una psicoterapia per definire la propria identità di genere, questo vale anche per le persone trans”. 

La Dr.ssa Fisher aggiunge: “Nell’ospedale Careggi non esiste la neuropsichiatria infantile, c’è la psichiatria che però va bene per chi ha compiuto 16 anni… Il range di chi si rivolge a noi ha intorno agli 11 anni”.  

Le dichiarazioni congiunte rese in tali termini sono abbastanza inquietanti e rinnovano i dubbi evidenziati dall’interrogazione parlamentare: 

Chi effettua al Careggi la valutazione neuropsichiatrica infantile prevista dalle prescrizioni dell’AIFA e dalle raccomandazioni del Comitato Nazionale di Bioetica? 

La psicoterapia nei percorsi di accertamento della disforia di genere e conseguente diagnosi è necessaria o meramente opzionale?

E negli altri ospedali italiani o nei centri privati che si occupano di trattare la disforia minorile cosa succede?

Le informazioni fornite ai genitori italiani dai professionisti sanitari

In passato le due professioniste sanitarie del Careggi si sono espresse in molteplici contesti, fornendo sempre ripetute rassicurazioni sulla completa reversibilità degli ormoni bloccanti della pubertà.

Si vedano per tutte le affermazioni rilasciate dalla Dr.ssa Jiska Ristori ad Huffingtonpost[17] in data 28/05/2021 (“…la possibilità dei bloccanti consente in un modo completamente reversibile di continuare a esplorare la propria identità di genere, ma senza la sofferenza per il contatto con il corpo…”) e a Fanpage.it[18] in data 04/01/2023 (“I bloccanti sono completamente reversibili”), nonché quelle rilasciate dalla Dr.ssa Alessandra Fisher al canale Youtube “Mio figlio in rosa”[19] in data 13/05/2021 (“…non è nessun tipo di intervento invasivo sull’adolescente, in alcun modo, questo è fondamentale ricordarlo”) e al giornale Il Foglio[20] in data 16/05/2023 (“i bloccanti, spiega Fisher, sono sempre reversibili” – frase del giornalista, ndr).

Le due dottoresse ci tengono quindi a rassicurare i genitori sulla non invasività del trattamento ormonale e sulla sua completa reversibilità. A loro dire è fondamentale ricordare e memorizzare questa informazione.

Se non fosse drammaticamente sconcertante, sarebbe curioso osservare che su tale questione i servizi sanitari del Nord-Europa forniscono ai minori e ai loro genitori informazioni diametralmente opposte.

Si veda per tutte il documento emanato nel marzo 2023 dalla Commissione Nazionale d’inchiesta per il Servizio Sanitario e Assistenziale norvegese, il quale afferma che “anche l’uso di bloccanti della pubertà e la terapia ormonale sono trattamenti parzialmente o completamente irreversibili[21]”.

Alla luce di ciò altre domande meritano risposta da parte del Ministro della Salute:

Le dottoresse del Careggi stanno fornendo informazioni poco chiare, oppure il Servizio Sanitario Nazionale Norvegese e quelli degli altri dei paesi Nord-Europei sono eccessivamente allarmisti e imprecisi?

Inoltre, perché alle famiglie italiane e a quelle Nord-europee le rispettive istituzioni sanitarie forniscono informazioni diverse? 

E ancora, in tale quadro distonico il consenso genitoriale e del minore alle terapie fornite in Italia può essere veramente considerato come “libero, valido, senza interferenze esterne e con la consapevolezza delle informazioni ricevute”, come preteso dal Comitato Nazionale di Bioetica?

L’età dei bambini visitati o trattati

Nel corso di un’intervista rilasciata alla Fondazione Veronesi[22] in data 30/01/2023 la Dr.ssa Ristori ha dichiarato quanto segue: “La consapevolezza della propria identità di genere… Esattamente come succede nei bambini, chiamiamoli cosiddetti “cisgender”, ovvero quei bambini che hanno un’identità di genere che è in linea al genere che è stato “assegnato” alla nascita, anche nei bambini transgender può essere evidente anche molto molto precocemente, alcuni anche già da quando cominciano a parlare”.

A fine dicembre 2023, alcuni quotidiani inglesi come The Telegraph[23], The Times[24] o il Daily Mail[25] hanno diffuso l’informazione che negli ultimi dieci anni 382 bambini di età pari o inferiore a sei anni erano stati indirizzati al Gender Identity Development Service (GIDS) presso la clinica Tavistock di Londra, di cui il Governo inglese ha recentemente disposto la chiusura per le numerose irregolarità procedurali rilevate nel trattamento dei minori disforici. La notizia che ha maggiormente scioccato l’opinione pubblica riguarda la circostanza che 12 bambini indirizzati alla Clinica avevano tre anni, 61 quattro anni, 140 cinque anni e 169 sei anni.

Su tale circostanza sarebbe interessante avere cognizione su alcuni aspetti:

Il Ministero della Salute italiano concorda con le dichiarazioni della Dr.ssa Ristori?

Esiste un’età minima a cui poter indirizzare un bambino a una clinica di genere italiana?

Quali trattamenti vengono posti in essere nei confronti dei bambini in età prescolare e quali informazioni vengono date alle famiglie?

I numeri dei bambini disforici in Italia 

In una intervista pubblica sul canale Youtube di Revée News[26] in data 30/06/2023 la Dr.ssa Fisher ha dichiarato che “ad oggi non esistono studi pubblicati sulla numerosità delle persone transgender sul territorio italiano… esiste solo uno studio ormai piuttosto datato che riguarda la numerosità delle persone che hanno effettuato un intervento chirurgico genitale… Per rispondere a questa domanda il nostro centro … ha coordinato come azienda ospedaliera universitaria Careggi in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità uno studio finalizzato a quantificare la numerosità sul territorio nazionale, perché sapere quante sono le persone trans è fondamentale per poi capire quali sono i bisogni sanitari … Spero che siamo vicini alla pubblicazione”.

Al Ministero è quindi corretto chiedere:

Che fine ha fatto questo studio e quando sarà pubblicato?

Sarà riportato il numero dei bambini accolti nei vari centri italiani per il trattamento della disforia di genere, con l’indicazione precisa di quanti di loro hanno iniziato solo il percorso terapeutico (con relativa durata) e quanti invece anche quello ormonale?

Sarà indicato il numero dei bambini che, successivamente al trattamento con i bloccanti della pubertà, hanno assunto anche gli ormoni cross-gender?

Sarà annotato il numero di coloro che, successivamente al trattamento ormonale, hanno poi deciso di ricorrere al trattamento chirurgico?

Sarà evidenziato anche il numero di coloro che sono stati respinti dai centri, perché non affetti da disforia di genere, bensì da sola incongruenza di genere priva di disagi clinicamente significativi? 

Sarà indicato il numero dei cosiddetti “detransitioner”, cioè coloro che si pentono dopo aver completato l’intero percorso di transizione o che lo abbandonano in una determinata fase?

E ancor più nel dettaglio: verrà comunicato il numero dei bambini disforici affetti da autismo?
E il numero di coloro che sono stati sottoposti alla ricerca sistematica della sindrome di Asperger?
E il numero di minori con altre comorbilità concomitanti alla disforia di genere?

Le domande sarebbero ulteriori e molteplici. Si ritiene tuttavia che la conoscenza dettagliata dei numeri dei soggetti coinvolti nei trattamenti e dell’esito dei singoli percorsi individuali di trattamento siano indispensabili per poter verificare se nel territorio italiano venga fornita assistenza sanitaria corretta e sicura a questa platea crescente di giovanissimi e alle loro famiglie, che sono sempre più abbandonate e smarrite, in preda ad informazioni contrastanti e disparate, spesso fornite da media o da soggetti che privilegiano aspetti ideologici o di costume, più che le risultanze dell’evidenza clinica.  


[1] INTERROGAZIONE DI GASPARRI – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della salute. – Premesso che: in data 13 luglio 2018, il comitato nazionale di bioetica, in risposta ad un quesito sottoposto dall’Agenzia italiana del farmaco, ha elaborato un parere relativo all’eticità dell’uso del farmaco triptorelina per il trattamento di adolescenti affetti da disforia di genere;
nel parere, il comitato, dopo aver delineato in sintesi i benefici e i rischi, avanza raccomandazioni ispirate alla cautela e alle valutazioni caso per caso, richiamando in particolare: la necessità che la diagnosi e la proposta di trattamento provengano da un’équipe multidisciplinare e specialistica; che il trattamento sia limitato a casi ove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici siano risultati inefficaci;
che il trattamento preveda un consenso volontario e consapevole delle informazioni ricevute nelle specifiche condizioni fisiche e psichiche; che si preveda un’adeguata formazione del pediatra, della rete sociosanitaria di base e delle istituzioni scolastiche coinvolte su questi temi;
il comitato raccomanda, inoltre, la predisposizione di studi di sicurezza, efficacia e follow-up fisico-psichico sui casi trattati e la previsione di una politica di accesso equo e omogeneo alla triptorelina, e all’AIFA di regolamentare le particolari condizioni di somministrazione del farmaco nella diagnosi della disforia di genere in adolescenza;
i rischi indicati nel parere implicano conseguenze negative sulla crescita, sulla struttura ossea, sull’apparato cardiovascolare, sul cervello, sul sistema metabolico;
con determina 25 febbraio 2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2019, l’AIFA ha inserito, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, il medicinale nell’elenco istituito con provvedimento della commissione unica del farmaco, per le indicazioni terapeutiche indicate all’articolo 2 della determina, ai sensi del quale “Il medicinale di cui all’articolo 1 è erogabile a totale carico del Servizio sanitario nazionale per l’impiego in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una équipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva, nel rispetto delle condizioni per esso indicate nell’Allegato 1 che fa parte integrante della determinazione”;
da notizie giunte all’interrogante risulterebbe che nell’ospedale “Careggi” di Firenze ai bambini di età media di 11 anni che vi si recano non venga fornita assistenza psicoterapeutica e psichiatrica e che nello stesso ospedale il reparto di neuropsichiatria infantile proprio non esiste;
risulterebbe, altresì, che le valutazioni psicologiche sui bambini che arrivano all’ospedale Careggi avvengano principalmente sulla base di ciò che gli stessi riferiscono e che successivamente ai piccoli pazienti vengano iniettate le sostanze bloccanti della pubertà (primo passo del percorso di transizione), che impediscono sul nascere la crescita del seno e dei testicoli e bloccano il ciclo mestruale;
è utile evidenziare, con sconcerto e preoccupazione, che l’Agenzia europea del farmaco ha autorizzato tali farmaci per uso veterinario;
ad oggi non sono noti i danni che tali sostanze possano causare a lungo termine;
in Italia, dove non esiste una legge per l’uso di questi farmaci, è in costante aumento il numero dei bambini che affermano di essere transgender: alcuni soffrono di disforia di genere, alcuni chiedono semplicemente di cambiare sesso e a giudizio dell’interrogante in troppi casi vengono accontentati;
sembrerebbe che all’ospedale Careggi la spiegazione razionale di questa pratica medica è che con la pubertà bloccata i bambini hanno tempo di esplorare la loro identità di genere e decidere se proseguire il percorso di transizione, si chiede di sapere:
se si sia a conoscenza di quanto rappresentato;
quali valutazioni si intenda esprimere in merito alla problematica esposta;
se le pratiche mediche espletate nell’ospedale Careggi siano applicate anche in altri ospedali italiani;
quali siano le determinazioni dei componenti del comitato di bioetica attuale, considerato che alcuni di loro erano presenti anche nel precedente comitato che ha approvato il parere del 13 luglio 2018 sopra richiamato;
se si ritenga di valutare l’eliminazione della prescrizione della triptorelina dai farmaci dispensati a carico del servizio sanitario nazionale per la disforia di genere.

[2] Documento consultabile on line sul sito del NHSE al seguente link: https://cass.independent-review.uk/wp-content/uploads/2022/03/Cass-Review-Interim-Report-Final-Web-Accessible.pdf

[3] “There has been considerable discussion about whether the treatment is ‘experimental’; strictly speaking an experimental treatment is one that is being given as part of a research protocol, and this is not the case with puberty blockers, because the GIDS research protocol was stopped in 2014” (pagina 37 del documento, sezione “Puberty blockers”).

[4] “If a drug is used ‘off-label’ it means it is being used for a condition that is different from the one for which it was licensed” (pagina 37 del documento, sezione “Puberty blockers”). 

[5] “This is the case for puberty blockers, which are licensed for use in precocious puberty, but not for puberty suppression in gender dysphoria. Again, it is important that it is not assumed that outcomes for, and side effects in, children treated for precocious puberty will necessarily be the same in children or young people with gender dysphoria” (pagina 63 del documento, sezione “Key stages of service development”).

[6] “However, where their use is innovative, patients receiving the drug should ideally do so under trial conditions” (pagina 63 del documento, sezione “Key stages of service development”).

[7] “The important question now, as with any treatment, is whether the evidence for the use and safety of the  medication is strong enough as judged by reasonable clinical standards” (pagina 37 del documento, sezione “Puberty blockers”).

[8] “One of the challenges that NHS England’s PWG faced in considering this question was the lack of clarity about intended outcomes” (pagina 37 del documento, sezione “Puberty blockers”).

[9] “In the short-term, puberty blockers may have a range of side effects such as headaches, hot flushes, weight gain, tiredness, low mood and anxiety, all of which may make day-to-day functioning more difficult for a child or young person who is already experiencing distress. Short-term reduction in bone density is a well-recognised side effect, but data is weak and inconclusive regarding the long-term musculoskeletal impact” (pagina 38 del documento, sezione “Puberty blockers”).

[10] “The most difficult question is whether puberty blockers do indeed provide valuable time for children and young people to consider their options, or whether they effectively ‘lock in’ children and young people to a treatment pathway which culminates in progression to feminising/masculinising hormones by impeding the usual process of sexual orientation and gender identity development” (pagina 38 del documento, sezione “Puberty blockers”).

[11] Per un riepilogo di tutti gli studi sul tema, si veda: https://www.generazioned.org/bloccanti-della-puberta-il-nord-europa-e-gli-studi-scientifici-smentiscono-lapproccio-italiano/

[12] “Data from both the Netherlands and the study conducted by GIDS demonstrated that almost all children and young people who are put on puberty blockers go on to sex hormone treatment (96.5% and 98% respectively). The reasons for this need to be better understood” (pagina 38 del documento, sezione “Puberty blockers”).

[13] “We recognise that for some of those reading this report it may feel wrong to compare gender incongruence or dysphoria to clinical conditions, and indeed this approach would not be justified if individuals presenting with these conditions did not require clinician intervention. However, where a clinical intervention is given, the same ethical, professional and scientific standards have to be applied as to any other clinical condition” (pagina 54 del documento in nota 5, sezione “Evidence based service development”). 

[14] “It is important to understand how a condition usually evolves over time, with or without treatment” (pagina 55 del documento in nota 5, sezione “Key stages of service development”).

[15] “…the more contentious and important question is how fixed or fluid gender incongruence is at different ages and stages of development” (pagina 56 del documento in nota 5, sezione “Key stages of service development”).

[16] “…the clinician will seek to determine whether the child or young person has a stable transgender identity, or whether there might be other causes for the gender-related distress” (pagina 59 del documento in nota 5, sezione “Key stages of service development”).

[17]https://www.huffingtonpost.it/cronaca/2021/05/28/news/per_gli_adolescenti_transgender_la_terapia_medica_e_importante_evita_psicopatologie_-5109747/

[18] L’intervista è riportata nel canale Youtube del giornalista Saverio Tommasi di Fanpage: https://www.youtube.com/watch?v=fPkitk9S0-s

[19] https://www.youtube.com/watch?v=l-4AKPBFNIY

[20] https://www.ilfoglio.it/bioetica-e-diritti/2023/05/16/news/transgender-in-viaggio-indagine-su-una-realta-non-piu-sommersa-5268014/

[21] “Bruken av pubertetsblokkere og hormonbehandling, er også delvis eller helt irreversibel behandling” (affermazione contenuta nella premessa del documento denominato “Per i giovani: assistenza sanitaria e incongruenza di genere” e visualizzabile in più pagine web al seguente link https://ukom.no/rapporter/for-unge-helsehjelp-og-kjonnsinkongruens/innledning).

[22] https://www.youtube.com/watch?v=htrKlPdaY68

[23] https://www.telegraph.co.uk/news/2023/12/26/tavistock-transgender-clinic-children-aged-three-nhs/

[24] https://www.thetimes.co.uk/article/children-referred-transgender-clinic-nhs-transition-gender-m9v0330qs

[25] https://www.dailymail.co.uk/news/article-12902319/Dozens-5s-referred-controversial-NHS-transgender-service-officials-consider-introducing-minimum-age-referrals.html

[26] https://www.youtube.com/watch?v=msO-UHKl9S8

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